BastaBugie n�234 del 02 marzo 2012

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IL NUOVO LIBRO DI DE MATTEI SUL BEATO PIO IX, UNO DEI PIU' GRANDI PONTEFICI DI TUTTI TEMPI
Il pontefice più longevo della storia, autore del Sillabo, sostenitore dell'infallibilità del Papa, personaggio chiave nel risorgimento, proclamato beato da Giovanni Paolo II nel 2000
Autore: Roberto de Mattei

Il ruolo di Pio IX negli anni tumultuosi che videro la formazione del Regno d'Italia e la caduta del potere temporale pontificio è stato generalmente visto dalla storiografia "in negativo", al contrario di quello dei "padri della Patria": Vittorio Emanuele III, Cavour, Garibaldi e Mazzini.
Con lo svanire dell'oleografia risorgimentale quelli che apparivano protagonisti appaiono oggi, con l'eccezione del solo Cavour, appariscenti comparse, mentre lo sconfitto di ieri, Pio IX si delinea come il principale protagonista dell'Ottocento italiano, manifestando una grandezza spirituale e politica che la stessa storiografia cattolica del XX secolo, tranne eccezioni, non gli ha mai riconosciuto.

PAPA RIFORMATORE E NON LIBERALE
Giovanni Maria Mastai Ferretti successe a Gregorio XVI sul trono di Pietro il 17 giugno 1846, assumendo il nome di Pio IX. Egli apri il suo pontificato con una serie di rilevanti riforme politiche, sociali e amministrative. Tra la amnistia ai detenuti e agli esuli politici del 16 luglio 1846, primo atto del pontificato, e la concessione dello Statuto fondamentale per il governo temporale degli Stati della Chiesa, il 14 marzo 1848, si situano l'introduzione del Comitato per la riforma della pubblica amministrazione, la creazione della Consulta per la revisione della procedura e del codice, l'istituzione della Consulta di Stato, costituita da due corpi legislativi elettivi, la concessione di una più ampia libertà di stampa, e così via.
Nessuno di questi atti, preso in sé, poteva considerarsi rivoluzionario, nel senso di determinare un radicale sovvertimento dello Stato Pontificio. Nelle intenzioni del Pontefice, tali provvedimenti erano motivati da un sincero desiderio di migliorare le condizioni materiali e morali dei suoi Stati, accogliendo le istanze politiche e sociali che da più parti gli venivano rivolte. Posti uno accanto all'altro e strumentalizzati, esso vennero però a inserirsi in un processo il cui esito fu un'autentica rivoluzione.
Il "partito" che Pio IX si trovò di fronte nel primo biennio del suo pontificato fu quello che, secondo la nota formula leninista, potrebbe essere definito dei "rivoluzionari di professione". Era il partito della Carboneria e della Massoneria e delle numerose società segrete che pullulavano nello Stato Pontificio. Queste sette costituivano a Roma, come negli altri Stati italiani, una minoranza organizzata che, secondo le parole di un noto storico "laico" come Luigi Salvatorelli, dirigeva l'agitazione popolare «prendendo occasione dalle concessioni di Pio IX, ingrandendole, cambiandone il significato, facendo pressioni per ottenerne sempre di nuove».
Nelle intenzioni del "partito della Rivoluzione", le riforme pontificie erano tappe per giungere in maniera graduale ma rapida alla sostituzione dello Stato della Chiesa con una "Repubblica romana" che avrebbe dovuto costituire il centro promotore della repubblicanizzazione e della comunistizzazione di tutta la penisola.
Questo piano fu evidente a Pio IX fin dalle prime settimane del 1848, come egli stesso ci ricorda nella enciclica Quibus, quantisque del 20 aprile 1849, rievocando i giorni dell'elargizione dello Statuto con queste parole: «Ci proposero di proclamare non una Costituzione, ma una Repubblica, come unico scampo e difesa della salvezza sia Nostra, sia dello Stato della Chiesa. Abbiamo ancora presente nella memoria quella notte, ed abbiamo ancora davanti agli occhi alcuni, che miseramente illusi ed affascinati dagli orditori di frodi, non dubitavano di patrocinare in ciò la loro causa e di proporci la proclamazione stessa dalla Repubblica. (...) Offerta certamente insidiosissima, fattaCi sia a voce, sia per iscritto: offerta non solo a Noi sommamente ingiuriosa, ma anche fatalissima all'Italia, di volere cioè presiedere al governo di una certa Repubblica Italiana. Ed invero per singolare divina misericordia procurammo di compiere il gravissimo incarico impostoCi da Dio stesso di parlare, di ammonire, di esortare, e perciò confidiamo che non Ci si possa rimproverare quel detto d'Isaia "Guai a me perché tacqui"».
 "Guai a me perché tacqui". Il Pontefice decise di rompere il silenzio, gli indugi, le esitazioni, di rompere con il "partito della Rivoluzione", scegliendo una via che sarà inevitabilmente quella della Croce.
Nel suo animo la svolta, o almeno l'inizio di essa, avvenne in concomitanza con la concessione dello Statuto, quando egli comprese che Statuto significava Repubblica e che l'esito ultimo della Repubblica era la comunistizzazione della società. In quelle settimane che vanno tra la concessione dello Statuto e la allocuzione del 29 aprile, egli comprese che tra la Chiesa e la Rivoluzione, tra l'istituzione divina fondata da Gesù Cristo e l'utopia della Repubblica universale non c'era possibilità di dialogo e di compromesso.

