BastaBugie n�165 del 05 novembre 2010

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DUE CITTADINI DI FEDE ISLAMICA METTONO IN TASCA LE OSTIE CONSACRATE
La comunione sulla mano tende ad affievolire nei fedeli la consapevolezza della presenza reale di Gesù nell'Eucarestia
Fonte: Corrispondenza Romana, 3/10/2010

Sconcertante episodio avvenuto pochi giorni fa nella chiesa principale di Sondrio. Due cittadini di fede islamica durante la Messa serale si sono presentati al cospetto del sacerdote per ricevere la comunione e, ricevuta la particola, se la sono messa in tasca tra lo sconcerto dei fedeli (“Ansa”, 28 settembre 2010).
Alla richiesta di spiegazione i due hanno reagito in modo aggressivo rifiutandosi di rispondere alle giuste rimostranze del sacerdote.
L’episodio non si sarebbe potuto verificare se la distribuzione dell’ostia consacrata ai fedeli fosse avvenuta nel modo tradizionale, ossia direttamente in bocca e preferibilmente in ginocchio. Purtroppo, non è la prima volta che ciò accade da quando la Chiesa ha introdotto nel rituale liturgico l’uso della comunione sulla mano. Tale novità venne introdotta come forma di indulto verso gli abusi che si verificarono soprattutto in Belgio e in Olanda, tuttavia col passare del tempo è divenuta la prassi abituale in molte parrocchie.
Oltre a prestare il fianco ad ogni sorta di abusi ed oltraggi (messe nere, dispersione di frammenti ecc) la comunione sulla mano tende ad affievolire nei fedeli la consapevolezza della presenza reale di Nostro Signore Gesù Cristo nell’Eucarestia e per dirla con Paolo VI «favorisce la diffusione di gravi errori contro il dogma eucaristico, propri della teologia protestante».
C’è da augurarsi che i sacerdoti prendano esempio da quanto fa Benedetto XVI che nelle sue celebrazioni, ormai da tempo, dà la comunione ai fedeli solo in bocca e in ginocchio. Anche durante l’ultimo viaggio in Gran Bretagna ha mantenuto questo suo stile. Purtroppo, sottolinea Sandro Magister, «tra i gesti esemplari di Benedetto XVI il meno compreso – sinora – è forse quello della comunione data ai fedeli inginocchiati» (Chiesa.it, 13 settembre 2010).

Fonte: Corrispondenza Romana, 3/10/2010

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