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« Torna agli articoli di Giuliano Guzzo
La notizia non autorizza chissà quali festeggiamenti, ma di certo non è una cattiva notizia: il ddl Zan contro contro l'omotransfobia e la misoginia tornerà alla Camera dei Deputati solo nel mese di ottobre. Non prima. Alla base di questo nuovo slittamento, l'urgenza governativa di votare, necessariamente la settimana prossima, il decreto semplificazione che va a scadenza; inoltre, a seguire, ci sarà una pausa dettata dalle elezioni regionali, accorpate al referendum confermativo. Non è finita: a settembre, infatti, si accenderanno i riflettori su un altro provvedimento centrale per la vita politica italiana: la nuova legge elettorale.
Quello che attende il Parlamento almeno per le prossime settimane è dunque un calendario fittissimo, nell'ambito del quale il ddl Zan - dati di fatto alla mano - non rappresenta una priorità inderogabile né, tanto meno, una questione politica di vita e di morte. Senza dimenticare poi il grande tema della riapertura delle scuole - verso cui le Regioni italiane stanno di fatto procedendo in ordine sparso -, e gli scossoni che già ora questo sta determinando per la compagine di governo. Tutto questo per dire che se la legge contro l'omotransfobia è già slittata ad ottobre, non si può escludere che sia destinata a slittare ulteriormente in avanti.
Sia come sia, il mondo pro family italiano può guardare questi rinvii solo ad un modo: come ad un guadagno di tempo prezioso. Tempo prezioso che deve essere necessariamente impiegato per sensibilizzare l'opinione pubblica rispetto ad insidie e rischi di un provvedimento legislativo che, se da un lato nulla - ma proprio nulla - aggiungerebbe a beneficio di persone con tendenze non eterosessuali, dall'altro moltissimo determinerebbe, in termini negativi, per tutta la società italiana.
Il riferimento è qui anzitutto al mondo delle scuole, con iniziative ufficialmente contro «la discriminazione» - a parole, nei fatti pro gender - che andrebbero a ricevere un allarmante rafforzamento sia giuridico sia economico. Non meno grave, anzi forse ancora più generale e devastante, sarebbe - nel caso in cui il ddl Zan diventasse legge - la limitazione della libertà di espressione e quindi di pensiero. Sì, perché una normativa contro l'omotransfobia metterebbe i difensori del primato della famiglia naturale nelle condizioni di essere passibili di denuncia in quanto autori di «propaganda d'odio».
Non solo. Se la vedrebbero male anche gli oppositori dell'utero in affitto, del "cambio di sesso" per i giovanissimi, insomma tutta l'impalcatura valoriale fondata sul personalismo ontologico e sulla morale cristiana subirebbe un colpo mortale. Nelle settimane a disposizione - e rese possibile dal rinvio ad ottobre del ddl Zan - il movimento pro family italiano deve mobilitarsi. Perché in questo caso, a differenza del noto adagio, il tempo non è denaro. No, è un vero e proprio tesoro da sfruttare in comunicazione e informazione, con la messa in guardia di tutti rispetto ai pericoli che comporterebbe una normativa di cui non c'è nessun bisogno.
In linea teorica può infatti anche accadere, come già accennato, che il governo subisca dalle elezioni regionali uno scossone tale da evitare di voler proseguire, con determinazione almeno, l'iter sulla legge contro l'omotransfobia. Ma chiunque abbia a cuore certi valori non può appigliarsi a questa, che è solo una possibilità teorica. Deve invece darsi da fare, facendo soprattutto informazione, raccontando - e ribadendo - il più possibile quante insidie contenga un ddl che si presenta come antidoto alle «discriminazioni» mentre invece, nei fatti, ne è un formidabile veicolo.
Nota di BastaBugie: ecco altre notizie sul "gaio" mondo gay... sempre meno gaio.
I GAY CHE DISCRIMINANO I GAY
Grindr è la più popolare app di incontri per persone omosessuali. Un sondaggio condotto dal sito gay Neg.zone rivela che la maggior parte degli utenti di Grindr si sono sentiti discriminati da altre persone omosessuali con cui chattavano.
In particolare il 64% si è sentito discriminato almeno una volta per l'aspetto fisico. Curiosamente poi Neg.zone qualifica come atteggiamento discriminatorio la scelta da parte di metà degli utenti di essere interessata solo a persone di una certa etnia. Il virus della discriminazione si è inoculato così profondamente che per alcuni tutti noi non dovremmo avere alcuna preferenza, altrimenti preferire significherebbe automaticamente discriminare. Ma anche essere attratti da persone dello stesso sesso è una preferenza e quindi anche l'omosessuale discrimina.
Torniamo alle discriminazioni o presunte tali: un utente su quattro ritiene che le persone transessuali non debbano iscriversi alla piattaforma. Forse a ragion veduta: è un'app per omosessuali e non tutti i trans sono omosessuali.
Infine quasi un utente su 10 si sente discriminato perché effeminato.
Questo sondaggio mette in evidenza almeno due cose.
Primo: che anche i gay discriminano e quindi ci vorrebbe anche in questi casi una legge per punirli così come la legge Zan punirà gli eterosessuali che non si adegueranno al politicamente corretto.
Secondo: che la parola "discriminazione" ha sostituito la parola "scelta", una scelta che tante volte è legittima, ma che oggi viene spesso intesa come fosse una colpa.
(Gender Watch News, 7 settembre 2020)
LA VICE DI JOE BIDEN È GAY FRIENDLY
Se il democratico Joe Biden vincerà le presidenziali, il suo vice sarà Kamala Harris da sempre schierata a favore delle rivendicazioni LGBT. Quando era procuratore generale della California, venendo meno ai suoi doveri (un bel biglietto da visita per un vicepresidente), non fece rispettare la Proposition 8 che vietava, allora, i "matrimoni" gay. Dopo la sentenza della Corte Suprema che legittimò le "nozze" gay fu la prima a celebrare tali nozze.
Si battè affinchè le persone trans potessero scegliere i bagni e gli spogliatoi che volevano (numerosi sono i casi ormai di uomini che con questo pretesto violentano le donne nei bagni per donne) e appoggiò l'Equality Act che, tra le altre cose, promuove le rivendicazioni LGBT. Naturalmente la Harris partecipa sempre al Gay Pride.
Se dunque vinceranno i democratici l'agenda arcobaleno subirà una forte accelerazione negli USA.
(Gender Watch News, 3 settembre 2020)
LE ATLETE DICONO NO AI TRANS
Più di trecento atlete, tra cui Martina Navratilova [lesbica dichiarata, N.d.BB], scrivono al National College Athletic Association affinchè gli atleti maschi transessuali non gareggino in competizioni femminili. L'associazione Save Women's Sports chiedeva in particolare di non boicottare il Fairness in Women's Sports Act , norma che vieta ai transessuali maschi di gareggiare con le donne nei college dell'Idaho. La National College Athletic Association contesta quella legge e la vertenza dovrà essere decisa in questo mese di agosto.
Un principio cardine dell'ideologia LGBT è quello della lotta alle discriminazioni, alle disuguaglianze. Ma far gareggiare maschi e femmine non è una palese disuguaglianza?
(Gender Watch News, 27 agosto 2020)
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