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Tutti d'accordo. Tutti d'accordo nel dire che le regole preparate dall'Academy per l'assegnazione dell'Oscar nel 2025 come miglior film sono una scemenza pazzesca (l'altro giorno il Post ha spiegato bene tutti i dettagli). E ieri tutti i giornali erano unanimi nel bollare il nuovo regolamento come un «canone ideologico» dettato dalla «polizia del karma».
Cosa vi si prevede? Repubblica lo ha descritto così: «Nelle pellicole candidate come miglior film è indispensabile la presenza almeno di un attore a scelta tra queste categorie: "asiatico, ispanico, nero non americano, afro-americano, nativo-americano, abitante dell'Alaska, mediorientale, nord-africano, hawaiano e un rappresentante delle isole del Pacifico". Non solo: nei ruoli secondari è indispensabile scritturare, oltre ad un appartenente a un qualunque tipo di minoranza, almeno uno a scelta tra un interprete Lgbtq+ o affetto da disabilità, e gli studios saranno tenuti ad assumere almeno il 30% del loro staff secondo questo stesso criterio, anche per quanto riguarda ad esempio gli uffici marketing. Negli anni che ci separano dal 2024 sarà inoltre necessario esibire, per il momento in maniera confidenziale, un documento che testimonia di aver rispettato gli inclusion standards».
UN ESCHIMESE NEL PADRINO
Su tutti i quotidiani, ed è raro che sia così, il giudizio è stato unanime: follia. «Solo per fare un esempio - ha scritto Antonio Monda su Repubblica ("Un po' di Alaska nel Padrino") -, secondo questi criteri un capolavoro come Il Padrino non sarebbe eleggibile e forse neanche possibile, e per citare la passata edizione degli Oscar, almeno due delle pellicole candidate come miglior film, The Irishman e 1917, non sarebbero state al loro volta eleggibili».
Ma la lista dei capolavori che non supererebbero l'esame è lunga: «Alcune delle pellicole che in questi anni hanno vinto l'Oscar come miglior film, nel 2024 potrebbero essere chiamate a restituire l'ambita statuetta: "II caso Spotlight", "Il discorso del re", "Non è un paese per vecchi", "II gladiatore", "A beautiful mind", "American Beauty", "Titanic", "Braveheart", "Il paziente inglese", "II silenzio degli innocenti", "Schindler's List"... Questo per andare indietro solo agli anni Novanta. Non si salveranno certo "Ben Hur", "Il cacciatore", "Il Padrino"...» (Giulio Meotti, Il Foglio)
È stato quindi corale il giudizio di tutti i critici e osservatori nel definire come anti-creativa e anti-liberale la scelta dell'Academy of Motion Picture Arts and Sciences. Anche un critico come Paolo Mereghetti, che di certo non può essere messo nella lista degli eterodossi rispetto a un certo politically correct, ha scritto sul Corriere: «Che la stupidità non smette mai di far capolino tra i paladini di ogni tipo di ortodossia perché nonostante il bizantinismo delle regole (...) niente potrà garantire che i film saranno davvero degni di essere premiati. Né portatori di valori progressisti e inclusivi. Dopo la decisione del festival di Berlino di abolire le distinzioni per i premi d'interpretazione (come se darne uno per genere fosse in qualche modo offensivo), l'uscita dell'Academy per favorire una presunta "equity and inclusion" fa tornare alla memoria le discussioni sul sesso degli angeli, le stesse che serviranno per decretare quale community avrà diritto al titolo di sottorappresentata».
IL POLITICAMENTE CORRETTO HA GIÀ VINTO
Sulla vicenda esistono almeno tre osservazioni da fare.
La prima è che, al di là degli annunci di voler aumentare l' "inclusività", il regolamento prevede che per correre alla più ambita tra le statuette degli Oscar devono essere soddisfatte almeno due richieste su quattro. Dunque basterà inserire un po' di stagisti nella troupe, et voilà, "equity and inclusion" saranno soddisfatte. Che ipocrisia.
La seconda è che, già adesso, basta guardare un qualsiasi film hollywoodiano o serie tv, si sta molto attenti a rispettare quelle "regole" ora formalizzate dall'Academy: l'omosessuale, il nero, la donna indipendente, l'ispanico, il pellerossa, l'orientale... e così via. Per fare un esempio: Avete visto The Old Guard? Protagonista: donna bianca forte e indipendente. Co-protagonisti positivi: donna nera, uomo bianco omosessuale, uomo musulmano omosessuale, uomo bianco (che tradirà come un Giuda). I cattivi? Uomo nero che diventerà buono e uomo bianco che rimarrà cattivo fino alla fine.
La terza è che il politicamente corretto ha già vinto da un pezzo. I grandi film sponsorizzati prodotti da Hollywood è da anni che "rispondono" alla sensibilità della presunta inclusione E tutte quelle firme dei grandi giornali che ora si scandalizzano perché "così si uccide la creatività" sono le stesse che in questi anni hanno applaudito e sostenuto pellicole che di quella mentalità erano megafono.
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