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« Torna agli articoli di Luisella Scrosati
Giovanni Cassiano non è molto incoraggiante quando afferma che la lotta contro la passione della lussuria «dura a lungo ed è più tenace di tutte le altre, e sono pochi coloro che riportano una vittoria totale» (Istituzioni cenobitiche, VI, 1). Però bisogna riconoscergli uno spiccato senso della realtà... Come la gola, anche la lussuria è una malattia del concupiscibile, una patologia che colpisce il desiderio, il "motore" dell'anima umana. Un rilievo fondamentale per comprendere che senza la virtù della castità è semplicemente impossibile orientare e consacrare a Dio l'integrità della nostra potenza di desiderio e d'amore. In altre parole, è impossibile giungere, per grazia, ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente (cf. Dt 6,5). La castità richiede sempre l'astinenza da ogni impurità, e può assumere la forma della castità monastica e verginale, oppure quella coniugale.
È sempre Cassiano a metterci in guardia sui due fronti in cui la lussuria ci attacca: quello dell'anima e quello del corpo; pertanto è necessario vegliare e lottare su entrambi. Per quanto riguarda il corpo, occorre avvalersi di alcuni mezzi indispensabili per indebolirlo, evitando così che la sua forza diventi legna che alimenta il fuoco della passione lussuriosa. I Padri parlano molto diffusamente del digiuno; san Giovanni Climaco ricorda che Adamo, «se non si fosse lasciato dominare dal proprio ventre, non avrebbe mai saputo che cos'è una moglie» (La Scala, XV; 1). Potrebbe sembrare un'indicazione solo per monaci, ma non è così. Perché infatti il matrimonio non diventi una via di perdizione, ma di santità, è necessario che l'unione dei coniugi e l'apertura al dono della vita non vengano dominati dalla lussuria, ma dalla carità. Bisogna dunque lottare contra la gola, per colpire la lussuria, poiché entrambe fanno capo alla potenza concupiscibile. La moderazione, il digiuno, l'astinenza almeno periodica dalle carni sono mezzi preziosissimi, soprattutto nei momenti di maggiore tentazione. E poi le veglie, perché il troppo sonno accende la lussuria, ed il lavoro faticoso, soprattutto manuale, che fiacca il corpo e tiene lontano le fantasie accese dall'ozio.
Se digiuno, veglia e lavoro sono indispensabili, non sono però sufficienti contro questa passione furibonda, che si avverte sì nel corpo, ma che si accende nel cuore dell'uomo. Ed è lì che bisogna porre un cherubino di guardia, notte e giorno. In primis, dobbiamo saper custodire i sensi, in particolare gli occhi e il tatto, perché non vengano eccessivamente sollecitati. Una volta venne mossa l'obiezione che, dati i tempi, bisognerebbe andare in giro con una benda sugli occhi e si finirebbe per rompersi qualcosa. Nel qual caso il corpo risulterebbe indebolito e saremmo già a metà dell'opera, almeno per un po'... Battute a parte, non dobbiamo concederci la licenza di far vagare il nostro sguardo e indugiare su ciò che non conviene. Punto.
E poi la custodia del cuore, dove si insinuano pensieri cattivi o riaffiorano immagini e ricordi sensuali. La strategia è quella di respingere sempre e subito. San Giovanni Climaco avverte, con molta esperienza, di «non cercare di respingere il demone della fornicazione con giustificazioni e contraddizioni verbali, perché, avendo come alleata la natura, anche lui ha buone ragioni per combatterci» (La Scala, XV, 20). Bisogna però tener sempre presente che «chi vuol vincere la propria carne, o anche solo farle guerra, con le proprie forze, corre invano: se infatti il Signore non distrugge la dimora della carne e non edifica quella dell'anima, invano digiuna e veglia chi vuole distruggerla (cf. Sal 126,1-2)» (XV, 20).
Preghiera, supplica incessante, abbandono fiducioso in Dio.
Nota di BastaBugie: per approfondire il tema della castità si può cliccare nel seguente link.
http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=65
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