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« Torna alla edizione
Fifa e Uefa hanno sospeso la Russia e le sue squadre da tutte le competizioni, escludendo la Nazionale dai playoff per i Mondiali in Qatar. La sospensione, annunciata ieri sera, ha anche escluso le squadre dei club russi dalle competizioni internazionali.
La decisione è arrivata poche ore dopo che il Cio aveva raccomandato che «Federazioni Sportive Internazionali e gli organizzatori di eventi sportivi non invitino o consentano la partecipazione di atleti e funzionari russi e bielorussi alle competizioni internazionali», e il giorno dopo che la Fifa era stata pesantemente criticata per una decisione cerchiobottista con cui aveva stabilito che «nessuna competizione internazionale potrà essere giocata sul territorio della Russia, con le partite casalinghe giocate in territorio neutrale e senza spettatori», ma che la Russia potesse continuare a giocare sotto altro nome, senza inno e senza bandiera.
La decisione di Fifa e Uefa è senza precedenti nella storia. Come aveva spiegato bene Angelo Carotenuto sulla sua newsletter Lo Slalom, «sulla scorta di quanto visto in passato, la FIFA non può agire da sola e in modo autonomo, fuori da un contesto. Se lo facesse, dovremmo domandarci perché la Nazionale russa di calcio possa restare esclusa dai Mondiali e quella di basket no, quella di pallavolo no, oppure perché Daniil Medvedev numero uno del tennis mondiale da stamattina, possa continuare a giocare i suoi tornei».
La Russia era già stata esclusa dalle Olimpiadi, ma in quel caso le sanzioni adottate erano pur sempre «relative a un perimetro sportivo (il doping). Se la faccenda si sposta sul terreno della politica, il quadro dinanzi al quale ci troviamo stamattina è ancora coerente con decenni di storia - più o meno recente. Quando negli Anni Trenta del Novecento il governo italiano invase l'Etiopia, la Nazionale di Vittorio Pozzo campione del mondo non venne esclusa dall'edizione successiva. Andò in Francia, giocò una partita in maglia nera, faceva il saluto romano a metà campo, vinse la Coppa [...]. Del resto, fino ancora alla settimana scorsa, dinanzi alla necessità di prendere posizione contro la Cina per le accuse sul genocidio della minoranza uigura, molti osservatori chiedevano che la politica rimanesse fuori dallo sport».
Lo strappo è molto significativo, dunque, e fa cadere l'ipocrita separazione tra sport e politica. Ipocrita non perché sbagliata, ma perché smentita dai fatti. Vladimir Putin è il primo ad avere usato lo sport in chiave politica in questi anni, basti pensare agli elogi che quattro anni fa il presidente della Fifa, Gianni Infantino, gli faceva dopo l'organizzazione del Mondiale in Russia, o alle immagini di lui plaudente sugli spalti dello stadio di Pechino poche settimane fa, durante la cerimonia di inaugurazione dei Giochi invernali.
Prima della decisione di ieri, nei giorni scorsi l'Uefa aveva spostato la sede della finale della Champions League da San Pietroburgo a Parigi, stadio del Paris-Saint Germain, squadra di proprietà degli emiri del Qatar che a dicembre organizzeranno la Coppa del mondo, per poi annunciare la fine della storica sponsorizzazione da parte di Gazprom. Molti osservatori sottolineano come sempre più atleti e sportivi russi stiano prendendo le distanze dalla guerra in Ucraina, e chiedono una sorta di "amnistia" per loro. Difficile possa succedere, però: le istituzioni che governano lo sport mondiale, dopo anni di equilibrismi - spesso condivisibili - hanno preso una decisione storica da cui difficilmente torneranno indietro.
