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"Il tempo passa, ma non ci lascia. Il tempo passa, ma si ripropone ogni giorno di più come una cosa nuova, piena di senso e di significato. Il tempo che passa è perché il tempo passi, scusate il giro di frase, ma è proprio così". Lo aveva detto poco tempo fa, in un ultimo messaggio agli amici, perché non aveva mai perso il gusto delle parole usate bene, per andare in profondità delle cose, sfidando sempre l'intelligenza dei suoi interlocutori. "Il tempo che passa è perché il tempo di Dio passi e si affermi potente in noi la grazia di Cristo", aveva concluso, ed era il riassunto di una vita spesa per un solo ideale - "la vita divina in noi e nel mondo", per usare ancora alcune sue parole -, anche da prima di essere ordinato sacerdote: il 28 giugno 1972, dal cardinale Giovanni Colombo arcivescovo di Milano. Da prima, significa da quando a quattordici anni, nel 1955, anche lui aveva salito per la prima volta i tre gradini d'ingresso del liceo Berchet di Milano e vi aveva incontrato don Luigi Giussani, che lì era arrivato l'anno prima, incaricato della "scuola di religione" da cui sarebbe nata l'esperienza di Gioventù studentesca. Come tanti altri, Luigi Negri fu "travolto da giovane" da quell'incontro, dalle ragioni e dalla sfida alla ragione che quel brillante giovane sacerdote proponeva ai rampolli della borghesia milanese degli anni Cinquanta. Quegli interrogativi non lo abbandoneranno più: alla Cattolica studiò filosofia, la sua tesi fu sul problema della fede e della ragione in Tommaso Campanella. Nel frattempo era diventato uno degli esponenti più in vista di Gs e due anni dopo, nel 1967, varcò un altro ingresso decisivo: quello del seminario di ambrosiano di Venegono.
Per molti ciellini della generazione appena successiva alla sua don Negri fu il primo impatto con un modo pugnace, caloroso come la sua voce a tratti un po' roca, di proporre il cristianesimo: quando fu, per molti anni, responsabile di Gioventù studentesca, la sigla che ora raggruppava gli studenti medi di Comunione e liberazione. Erano gli anni Settanta della violenza nelle strade e nelle scuole, ma già si intravvedeva il vuoto che le ideologie stavano lasciando nella vita di un'intera generazione. Negri non smetteva mai di indicare nella cultura laicista di matrice illuminista l'origine di quel disastro, e di offrire l'esperienza cristiana come la risposta a quelle domande che la politica e la storia lasciavano inevase. Vennero gli anni dell'insegnamento in Cattolica, e gli anni di Giovanni Paolo II che così spesso insisteva sul rapporto necessario tra fede e cultura: "Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta", era una frase di Papa Wojtyla che Negri aveva particolarmente cara e che ha sempre orientato anche il suo impegno episcopale: nel 2005 fu nominato vescovo di San Marino-Montefeltro, una delle ultime nomine di Giovanni Paolo II, e poi nel 2013 arcivescovo di Ferrara-Comacchio, di cui era emerito dal 2017.
Una visione combattiva del ruolo del cristianesimo nel mondo, nella crisi dell'occidente e negli anni della "guerra di civiltà" islamista, che lo aveva spesso portato a polemizzare dentro e fuori la chiesa, nell'agone politico. Negli ultimi anni, favorite dal venir meno di ruoli ufficiali, erano arrivate anche le prese di posizione in dissenso da alcuni aspetti del pontificato di Francesco (parlò di situazioni "scismatiche") che avevano lasciato perplesso qualche vecchio compagno di strada.
Monsignor Luigi Negri è morto l'ultimo giorno del 2021, mercoledì 5 gennaio avrà l'onore di esequie doppie: in mattinata nella Basilica di San Francesco a Ferrara, presiedute dal cardinale Matteo Zuppi, e nel pomeriggio, alle 15, nel duomo della sua Milano, dove a celebrare il rito sarà l'arcivescovo Mario Delpini.
