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La prima lettura di questa domenica riporta la bella preghiera del re Salomone, il quale domanda a Dio non tanto ricchezza e benessere personale, ma la sapienza necessaria per ben governare il popolo d'Israele e per distinguere il bene e il male. Questa preghiera piacque molto al Signore che gli concesse un cuore saggio e intelligente come nessuno lo aveva avuto in precedenza.
Anche a noi è necessaria la sapienza per comprendere ciò che ci è necessario e per capire qual è la cosa più importante nella nostra vita, ovvero il raggiungimento della salvezza eterna. Gesù ci fa comprendere questa esigenza con le tre bellissime parabole del Vangelo di oggi. Le prime due, quella del tesoro nascosto e quella della perla preziosa, ci mostrano il valore inestimabile del Regno dei cieli, per avere il quale bisogna essere pronti a rinunciare a tutto, anche alle cose più care.
Nella prima parabola si narra di un uomo che per caso trova un tesoro in un campo. Pieno di gioia egli vende tutti i suoi averi, e poi compra quel campo. Così dovrebbe fare ogni cristiano: scoperto l'inestimabile tesoro della Vita eterna, egli non dovrebbe esitare a rinunciare a tutto pur di assicurarsi un bene così grande. Così fece san Francesco d'Assisi, il quale rinunciò alla ricca eredità paterna, rinunciò a un brillante futuro di mercante e di cavaliere, e fece suo il tesoro nascosto della povertà accettata per il Regno dei cieli. Egli – diceva un suo biografo – era desideroso di povertà più di quanto un avaro poteva essere bramoso di ricchezze. A chi voleva seguirlo, san Francesco chiedeva come prima condizione la rinuncia a tutti i propri averi per diventare cavaliere di Madonna Povertà.
L'insegnamento della seconda parabola, quella della perla preziosa, è identico. Per avere questa perla bisogna vendere tutti i propri averi. È questo l'affare della vita, o meglio, della Vita eterna. I Santi sono stati quelli che hanno avuto questa sapienza e abilità nel riuscire in questo affare fondamentale. Tanti, purtroppo, si fanno ingannare dai beni e dai piaceri di questa vita terrena e non riescono ad acquistare la "perla preziosa" della salvezza e dell'eterna comunione con Dio.
Chiediamo anche noi il dono della sapienza, per distinguere ciò che è bene e ciò che è male, e per dare il giusto valore ad ogni cosa. L'importanza di questa scelta è messa in luce dalla terza parabola, quella della rete gettata in mare. Quando è piena, la rete viene portata a riva, e i pescatori «raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi» (Mt 13,48). Questo esempio descrive bene il Giudizio che ci sarà al termine della vita: «Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti» (Mt 13,49-50). La fede ci insegna che subito dopo la morte saremo giudicati e riceveremo la giusta retribuzione per come ci siamo comportati in questa vita. Se moriremo in peccato mortale, andremo eternamente all'inferno; se lasceremo questa vita in grazia di Dio, saremo salvi. Inoltre, se nonostante la salvezza ottenuta, avremo ancora da scontare dei peccati, andremo per un certo tempo in Purgatorio, per poi entrare purificati in Paradiso. Alla fine dei tempi ci sarà inoltre il Giudizio universale: tutti saranno di nuovo giudicati e questo secondo giudizio non farà che confermare il giudizio particolare sostenuto al termine della nostra vita. Dopo di che ci sarà la risurrezione della carne, e il corpo risorto si riunirà all'anima.
La vera sapienza ci fa vivere nell'attesa di questo giudizio. Lo stolto non ci pensa, ma il prudente si prepara ogni giorno a questo esame decisivo per la sua eternità. Dobbiamo essere pronti a rinunciare a tutto ciò che possa mettere in pericolo il possesso di questa "perla preziosa". Pensiamo alla moltitudine di persone che per seguire Dio hanno abbandonato tutto, carriere, onori, ricchezze, e hanno riempito monasteri, conventi, seminari; o hanno sopportato gli insulti e il disprezzo del mondo, la povertà, la persecuzione e persino il martirio! Persone sapienti che hanno capito il senso profondo delle Beatitudini. Gesù non chiede poco per il raggiungimento del Regno, chiede tutto; ma è anche vero che non promette poco, promette tutto.
Per guarire da una grave malattia, tante volte l'uomo è disposto a sottoporsi a cure molto dispendiose, fino a perdere tutti i suoi averi. Se così è per salvaguardare la vita terrena, molto di più dovrà esserlo per la Vita eterna: rinunciare a tutto per avere il Tutto, ovvero Dio, la comunione con Lui, il Paradiso.
San Paolo, nella seconda lettura, ci fa comprendere che la nostra vocazione comune è quella di essere conformi all'immagine del Figlio di Dio, quella di partecipare alla natura divina. Questa è una grazia grandissima che, da sola, sorpassa di gran lunga tutti i beni che possiamo trovare su questa terra. Di fronte ad un bene così grande, noi non dobbiamo lasciarci ingannare dalle lusinghe di questo mondo; dobbiamo vivere di fede e fissare lo sguardo ai beni eterni che ci attendono nei Cieli. Anche se avremo da soffrire, ci servano di incoraggiamento le parole dell'Apostolo: «Tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno» (Rm 8,28). Il soffrire passa, i meriti rimangono, e una grande ricompensa spetterà a tutti quelli che amano Dio.
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