Nota di BastaBugie: Rodolfo Casadei nell'articolo seguente dal titolo "Il peso di contrari e astenuti nel voto contro la Russia all'assemblea Onu" spiega perché la mozione di condanna dell'invasione e la richiesta del ritiro delle truppe russe non è così forte come ci hanno presentato i telegiornali.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 4 marzo 2022:
All'assemblea generale delle Nazioni Unite convocata con procedura di emergenza per pronunciarsi sull'invasione russa dell'Ucraina le cose non sono andate esattamente come le hanno raccontate la maggior parte dei media e dei governi europei. La narrazione dominante dice che il risultato della votazione della risoluzione di condanna degli atti condotti dalla Russia dimostra che essa è isolata sul piano internazionale, poiché una maggioranza schiacciante di paesi, ben 141, hanno approvato la mozione di condanna dell'invasione e la richiesta del ritiro delle truppe russe, e soltanto 5 (fra i quali si contano ovviamente la Russia e la Bielorussia) hanno votato contro.
Il dato è corretto, ma definire questo risultato come un "isolamento" della Russia non corrisponde alla realtà demografica dei paesi rappresentati alle Nazioni Unite. Se è vero che nell'assemblea generale ogni paese ha a disposizione 1 voto, si tratti di San Marino o della Cina, nella realtà dei rapporti internazionali le dimensioni contano.
I 141 paesi che hanno condannato l'invasione russa e chiesto il ritiro delle truppe rappresentano soltanto il 44,5 per cento della popolazione mondiale; se ai voti contrari di Russia, Bielorussia, Siria, Corea del Nord ed Eritrea aggiungiamo le astensioni e le mancate partecipazioni al voto, otteniamo il risultato che 52 paesi rappresentati all'Onu non hanno votato la condanna dell'invasione e dei bombardamenti russi; questi 52 paesi rappresentano il 55,5 per cento della popolazione mondiale. Fra loro infatti ci sono giganti demografici come Cina, India, Pakistan, Bangladesh e Vietnam, che si sono astenuti, e come Etiopia, Marocco, Turkmenistan e Venezuela che non hanno preso parte al voto.
I 141 paesi che hanno votato la condanna della Russia rappresentano 3 miliardi e 518 milioni di persone, i 39 che hanno votato contro o si sono astenuti ne rappresentano 4 miliardi e 78 milioni; se aggiungiamo i 13 paesi che non hanno votato, ne deriva che i 52 paesi che non hanno condannato la Russia rappresentano 4 miliardi e 382 milioni di abitanti del pianeta sull'attuale totale di 7,9 miliardi. Cina e India si erano già astenute nel voto alla risoluzione di condanna dell'operato russo presentata al Consiglio di Sicurezza dell'Onu, e non partecipano alle sanzioni economiche decise dai paesi occidentali (Ue, Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia, Nuova Zelanda a cui si sono aggiunte Taiwan e il Giappone).
Un'analisi ravvicinata del voto all'assemblea dell'Onu, mostra che dei 15 stati sovrani nati dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica 6 hanno votato la condanna della Russia. Si tratta dei tre paesi baltici aderenti all'Unione Europea (Estonia, Lettonia e Lituania), della Moldavia, della Georgia e ovviamente dell'Ucraina. Si sono astenuti in 4 (Armenia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan) mentre 3 non hanno partecipato al voto (Azerbaigian, Turkmenistan e Uzbekistan) e 2 (Russia e Bielorussia) hanno votato contro.
Il continente che si è mostrato più compatto nel voto è stato l'Europa, dove a parte alcuni stati post-sovietici tutti gli altri hanno votato compattamente a favore della mozione di condanna. Il continente più diviso e variegato è risultato l'Africa; dei suoi 54 paesi affiliati alle Nazioni Unite, 28 hanno approvato la risoluzione, 16 si sono astenuti, 9 non hanno partecipato al voto e 1 (l'Eritrea) ha votato contro. Fra gli astenuti ci sono paesi importanti come il Sudafrica e l'Algeria, così come ce ne sono fra i non votanti (Marocco ed Etiopia). Le risoluzioni dell'assemblea generale dell'Onu non sono vincolanti, ma hanno un valore politico e morale, nella misura in cui segnalano la convergenza di maggioranze di paesi su determinati dossier.
DOSSIER "GUERRA RUSSIA-UCRAINA"
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