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« Torna agli articoli di Luisella Scrosati
Cremazione: sì o no? Ormai tutti i cattolici sanno che la cremazione, quando non è motivata da ragioni contrarie alla fede, viene ammessa e, di conseguenza, non vengono più negate le esequie. L'Istruzione Ad resurgendum cum Christo, della Congregazione per la Dottrina della Fede (15 agosto 2016) spiega che l'atto di cremare le spoglie mortali non comporta di per sé nulla di contrario né all'immortalità dell'anima né alla risurrezione della carne alla fine della storia.
Tuttavia, a più riprese, l'Istruzione insiste sul fatto che «la Chiesa raccomanda insistentemente che i corpi dei defunti vengano seppelliti nel cimitero o in altro luogo sacro». La cremazione non è dunque considerata come equivalente all'inumazione o alla deposizione, nonostante ormai tra noi cattolici sembra che la cremazione sia divenuta una pratica diffusa. Potremmo dire che per la cremazione è avvenuto qualcosa di analogo alla Comunione sulla mano: due pratiche per secoli sostanzialmente proibite sono state di recente ammesse (entrambe durante il pontificato di Paolo VI, rispettivamente nel 1963 e nel 1969), finendo per diventare addirittura preferenziali. E ciò, nonostante la Chiesa mantenga fermo che le due modalità non si collochino sullo stesso piano, ma l'una sia raccomandata, l'altra semplicemente permessa.
I CRISTIANI RIFIUTARONO LA CREMAZIONE
Come spiegare questa stranezza? Diamo prima una rapida occhiata a come, storicamente, i cristiani si siano posti di fronte alla cremazione. È fuori discussione che, fin dai primi secoli, i cristiani rifiutarono la pratica della cremazione in uso tra i pagani. Minucio Felice, autore cristiano del II-III secolo, scriveva nell'Octavius che i pagani si prendevano gioco della credenza della risurrezione dei morti, che essi consideravano alla stregua di aniles fabulas, favole da vecchiette; è a causa di questa credenza che i cristiani «esecrano i roghi e condannano le cremazioni». Dunque, anche ai pagani era chiaro che il rifiuto delle cremazioni era legato alla fede nella risurrezione della carne. Non dobbiamo pensare che i cristiani dei primissimi secoli fossero così sempliciotti da ritenere che questa pratica avrebbe impedito la risurrezione di corpi ridotti in ceneri: lo spettacolo dei corpi dei martiri smembrati, mangiati dalle fiere, scorticati, era più che sufficiente per metterli al sicuro dalla tentazione di pensare che Dio non avrebbe potuto resuscitare se non un corpo integro.
Qual è dunque questo legame tra il rifiuto della cremazione e la risurrezione della carne, che anche i pagani constatavano, pur senza capirne il senso?
L'inumazione è il segno più chiaro ed esplicito della dinamica insegnata da San Paolo: «Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore. Così (...) la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale» (1Cor, 15, 36. 42-44). "Seminare" il corpo mortale è il grande segno con cui i cristiani esprimono che quel corpo risorgerà glorioso; la Chiesa ha sviluppato i suoi riti funebri proprio su questo gesto così semplice e così importante, che apre il tempo dell'attesa. Come ogni buon contadino, anche la Chiesa semina e attende: semina corpi corruttibili e attende che, per la potenza divina, germoglino incorruttibili. Questo segno viene meno con la cremazione, che è appunto il contrario della semina e dell'attesa paziente, realizzando l'annientamento violento e repentino del corpo: le carni vengono bruciate a quasi mille gradi, provocando un movimento della salma per effetto della contrazione muscolare provocata dal calore; le ossa e i denti, che non bruciano, vengono frantumate e polverizzate a parte.
L'ETERNO RIPOSO
La cremazione è anche la distruzione del grande segno della morte come sonno-riposo, meravigliosamente espresso dalla preghiera del Requiem æternam, che si sposa perfettamente con l'atto di calare nella terra o nel sepolcro, in posizione orizzontale, il corpo del defunto, in continuità con l'insegnamento profetico: «Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno» (Dn 12,2). L'idea della morte-sonno è ripresa anche dal Signore Gesù, che così annunciava ai discepoli la morte dell'amico Lazzaro: «Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo» (Gv 11,11). Nell'atto della sepoltura si esprime dunque questo segno della morte come sonno e riposo, ma che attende quel "risveglio", che Cristo opererà sui nostri corpi, alla fine del mondo.
Né si può trascurare il fatto che i cristiani vogliono conformare a Cristo la propria vita e la propria morte. E se non spetta a loro decidere come e quando morire, essi però possono disporre dei riti di sepoltura.
C'è poi anche un'importante questione: la cremazione distrugge alla radice la possibilità delle reliquie, la possibilità che le spoglie dei santi operino miracoli, perché lo Spirito Santo continua ad agire tramite questi resti benedetti, che sono stati il suo tempio.
Queste riflessioni a noi, figli di una mentalità razionalista e utilitarista, possono sembrare al massimo un po' romantiche. Quel che conta è l'utilità di un atto, oppure, in un'ipotesi migliore, se vi siano idee contrarie alla dottrina. Ma per secoli non è stato così. Forti non solo della fede, ma dell'espressione di questa fede nei segni, i cristiani hanno portato di fatto all'estinzione di questa pratica, che consideravano, a ragione, come ripugnante. Non è una questione di stomaco, ma di coerenza appunto nel segno. E la storia insegna che i segni sono fondamentali nella trasmissione della fede.
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