PIO IX E IL RISORGIMENTO
Pio IX si rese conto di come il partito della Rivoluzione tentasse di dare un indebito significato ideologico alle sue riforme, snaturandone l'essenza. Le riforme erano provvedimenti concreti, privi, nelle intenzioni del Pontefice, di significato politico; la Rivoluzione si presentava invece come un principio, o meglio come un'ideologia, opposta, in radice, alla concezione cristiana dell'uomo e della società: essa, secondo le parole di un autore che ebbe l'affettuosa confidenza del Pontefice, mons. Gaston de Ségur, «è la rivolta elevata a principio e a diritto», è «la consacrazione legale dello stesso principio di rivolta».
Nella visione cristiana infatti, l'uomo, vulnerato dal peccato originale, necessita per raggiungere il suo fine che è eminentemente soprannaturale, della Redenzione di Cristo e dell'opera della Chiesa. L'ideologia rivoluzionaria, al contrario, negava, con il peccato, la missione salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa, postulando la autoredenzione dell'umanità sul piano politico e sociale.
Papa Mastai avvertì come gli attacchi al potere temporale della Chiesa rientrassero in una prospettiva immanentista e secolarista. All'indomani della costituzione del Regno di Italia, nella enciclica Jamdudum cernimus, del 18 marzo 1861, egli affermava che l'offensiva contro il Pontificato romano mirava non solo a espropriare il Pontefice del suo principato civile, ma a dissolvere, se possibile, ogni influenza della Religione sulla società, «e perciò anche l'opera stessa di Dio, il frutto della Redenzione e quella santissima fede che è la preziosissima eredità a noi pervenuta dall'ineffabile sacrificio consumato sul Golgota».
La difesa del potere temporale coincise per lui con la lotta contro quel processo di secolarizzazione e di immanentizzazione della società che avrebbe caratterizzato la storia d'Italia, coprendo nel secolo successivo all'Unificazione realtà politiche diverse come il risorgimento, il fascismo, l'antifascismo.
Pio IX – che, non bisogna dimenticarlo, non fu un aggressore, ma un aggredito – avversò il risorgimento non per i suoi ideali unitari, ma per i suoi presupposti ideologici. Fece appello a volontari cattolici da tutta Europa per difendere lo Stato pontificio dagli invasori, ma condusse la sua battaglia in difesa dei diritti della Chiesa minacciata dal liberalismo anticristiano soprattutto con le armi di un limpido e coerente Magistero.