Nota di BastaBugie: Riccardo Cascioli nell'articolo seguente dal titolo "A Dio, monsignor Negri" ricorda l'arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio, grande amico e sostenitore della Bussola.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 1° gennaio 2022:
Se la si vede con gli occhi del mondo, può sembrare paradossale essere raggiunti dalla notizia della morte di un amico proprio mentre si sta per entrare in chiesa per cantare il Te Deum. Ma nella prospettiva della fede il momento si rivela provvidenziale per rendere grazie a Dio con più consapevolezza per il dono dell'amicizia di monsignor Luigi Negri. Amico: mi sembra la parola che meglio definisce questa figura straordinaria di vescovo che nell'amicizia con Cristo, imparata nella lunga frequentazione di don Luigi Giussani, traeva la capacità di accompagnare con paternità verso Cristo chiunque incontrasse sulla sua strada.
Ha fatto così anche con la Bussola, un'opera che ha sempre sostenuto e accompagnato fin dall'origine e fino a quando la salute glielo ha permesso. Le sue riflessioni sulla Chiesa e sulla società hanno segnato il cammino del nostro giornale, ha guidato tutti noi a riconoscere la Provvidenza all'opera nella storia, a leggere la cronaca nella prospettiva della vita eterna, a ricentrare il compito della Chiesa nel momento della massima confusione dei pastori e disorientamento dei fedeli. Non a caso il suo modello come vescovo era il "Leone di Münster", il vescovo tedesco Clemens August Graf von Galen, che con forza e a rischio della propria vita denunciava l'imbarbarimento dei costumi portato dal nazismo e richiamava alla Legge di Dio.
Basta scorrere gli articoli scritti in questi anni per la Bussola per ritrovare la stessa chiarezza di giudizio, la testimonianza della Presenza di Cristo in una società «impoverita e immeschinita» dalla Sua assenza. Vale davvero la pena rileggere i suoi articoli, perché i giudizi che vi sono contenuti sono più che mai attuali, un faro in questa nebbia che è calata sulla Chiesa e sulla società. Sono uno strumento che ci aiuta a permanere saldi nella Verità in un momento in cui sembra ovunque trionfare la menzogna. Anche perché monsignor Negri ha sempre dimostrato un grande amore alla Chiesa e a quel particolare pezzo di Chiesa che lo aveva generato alla fede - il movimento di Comunione e Liberazione - anche quando, negli ultimi anni, gli è costato umiliazioni e incomprensioni, a volte anche da quelli che erano stati suoi amici.
«Noi vogliamo essere fedeli amici di Cristo perché fedeli seguaci della Chiesa, e in essa desideriamo che il nostro cammino sia un andare sempre più vicino a quel Signore che ci guida, attendendo il giorno beato e benedetto in cui potremo vederlo "come Egli è", secondo l'intuizione insuperabile dell'apostolo Paolo», scriveva in uno dei suoi ultimi articoli per la Bussola, due anni fa. Quel «giorno beato e benedetto» è dunque arrivato, e a noi è dato di proseguire la sua testimonianza secondo il compito che il Signore ci affida.
La capacità di essere amico nel senso più profondo del termine, dicevo all'inizio. E non posso non testimoniarlo anche nella vita personale. Pur non entrando nei dettagli di questioni private, basti dire che se sono rimasto a Milano e ho potuto iniziare a fare questo mestiere, molto lo devo proprio a lui, alla sua generosità e alla sua paternità, che pure mi conosceva da poco. E più volte nel corso della mia vita la presenza e la parola di don Negri sono arrivate in modo provvidenziale. A dispetto dell'apparenza a volte burbera, e di modi a volte sopra le righe, don Luigi Negri era capace di una grande tenerezza e capacità di accoglienza che chiunque l'abbia conosciuto - e sono davvero tanti - può testimoniare.
L'unico suo interesse era portarci a Cristo, facendocelo riconoscere nelle vicende a volte intricate della nostra vita personale. Per questo gli saremo sempre grati e ringraziamo ancora una volta Dio per averlo messo come sentinella sulla nostra strada. A Dio, monsignor Negri.
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