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LE SETTE PRIORITA' PER IL NUOVO PAPA
La revoca di Fiducia supplicans, una risposta chiara ai Dubia, il ripristino dell'ordine gerarchico della Chiesa a cominciare dai Sinodi, la revisione dell'accordo con la Cina, l'arresto del processo sinodale, ecc.
di Luisella Scrosati
 

Archiviato il pontificato di Francesco, sono tutt'altro che naufragati i processi da lui avviati con atti, decisioni e gesti che hanno di fatto aperto nuove finestre di Overton o hanno condotto alla parziale realizzazione di quelle già aperte. Questo articolo conclusivo vuole rapidamente richiamare gli urgenti "interventi di rifacimento e manutenzione" a cui bisognerà porre mano al più presto, per riparare agli scandali contro la fede e contro la credibilità della Chiesa, alimentati in quest'ultimo pontificato.

1. NO ALLA COMUNIONE AI DIVORZIATI RISPOSATI (Amoris lætitia)
È necessaria anzitutto una chiarificazione da parte del Dicastero per la Dottrina della Fede - una volta ripulito da persone decisamente non all'altezza e dalla formazione teologica più che questionabile -, sulla deriva della Comunione ai divorziati risposati, che ripristini la disciplina corretta: non è possibile che persone che continuano a vivere more uxorio possano ricevere l'assoluzione sacramentale e accedere alla Santa Comunione.
Una modalità potrebbe essere quella di dare finalmente una risposta ai famosi Dubia del 19 settembre 2016, che si ponga come interpretazione autentica dell'esortazione post-sinodale Amoris lætitia, e correttiva della lettera del 5 settembre 2016 di papa Francesco a mons. Sergío Alfredo Fenoy. Un altro intervento dovrà portarsi sulla correzione della nuova redazione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica sulla pena capitale, che appare decisamente in discontinuità con l'insegnamento tradizionale sul tema.

2. NO BENEDIZIONI AI GAY (Fiducia supplicans)
È urgente la revoca della dichiarazione Fiducia supplicans, così come del comunicato stampa del 4 gennaio 2024, firmato dal cardinale Victor Manuel Fernández e da mons. Armando Matteo. Il documento, a causa dell'assurdità e inaccettabilità delle sue affermazioni, e la chiarificazione successiva, persino peggiorativa della Dichiarazione, hanno provocato una profonda divisione all'interno della Chiesa con conferenze episcopali, e persino un intero continente, che si sono rifiutati di renderli applicativi nelle proprie zone di competenza. In nessun modo coppie caratterizzate da relazioni contrarie alla legge di Dio possono ricevere una benedizione del Signore, in nessuna forma.

3. NO AL DIACONATO FEMMINILE
Si pubblichi un documento che raccolga la parte migliore dei lavori delle diverse commissioni radunate negli anni per studiare la questione del diaconato femminile e si ribadisca in modo chiaro e definitivo l'impossibilità dell'ordinazione diaconale e presbiterale delle donne.

4. VOTO NEI SINODI AI SOLI VESCOVI
Si ripristini l'ordine gerarchico della Chiesa mediante l'attribuzione del diritto di voto nei Sinodi generali ai soli vescovi (e a eventuali altri membri, purché appartenenti almeno all'ordine presbiterale). Lo stesso avvenga nei sinodi locali. L'autorità dell'ordinario sia restituita in tutta la sua pienezza, ed anche il senso dell'episcopato. Il nuovo pontefice si troverà a dover porre mano ai criteri di selezione dei nuovi vescovi, e alla loro effettiva applicazione; la Chiesa, soprattutto in quest'ultimo decennio, ha conosciuto nomine episcopali di persone del tutto non all'altezza dell'ordine che hanno ricevuto e della missione affidata, senza le minime competenze canoniche, con una conoscenza approssimativa della dottrina, desiderosi di novità piuttosto che di solidità, e non di rado con un profilo morale che si è rivelato alquanto discutibile, quando non palesemente inaccettabile.
Appare altresì più che opportuno un intervento che interdica l'eventuale accesso di laici, uomini e donne, a quelle cariche di responsabilità nella Chiesa che devono essere destinate, per loro natura, a chi ha ricevuto l'ordine sacro dell'episcopato o del presbiterato, o che sono espressione del collegio cardinalizio, come nel caso della presidenza dei dicasteri della Curia romana.