IL MAGISTERO DI UN GRANDE PONTEFICE
Il suo Magistero si riassume in tre atti di grande importanza datati tutti 8 dicembre.
1) l'8 dicembre 1854 la definizione solenne della dottrina secondo cui Maria, «nel primo istante della sua concezione per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, ed in vista dei meriti di Gesù Cristo salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di colpa originale».
2) l'8 dicembre 1864 la promulgazione dell'enciclica Quanta cura e il Sillabo ossia la condanna dei principali errori che corrompono la cultura e la società moderna.
3) l'8 dicembre 1869, la convocazione del Concilio Vaticano I che nella costituzione Pastor Aeternus definì l'infallibilità del Papa in materia di fede e di morale e il Primato del Romano Pontefice che consiste nel pieno potere di pascere, reggere e governare tutta la Chiesa.
In coerenza con il suo Magistero, Pio IX difese l'educazione cattolica nelle scuole e nei seminari; restaurò la gerarchia in Olanda e in Scozia, costituì il patriarcato latino di Gerusalemme, eresse, tra il 1846 e il 1878, 206 nuove diocesi, prefetture e delegazioni apostoliche.
Brilla in particolare la ricostituzione della gerarchia episcopale in Inghilterra, a capo della quale Pio IX pose il cardinale Wiseman, artefice, con i cardinali Newman e Manning, del grande movimento di rinascita del cattolicesimo in Inghilterra nel XIX secolo.
Nominò inoltre il primo cardinale dell'America settentrionale, favorì i riti e le tradizioni della Chiesa orientale e diede nuovo impulso alle missioni in tutto il mondo.
Tra il 1855 e il 1866, mentre i suoi Stati erano invasi dall'esercito piemontese, Papa Mastai inviò missionari fra gli esquimesi e i lapponi del Polo Nord, in India, in Birmania, in Cina e in Giappone. Fondò moltissimi seminari, sia a Roma sia in tutto il mondo, fra cui il Seminario Pio, costruito a sue spese.
Il 2 maggio 1868 con il Breve pontificio Dum filii Belial, approvò la fondazione della Gioventù Cattolica Italiana, promossa da Giovanni Acquaderni e Mario Fani. A Papa Mastai si deve la nascita dell'Azione cattolica, con la creazione dell'Opera dei Congressi.
Qualcuno ha criticato il non expedit, con cui Pio IX proibiva la partecipazione dei cattolici alla vita politica italiana; in realtà, si trattò di una scelta lungimirante perché avrebbe permesso al cattolicesimo italiano di non compromettersi col nascente Stato unitario, ma di puntare sull'inserimento nella società prima che alla partecipazione attiva alla vita dei partiti.
Nel separatismo liberale egli intravide quella divaricazione tra politica e morale che sarebbe stata all'origine delle grandi catastrofi totalitarie del secolo XX. È in questa prospettiva che a mio avviso occorre riconsiderare tutta la sua opera che, prima di essere quella politica e sociale di un sovrano temporale, fu innanzitutto quella religiosa e morale del Vicario di Cristo.
Quel Cristo, come scrisse Pio IX nella encliclica Amantissimus Humani dell'8 aprile 1862, «Redentore e signore, Figlio Unigenito di Dio, che volendo liberare tutti gli uomini dalla schiavitù del demonio e dal giogo del peccato, formò e istituì la Chiesa cattolica, conquistata col il suo sangue, come la sola dimora del Dio vivo (Ad Tim. III), il solo regno dei cieli (Matt. XIII), la sola città posta sul monte e dotò la Chiesa di reggitori da lui nominati e scelti e stabilì che essa, così da lui creata e istituita, perdurasse finché il mondo non crolli e perisca».

Nota di BastaBugie: il libro uscirà a marzo 2012: Roberto De Mattei, "Pio IX e la rivoluzione italiana", Cantagalli 2012, pp. 300 - euro 16

Vi invitiamo a vedere la conferenza del prof. De Mattei dal titolo "Pio IX e l'Unità d'Italia" (cliccare sul triangolino in basso a sinistra)

Fonte: Radici Cristiane, n. 62 - Febb/Marzo 2011

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