QUANTI DANNI FANNO I CATTOLICI DELLA RIDUZIONE DEL DANNO
I cattolici non hanno ancora imparato a difendere i principi non negoziabili e infatti negoziano a favore del ''male minore'', ma questo non ha mai portato a nulla di buono, anzi tutti i paletti sono sempre caduti uno a uno
Autore: Stefano Fontana e Tommaso Scandroglio
L'intervento di Domenico Menorello sul tema del suicidio assistito, in polemica con la posizione espressa dalla Bussola tramite un articolo di Tommaso Scandroglio, viene ospitato da Il Timone - come si legge nella introduzione del direttore -, data l'importanza del tema e per favorire il dialogo e il confronto. Al dialogo e al confronto nemmeno noi ci sottraiamo, ma non senza osservare che ancora una volta la cosa dimostra la divisione tra i cattolici. Siccome ciò è avvenuto sistematicamente in passato, a cominciare dalla legge sul divorzio, ne deriva che dialogo e confronto sono serviti a ben poco. Sconforta prevedere che servirà a poco anche questa volta. Anche perché quelle poche volte che ci sembrava di aver trovato un'unità, come al Circo Massimo nel caso del Family Day (12 maggio 2007), si è poi dovuto constatare che le idee di chi era sul palco non collimavano proprio in tutto, come allora sembrava. E pensare che allora la nostra "unità" aveva alle spalle un documento dei vescovi - quello contro le coppie di fatto - molto preciso e deciso, cosa non più ripetutasi in seguito e men che meno oggi, quando da via della Conciliazione arriva solo l'invito al dialogo, appunto. Ogni volta che si pone un grave problema legislativo e politico su un rilevante tema etico ove sia in ballo qualche principio non negoziabile emerge sempre qualcuno che propone interventi di riduzione del danno. Anche in questo caso è così. Lascio agli esperti chiarire perché il disegno di legge governativo introduca la liceità dell'aiuto al suicidio, dopo che la Corte costituzionale ne ha introdotto la depenalizzazione quando ricorrono quattro casi.
IMPARARE DAL PASSATO Sottolineo solo che i cattolici fanno una gran fatica ad imparare dal passato e ancora oggi si aggrappano ai primi articoli del disegno di legge nei quali si condanna il suicidio assistito. Ma anche la 194 sull'aborto dice nei suoi primi articoli che la vita va tutelata in modo assoluto. Avere insistito su questa illusione ottica ha prodotto due risultati: ha finito per convertire anche la gerarchia ecclesiastica sulla bontà della legge e ha contribuito ad accettare di fatto la eliminazione di alcuni paletti che la legge prevedeva, sicché ci si è appiattiti sulla necessità di applicarla bene. Con la fine di ogni seria contestazione. Lo stesso capita oggi con il suicidio assistito. Anche Massimo Gandolfini ha sostenuto - a ragione - che se verrà approvata questa legge, tutti i paletti da essa posti verranno travolti uno dopo l'altro. Tutte le leggi contro la vita e la famiglia, dalla Loris-Fortuna sul divorzio in Italia, alla "loi Veil" sull'aborto in Francia, erano ricche di paletti... ma poi si è arrivati all'aborto generalizzato e immotivato e alle unioni civili anche tra omosessuali. Tutti sanno che la legge è sempre più di un testo scritto e la sua influenza sulla vita civile e politica è più ampia del solo livello giuridico. Su questo abbiamo alle spalle una lunga storia, da cui non abbiamo imparato niente. Oltre a questo, c'è forse anche una spiegazione più ampia del puntuale arrivo, in casi di questo tipo, dei volonterosi che intendono perseguire il male minore o ridurre i danni di una legge ingiusta, però approvandola. Mi riferisco alla carenza di una visione complessiva della società che dovrebbe essere loro fornita dalla Dottrina sociale della Chiesa. Senza questo si finisce per concentrarsi sul tema circoscritto per trovare delle soluzioni specifiche, perdendo però di vista il quadro generale dei principi in gioco e le influenze reciproche dei vari criteri di giudizio.
