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La Francia ha aspettato cento anni per vedere di nuovo i Giochi in casa, e se non fosse stato per il passo indietro di Roma, probabilmente ne sarebbero passati altri cento. Adesso che però il sipario è calato su Parigi 2024, si può affermare con certezza che Macron ha fallito. Smanioso di impartire lezioni di grande strategia e geopolitica al mondo, non sperava, semplicemente, nella "tregua olimpica", ma nella capacità di rendere i Giochi una personale riconquista.
Olimpiadi che sono da sempre l'occasione che un Paese ha per lanciare nel mondo la sua immagine migliore e Macron vi ha investito tutto. Lo sport, si sa, ha una rilevanza geopolitica, oltre ad essere un fenomenale strumento di comprensione dei popoli. In politica estera, squadre, campioni e tornei sportivi permettono di incrementare soft power e visibilità. Macron ha voluto una Parigi 2024 a sua immagine e somiglianza, in una natura interamente woke, che è emersa in tutta la manifestazione, per mostrare al mondo la geopolitica dello sport capace di strizzare l'occhio al sentimento nazionale che il nuovo monarca francese sta forgiando depotenziando l'originaria connotazione del Paese.
Ma se immagine e consolidamento del potere erano tra i suoi obiettivi, ha finito per consegnare al mondo solo il profilo di un Paese frammentato, senza governo, senza identità, in balia di fratture sociali e culturali insondabili. Lontano dalla grandiosità promessa.
La cerimonia di apertura, studiata per quattro anni, doveva essere qualcosa d'innovativo, mai visto prima. Macron vi ha imposto fantasie e capricci personali per uno spettacolo scadente, ma costato miliardi a spese dei contribuenti di un Paese in fallimento, in sprezzo del popolo che lo ha bocciato tre volte, fragorosamente, nelle ultime tornate elettorali.
Ha inseguito una falsa percezione della realtà per fallire il tentativo dell'originalità: l'ultima cena queer oltre che blasfema, è una cosa già vista e rivista. Come se non bastasse, ha messo in scena la sanguinosa esecuzione della regina Maria Antonietta ricordando come la rivoluzione francese ha decapitato la famiglia reale cattolica. Provocazione o apologia dell'odio?
Certo è, che in un Paese, negli ultimi dieci anni, vittima privilegiata del terrorismo islamico, con marciapiedi, teatri, redazioni e chiese ancora grondanti sangue, è risultato qualcosa di tremendamente di cattivo gusto. Ecco che nella geopolitica di Macron, le Olimpiadi sono parse decisamente come il pretesto per mostrare altro che non lo sport.
TUTTO SBAGLIATO
Gli atleti non sono mai stati i protagonisti. Li abbiamo visti, già durante la cerimonia di apertura, abbandonati sui vaporetti come turisti sotto la pioggia. La delegazione di rifugiati su un barcone. E i riflettori tutti per nani, ballerine e mondo queer. Nessuno ha compreso il nesso con lo sport. Sembrava l'Eurovision, ma erano i Giochi di Parigi 2024. Difficile fare qualcosa di più brutto. Un'ipertrofia che ha visto inanellare un fallimento dietro l'altro.
Il più grande dispiegamento di forze dell'ordine non è stato capace di fermare il boicottaggio all'alta velocità francese che ha paralizzato Parigi per quattro giorni, e neanche quello dei cavi in fibra ottica tagliati per far saltare tutto. Sessantotto gli attacchi informatici che l'organizzazione dei Giochi ha subito nei quindici giorni di competizioni.
Gli immigrati irregolari che le autorità hanno provato a nascondere, come cumuli di spazzatura, per non disturbare le foto da copertina, e spediti lontano dalla Capitale, sono ritornati presto riallestendo una tendopoli enorme in Place de la Bastille. Un'autogestione anarchica surreale.
Nel frattempo, nei giorni scorsi un procuratore, su ordine di Macron, ha arrestato sei giornalisti spagnoli di CitizenGo. Tenuti in carcere per una notte, spogliati, anche le donne, perquisiti, privati di cibo e acqua e della possibilità di contattare avvocati e familiari, solo perché erano a Parigi a bordo di un autobus con su scritto, "basta attacchi contro i cristiani". Sono stati scortati per abbandonare la città insieme al loro slogan.
