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INCUBO TERRORISMO IN FRANCIA, MA IN TELEVISIONE NESSUNO PARLA DI LEILA...
Eppure la 18enne voleva uccidere i compagni di classe e mettere una bomba a una chiesa (intanto un musulmano che ha ucciso una donna non è stato ritenuto colpevole perché, poverino, era sotto l'effetto della marijuana)
di Caterina Giojelli

Quartiere popolare di Devèze a Béziers (Hérault, sud della Francia). È la notte del 4 aprile, l'orologio segna l'1.55, quando le forze dell'antiterrorismo e della Direction générale de la sécurité intérieure (Dgsi) sfondano la porta dell'appartamento della famiglia B. Le quattro donne presenti, una madre e le sue tre figlie, finiscono in manette mentre inizia la perquisizione.
Pochi giorni prima la Dgsi aveva ricevuto una segnalazione dall'intelligence: una giovane francese convertita all'islam si appresta a compiere un attentato nel weekend di Pasqua, aggredendo i fedeli di una chiesa di Montpellier o Strasburgo con una sciabola. I servizi di sicurezza marocchini hanno individuato il suo account e pseudonimo Telegram, "Ab-2770" e l'indirizzo Ip da cui si connette postando video dei bambini soldato dell'Isis che giustiziano ostaggi: corrisponde a quello della signora B.
Coltelli, sure, la testa di Paty
Inizia come un film, la straordinaria inchiesta pubblicata da Le Parisien sull'arresto di Leila B., la diciottenne incriminata per associazione terroristica internazionale che prometteva di dare il proprio sangue per spargere quello cristiano. Una vendetta meditata e raccontata nel suo spaventoso diario di adolescente trovato la notte dell'irruzione, quando, spalancando la porta della stanza di Leila, gli agenti si sono trovati davanti a un santuario dell'orrore: al muro è appeso un poster delle Torri gemelle in fiamme, stampe del corpo mutilato di Samuel Paty, sul comodino un coltello da cucina da 30 centimetri.
E poi bottiglie di acido solforico, acetone, alcolici metilati, siringhe, cavi elettrici, ingredienti per fabbricare ordigni esplosivi, tracce di bruciature sul pavimento, bottiglie collegate con cavi alla batteria di un cellulare, sure che incitano al jihad. Scrive Le Parisien: «Non ha la personalità di un'ordinaria apprendista terrorista. Leila B. cresce in un ambiente socialmente e culturalmente svantaggiato. Terza di cinque figli, il più piccolo dato in affido, figlia di un padre alcolizzato e gravemente malato, ha abbandonato due anni fa la scuola dopo essere stata espulsa da un corso professionale di moda in un liceo di Béziers. Da allora ha passato le giornate chiusa nella sua stanza, arrivando a smontare la maniglia della porta perché nessuno potesse entrarvi, uscendo in rare occasioni e parlando solo con sua madre».

ANDRÒ A FARE UN MASSACRO AL LICEO, TAGLIERÒ TESTE
Nella sua stanza Leila passa le giornate sui siti "gore", i più macabri e pericolosi del deep web. Guarda e riguarda i video delle stragi scolastiche, come il massacro della Columbine High School, e le decapitazioni diffuse dai fanatici dell'Isis. Ha già una denuncia all'attivo: ha minacciato una studentessa su Instagram, ha affermato che avrebbe ammazzato qualcuno sparando dal balcone prima di suicidarsi. La polizia l'ha già interrogata, «mi piace guardare le persone decapitate, vedere qualcuno che soffre, vedere chi taglia la testa, la morte», ha ammesso agli agenti. Fantasie macabre, eppure c'è molto più di quanto temeva l'intelligence nel suo diario, dove la ragazza annota il sogno di comprare «fucili d'assalto» e uccidere «centinaia» di persone, arrivando a pianificare l'assalto della sua ex scuola:
«Il D-Day mi alzerò al mattino, preparerò tutto in anticipo. Verso le 9-10 ucciderò uno dei miei vicini e poi deciderò se ucciderne altri tre [...]. Dopodiché andrò al liceo e inizierò il massacro. Farò saltare in aria, distruggerò cose, ucciderò tutte le persone sul mio cammino. Il piano dettagliato consiste in bombe posizionate in luoghi diversi, saranno posizionate in anticipo».
Al di là dei "sogni", c'è soprattutto nel suo diario la piantina della chiesa di Béziers, su cui affaccia la finestra della sua stanza, annotazione degli orari di apertura, punti di ritrovo, appunti e aggiornamenti sulle fasi di produzione degli esplosivi. E poi ci sono le conversazioni e i messaggi intercettati con i soggetti radicalizzati con cui discuteva su Telegram: «Ucciderò i cristiani. Taglierò teste. Ucciderò la gente di chiesa, sì, a Montpellier in Francia». Interrogata, la ragazza spiega di non essere musulmana praticante, ma di essere attratta da nazismo e jihadismo. Fa anche parte di un gruppo Telegram neonazi, "Atomwaffen Command", ma solo per «spaventare le persone».