GLI "ALTRI" GONGOLANO Per esempio, si assume senza critica quanto stabilito dalla Corte costituzionale, ossia la depenalizzazione dell'aiuto al suicidio in certi casi, e da lì si parte, mentre la Dottrina sociale della Chiesa fornisce principi sulla legge e sulle istituzioni che richiederebbero altri atteggiamenti, molto più critici e liberi da indebiti ossequi. Non è scritto da nessuna parte che, dopo la sentenza della Consulta, il Parlamento sia obbligato a legiferare sul punto. Le esigenze della Dottrina sociale, infatti, direbbero piuttosto di non farlo, e quando si tratta di principi non negoziabili, l'appello della gerarchia ecclesiastica al dialogo sempre e comunque non giustifica una posizione condiscendente dei polititi cattolici. Per chiarire questi collegamenti è però necessario condividere il quadro sistemico - la Dottrina sociale è un "corpus dottrinale" e non solo un'applicazione della prudenza in situazione - della dottrina sociale cattolica. Il cattolico impegnato in politica, infatti, non è chiamato a "risolvere il caso" ma a costruire la società cristiana che, proprio perché tale, è anche umana. Infine, c'è un punto ancora più delicato. Certamente il tema del suicidio assistito è a portata anche della sola ragione e del diritto naturale. I cattolici dovrebbero chiedersi però cosa significhi oggi parlare di diritto naturale ad uno Stato che non ne conosce minimamente la nozione. Essi arrivano al dunque, come in questo caso, senza avere alle spalle un'azione culturale e prepolitica affinché quel concetto, ed altri con esso, penetri nelle menti. Inoltre, con la scusa che l'argomento è di ordine razionale e naturale, scendono essi stessi solo su questo campo, dimenticando il piano della fede considerato inutile nella società laica. Ma senza il sostegno delle verità di fede, anche quelle di ragione vacillano. Mentre i cattolici continuano così, gli "altri" gongolano, contenti di vederci dialogare tra noi perché divisi. Se questo disegno di legge, in discussione al Senato dal prossimo 17 luglio, dovesse passare, ciò avverrà, ancora una volta, con l'aiuto dei cattolici. Quelli della riduzione del danno, naturalmente.
Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio nell'articolo seguente dal titolo "Ddl suicidio assistito illecito: permette la depenalizzazione" risponde all'avvocato Domenico Menorello che aveva criticato sul Timone il suo articolo che aveva messo in luce i problemi del Ddl sul suicidio assistito. Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 15 luglio 2025: Venerdì scorso avevamo censurato in più punti un articolo a firma di Domenico Menorello apparso su Avvenire in appoggio al disegno di legge sul suicidio assistito in esame al Senato. Ieri Menorello ha commentato il nostro articolo sul sito de il Timone. Rispondiamo a nostra volta a Menorello. Innanzitutto questi sostiene che nel testo del Ddl ci siano aspetti positivi. Ad esempio ci sarebbe il divieto per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) di prestare assistenza al suicidio. Tale aspetto positivo è conforme all'indicazione di Evangelium vitae (EV, 4) che stigmatizza gli interventi delle strutture sanitarie volti a disporre della vita umana. Risposta: con questo Ddl al posto del SSN ci sarà un Comitato nazionale di valutazione che ogni volta che esprimerà un parere positivo al suicidio assistito collaborerà formalmente ad un atto malvagio, rientrando così nella condanna presente nell'EV. Inoltre, secondo Menorello, qualsiasi atto civile e amministrativo volto ad attentare alla vita sarebbe nullo ex art. 1 comma 2 del Ddl. Ma sempre l'art. 1 c. 2 aggiunge che fanno eccezione quegli atti consoni al contenuto del Ddl, ossia finalizzati all'aiuto al suicidio. Scrive poi il "Nostro": «Né trovo [nel Ddl] norme che permettano, sul piano giuridico, l'aiuto al suicidio». La permissione può avvenire tramite la legittimazione (riconoscimento/assegnazione di un diritto) o la depenalizzazione (nessuna sanzione). L'art. 2 del Ddl depenalizza in alcuni casi il reato di aiuto al suicidio, quindi permette l'aiuto al suicidio. Considerazione più generale riguardo a quelle disposizioni eticamente lecite contenute nel Ddl: è vero che l'art. 1 afferma che «Il diritto alla vita è diritto fondamentale della persona» e che «La Repubblica assicura la tutela della vita di ogni persona». Ma è uno specchietto per le allodole. L'art. 1 dice di tutelare la vita e poi già all'art. 2 ritira questa tutela permettendo l'aiuto al suicidio. È evidente la contraddizione. Nulla di nuovo, è il ruolo degli artt. 1 delle leggi eticamente sensibili che vengono scritti per quietare le coscienze degli allocchi: vedi l'art. 1 della 194/1978, in cui si afferma di tutelare la maternità e poi vengono indicati gli strumenti per uccidere il figlio, e vedi l'art. 1 della legge 40/2004, in cui si afferma di assicurare i diritti anche del concepito per poi indicare una procedura che attenta al suo diritto alla vita. Insomma, si tratta di mere dichiarazioni di principio sconfessate poi dalla pratica indicata dagli articolati delle stesse leggi. Inoltre c'è un problema morale per chi vota queste leggi eticamente miste: il voto a favore significa dal punto di vista etico "approvazione". Chi vota a favore di una legge approva tutti gli articoli di legge, sia quelli moralmente leciti (come l'art. 1 del presente Ddl), sia quelli illeciti (come ad es. l'art. 2). È come la firma a piè di