5. RIVEDERE L'ACCORDO TRA CINA E SANTA SEDE
Si dovrà rivedere l'accordo tra Cina e Santa Sede, di recente rinnovato per altri quattro anni (fino al 2028), voluto dal cardinale Pietro Parolin (e per il quale fu decisiva la mediazione dell'ex cardinale Theodore Edgar McCarrick), del quale non sono state fatte conoscere le condizioni. Non è accettabile un compromesso che avalli la situazione attuale, con il Governo cinese che ha la facoltà di cambiare il Catechismo della Chiesa cattolica, di proibire l'iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi, di imporre l'esposizione delle immagini di Xi Jinping nelle chiese, di scegliere i vescovi, con la Santa Sede umiliata nel "dover approvare" vescovi già arbitrariamente decisi dal regime, e persino di erigere diocesi.

6. BASTA PACHAMAMA E RITO AMAZZONICO
La Chiesa ha bisogno di riprendere il proprio slancio missionario, nella consapevolezza di avere il diritto e il dovere di portare ovunque la verità del Vangelo e la grazia dei sacramenti. Emerge come particolarmente meritevole di attenzione il tema dell'inculturazione, tema pastoralmente importante, ma in nome del quale in Vaticano si è persino posta in essere una celebrazione pagana, dalla chiara connotazione ideologica, in onore della "divinità" pagana inca, la nota Pachamama. L'inculturazione non può essere concepita e realizzata come una generosa concessione agli idoli delle religioni pagane; essa è la capacità del Vangelo di vivificare una cultura, purificarla da quanto non è compatibile con la verità su Dio e sull'uomo, e condurla alla pienezza delle sue potenzialità, mediante la lenta e progressiva opera della grazia. Inculturazione è e dev'essere evangelizzazione delle culture, non metamorfosi del Vangelo e della liturgia della Chiesa che assume i connotati del paganesimo, previa superficiale "verniciata" di cristianesimo. A questo riguardo, grande attenzione dovrà essere posta alla fase finale di realizzazione del "rito amazzonico".

7. BASTA PASTORI CORROTTI
La Chiesa ha un problema enorme di pastori corrotti fin nelle midolla. Il caso Rupnik, con tutte le coperture che per decenni hanno silenziato le denunce e il dolore delle vittime, rimane in primo piano; per non parlare di altri prelati, tutt'ora in posti di grande responsabilità, con pesanti scheletri nell'armadio. Anche quanto sta emergendo in queste ore, relativamente a presunte lettere di Papa Francesco, siglate solo con l'iniziale del nome, che vengono alla luce solo dopo la sua morte, dà prova di quanto fitta sia la ragnatela di corruzione tessuta da molti prelati, inclusi cardinali dati come "papabili".

