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Come ho già scritto su questo giornale, la ricetta più sicura per far subissare di premi un film inutile è il mix sesso+religione ovviamente cattolica, così che la pubblicità gratuita sia garantita dalle sicure proteste. Opera coraggiosa e trasgressiva. Opera d'arte. Ma ci faccia il piacere. Così, sulla scia di Diderot, di Garibaldi e perfino di Mussolini (e sai l'audacia, e sai la novità), pigli un convento femminile d'epoca, ci piazzi una storia di lesbiche così fai contenti gli Lgbt, aggiungi un cicinino di satanismo e sforni Benedetta di Paul Verhoeven, regista olandese che, vista la sorte dei suoi colleghi che hanno osato toccare l'islam, ha ripiegato sull'usato sicuro.
Dopo la fantascienza dei pur pregevoli Robocop, Atto di forza e Fanteria dello spazio, ecco il famoso e torbido Basic Instinct, che lanciò Sharon Stone e le fruttò il prestigioso Nastro Verde della Cultura, consegnatole con tutti gli onori dal ministro francese titolare del dicastero omonimo. Niente di nuovo: anche i Rolling Stones avevano ricevuto in pompa magna le chiavi della città di Torino. Solo che l'attempata band dovette agitarsi sul palco per due ore, mica si limitò ad accavallare le gambe in favor di cinepresa. Verhoeven aveva esordito nel lontano 1971 con Gli strani amori di quelle signore, il cui titolo la dice lunga sui filoni preferiti dal maestro. Poi aveva azzardato un sesso+violenza+religione (sempre cattolica) con il film storico L'amore e il sangue, per poi approdare su sesso+nazismo+Shoah con Black book, in cui un'ebrea accetta di andare a letto con un gerarca nazista per conto della Resistenza. Infine, Elle, strapremiato.
Visto che Basic Instinct ed Elle sono stati subissati di premi, il regista deve aver finalmente mangiato la foglia. Ed eccoci a Benedetta, film che, dopo averlo visto, capisci (se ancora non l'hai capito) perché in altri tempi i teatranti, alla morte, venivano sepolti in terra sconsacrata. Pare che la pratica sia andata avanti fino a Molière, che morì nel 1673 (solo dieci anni dopo la nostra suor Benedetta) per un collasso sulla scena del Malato immaginario (però furono due suore a sorreggerlo e portarlo a casa). Vi basti una scena tra le tante: per trasmetterle le (false) stimmate Gesù in croce le chiede di mettersi nuda. L'arte sta nel fatto che 'sta roba non è accennata o adombrata o affidata a resoconti verbali. No, è spiattellata papale papale (è il caso di dirlo, tanto siamo in tema) sullo schermo.
La vera suor Benedetta Carlini, toscana, fu accusata di false visioni mistiche e di rapporti lesbici. Ma le autorità ecclesiastiche si preoccuparono più delle prime che dei secondi. Le prime sono eresie, le secondo sono debolezze umane. E la Chiesa è sempre stata intransigente dal pulpito e compassionevole nel confessionale. Specialmente durante la Controriforma. La Carlini fu destituita dalla carica di badessa (e volevo vede'...) e alla mensa doveva sedere in terra per penitenza. Morì di vecchiaia nel suo letto. Però il film è una specie di Nome della Rosa anno 2021, con torture sexy, roghi e peste. E meno male che l'iniziale titolo è stato accantonato: Blessed Virgin, «Beata Vergine». La storia ha alle sue spalle, tutti di firma femminile, una commedia teatrale, un articolo su The journal of homosexuality e il saggio di Judith C. Brown Atti impuri. Vita di una monaca lesbica nell'Italia del Rinascimento. Ora, la Carlini morì nel 1661 e il Rinascimento era alle spalle da un pezzo.
Ho cercato vanamente nei titoli di coda, tra i ringraziamenti, quelli per la fornitura di aspirine, che le attrici avranno assunto, suppongo, in quantità industriale visto che sono quasi sempre nude anche all'aperto. Ora, dati i temi «religiosi», speriamo che a qualche cineforum parrocchiale non salti il ghiribizzo di aprire il dibattito su questo film. Certo, il dibattitore professionista ci troverà di che arrampicarsi sugli specchi sofistici. Ma dovrà fare una fatica boia, che manco l'Uomo Ragno. Il voyeur simple, invece, avrà di che pascersi.
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