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Ferve la polemica, sul quotidiano “Il Foglio”, diretto da Giuliano Ferrara, tra il giornalista cattolico Francesco Agnoli e i vertici del Movimento per la Vita italiano.
Agnoli, membro da anni del Movimento e attivissimo nel campo della cultura pro-life, ha accusato la presidenza del MpV di poca attività, di commistioni indebite con la politica, di scarsa incisività culturale e di mancanza di dinamismo (cfr. “Il Foglio”, 16 settembre 2010; pubblicato su BastaBugie n. 159). Il MpV si è difeso, con un articolo del suo vice-presidente, ribadendo da un lato la democraticità della vita interna del Movimento (che avrebbe eletto dal basso il suo Presidente) e dall’altro mostrando i numeri delle vite salvate in 30 anni grazie al lavoro e l’impegno dei Centri di aiuto alla vita (CAV) (cfr. “Il Foglio”, 18 settembre 2010).
Le critiche di Agnoli paiono del tutto pertinenti. Dalla sconfitta al referendum sull’abrogazione della legge 194 (1981), che non dimentichiamolo mai, ha legalizzato l’aborto in Italia, il fronte pro-life si è a poco a poco diluito in una generica e vaga “difesa della vita” che non disturba nessuno, e che per come è formulata, può essere condivisa da tutti, abortisti e anti-abortisti.
Con il passare del tempo poi l’opposizione alla legge 194, che il Magistero della Chiesa dichiara essere del tutto illegale oltre che immorale (cfr. Giovanni Paolo II, Evangelium vitae), si è evaporata e si è passati alla paradossale difesa della legge iniqua, definita una buona legge (come dissero la Morresi, la Roccella, etc.), se ben interpretata! Il panorama internazionale dà altresì ragione ad Agnoli: in America e in Francia, in Spagna o in Germania a fronte di leggi parimenti inique e illegali, è nato e si è sviluppato un vero movimento per la vita, attivo e propositivo, che non ha ceduto sui principi dottrinali di fondo e proprio per questo è in continuo sviluppo, soprattutto tra i giovani. Questi movimenti pro-life hanno prodotto cultura, associazioni, momenti di formazione e spazi di militanza del tutto assenti qui da noi e hanno passato il testimone in ordine alla lotta all’aborto legale senza se e senza ma. Il MpV nostrano è arrivato invece, attraverso la mediazione dell’UDC (di cui è parlamentare Carlo Casini), a sostenere una pro-choice come la Bresso in Piemonte contro un pro-life dichiarato come Cota.
Questo recente tradimento è solo l’ennesimo compromesso al ribasso di un movimento e di una cultura che non crede più in ciò per cui è nata, cioè la lotta contro la legalizzazione e la banalizzazione di un “crimine abominevole” (la definizione è in Gaudium et Spes). Ovvero si preferisce tacere sull’aborto piuttosto che denunciare la cultura di morte come instancabilmente fatto dai recenti Pontefici. In un libro di alcuni anni fa, scritto dalla dirigenza del MpV, si arrivava al punto di dire che l’aborto non deve chiamarsi omicidio! Ma allora, per che cosa stiamo lottando? Come ripete spesso Benedetto XVI il relativismo si è insinuato nella stessa comunità ecclesiale causando danni e confusione. Le derive di tanti pro-life italiani e dello stesso MpV ne sono un esempio particolarmente eclatante.
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