CONCLUSIONE: LASCIARE SPAZIO A DIO
Al di sopra di tutte le considerazioni snocciolate in questi articoli, la grande sfida del nuovo pontefice è la stessa dei precedenti, in questi ultimi due secoli: rispondere alla crescente secolarizzazione che penetra il mondo e ha invaso la Chiesa. Non v'è che un solo rimedio a questo processo che appare sempre più aggressivo e inarrestabile; un rimedio che potrà sembrare modesto rispetto ai grandi discorsi che stiamo udendo in questi giorni sull'agenda per il nuovo pontificato, zeppa di sinodalità, inclusività, cura della "casa comune", aperture a todos, todos, todos. Il rimedio è quello di permettere a Dio di agire nella sua Chiesa, di manifestarsi nella sua Chiesa. Questa strada esige che ciascuno si rimetta al proprio posto di miseri uomini peccatori, i quali, ogni volta che pensano di dover cambiare la Chiesa, modernizzare la Chiesa, aggiornare la Chiesa, finiscono per oscurare la presenza di Dio.
Bisognerà prima o poi prendere atto che la fede fiorisce o rifiorisce laddove si lascia più spazio a Dio e gli uomini accettano di non strafare. Per rendersene conto, sarebbe sufficiente visitare i santuari, soprattutto quelli mariani, prendere contatto con monasteri e case religiose che non hanno gettato abito e regola alle ortiche (magari dopo un restyling forzato voluto da Dicastero per la vita consacrata, sotto la guida canonica del cardinale Ghirlanda), recarsi nelle parrocchie dove ancora la liturgia viene celebrata con grande decoro, il catechismo non è edulcorato e le processioni e i pellegrinaggi non vengono banditi come reperti oscurantisti. Sono queste le realtà dove ci sono conversioni, dove le famiglie fioriscono, dove nascono nuove vocazioni, dove ci sono radici sufficientemente profonde e solide per resistere all'aridità dei nostri tempi.

Nota di BastaBugie: Stefano Fontana nell'articolo seguente dal titolo "Il processo sinodale è una gravissima minaccia per la Chiesa" spiega perché la sinodalità è un processo che sta cambiando (protestantizzandola) la struttura della Chiesa cattolica, dal ruolo dei vescovi al Catechismo, dal rapporto con il mondo al relativismo dottrinale. È il pericolo più grave perché si tratta di una prassi e non di una dottrina. Il voto in conclave ne tenga conto.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 5 maggio 2025:

