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Anche il governo cinese commemora a suo modo il massacro di Tienanmen: da giorni la piazza teatro dell’eccidio è sotto stretto controllo, polizia in borghese e in uniforme vigila su ogni crocchio, soprattutto se vi sono stranieri o telecamere. In questi giorni le autorità, alla solita censura, hanno aggiunto l’oscuramento del sito Internet Twitter (sul quale molti si scambiano notizie e commenti brevissimi), quello di fotografie online Flick e il provider di posta elettronica Hotmail. Stretto controllo anche nelle università, dove ai responsabili è chiesto di tenere d’occhio studenti e docenti stranieri; i tassisti devono invece segnalare subito alla polizia i clienti sospetti, specie chi vuole andare alla piazza incriminata. Il governo dice spesso che è tempo di andare 'oltre Tienanmen', che ormai tutti hanno rimosso, eppure impiega una spropositata molte di energie per 'far dimenticare' in modo violento, eliminando chi vuol parlare degli eventi di 20 anni fa. Molti protagonisti del movimento di protesta vivono agli arresti domiciliari o sono scomparsi proprio in questi giorni. Il 30 maggio la polizia ha sequestrato e portato verso un luogo sconosciuto Wu Gaoxing, detenuto per due anni dopo aver partecipato alle proteste pro-democrazia del 1989. Di recente, aveva scritto una lettera aperta al presidente Hu Jintao, chiedendo un risarcimento per chi, come lui, è stato imprigionato per anni e ora si ritrova povero, perfino senza assistenza sanitaria. A Ding Zilin, 72 anni, fondatrice delle 'Madri di Tienanmen', il gruppo che ogni anno chiede giustizia per i figli uccisi il 4 giugno, la polizia ha intimato di 'allontanarsi' da Pechino. Lei però si è rifiutata ed ora è sorvegliata a vista, con il telefono tagliato. Sono agli arresti domiciliari anche Chen Xi, attivista per i diritti umani del Guizhou, e Qi Zhiyong, che la notte del massacro, colpito da un proiettile, ha perso una gamba. Il governo non gli ha permesso nemmeno di prendere parte alle Paralimpiadi perché il suo handicap non ricordasse a nessuno quegli eventi. Bao Tong, che per la sua opposizione al massacro ha subito 7 anni di carcere e gli arresti domiciliari perpetui, ha acconsentito a lasciare Pechino fino al 7 giugno. Zhou Duo, già docente di sociologia, che si unì alle proteste degli studenti nell’ 89, è stato invece portato lontano dalla capitale. La polizia impedisce di uscire da casa anche a Zeng Jinyan, moglie del famoso attivista detenuto Hu Jia. E manca da mesi Liu Xiaobo, fra gli ultimi a lasciare piazza Tiananmen 20 anni fa e che lo scorso anno è stato fra gli estensori di 'Carta 08', un appello al governo perché avvii un dialogo sulla democrazia con la popolazione e fermi la corruzione che sta inquinando tutta la società cinese. Tienanmen è una domanda al presente e al futuro della Cina, perché il suo sviluppo sia davvero più 'armonioso' e comprenda non solo il benessere materiale di pochi, ma anche i diritti umani di molti.
Lo comprendono molto bene i tanti gruppi nel mondo impegnati a non lasciar passare l’anniversario senza degne celebrazioni: hanno lanciato incontri, veglie, sit-in per ricordare i giovani massacrati e per chiedere alla Cina più rispetto per il suo popolo.
Peccato che i governi mondiali (fra cui Stati Uniti e Unione europea), attanagliati dalla crisi economica, abbiano ormai deciso che con Pechino si debba parlare solo di commercio e di valuta, lasciando in disparte quanto 'ci divide': la dignità umana.
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