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Nel 1754 l'ennesimo sconfinamento degli inglesi nei territori del Nordamerica sotto la sovranità francese partì dalla Virginia e si spinse verso il fiume Ohio allo scopo esplicito di provocare. Il comandante di Fort Duquesne, capitano Claude-Pierre Pécaudy de Contrecoeur, mandò un piccolo distaccamento agli ordini dell'alfiere Joseph Coulon de Villiers de Jumonville per convincere gli inglesi a ritirarsi. I trentaquattro uomini del distaccamento, appena giunti, vennero circondati dagli inglesi e dai loro alleati irochesi. Jumonville lesse al comandante inglese il testo dell'avviso ufficiale, che terminava con queste parole: «...poiché è volontà del Re di Francia continuare a mantenere un rapporto di amicizia con l'Inghilterra. In ogni caso, qualunque siano le Sue intenzioni, mi lusingo di credere che Ella riserverà al signore di Jumonville tutti i riguardi che gli spettano come ufficiale e come ambasciatore». Il comandante inglese, terminata la lettura, ordinò di fare fuoco. Jumonville e nove dei suoi uomini caddero fulminati, mentre gli altri venivano disarmati e catturati. Solo uno riuscì a scappare e, inseguito per sei giorni dagli irochesi nelle foreste, arrivò a Fort Duquesne scalzo e mezzo morto a dare la notizia.
L'AMERICA CHE NON FU
Il comandante inglese responsabile dell'ignobile azione si chiamava George Washington (1732-1799), era colonnello e sarebbe diventato, com'è noto, il primo presidente degli Stati Uniti. L'«Incidente Jumonville» diede di fatto il via alla Guerra dei Sette Anni, che venne dichiarata ufficialmente solo due anni dopo e che fu la prima vera guerra mondiale. Infatti, inglesi e francesi la combatterono anche in tutte le loro colonie, in Africa, in India e in America, nonché su tutti i mari. Il Trattato di Parigi che la concluse nel 1763 vide la Francia sconfitta e consegnò agli inglesi l'India, la Guinea, l'intero Canada e la Florida, nonché le isole di Grenada, Tobago e quelle del golfo di San Lorenzo. La Francia ne uscì stremata finanziariamente e fu per questo che il re Luigi XVI dovette convocare quegli Stati Generali da cui sarebbe scaturita la Rivoluzione giacobina.
Un libro di Alberto Rosselli dal significativo titolo "L'America che non fu. Il conflitto anglo-francese in Nord America 1756-1763" (Il Cerchio, pp. 178), analizza proprio la fase americana del conflitto anglo-francese e ci permette di riflettere, ucronicamente, su come sarebbe stata diversa la storia del mondo se almeno l'America fosse rimasta ai francesi. Questi ultimi, di tradizione cattolica, diedero fin dall'inizio via libera ai missionari nel continente: gesuiti, agostiniani recolletti, sulpiziani, le «suore grigie» di Madame d'Youville (primo ordine religioso autoctono), una santa indiana (Kateri Tekakwitha), eccetera. L'intera confederazione delle tribù Huron venne evangelizzata e i francesi, interessati solo al commercio delle pellicce, mantenevano buoni rapporti coi pellerossa.
IMMAGINARE COME SAREBBE STATA UN'AMERICA DEL NORD CATTOLICA
Diversamente dagli inglesi, che subito si allearono con la confederazione Irochese, sfruttando la tradizionale inimicizia tra questa e quella Huron. Questi ultimi vennero sterminati completamente dagli irochesi, che martirizzarono anche diversi padri gesuiti (i beati Isaac Jogues e compagni), vanificando così tutto il lavoro missionario condotto nel continente. Ma agli inglesi interessavano solo spazi vuoti da riempire di immigrati, politica che fu poi continuata (e terminata) dagli statunitensi. La guerra anglo-francese in America innovò anche sul piano tattico e strategico, privilegiando la guerriglia e reparti speciali come i rangers inglesi e i couriers francesi. Non mancarono efferatezze, di cui specialmente gli inglesi si fecero volentieri contagiare dagli indiani (per esempio, l'abitudine di ornarsi le cinture con gli scalpi strappati anche ai e alle civili).
Possiamo solo immaginare come sarebbe stata un'America del Nord francese e, dunque, cattolica, con gli indiani trattati alla pari e non confinati nelle riserve fino all'estinzione, come poi avvenne. Un'America del Nord meticcia, come quella spagnola del Sud. Infatti, la corona francese incoraggiava i matrimoni misti e in diverse occasioni inviava navi cariche di «Figlie del Re», ragazze povere e nubili fornite di una dote, per le colonie sprovviste di donne. I meticci (che i francesi chiamavano brulé) erano, anzi, molto considerati e spesso occupavano posti rilevanti per via della loro perfetta conoscenza delle due culture. Purtroppo, la storia, si sa, non si fa con i «se». Anche se qualche volta, in mancanza di meglio, è pur bello lavorare d'immaginazione.
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