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La tecnica, si dice, è neutra: può essere usata bene o male. Un coltello, ad esempio, può essere usato per affettare del formaggio o per ferire qualcuno. Sarà vero?
Se qualcuno ha letto (e di attenzione ne occorre parecchia) Il signore degli anelli dello scrittore (cattolico) J.R.R. Tolkien, ricorderà il personaggio Boromir. Forte e coraggioso guerriero, commette però un errore che gli costa la vita e mette in pericolo i suoi compagni: vuole impossessarsi dell'anello del potere. Vuole usarlo, certamente, per fare il bene, contro l'oscuro signore. Ma Gandalf l'aveva avvertito: l'anello non è neutro, esso può essere usato solo per il male. In un certo senso, Tolkien contraddice la nostra tesi iniziale; e dà ragione al filosofo (cattolico) canadese Marshall McLuhan.
MCLUHAN: GLI STRUMENTI NON SONO NEUTRI
McLuhan sosteneva che gli strumenti, ad esempio i mezzi di comunicazione, non sono neutri, cioè sono buoni se trasmettono un messaggio buoni e cattivi se trasmettono un messaggio cattivo. Sosteneva addirittura che il "mezzo", lungi dall'essere soltanto un canale di trasmissione, "è il messaggio" stesso. Il contenuto, insomma, è meno importante del mezzo di comunicazione.
La teoria di McLuhan spiega in modo semplice e chiaro ciò che è accaduto alle nostre capacità cognitive da qualche decennio: si sono cioè ridotte drasticamente. Come è possibile? Semplice: se io mi abituo a usare sempre la calcolatrice, diventerò sempre meno capace di svolgere calcoli a mente, fino a perdere per sempre questa capacità. Se io uso sempre il navigatore per spostarmi, a lungo andare perderò completamente il senso dell'orientamento. Questo proprio perché gli strumenti non sono neutri, ma ci educano, ci plasmano senza che ce ne accorgiamo.
L'uso di immagini, piene di colore saturi, in repentino e continuo mutamento, ad esempio, riduce la capacità di osservare, contemplare ciò che abbiamo davanti al naso. Mi riferisco, ovviamente, ai video che arrivano a noi attraverso schermi elettronici: cartoni animati, film, video musicali o di altro genere.
L'effetto è ancora più evidente se pensiamo alla nostra capacità di accostarci alla musica. È noto che, in occasione dell'esecuzione di alcuni brani musicali, gli ascoltatori svenivano, letteralmente. Uno di questi brani è il finale del Guglielmo Tell, di Rossiini, con quelle sue continue cadenze d'inganno che accrescono la tensione quasi senza fine. Scommetto che, al giorno d'oggi, quello stesso brano non farebbe svenire nessuno: non siamo più in grado di concepire la musica come gioco di tensioni e rilassamento. [...]
TUTTO È RAPIDO
E che dire della dinamica, azzerata dai nuovi formati di riproduzione? Un tempo si acquistava un disco, lo si metteva sul giradischi e ci si prendeva un'oretta di tempo, al buio, per ascoltare. Il disco, un long playing, era concepito per essere ascoltato tutto, dall'inizio alla fine. L'ascolto era, quindi, un'esperienza che catturava l'attenzione e chiedeva che fosse conservata fino al silenzio finale. Ora esistono le singole canzoni, sempre più corte. Che, in realtà, non ascoltiamo nemmeno: sono il sottofondo della nostra giornata, mentre guidiamo, mentre facciamo attività sportiva, mentre usiamo i mezzi pubblici. Mentre facciamo altro, insomma. Nessuno interrompe le proprie attività per dedicarsi all'ascolto.
Tutto è rapido, provvisorio, niente merita attenzione. Nemmeno un libro, o la persona che abbiamo di fronte. Facciamo zapping con ogni stimolazione che ci si presenta; non abbiamo, quindi, più tempo per nulla. Siamo criceti sulla ruota della vita. Come fare, dunque, per recuperare tempo e capacità di attenzione? [...] Prevalenza della ragione sulle passioni (ansia inclusa), compartimentazione del tempo e libertà sono le chiavi per lavorare bene, in modo efficace e senza perdere tempo. Non importano il frastuono e la confusione con i quali il mondo tenta di invaderci: in fin dei conti, siamo sempre liberi (e, quindi, responsabili) di come utilizzare il nostro tempo.
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