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« Torna agli articoli di Gianpiero Pettiti
Mateo Correa Magallanes nasce nel 1866 in Messico, in una famiglia povera, così povera che non potrebbe mai permettersi il lusso di farlo studiare. E lui, che invece vuole diventare sacerdote, va a lavorare nella portineria del seminario per guadagnare quanto basta per andare a scuola. Per capacità, merito e buona condotta vince poi una borsa di studio, che gli permette di continuare a studiare senza dover anche lavorare.
Viene ordinato prete a 26 anni e subito lo aspetta un intenso lavoro pastorale in varie parrocchie. La persecuzione contro i cattolici lo sorprende mentre è a Valparaíso, una parrocchia vivace in cui l'Azione Cattolica sta diffondendo e raccogliendo adesioni al "Manifesto" con cui si chiede al Governo l'abrogazione delle leggi anticlericali in vigore.
La situazione deve essere troppo effervescente e l'iniziativa cattolica deve raccogliere troppi consensi, se a livello centrale si decide di mandare a Valparaíso il generale Eulogio Ortíz, non a caso soprannominato "El Cruel" (= il Crudele). Come a dire: a mali estremi, estremi rimedi. In pochi giorni Ortiz riesce a dimostrare quanto gli sia appropriato quel soprannome e dispiega tutta la sua azione repressiva, soprattutto nei confronti dei giovani cattolici.
IL PROCESSO E LA LIBERAZIONE
Riesce anche ad arrestare e a mandare sotto processo Padre Matteo e il suo collaboratore, insieme ad alcuni giovani, ritenuti i rappresentanti delle associazioni cattoliche locali, ma il giudice li assolve "perché il fatto non sussiste". Quelli vengono accolti in parrocchia come trionfatori, mentre il generale se lo lega al dito, come un affronto personale di cui prima o poi vuole vendicarsi. Il suo livore è soprattutto nei confronti di Padre Matteo, che sta utilizzando il periodo a lui favorevole per rianimare e rafforzare i suoi cristiani, in attesa della nuova ondata di persecuzioni che, lui sente, non tarderà di certo.
Il 30 gennaio 1927, mentre sta andando a portare gli ultimi sacramenti ad una malata accompagnato dal figlio di questa, incrocia una pattuglia di militari: riconosciuto da uno di loro e immediatamente arrestato, ha appena il tempo di consegnare ad una persona fidata la sua teca con l'ostia consacrata. Per strada gli riesce perfino di familiarizzare con i soldati e la serata finisce con la recita del rosario, guidato da lui ed al quale essi rispondono in coro.
La musica, però, cambia il giorno dopo, quando è davanti al generale Ortíz, al quale non sembra vero di aver messo le mani su colui che è la sua spina nel fianco: "El Cruel" non può dimenticare lo smacco subito per colpa di quel prete, che in parrocchia è venerato come un santo e di cui la gente si fida ciecamente. Ormai gli è chiaro che è per colpa di Padre Matteo se a Valparaíso la politica anticlericale del governo non riesce ad attecchire e se le associazioni cattoliche stanno così spavaldamente alzando la testa: tutti stanno prendendo esempio da quel prete, dalla fede salda e dal coraggio inossidabile, coerente e limpido, che riesce a catalizzare tutta la parrocchia e ad infiammare i cuori.
IL CRUDELE
Con la perfidia che gli è propria e che si addice alla sua fama di "cruel", ordina a Padre Matteo di andare a confessare in cella i "banditi" che il giorno dopo saranno fucilati e di venirgli poi a riferire quanto da essi saputo in confessione. I "banditi" altro non sono che "cristeros": messicani, cioè, che anche attraverso la lotta armata rivendicano il diritto di professare liberamente la loro fede, opponendosi all'azione anticlericale del governo, e per questo condannati a morte.
"El Cruel" spera così di ottenere informazioni utili per arrestare altre persone e smantellare la rivolta dei cattolici, ma forse ha sottovalutato il coraggio di Padre Matteo. Che, sacerdote fino in fondo, va subito a confessare e a preparare alla morte quei poveri condannati, ma al ritorno, si rifiuta ovviamente di riferire quanto ascoltato in confessione. La furia del generale Ortíz, che si sente beffato, esplode violenta. Minacciato di morte, Padre Matteo risponde con fermezza: "Lei può anche uccidermi, ma non sa che un sacerdote è obbligato a conservare il segreto della confessione".
E così il mattino del giorno dopo, 6 febbraio, lo fa giustiziare con la propria pistola d'ordinanza nei pressi del cimitero, regalando alla Chiesa un nuovo martire della Confessione, beatificato da Giovanni Paolo II nel 1992 e canonizzato dallo stesso papa il 21 maggio 2000.
Nota di BastaBugie: se il sigillo del sacramento della confessione vieta al sacerdote di rivelare quanto conosciuto durante la confessione, però anche il penitente è in qualche modo tenuto al medesimo segreto del sacerdote. Infatti se dicesse qualche cosa che può mettere in cattiva luce il confessore, deve stare zitto, tanto più che il sacerdote in questo caso non può difendersi, essendo tenuto al segreto.
Insomma, almeno, per un dovere di rispetto verso il sacerdote, il fedele deve rispettare il silenzio su ciò che il confessore, confidando nella sua discrezione, gli manifesta all'interno della confessione sacramentale.
Per approfondire i motivi di questa delicata questione si può leggere l'articolo seguente, cliccando sul link.
CHI SI CONFESSA E' TENUTO AL SEGRETO SU CIO' CHE GLI HA DETTO IL SACERDOTE
Il fedele, per correttezza verso il sacerdote, deve mantenere il silenzio su ciò che il confessore (o padre spirituale) gli ha detto, confidando nella sua discrezione
di Padre Angelo Bellon
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6273
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