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« Torna agli articoli di Rino Cammilleri
Il 20 gennaio u.s. la signora Meghan Markle in Windsor, più nota come moglie di Harry duca del Sussex, a sua volta più noto come figlio di Lady Diana Spencer, ex moglie di Charles duca di Edimburgo e a sua volta più noto come figlio della regina Elisabetta II d'Inghilterra, la signora, dicevamo, è stata paparazzata in un parco canadese insieme al figlioletto Archie. La signora si è risentita e, di concerto col marito, ha citato in giudizio i datori di lavoro dei paparazzi in questione, l'agenzia Splash News and Pictures.
Dato il rango dei personaggi immortalati si è scomodata l'Alta Corte di Londra che ha dato torto all'agenzia. Colpevole di violazione della privacy, essa non potrà mai più scattare foto alla famigliola di Meghan vita natural durante. La duchessa acquisita ha in corso, per gli stessi motivi, altre cause: una contro la Splash US, costola americana della precedente, una contro la Associated Newspapers che pubblica due testate di gossip molto seguite nel Regno Unito, e una contro un fotografo non meglio identificato di Los Angeles che aveva tentato di usare un drone per scattare foto ai Windsor-Markle.
Voi direte: e a noi che ce ne frega? E avreste ragione, visto che condivido il medesimo sentimento. Ma una riflessione si impone, perché viviamo in tempi realmente contraddittori. Ho già avuto modo di far osservare come nei secoli cristiani i modelli da additare alla gioventù era due: il cavaliere e il monaco. Non a caso, due figure che facevano del sacrificio personale a pro del prossimo un'attività organizzata e ingabbiata da regole dure, fitte e precise liberamente assunte. Il mondo contemporaneo, plasmato dalle cultura e mentalità americane, ha come modello il self-made man, colui che è riuscito a diventare ricco e famoso. E' sotto gli occhi di tutti come questo modello abbia scatenato una corsa al successo senza se e senza ma: basta guardare i c.d. reality-show per vedere quanto siano disposti a tutto gli arrampicatori.
Ora, come detto, il cavaliere e il monaco vivevano per il servizio al prossimo; l'«arrivato» no, nessuno glielo chiede, il suo successo se lo gode da solo. Tutt'al più fa il filantropo, cioè dona parte di quel che gli eccede a iniziative che, però, non offuschino la sua «immagine». Tanto per dire, Soros è un filantropo. Ora, è noto proprio alle riviste di gossip tutto quello che gli «arrivati» hanno dovuto fare per ottenere il successo, cioè la fama, cioè l'essere ammirati e invidiati. Ebbene, la domanda è: perché hai fatto di tutto per finire sotto ai riflettori e ora che ci sei invochi la privacy? Come fai ad essere ammirato e invidiato se poi ti nascondi? A meno che al tuo egocentrismo aggiunga anche questo: vuoi essere sotto ai riflettori ma solo quando dici tu, solo quando sei ben vestito e truccato, in salute e sorridente.
Un giudice che applicasse il buonsenso salomonico anziché le note del codice dovrebbe dire al ricorrente: caro signore, lei dovrebbe sapere che la fama e la gloria hanno un prezzo; ha voluto fare il divo (cioè, l'idolo), non può sottrarsi ai suoi adoratori. Basta leggere il classico Hollywood Babylon di Kenneth Anger (1959) per sapere di che cosa siano intrise certe strepitose carriere mediatiche, e apprendere quanti e quali sacrifici (soprattutto in dignità) siano costate. Oh, certo non è questo il caso di Megan Markle, ci mancherebbe. Ma, la sua defunta suocera, di privacy c'è morta: se avesse accettato di pagare il prezzo della sua notorietà (in fondo, poca cosa: lasciarsi fotografare) sarebbe ancora tra noi. Morale: quando eri quidam de populo avevi tutta la privacy che volevi, hai sgomitato per diventare famoso, cioè per uscire dall'anonimato, be', adesso che vuoi?
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