Parigi ha fallito pure la prova della Senna. Ha abolito le navette che vengono predisposte in tutte le Olimpiadi per gli spostamenti da un'arena all'altra. Inquinano, la motivazione ufficiale. A pagarne le spese gli atleti. Il metrò per ragioni di sicurezza ha chiuso sempre prima e prendere un taxi significava fare uno slalom costoso tra transenne, blocchi e controlli ad ogni angolo per proteggersi dalle minacce di attentati che non sono mancate.
L'IDEOLOGIA VERDE
Gli impianti sportivi scadenti, mai un secondo di silenzio che nello sport è prezioso e meraviglioso - c'era sempre un dj pronto con musichette varie -, e poi la Marsigliese infilata in ogni pausa tra una valutazione e l'altra dei giudici. Così neanche Pechino aveva fatto.
Dopo i cento anni di attesa per riavere i Giochi, Parigi s'era detta pronta a lasciare un'impronta indelebile. Con tanto di direttore per sostenibilità ambientale avrebbe dovuto fare scuola. Così è stato, ma per quello che è a tutti gli effetti il più grande boomerang che l'ecologismo potesse mai concepire. La sostenibilità non è sostenibile, è un'utopia falsa, malata e finanche pericolosa. È questo che racconta Parigi 2024 tra infezioni, malesseri vari e fughe. Mai s'è parlato così tanto, e così male, del villaggio olimpico in tutta la storia dei Giochi.
Concepito come il prototipo di città sostenibile del futuro, ha evidenziato tutti gli effetti collaterali dell'ideologia che a tanti, di ritorno a casa, è diventata più antipatica che mai. Letti di cartone, ma 300mila preservativi - di plastica - donati agli atleti. Tutto sporco, dozzinale, insopportabilmente caldo. Non si contano i condizionatori portatili che le varie squadre hanno voluto comprare per sopravvivere alle notti prima delle gare. La mensa, a basse emissioni e vegana, ha offerto cibo scadente, insufficiente, avariato. Persino manchevole di tutte le proteine, grassi e vitamine di cui un atleta ha bisogno. S'è sopperito con le consegne a domicilio dei ristoranti di zona. Ecologia, tagli e sacrifici per tutti.
Eppure non è così che Macron s'intrattiene con i suoi ospiti: le sue aragoste blu sono, da qualche giorno, nel mirino della Corte dei Conti. Il bilancio dei ricevimenti di rappresentanza della presidenza francese vede un buco di 8,3 milioni di euro. Cene luculliane per sé, sostenibilità per gli atleti che hanno preferito abbandonare il villaggio olimpico più brutto di sempre, per rifugiarsi in ritiri di squadra, o personali, in attesa che il calendario li chiamasse di gara a Parigi.
FALLIMENTO TOTALE
Il nostro Ganna, ciclista italiano su pista, si è trasferito in un rifugio alpino. La squadra di tiro con l'arco spagnola ha scelto il monastero cattolico Santa María de Bellpuig de les Avellanes. E quando l'hanno saputo, altri hanno fatto lo stesso.
Pellielo, veterano della nostra nazionale, ha organizzato un ritiro a casa sua per gli azzurri del tiro a volo. Dove ha pure una cappella, ché è importante ritirarsi in preghiera, ripete da anni. La delegazione inglese e statunitense si sono trasferite in resort di lusso in reazione all'ecologismo invivibile. Diverso, ma ugualmente di lusso, quello che hanno scelto i membri del Cio. Altri hanno, invece, ripiegato in appartamenti in affitto e più vicini agli impianti di gara.
Anche le medaglie, in metalli al 100% riciclati, sono le più scadenti di sempre: a Olimpiade non ancora finita, sono state mostrate perché rovinate come ferro vecchio di chissà quanti decenni.
Per chiudere hanno inscenato un futuro distopico immerso nell'oscurità, tra persone senza volto e una voce metallica dello speaker che arriva dal nulla: come negli incubi di Orwell. Il cavaliere che scende dal cielo è un ibrido tra uomo e animale. Il messaggio è quanto mai emblematico.
Decadenza è l'unica parola che viene fuori da Parigi 2024. Epica scarsa di un Paese senza etica. Un Paese piccolo, piccolo. Quante Olimpiadi come quelle di Parigi ci saranno ancora? E se è vero che i Giochi misurano i principi e le possibilità della contemporaneità, resta da chiedersi, dove va il Vecchio Continente?
