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In questo momento di forte disorientamento dell’opinione pubblica – che vede nel pronunciamento dei vescovi italiani una legittimazione morale del Testamento biologico – Verità e vita ribadisce tutti gli elementi negativi legati al living will:
a. Ogni forma di testamento biologico stravolge il rapporto tra medico e paziente, rendendo il medico esecutore delle decisioni altrui.
b. Il testamento biologico, anche se redatto in forma inequivocabile, certa ed esplicita non garantisce affatto che chi lo redige o lo firma sia davvero libero, davvero consapevole, davvero informato.
c. C’è il serio rischio che questo strumento – in se stesso abbastanza asettico e
ambivalente sul piano morale – venga utilizzato come cavallo di Troia per introdurre nell’ordinamento la prassi eutanasica.
d. I più strenui fautori del testamento di vita sono i bioeticisti e i circoli politicoculturali che si battono per la legalizzazione dell’eutanasia
e. Il testamento biologico è la prosecuzione del processo di “controllo autogestito” della vita avviato dal pensiero illuminista e anticattolico. Basta leggere questo pensiero del bioeticista laico Maurizio Mori: “A mio giudizio c'è un elemento strutturale profondo, legato al fatto che ormai anche il versante più prettamente biologico della nostra vita è entrato nel nostro ambito di decisione. D'altra parte anche da un punto di vista storico questo è un processo ineluttabile. Se pensiamo ai tre grandi cardini della vita sociale -il matrimonio (l'unione, cioè, di due adulti al fine di generare) la nascita (l'apparire, cioè, di un nuovo individuo) e la morte vediamo che la presa di controllo del matrimonio, iniziata con l'illuminismo, è ormai del tutto acquisita con l'introduzione del divorzio e il controllo della trasmissione della vita attraverso la contraccezione, e che ora stiamo arrivando a controllare anche gli altri due momenti: l'ingresso nella vita e la morte. Questo comporterà una completa riorganizzazione della vita sociale”. Verità e Vita non vuol rendersi complice in alcun modo di questo processo, forse ineluttabile.
f. Nessun uomo sa veramente prevedere ciò che vuole per sè in un futuro solo immaginato ma mai vissuto;
g. Il testamento di vita è uno strumento malvagio o inutile. Possiamo ricondurre l’infinita varietà dei casi clinici a tre categorie di casi emblematici. Il primo: il paziente chiede nel testamento di vita al medico di assumere una condotta che configura una vera e propria eutanasia, cioè una condotta attiva o passiva che contiene in sé l’intenzione di provocare la morte. In questo caso, il medico ha il diritto e soprattutto il dovere di ignorare le direttive anticipate. Il secondo caso: il paziente prescrive ai sanitari di insistere oltre ogni ragionevole limite nel somministrare cure e farmaci, mettendo in atto l’ipotesi dell’accanimento terapeutico. E’ probabile che in simili situazioni il medico ancora una volta si smarchi dalla richiesta del paziente, e applichi le terapie senza inutili insistenze.
Terza ipotesi: il paziente chiede al medico di fare esattamente ciò che il medico stesso è chiamato a compiere in ossequio alla sua arte e alla sua retta coscienza.
Per cui, anche in assenza del living will, il buon medico avrebbe assicurato al paziente il medesimo trattamento. Mi pare che non siano pensabili altre situazioni.
h. Il Testamento biologico serve casomai a nascondere alcuni veri problemi della medicina moderna, tentando di risolverli con l’arma – sempre deleteria – del legalismo e del formalismo contrattuale. Che il medico e il paziente riprendano a dialogare fra loro; che il medico si sforzi di conoscere il malato nella sua complessità di persona, e non di insieme di organi da riparare; che il malato ritorni ad affidarsi al medico con la fiducia di chi si riconosce bisognoso di salute, di quella salus che contiene in sé la radice della parola “salvezza”.
i. La figura del “tutore” è, in tal senso, emblematica: si affida a un terzo rappresentante legale la cura degli interessi del malato, quasi che egli avesse necessità, davanti al “tribunale medico” di un avvocato che ne difenda gli interessi. Sottintendendo che gli interessi del medico e della medicina divergono da quelli del paziente e della sua famiglia.
j. Il nodo del problema sta qui, al livello del senso più profondo dell’arte medica, nella riscoperta dei contenuti essenziali del Giuramento di Ippocrate. Si tratta di decidere se è possibile una medicina che prescinda da quei precetti, o se invece – come dimostra l’esperienza clinica – non c’è medicina vera se non dentro questo misterioso “patto asimmetrico” che lega il paziente al medico. Il testamento di vita appartiene a una visione contrattualistica del rapporto medico-paziente, dove i pilastri della fiducia e della compassione sono stati rimpiazzati dalla volontà negoziale delle parti e dalla minaccia di salatissime richieste di risarcimento danni. Triste il giorno in cui la medicina avrà accettato di diventare una simile desolata landa senz’anima.
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