BastaBugie n�317 del 04 ottobre 2013 | |
UNGHERIA, DAL NAZISMO AL COMUNISMO: OGGI SI CELEBRANO I ''DOPPI RESISTENTI'' COME IL CARDINAL MINDSZENTY Voluto nel 2002 dal primo ministro Viktor Orbán, il museo ''Casa del Terrore'' a Budapest intende celebrare il ritorno alla libertà dopo il duplice totalitarismo Autore: Alessandro Zaccuri Niente ultimi desideri, né altre smancerie. Al condannato veniva servito un pasto particolarmente abbondante e via, secondo la procedura: lo sgabello, il cappio, la morte. Il racconto dell'ex boia scorre sullo schermo mentre l'ascensore scende lentamente verso i sotterranei dove i prigionieri del regime comunista erano costretti a rannicchiarsi in celle minuscole, oppure a starsene accucciati nell'acqua. Un senso di oppressione che si comunica al visitatore della Terror Háza, la "Casa del Terrore" che ricorda il tragico destino della nazione ungherese, passata senza soluzione di continuità dall'invasione nazista all'asservimento sovietico. C'è il dovere della memoria, come in un analogo allestimento museale, la "Topografia del Terrore" sorta a Berlino nel luogo in cui, negli anni Trenta, aveva trovato sede la Gestapo. Ma a Budapest non è difficile cogliere un sottotesto di maggiore attualità politica: voluta nel 2002 dal primo ministro Viktor Orbán, la Terror Háza intende infatti celebrare il ritorno alla democrazia dopo la liberazione dal duplice totalitarismo. Una circostanza, questa, plasticamente rappresentata dall'edificio in cui il museo è ospitato. Ci troviamo al numero 60 di Andrássy út, il più elegante fra i boulevard della capitale magiara. Ma l'ottimo indirizzo non deve ingannare: a partire dal 15 ottobre 1944, quando si insediò al potere il governo filonazista delle Croci Frecciate, il palazzo fu scelto come quartier generale della polizia politica. Un capitolo di storia poco conosciuto fuori dall'Ungheria e rievocato alla Terror Háza attraverso la cupa ricostruzione della sala da pranzo presieduta dal fantoccio di Ferenc Szálasi, pallida ma non meno sanguinaria imitazione locale del Führer. Mentre in tutto il Paese si svolgevano le operazioni della Soluzione finale (in soli due mesi più di quattrocentomila ebrei furono deportati nei lager), una parte del territorio era già sotto il controllo delle truppe sovietiche. |
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