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« Torna agli articoli di Giuliano Guzzo
A New York ci sono la bellezza di 1.700 pizzerie, tre le quali si segnalano anche locali storici come Lombardi's. Non sono le 8.200 che si trovano a Napoli, d'accordo, ma sono comunque parecchie. Non a caso ci sono siti che riportano che nella Grande Mela «la pizza è praticamente ovunque». L'Independent scrive addirittura che si tratta della «capitale della pizza degli Stati Uniti». Eppure in futuro potrebbe non essere più così, dal momento che nella grande metropoli americana si è da poco scatenata una nuova crociata contro le pizzerie. Proprio così, una crociata - manco a dirlo - di matrice ambientalista.
Il Dipartimento per la protezione ambientale della Grande Mela si sta infatti muovendo per chiedere alle pizzerie di ridurre le loro emissioni in modo significativo. Una richiesta, benché pesante, subito presentata come obbligata per il bene comune. «Tutti i newyorkesi meritano di respirare aria sana e le stufe a legna e a carbone sono tra i maggiori contributori di inquinanti nocivi nei quartieri con scarsa qualità dell'aria», ha a questo proposito dichiarato Ted Timbers, portavoce del Dipartimento. Di qui il varo di nuove regole che, però, potrebbero costare caro ai gestori dei locali in questione.
Le nuove norme proposte dal Dipartimento per la Protezione Ambientale newyorkese, infatti, imporrebbero ai ristoranti con forni a carbone e a legna di ridurre le emissioni di CO2 fino al 75%. Le pizzerie con sistemi di cottura di questo tipo, costruiti prima del maggio 2016, dovranno perciò acquistare costose tecnologie di controllo delle emissioni - che possono valere anche decine di migliaia di dollari. Certo, non è detta l'ultima parola. Un ristoratore ha difatti dichiarato al New York Post che sono in corso trattative coi funzionari comunali per decidere se includere o esentare le pizzerie con forno a carbone e a legna.
Staremo a vedere. Quello che è certo è che, a meno di ulteriori novità, almeno un centinaio di pizzerie storiche di New York potrebbero essere costrette a chiudere nei prossimi mesi. Il che vorrebbe dire, inevitabilmente, un bel po' di disoccupazione tra camerieri, pizzaioli e naturalmente ristoratori che dovessero finire sulla strada. Per caso al Dipartimento per la protezione ambientale della Grande Mela hanno pensato anche a questo? Viene seriamente da domandarselo, dal momento che l'impressione è che molte politiche green vengano ideate senza pensare alle conseguenze.
Non è un caso che le reazioni a questa decisione non si siano fatte attendere. C'è chi è corso - letteralmente - a tirare pizze al municipio, mentre il New York Post riporta l'indignazione del cliente di una pizzeria che se n'è uscito dicendo: «Sono favorevole a pratiche ambientali sostenibili, ma prima dite ad Al Gore di prendere un jet privato in meno». Nella polemica ha voluto dire la sua anche il patron di Tesla e proprietario di Twitter Elon Musk: «Tutto questo è assolutamente stupido. Non farà alcuna differenza per il cambiamento climatico». Ciò nonostante, c'è da escludere che gli amministratori della Grande Mela possano davvero rivedere la loro linea. Anzi, è probabile che proseguano esattamente su questa strada.
Del resto l'ambientalismo ha da qualche anno smesso d'esser una causa e una tematica, facendosi religione. Di più: è diventato un intoccabile dogma. Per cui non ci sarebbe nulla di strano se davvero a New York volessero portare avanti una crociata contro le pizze più buone: quelle cotte nei forni a legna. Una trovata la cui efficacia la sanno solo i cervelloni del Dipartimento per la protezione ambientale, gente cui, se mai venisse a Napoli, andrebbe proibito - per coerenza - l'ingresso nelle pizzerie. Perché quelle sarebbero pizzerie "inquinanti", giusto?
Nota di BastaBugie: Matteo Milanesi nell'articolo seguente dal titolo "Non crede alla religione green: silenziato il premio Nobel in carica" parla del fisico americano John Clauser che è stato censurato a causa delle sue posizioni contro il green.
Ecco l'articolo completo pubblicato sul sito di Nicola Porro il 25 luglio 2023:
Ci sono quei dogmi che ormai non possono più essere messi in discussione. Dopo la proposta del leader dei Verdi, Angelo Bonelli, di introdurre nel nostro ordinamento un nuovo reato di "negazionismo climatico", ora pure i premi Nobel vengono zittiti solo per non essere in linea con quella che è diventata una vera e propria religione. In fondo, ne parlava chiaro e tondo qualche anno fa il giornalista Giulio Meotti, nella sua opera Il Dio verde (Liberilibri), il quale delineava il tratto ideologico - a volte pure settario - che caratterizzava certi talebani green.
Ebbene, la censura questa volta è capitata al fisico americano John Clauser, insignito del Premio Nobel nel 2022, che avrebbe dovuto tenere una conferenza il 25 luglio per il Fondo Monetario Internazionale. Risultato finale? Rinviata a data da destinarsi. La decisione è stata presa dal direttore dell'IMF, Pablo Moreno, e la giustificazione sta proprio nel fatto che Clauser avrebbe voluto contestare alcuni dogmi in materia di "emergenza climatica".
Critiche che, nel corso di questi ultimi anni, erano già state rivolte dal fisico alla politica climatica di Joe Biden, fino ad arrivare - lo scorso maggio - a definire la propaganda climatica come una "pseudoscienza giornalistica". Un vero e proprio messaggio tranchant, reso ancora più duro in una dichiarazione congiunta di numerosi scienziati, che raccoglie più di 1.500 firme, tra cui quella del premio Nobel, sul fatto che "non esiste alcuna emergenza climatica".
Si badi bene: nessuno nega che sia in atto un cambiamento climatico, ma rimane più che dubbio il fatto che la causa sia innanzitutto un secolo di capitalismo dell'uomo, in grado di estinguere un pianeta da circa 4 miliardi e mezzo di anni di vita. Posto il fatto che la Terra, ciclicamente, è sempre stata soggetta a mutamenti climatici. Un dato che, troppe volte, i talebani green omettono, così come l'ormai conosciuto PCM, il periodo caldo medievale dal IX al XIV secolo, quando la temperatura era mediamente un grado più alta rispetto a quella attuale.
Ma tutte queste tesi, secondo l'ala più radicale del mondo green, dovrebbero essere soppresse nel silenzio, magari con la codificazione di un reato solo per aver cercato di aprire un confronto, una discussione, un dibattito, che esula dalla supina accettazione di formule precotte, quali fossero comandamenti religiosi. Negli Stati Uniti, non siamo ancora arrivati a questo punto, ma in Italia l'idea sta cominciando a prendere piede: ora pure le opinioni possono essere un reato.
VIDEO: IL FUTURO E' (AL) VERDE di Silver Nervuti
Nel seguente video (durata: 5 minuti) Silver Nervuti fa notare che abbiamo cambiato combustibili, veicoli, abitudini, usi e costumi per un futuro più verde, più inclusivo e libero da tabù antiquati... ma non è servito all'ambiente, bensì a chi ha fatto affari d'oro sulle spalle dei cittadini.
https://www.youtube.com/watch?v=i7_zQzg4aqA
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