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«Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione. Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita», scriveva con la consueta affilatura di sguardo, prima che di penna, Oriana Fallaci. Potrebbero appoggiarsi alle sue parole anche i due intellettuali(ni) nostrani che hanno di recente confessato o lasciato trasparire il senso di vuoto e amarezza dovuti al sospetto di avere sprecato la propria vita dietro ideali che, forse, non meritavano tanto: Roberto Saviano e Luca Bizzarri. Entrambi sono noti per il sostegno all'ideologia progressista e ai suoi dogmi, anche se non è mai giusto ridurre nessuna persona a ciò che esprime pubblicamente e nemmeno alle cause che decide di sposare.
1) ROBERTO SAVIANO
Di Saviano, oltre all'opera meritoria di denuncia del sistema malavitoso che gli sta constando da anni un prezzo molto alto in termini di libertà e vita privata, ricordiamo purtroppo il sostegno all'aborto come dogma - in linguaggio liberal si dice "diritto inalienabile"- e alle altre battaglie comprese nello stesso pacchetto e diventate agenda internazionale, come la distruzione della famiglia naturale (che si ostinano a chiamare tradizionale), la promozione dell'eutanasia e la necessità della liberazione sessuale (ancora? Il 68 è un anno che sembra non passare mai).
Di Eluana Englaro, che Saviano non ha mai incontrato di persona, diede una descrizione irrispettosa, crudele e soprattutto falsa; lo fece per sostenere la necessità, tristemente pianificata, di sfruttare il caso per far passare nell'opinione pubblica l'idea che l'eutanasia fosse quanto mai necessaria e, anzi, la nuova frontiera della civiltà dei diritti. Parlava di tubi (nessun tubo, ma anche fosse stato?), di viso scarnificato e piaghe da decubito (nessuna lesione, nessuna magrezza estrema, addirittura la pelle appariva rosea, idratata), di bava alla bocca. Come sono impressionabili e fantasiosi certi maitre a penser: che cosa sarà mai un po' di scialorrea? davvero la dignità della persona si misura nella sua bella cera? nella totale assenza di fragilità?
Riguardo alla famiglia che ancora va per la maggiore, almeno questa definizione ce la concederà, si è espresso in maniera ancora più straniante, con un ragionamento per induzione secondo il quale, dato che nelle gerarchie mafiose è considerata una virtù la monogamia, allora la monogamia è un male. Per questo, attenzione al pensiero acrobatico in arrivo, «la sessualità libera dai vincoli, un corpo non assoggettato dalla morsa della convenzione è un atto antimafia. Anzi è l'atto antimafia». Nella recente intervista rilasciata al Corriere, Saviano ha però mostrato una grande sofferenza esistenziale, alimentata dal tragico dubbio di avere speso l'unica vita a sua disposizione per un ideale che non si è rivelato all'altezza.
Intrappolato nel personaggio che è diventato, oppresso dalle condizioni di continua allerta in cui deve vivere e che hanno tuttora un contraccolpo sulla sua famiglia e sulle sue relazioni, dichiara: «Ho la sensazione di aver sprecato la mia vita. Vorrei interrompere il lavoro. Ma non ci riesco. Non credevo di pagare così tanto. Certo, pensavo di pagare un prezzo, ma non così a lungo». Crisi di panico, pensieri suicidari e sofferenza profonda. Di certo una condizione drammatica che fa appello all'umanità altrui e che non può che suscitare sincera compassione. Nessun "te l'avevo detto", caro Roberto. Solo l'amara eppure felice constatazione che persino il tuo cuore è fatto per l'Infinito, per quel Dio che non è solo parte del corredo mafioso (anzi, quello ne è un terribile abuso), il solo capace di saziare la sete che arde nella gola di tutti, ad essere onesti.
2) LUCA BIZZARRI
E la stessa amarezza, sebbene più velata, sfugge dalle dichiarazioni che l'attore, autore e comico Luca Bizzarri ha consegnato a sua volta in un'intervista allo stesso giornale: «Dal punto di vista umano sono un fallimento. Non ho figli, non ho una compagna, non ho una famiglia. Ho solo il mio lavoro. Questo mi avvantaggia moltissimo...». Lo avvantaggia, ma lo lascia solo, attaccato in modo ossessiva alla sola cosa che ha ottenuto la sua dedizione, il lavoro. Si percepisce quasi un tono di superiorità, come la solitudine dell'eroe che ha sacrificato cose umane, troppo umane, per dedicarsi a un ideale. Ideale che però non si sta mostrando all'altezza delle promesse che sembrava portare con sé.
Saviano e Bizzarri sono entrambi in un'età di bilanci (45 e 53 anni) e forse questo pesa sulle loro considerazioni e potrebbe pure essere un'occasione per confessare a sé stessi prima che a un giornalista che si sono sbagliati, che spendersi per ciò che non costruisce la propria umanità la distrugge, che sostenere ideologie mortifere non può che portare delusione e amarezza, che difendere una libertà sganciata dal vero bene non lascia che vuoto.
A che serve spendere le proprie energie per il lavoro se il lavoro stesso non ha un ideale che lo trascende? A che serve parlare di autodeterminazione e diritti vari se, fragili come siamo, potremmo trovarci tutti, Saviano e Bizzarri compresi, deboli, non autosufficienti e bisognosi di qualcuno che si prenda cura di noi? Sì, forse avete ragione, dunque, avete sbagliato tanto, ma non è una brutta notizia: errore e fallimento possono non essere l'ultima parola sulla vostra esistenza. C'è Qualcuno in agguato fino all'ultimo istante, smanioso di farvi scoprire quanto vale ogni vita, anche la vostra, al di là di ogni successo o ricchezza accumulati.
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