LA MODA ESALTA IL GENDER
Autore: Lucetta Scaraffia
L’ abbiamo visto tutti, sui giornali di questi giorni: i modelli (maschi) che sfilavano per «Prada» portavano dei vezzosi gonnellini, ma anche calzamaglie color carne, e giacche dal vitino di vespa. Erano vestiti, in sostanza, come delle ragazze: una realizzazione concreta, dunque, della teoria del «gender ». I modelli, ormai giovanissimi come le ragazze che sfilano per le grandi collezioni, sono magrissimi – anche fra i giovani maschi si sta diffondendo l’anoressia – e pallidi, esangui: ben lontani dall’immagine di maschio forte e vitale che un tempo i modelli, abbronzati e muscolosi, cercavano di trasmettere. Del resto, non è una sorpresa questa femminilizzazione dei maschi: da tempo esistono cosmetici per loro, il numero di uomini che si tinge i capelli è in crescita vertiginosa – ha cominciato la gente di spettacolo, poi i politici, per arrivare oggi ai maestri e ai sacerdoti – e l’ossessione di mantenersi in linea li ha totalmente contagiati. Sono spinti a questo modo di agire, che fino a pochi decenni fa sarebbe sembrato sconcertante, dalla moda. La moda, che costituisce la più potente agenzia di proposta culturale del mondo di oggi, impone la fine del modello tradizionale di donna e uomo adulti, ben definiti sessualmente, diversi tra di loro, potenziali madri e padri. Oggi ci sono solo modelli adolescenziali e androgini, così magri e indefiniti da rendere difficile cogliere la loro specificità sessuale. Anche la pubblicità – sia della moda che di altri prodotti, dagli aperitivi ai divani – sembra avere completamente logorato le tipologie sessuali classiche, quelle per cui si capiva subito se si trattava di un uomo o di una donna: per farsi guardare, tutto si gioca sull’ambiguità, se non viene addirittura presentata una festosa coppia o famiglia omosessuale. Senza parlare del cinema, dove ormai è difficile trovare un film, o uno sceneggiato televisivo, in cui non compare un omosessuale, o una coppia omosessuale. Ormai, la presenza di una coppia omosessuale diventa «necessaria» (forse per ottenere i finanziamenti ministeriali europei?) anche in film prodotti e ambientati in Paesi dove l’omosessualità non è certo vissuta così disinvoltamente, come nella Beirut di Caramel (finanziato dal ministero della Cultura francese). Mentre noi critichiamo l’ideologia del «gender », cercando di smascherare l’inganno epistemologico che sta dietro a un pensiero che nega la differenza fra donne e uomini, e con questo nega la fertilità umana, forze di persuasione di massa ben più potenti come la moda e la pubblicità stanno facendo passare lo stesso messaggio implicitamente, come suggello di stile e di modernità. Come aveva denunciato Foucault, il corpo diviene elemento fondante del sistema di dominazione perché entra a far parte del capitale simbolico su cui si fonda il potere culturale: dal momento che affonda nel biologico, il corpo diventa il luogo privilegiato di quella mistificazione della cultura dominante che consiste nel naturalizzare l’arbitrario, come ha scritto Bourdieu.
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