METTERÒ IN CHIESA UNA BOMBA: UCCIDERÒ I CRISTIANI
Tuttavia il suo delirio l'ha resa facile preda di un uomo che le racconta di vivere in Turchia: è stato lui, spiega la ragazzina, a proporle un attacco coordinato «a una chiesa o a una sinagoga con le armi. Attentati suicidi. Dovevamo colpire lo stesso posto, Strasburgo o Montpellier, non era deciso [...]. Sapeva che avevo l'attrezzatura per fabbricare bombe, gli avevo mandato una foto [...]. Ho disegnato in poco tempo la pianta della chiesa che vedevo dalla mia finestra. Volevo creare una bomba con il Tatp (esplosivo da fabbricare in casa con ingredienti reperibili facilmente e in voga tra attentatori suicidi dell'Isis, già usato dai terroristi di Parigi e Bruxelles, ndr), volevo mettere questa bomba in chiesa. Ma non avevo ancora deciso quando l'avrei fatta esplodere, né l'ora né la data».
«E adesso? E domani? Dopo le lacrime e gli omaggi, dopo i grandi discorsi e le manifestazioni, dopo gli hashtag, che cosa succederà? Continueremo con i compromessi davanti alla minaccia islamista o ci risveglieremo, opponendo alla guerra che ci è stata dichiarata un'altra guerra? Questa è la sola domanda che dobbiamo farci», scriveva il direttore del Figaro, Alexis Brézet, in seguito alle manifestazioni per ricordare Paty, il professore pugnalato e decapitato in Francia a Conflans-Sainte-Honorine da un diciottenne, attaccando islamisti e radicalizzati che tengono in ostaggio scuole e giovani di Francia.
Scuole in cui il 40 per cento degli insegnanti «si "autocensura" su alcuni temi per non creare incidenti» (è ancora Brézet), attivisti che «non avranno armato direttamente la mano dell'assassino, ma hanno senza dubbio ispirato il suo gesto». Nel tempo permeato dal dubbio, in una Francia che come spiegava a Tempi Christophe Desmurger - insegnante delle elementari a Parigi, tra i primi a denunciare la radicalizzazione dei giovani musulmani - ha scoperto bambini diventare «assassini nel nome di una causa malata», ideologie e soluzioni radicali corrono sul web, si fanno strada oltre la scuola, entrano nelle camere degli adolescenti: «Sono le 12:11, mi sono appena svegliata e ho molte cose da fare. Devo andare a comprare un vestito, acqua ossigenata, un contenitore di vetro [...]. Presto sarà tutto finito, presto mi vendicherò. D'ora in poi nessuno potrà fermarmi», scriveva Leila B. nel suo diario.

Nota di BastaBugie: l'articolo seguente dal titolo "Assassinio + cannabis = penalmente irresponsabile" mette in luce l'episodio di un musulmano che in Francia ha ucciso una madre di tre figli al solito grido di "Allah Akbar" e non è stato ritenuto colpevole dal tribunale perché, poverino, era sotto l'effetto di uno spinello.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Tempi il 26 aprile 2021:

Migliaia di persone si sono riversate nelle piazze francesi - ma anche in alcune piazze europee, come a Roma - per chiedere giustizia per Sarah Halimi, la donna ebrea di 65 anni che fu uccisa a Parigi il 4 aprile 2017 da Kobili Traorè, 27enne musulmano.
Quel giorno la donna, madre di tre figli, fu aggredita e gettata da una finestra dall'uomo, suo vicino di casa. Mentre la uccideva, Traorè recitava versetti del Corano e urlava «Allah Akbar» e «ho ucciso Satana». Ma la Corte di Cassazione nel dicembre del 2019 ha sentenziato che l'assassino non può essere processato e il 14 aprile ha confermato il verdetto.
Secondo i giudici, infatti, l'uomo non può essere ritenuto colpevole in quanto «penalmente irresponsabile». Tre diverse perizie - non concordi tra loro - hanno appurato che, trovandosi egli sotto gli effetti della cannabis, non era capace di intendere e volere.
Secondo l'articolo 122-1 del codice penale non è perseguibile chi soffre di disturbi psicotici. Era questa, secondo i giudici, la situazione in cui si trovava Traorè, reo confesso, che fumava «fino a 15 spinelli al giorno». La Corte ha riconosciuto il carattere antisemita dell'omicidio, ma non ha mandato a processo il musulmano.
Ieri sono sfilate per le strade parigine 22 mila persone che hanno scandito lo slogan «Senza giustizia, non esiste la Repubblica». Veementi sono state le reazioni in tutto il paese di fronte a una decisione che è percepita come profondamente ingiusta e irrazionale. [...]
Il Consiglio superiore della magistratura è però intervenuto in difesa dei giudici: «L'istituzione giudiziaria deve poter continuare a giudicare, libera da pressioni, con completa indipendenza e imparzialità».

 
Titolo originale: Il diario di Leila, 18enne francese che voleva tagliare la testa ai cristiani
Fonte: Tempi, 20 aprile 2021