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« Torna agli articoli di Michele

La Fifa, cioè il governo mondiale del calcio, ha inviato un «ammonimento» ufficiale alla Federazione brasiliana i cui calciatori, al termine della finale vittoriosa nella recente Confederations Cup in Sudafrica, hanno ringraziato Dio con una preghiera collettiva in mezzo al campo.
Una preghiera esplicitamente cristiana, com’ovvio, vista la fede comune in Brasile. La Fifa censura: la religione deve stare alla larga dal calcio.
Non ci sembra una notizia di poco conto. Tuttavia, su giornali e tv ha trovato scarsissimo rilievo.
Ci sbaglieremo, ma ieri l’abbiamo vista solo sul Corriere della Sera e su Repubblica. L’articolo del Corriere era ineccepibile. Quello di Repubblica, invece, ci ha fatti sobbalzare sulla seggiola. L’autore, infatti, subito dopo aver descritto il rito messo in scena dai calciatori brasiliani, e dopo aver rimarcato che molti indossavano «magliette alla Kakà (“I belong to Jesus”, appartengo a Gesù)», commenta: «Fosse stata una preghiera islamica, è il caso di dirlo, apriti cielo. Invece la faccenda è passata quasi sotto silenzio, almeno da noi».
Davvero stupefacente lo stravolgimento dei fatti e della realtà. Qui, è il caso di dirlo, è accaduto esattamente il contrario di quel che fa intendere Repubblica. Il cielo si è aperto proprio contro la preghiera cristiana dei brasiliani; mentre nessuno, tantomeno la Fifa, ha detto bah per una manifestazione altrettanto plateale, e anch’essa trasmessa in mondovisione, di pochi giorni prima.
E cioè la preghiera islamica dei calciatori egiziani i quali, subito dopo la partita vinta contro l’Italia, hanno pregato in mezzo al campo tutti quanti rivolti alla Mecca, secondo tradizione. Repubblica vuol farci credere che - nonostante l’ammonimento della Fifa - la preghiera cristiana dei brasiliani è passata «sotto silenzio», mentre un’ipotetica preghiera islamica avrebbe fatto gridare allo scandalo.
Anche se siamo abituati a faziosità di ogni genere, c'è da restare increduli di fronte a tanta spudoratezza. Ma quel che ci interessa qui non è il rimarcare certe piccole meschinità. Più che l'articoletto di Repubblica, ci pare indicativa di un certo clima la sanzione della Fifa; e il silenzio con cui tale disparità di trattamento - Brasile punito, Egitto no - viene fatta scivolare via.
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