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Il volto di Laura Ziliani ieri era soltanto sulla prima pagina del Messaggero. Anche lei è una donna a cui è stata tolta la vita, anche lei è stata uccisa, ma gli altri quotidiani non hanno dato spazio alla sua foto in prima, hanno trattato la sua vicenda semplicemente nelle pagine interne, dedicate alla cronaca. Come si è sempre fatto, va detto. Era un ex vigilessa, Laura, viveva nel bresciano, a Temù, dove cresceva le sue tre figlie da sola dopo la morte prematura del marito avvenuta nel 2012. Anche lei, come Giulia Cecchettin, è scomparsa da casa, era l'8 maggio del 2021, la festa della mamma. Due delle sue figlie, Silvia e Paola, la maggiore e la minore, allertano le forze dell'ordine, sostengono che la madre sia uscita per un'escursione e si dicono preoccupate. Si mette in moto la macchina delle ricerche mentre le due ragazze si prodigano in messaggi televisivi e interviste.
Anche lei, come Giulia, viene ritrovata cadavere, due mesi dopo. Anche lei è morta per mano di chi diceva di amarla: le sue figlie. Due giorni fa infatti la Corte d'Assise di Brescia ha condannato all'ergastolo Silvia e Paola Zani, così come anche Mirto Milani, fidanzato della prima e amante della seconda. I tre sono accusati di omicidio volontario. La vittima fu prima stordita con benzodiazepine e poi soffocata e il cadavere venne sepolto vicino al fiume Oglio nel paese dell'Alta Vallecamonica. I tre hanno confessato in carcere. Di donna le mani che hanno ucciso, due figlie hanno strappato la vita alla madre. Niente "patriarcato" da incolpare, e forse per questo questa vita interessa meno, questa morte interessa meno. Non rientra nello schema del momento, quella del maschio colpevole "in quanto uomo".
Sempre due giorni fa il tribunale di Monza ha condannato a sedici anni e cinque mesi Tiziana Morandi, in arte "la mantide della Brianza", colpevole di aver circuito e narcotizzato 9 uomini tra i 27 e gli 83 anni. Secondo l'accusa, la 48enne agganciava le sue vittime sui social media, li invitava a bere un drink poi versava loro gocce di benzodiazepine per narcotizzarle e derubarle. Sotto l'effetto delle droghe una delle vittime ha anche causato un incidente stradale. Tra i vari capi d'accusa dovrà rispondere di lesioni, rapina, indebito utilizzo di carte di credito, violazione della legge sugli stupefacenti.
In questi casi la violenza è donna. E guardacaso non si guadagna fiumi di colate di piombo nelle prime pagine, non ci sono trasmissioni televisive per queste vittime, non ci sono hashtag, piazze reali, piazze virtuali. Anzi. Tiene ancora banco il caso Cecchettin-Turetta. Sotto i riflettori ora c'è il fatto che Filippo Turetta "andava dallo psicologo", come se fosse un indizio di colpevolezza, e anche che si era espresso sulle bevande da preparare per festa di laurea - mai avvenuta - di Giulia. E poi ancora riflettori accesi su Gino Cecchettin, che anche grazie a questa attenzione ininterrotta ha deciso di prendere una pausa dal lavoro e pensare ad un impegno civico incentrato, ovviamente, sulla lotta ai femminicidi e alla rieducazione del maschio.
Forse se dessimo lo stesso spazio anche agli uomini vittime, e alle donne carnefici, lui stesso si renderebbe conto che non è una questione di genere, e nemmeno di patriarcato, ma solo di peccato.
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