Nota di BastaBugie: Paola Belletti nell'articolo seguente dal titolo "Il segno della croce di Novak Djokovic scuote le Olimpiadi anticristiane" sottolinea il gesto naturale del campione di tennis, noto per la carriera al top e per aver sfidato il politicamente scorretto non vaccinandosi per il covid.
Ecco l'articolo completo pubblicato sul sito del Timone il 5 agosto 2024:
«Ho dato cuore e anima per questo oro, il mio primo a 37 anni", ha detto al termine Djokovic, "sono felicissimo soprattutto per la mia Serbia. È stata una battaglia incredibile: quasi tre ore per soli due set». Così riferisce, come molte altre testate, anche Libero raccontando della vittoria sulla terra rossa parigina del campione serbo. Ha vinto contro il numero 3 del mondo, lo spagnolo Carlos Alcaraz, e così - realizzando una delle più grandi imprese dello sport - ha completato il suo ricco palmares, specchio di una carriera e di un talento eccezionali.
Dopo il match point Nole si è lasciato cadere a terra e ha fatto il segno della croce, rivolgendo sguardo e braccia al cielo. Eppure lui che conosce il mondo di quelli che contano dovrebbe saperlo: non sta bene parlare o riferirsi alla religione tra la gente per bene. Deve essergli sfuggito, così come deve essergli passato di mente anche l'ultimo aggiornamento in termini di politicamente corretto, un sistema di pensieri, parole e soprattutto omissioni globalmente approvato secondo il quale certe cose si possono dire, fare e baciare, mentre altre no, assolutamente no.
E tra queste ci sono senza dubbio la fede cristiana, il nome e ogni immagine che ricordi Cristo o la Sua chiesa con devozione e rispetto, mentre se li si tira in ballo per farsene scherno allora il manuale delle giovani marmotte inclusive consente e incoraggia la pratica. Non ci siamo dimenticati le "scelte artistiche" della cerimonia inaugurale – con la abominevole parodia dell'Ultima Cena, né lo zelo con il quale il comitato olimpico si è preoccupato di garantire la assoluta neutralità vietando al surfista brasiliano di usare la figura del Cristo redentore di Rio: «Circa due settimane prima dell'inizio dei Giochi olimpici di Parigi, al surfista brasiliano João Chianca, meglio conosciuto come Chumbinho, è stato vietato l'utilizzo della famosa figura del Cristo di Rio de Janeiro sulla sua tavola da surf, pena l'esclusione dalle Olimpiadi».
Strani effetti collaterali quelli della pretesa di una laicità e neutralità assolute: si vuole circoscrivere una libertà per tutti che però abbia come condizione la cancellazione o la censura, meglio se autoimposta, di ogni identità umana integrale, identità che non può che comprendere la dimensione religiosa. Il fatto che l'esperienza della fede sia intima, spirituale e personale non significa che debba restare taciuta e deprivata della sua fondamentale dimensione culturale, pubblica e comunitaria. Ahimè, temiamo che i vari comitati e legislatori lo sappiano bene. Più che di evitare espressioni identitarie saldamente radicate nel proprio credo, ciò che intendono fare è imporre un credo comune a tutti, e più ancora portare a termine quello che la révolution ha cominciato: distruggere la fede cristiana.
Non si spiegherebbe in altro modo la scelta di sostituire, nel manifesto simbolo della manifestazione sportiva, la croce sulla cupola della cattedrale Des Invalides con una barra dritta, realizzata dall'artista francese Ugo Gattoni. Forse siamo noi a pensare male, non ce l'hanno davvero con le fedi religiose in generale, né con quelle dalla forte identità; perché sarebbero così condiscendenti con l'islam, altrimenti? Il bersaglio è il cristianesimo in quanto tale. Nel frattempo, però, un campione dall'indiscusso talento, di dichiarata fede cristiana [...] che aveva già vinto quasi tutto, si è inginocchiato sulla terra rossa, ha pianto, pregato e ringraziato Dio nel tempio itinerante della laicità attualmente di stanza a Parigi. Il politicamente corretto, alla fine della fiera di tutte le vanità, non è una barriera così impenetrabile.
VIDEO: LE OLIMPIADI 2024 di Silver Nervuti (durata: 7 minuti)
https://www.youtube.com/watch?v=p2Dmo2Fj7SE
VIDEO: IL SEGNO DI CROCE DI DJOKOVIC (durata: 1 minuto)
https://www.youtube.com/watch?v=_gUHFmo31kI
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