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« Torna agli articoli di Rino Cammilleri
I giacobini hanno lasciato un bel regalo al mondo occidentale: il giacobinismo. Il quale consiste in questo: una sparuta minoranza decide a tavolino cosa sia il bene e cosa il male, poi applica con la forza il suo schema al popolo col metodo del letto di Procuste. Che i troppo corti li stirava e i troppo lunghi li mutilava per fare rientrare tutti nelle misure del suo giaciglio.
La filosofia è gnostica: alcuni di autodesignano "giusti" e obbligano il popolo, massa pecorona che non sa qual sia il suo vero bene, a fare quel che dicono loro. "Faremo della Francia un cimitero se non potremo rigenerarla a modo nostro!", proclamò un autorevole esponente della cricca robespierriana. E, infatti, ghigliottina. E non bastava obbedire, ma dovevi anche dimostrare entusiasmo. Da qui la coccarda obbligatoria e il certificato di "civismo". Da qui la modifica del linguaggio, l'introduzione di nuove feste a tema, la cancel culture (decapitarono anche le statue dei Re su Notre Dame). Vi ricorda qualcosa?
La Francia non ha perso il vizio, come si vede attualmente. La democrazia è "cosa loro", perciò della volontà popolare se ne impipano. Il popolo vota la destra (che anche i nostri tiggì continuano a chiamare "estrema") e giù i suoi c.d. rappresentanti a forzare leggi e regolamenti (che loro stessi hanno inventato) ad aggirarla, a vanificarla, perché il popolo, come si è detto, è un bamboccio che non sa quel che fa.
È sempre dalla Francia che tutto è partito. Prima, il re medievale era solo un primus inter pares coi suoi baroni. E a mantenerlo nei giusti princìpi (teorici e generalissimi, cioè morali) pensava il Papa. Poi, il primo re ad arrestarlo, il Papa, fu proprio un francese, Filippo il Bello, che per prima cosa fece fuori la guardia pretoriana del Papa, i Templari. I suoi successori, poco alla volta, esautorarono la nobiltà inaugurando l'Assolutismo: L'État c'est moi, poteva finalmente dire Luigi XIV. Ma accentrando tutti i poteri nella capitale, i re assoluti non si avvidero di star segando il ramo su cui stavano seduti. E a un pugno di giacobini fu sufficiente impadronirsi di Parigi per avere in mano tutto il resto.
La Rivoluzione Francese fu in realtà una rivoluzione solo parigina, che il resto di Francia dovette subire con le cattive (si veda il genocidio vandeano) e Napoleone esportò in tutta Europa in fil di sciabola. Si pensi solo al Codice Civile (detto napoleonico, appunto): i re non si erano mai sognati di mettere bocca nel diritto privato, né - figurarsi - di legiferare sulla famiglia. Comunque, la mania di voler costruire l'"uomo nuovo" comincia nel 1789, e oggi ne vediamo le estreme conseguenze nell'ossessione regolatoria con cui veniamo asfissiati quotidianamente da quelli che comandano. Il cancro ha infettato anche gli Usa, come l'era Obama ancora in corso dimostra. Che Dio ci aiuti, perché nessun altro potrà. Nemmeno il voto, come proprio la Francia dimostra.
Nota di BastaBugie: Roberto de Mattei nell'articolo seguente dal titolo "La Francia cartesiana immersa nel caos" spiega la fregatura del sistema di voto francese che ha dato al Rassemblement National di Le Pen solo 143 seggi (33% dei voti), al Nouveau Front Populaire ben 182 seggi (con solo il 28% dei voti) e ad Ensemble, il partito del presidente Macron, ben 150 seggi (con solo il 20% dei voti).
Ecco l'articolo completo pubblicato su Corrispondenza Romana il 10 luglio 2024:
La Francia, madre del filosofo Cartesio (1596-1650) e della Rivoluzione del 1789, è sempre stata "cartesiana" nella sua politica come nella sua filosofia. I regimi che si sono succeduti dopo la Rivoluzione francese, costituiscono infatti differenti fasi storiche corrispondenti ad altrettanti paradigmi politici, di modello per le altre nazioni. Il bonapartismo (1796-1815), precursore del fascismo, è il paradigmatico tentativo di amalgamare l'eredità della Rivoluzione con il desiderio di autorità e di ordine degli uomini di destra; l'epoca della Restaurazione (1815-1830) costituisce l'effimera affermazione della destra legittimista; la monarchia orleanista (1830-1848) è il trionfo del liberalismo conservatore. La Seconda (1848-1849) e la Terza Repubblica (1870-1940), riprendono lo spirito della Rivoluzione, con l'intervallo della nuova esperienza bonapartista di Napoleone III, tra il 1852 e il 1870. In tutte queste fasi della sua storia, la Francia mostra sempre la sua propensione per la radicalità e la chiarezza delle posizioni. Lo testimoniano anche le fiammate della Rivoluzione di febbraio del 1848, della Comune di Parigi del 1870 e della Rivoluzione studentesca del 1968: sono state esperienze brevi, ma hanno avuto un'influenza profonda.
Le elezioni legislative del 2024, che hanno rappresentato un vero e proprio terremoto politico, vanno considerate con la massima attenzione proprio perché ciò che accade in Francia ha sempre un valore di punto di riferimento in Europa, a differenza di altri paesi, come il Regno Unito, dove la competizione elettorale ha una portata solo insulare e la recente vittoria dei laburisti si inserisce nel quadro di una fisiologica alternanza al potere tra i due principali partiti che da sempre si affrontano.