In questo conclave la posta è molto alta. Tra l'altro ne è una prova indiretta la compatta pressione dei mass-media di regime per una indiscutibile "continuità" con Francesco. La posta in gioco è alta perché questo Pontificato ha puntato diritto verso significativi radicali cambiamenti rispetto alla tradizione dottrinale, disciplinare e pastorale. Queste rivoluzioni non possono venire nascoste sotto atteggiamenti che hanno trovato gradimento tra la gente, oppure sotto un fraseggio di tipo esistenziale e sentimentale che ha talvolta scaldato i cuori, o tramite le espressioni gestuali della cosiddetta "semplicità" di Francesco, "uno di noi".
Questo pontificato ha mutato l'immagine di Chiesa e molti credenti sentono che, continuando su questa strada, avremo una "nuova Chiesa", del resto già in sviluppo oggi. I due "partiti" sono anche stavolta gli stessi di sempre. Ma chi era all'opposizione con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ora sta al governo. Le garanzie di tenuta sono fortemente diminuite, le possibilità che la falla si ingrossi e che la nave deragli sono aumentate. Protestantizzazione della Chiesa cattolica, o almeno anglicanizzazione, sono visibili all'orizzonte e, in parte, sono già vivibili tra di noi.
Un secondo aspetto preoccupa i cuori e le menti e induce molti - credo più che in passato - a pregare per i cardinali elettori. I processi avviati e i nuovi sentieri già percorsi non si fermeranno, continueranno per inerzia, comunque vada la votazione. La loro incubazione dottrinale è pluridecennale e nel recente pontificato hanno trovato una promozione sostanziale. Anche se ci sarà una correzione dei molti passi avventati fatti - come qualche sparuto cardinale e vescovo richiede - e soprattutto se queste correzioni saranno dovute solo a patti elettorali tra gruppi di cardinali al conclave, la "nuova Chiesa" continuerà il suo tragitto ancora per lungo tempo.
Il motivo è che nel pontificato di Francesco, anche se non sono mancate prese di posizione documentabili per iscritto e fortemente contestabili (si pensi ad Amoris Laetitia), i cambiamenti sono avvenuti in modo comportamentale, con parole ambigue e gesti provocatori. A confondere sono stati soprattutto questi ultimi, e non solo le Esortazioni apostoliche o le Dichiarazioni della Dottrina della fede. La novità è stata un modo di essere e di porsi. Questo modo di essere e di porsi continuerà, e non solo in Germania, dove la cosa è scontata più che altrove.
Ai cardinali sono stati dati in questi ultimi giorni molti consigli. Anche la Bussola ha sottoposto all'attenzione di tutti i fedeli, ma soprattutto di loro, una analisi dei gravi problemi aperti dal pontificato di Francesco e che dovranno essere risolti. Se lo saranno e quando lo saranno non si sa: la Chiesa ha tempi lunghi.
La composizione del conclave non sembra però molto adatta ad ascoltare e ad approfondire. I cardinali sono di numero molto elevato, diciamo pure che sono troppi perché possa esserci un vero approfondimento dei bisogni della Chiesa. Dati gli strani criteri delle nomine cardinalizie utilizzati in questi anni, molti di loro non hanno avuto modo di sintonizzarsi con i problemi della Chiesa universale oltre che con quelli della loro regione, grande o piccola che sia. Inoltre, il recente pontificato, molto pastorale e piuttosto trascurato sul piano dottrinale, ha promosso al cardinalato molti vescovi "di strada", interessati ad atteggiamenti nuovi inclusivi piuttosto che fare attenzione alle eresie.
Umanamente parlando, c'è un grande pericolo, siamo in un punto strategico, continuare su una strada potrebbe comportare l'impossibilità di tornare indietro, stiamo sperimentando prese di posizione irreversibili. Patteggiare per un allargamento della possibilità di celebrare in Vetus ordo o per una revisione/precisazione di Fiducia supplicans non è sufficiente. Per questo è utile chiarire quale sia l'argomento di fondamentale importanza su cui tutti i cardinali dovrebbero concentrarsi. Qual è la questione centrale che, se rimane così come è, rappresenterà un danno sicuro e generale? A nostro parere è la sinodalità.
Il processo sinodale è il più pericoloso perché è una prassi e non una dottrina, anche se nasconde una dottrina. La prassi sinodale può cambiare nel giro di poco tempo la fisionomia della Chiesa. Può distruggere la sua struttura gerarchica, può far sì che dei laici guidino i vescovi; può dare consistenza teologica all'assemblearismo; può confondere il "popolo di Dio" con un gruppo sociologico di pressione; può scomporre l'unità universale in varie componenti regionali; può fare in modo che qui si benedica e là non si benedica, che qui un comportamento sia lecito è là illecito; che la liturgia diventi preda delle culture locali; che le conferenze episcopali legiferino in modo diverso in campo dottrinale; che le esigenze del momento abbiano aggio su quelle eterne; che la democrazia liberale entri nella Chiesa; che l'autoconvocazione dal basso diventi la regola; che ci sia una polverizzazione di "comunità di base"; che non esista più il Catechismo ma solo i catechismi; che l'ascolto preceda le esigenze della verità; che tutto in fondo sia interpretazione; che il Papato non sia l'ultima istanza in fatto di dottrina; che le domande e i dubbi siano fondamentali perché favoriscono la discussione sinodale, mentre le risposte siano come delle pietre lanciate contro gli altri; che giudicare si debba sempre fare in un contesto e mai in assoluto; che l'importante sia decidere insieme e in modo condiviso e non che quanto si decide sia vero e buono; che tutto e tutti siano ammissibili nella Chiesa ma non quelli che sostengono che non tutto può essere ammesso.
Questo è il pericolo maggiore. La sinodalità è come un infiltrato che, sotto copertura, fa il gioco del nemico.

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Titolo originale: Dubia, gay, Cina, corruzione: 7 priorità per il nuovo Papa
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 5 maggio 2025