Tutto comincia con le elezioni europee dell'8 giugno in cui il Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen e Jordan Bardella ottiene il 31 per cento dei voti, affermandosi come il primo partito in Francia. Poche ore dopo aver conosciuto l'esito della consultazione elettorale, il presidente della Repubblica Emmanuel Macron decide di sciogliere l'Assemblea nazionale e di indire elezioni anticipate.
L'iniziativa appare a tutti gli osservatori azzardata, dettata da una reazione impulsiva più che da un meditato calcolo politico. I risultati del primo turno elettorale confermano questa impressione. Il Rassemblement National, alleato con Eric Ciotti, il presidente dei Repubblicani di destra, si conferma il primo schieramento politico con il 33% dei voti, seguito dalla sinistra unita del Nouveau Front Populaire con il 28% dei consensi. Il grande sconfitto è Macron che, come osserva Alexis Brézet su "Le Figaro" perde tutto: «voleva unire il blocco centrale, dividere la sinistra, isolare il RN; tutti i suoi calcoli si sono rivelati falsi» (1° luglio 2024).
Il centro macroniano appare frantumato e si delinea la classica polarizzazione tra destra e sinistra. In un libro dedicato a L'Extrême Centre ou le poison français. 1789-2019 (Editions Champ Vallon 2019), Pierre Serna dimostra come il "centro" non è mai riuscito ad ancorarsi nel paesaggio politico francese. I "girondini" nella storia di Francia hanno sempre aperto la strada ai "giacobini". Ciò che accade lo conferma. Macron, il teorico del "supercentro" contro gli opposti estremismi, a costo di suicidarsi, lancia la "strategia della desistenza," per la quale, nella sfida triangolare del secondo turno i candidati macroniani che sono preceduti da candidati del Front Populaire si ritirano, per farli vincere, e i candidati del Front Populaire preceduti dai macroniani fanno altrettanto. In questo modo 218 candidati, 130 della sinistra, 82 nel campo presidenziale, che avevano superato il primo turno, si ritirano per impedire, la vittoria della destra. Il capovolgimento è inevitabile. Il blocco Macron-estrema Sinistra arresta la marcia trionfale della Destra. Il vincitore però non è Emmanuel Macron, che ha perso la maggioranza che aveva in Parlamento, ma Jean-Luc Mélenchon, il vecchio attivista trotzkista de La France Insoumise, che l'ha ottenuta e ora guarda alle elezioni presidenziali del 2027 come avversario di Marine Le Pen. Questo è il risultato della politica di "Muoia Sansone con tutti i Filistei".
Qual è ora la situazione? La nuova Assemblea Nazionale è ingovernabile, con tre blocchi principali, il Front Populaire con 182 seggi (lontano comunque dalla maggioranza), la coalizione Ensemble pour la République di Macron con 168 e il Rassemblement National con 143. I macronisti hanno perso 85 seggi, i lepenisti ne guadagnano 36. Il Front Populaire è il partito più rappresentato nell'Assemblea Nazionale, ma il Rassemblement resta il primo partito in Francia, con dieci milioni di voti, contro sette milioni del Front Populaire.
«La nascita del nuovo esecutivo sarà un rompicapo peggio del cubo di Rubik», scrive il "Corriere della Sera" dell'8 luglio. La nomina del primo ministro spetta al presidente, ma poi è l'Assemblea nazionale che deve votare la fiducia al premier. Nella nuova Assemblea, tra Macron e Mélenchon, non c'è niente in comune, salvo l'odio per la Destra. Macron è un liberale di sinistra, legato agli ambienti del supercapitalismo; Mélenchon appartiene alla sinistra euroscettica, anti-atlantista e antisionista. [...] È in questa torbida situazione che si svolgeranno a Parigi dal 26 luglio all'11 agosto i Giochi Olimpici.
Va ricordato infine che nella storia non esistono solo errori politici, ma anche colpe morali. Come dimenticare che Emmanuel Macron è il personaggio politico che, lo scorso 4 marzo, con l'arroganza che gli è propria, si è dichiarato fiero che la Francia sia stato il primo paese del mondo a inserire l'aborto nella sua carta costituzionale auspicando che l'omicidio di Stato fosse inserito tra i diritti fondamentali dell'Unione Europea? Ma il diritto alla vita, che fa parte della legge naturale, non è un principio effimero, che possa essere abolito da un parlamento. Gli uomini politici invece sono effimeri. Tre mesi dopo le sue roboanti dichiarazioni, il trono di Macron si è sbriciolato, proprio a causa delle elezioni europee. Il sovvertimento della legge naturale è destinato a sconvolgere gli equilibri politici e sociali perché le nazioni non hanno nell'eternità, ma nella storia, il premio o il castigo delle loro scelte. Preoccupa però il fatto che tra i 770 voti a favore dell'inserimento dell'aborto nella costituzione francese ci fossero anche 46 voti del Rassemblement National, tra cui quelli di Marine Le Pen e di Jordan Bardella. Per questo, il buon uso della ragione non fa prevedere nulla di buono nel nostro immediato futuro.
DOSSIER "LA FRANCIA DI MACRON"
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