pagina di un contratto: firmando si accettano tutte le clausole in esso contenute. Dunque basta un solo articolo o disposizione contraria a morale naturale per impedire di votare a favore di un'intera legge, perché questa diventerebbe tutta ingiusta. Così l'Aquinate: «Se in qualche cosa [la legge] è contraria alla legge naturale, non è più legge ma corruzione della legge» (Summa Theologiae, I-II, q. 95, a. 2, co.). Proseguiamo. Menorello sostiene che il Ddl restringerebbe assai il bacino di possibili candidati all'aiuto al suicidio e si spinge a dire che rimarrebbero solo alcune «ipotesi più vicino a casi di accanimento terapeutico». In realtà, in accordo ai criteri indicati dal Ddl che addirittura appaiono di portata più ampia rispetto alla sentenza n. 135/2024 della Corte Costituzionale (clicca qui), il bacino di utenza sarebbe assai vasto: pensiamo solo ai pazienti cardiopatici con bypass coronarico o pazienti in dialisi. Tutti dipendenti da «trattamenti sostitutivi di funzioni vitali» come disciplina la legge. Menorello poi mette in rilievo un altro aspetto positivo della legge: la condotta dell'aiuto al suicidio rimane un illecito giuridico seppur non sanzionabile. Due riflessioni. La prima: è contraddittorio che il Comitato possa avallare una condotta giuridicamente illecita seppur non meritevole di pena. Quale ente di natura governativa potrebbe eventualmente avallare un illecito? Allora è più ragionevole la seguente conclusione: laddove ci sono criteri, procedure ed enti preposti alla verifica, la condotta volta ad aiutare qualcuno a morire si avvicina più ad essere un diritto che un reato depenalizzato. Seconda riflessione, che è quella cardine che avevamo già fatto nel precedente articolo e su cui Menorello invece ha taciuto: ogni ordinamento giuridico deve tutelare la vita umana anche dalle aggressioni provenienti dallo stesso titolare del diritto alla vita (altrimenti il poliziotto che strappasse a forza il tentato suicida dal cornicione dovrebbe finire in carcere per violenza privata). Il bene vita, oggetto di tutela, merita una risposta adeguata da parte dello Stato qualora ci fosse un attentato ad esso. Ergo è doveroso vietare il suicidio assistito. Depenalizzarlo è atto immorale. Ce lo ricorda proprio EV: «Larghi strati dell'opinione pubblica giustificano alcuni delitti contro la vita [...] e [...] ne pretendono non solo l'impunità, ma persino l'autorizzazione da parte dello Stato. [...] Il fatto che le legislazioni di molti Paesi [...] abbiano acconsentito a non punire o addirittura a riconoscere la piena legittimità di tali pratiche contro la vita è insieme sintomo preoccupante e causa non marginale di un grave crollo morale» (4). Dunque, una norma che legittima la depenalizzazione è una norma ingiusta e quindi non può essere votata. Qui sta il punto eticamente insuperabile. Il Nostro poi chiama in causa il Magistero. L'EV al n. 18 (e non al n. 19 come scrive Menorello) ricorda che la responsabilità personale in merito ai delitti contro la vita può essere attenuata a motivo di diversi fattori: sofferenza, solitudine, etc. Menorello considera la depenalizzazione del reato di aiuto al suicidio la traduzione giuridica di questo principio morale. Non stanno così le cose. Il Magistero non ci sta dicendo di non punire chi compie un atto contrario al bene comune, dato che al n. 4 dell'EV si afferma esattamente l'opposto, ma semmai potrebbe affermare che è giusto temperare la pena a seconda del grado di responsabilità. Menorello chiude affermando che questo Ddl, alla luce del n. 73 dell'EV, è eticamente legittimo dato che prevede di limitare i danni (il suo contenuto è migliore rispetto alle indicazioni della Consulta e alla prassi ormai diffusa e previene leggi peggiori) stante lo stato di necessità che rende impossibile non avere una legge su questa materia. Ma l'applicazione del n. 73 dell'EV al presente Ddl è errata. Come già appuntavamo la scorsa volta, la limitazione del danno e lo stato di necessità in effetti esistono, ma ciò non legittima il voto a favore di una norma che è intrinsecamente ingiusta. Un esempio. Un comandante nazista ha deciso di fucilare 10 innocenti di un paesino. Però il comandante ha aggiunto che, se il plotone di esecuzione sarà formato dagli abitanti di quel borgo, allora gli innocenti da fucilare saranno solo due. Nessun abitante del paesino potrebbe lecitamente premere il grilletto, perché non si può compiere il male (uccidere l'innocente) al fine di evitare un male più grande, al fine di limitare i danni (ridurre il numero di vittime innocenti), anche in stato di necessità (se non verranno uccisi due innocenti ne moriranno dieci). Parimenti non è lecito votare una legge ingiusta al fine di limitare i danni anche se tale legge sarà inevitabile. A tal proposito: è certo che l'effetto contrario alla morale ci sarà (una legge ingiusta prima o poi ci sarà), ma non è certo chi sarà il soggetto colpevole di quell'effetto. Questo sta alla libertà delle persone. Saranno i nazisti a compiere il male maggiore, non gli abitanti del paesino e a questi non potrà essere rimproverato di non essere intervenuti per evitare la strage, perché l'unico atto possibile per evitarla sarebbe stato esso stesso un illecito morale. Dunque la responsabilità del varo di una legge ancor più ingiusta non graverà sulla coscienza di quei parlamentari che si saranno sottratti dal votare il presente Ddl, bensì su chi la voterà. A volte il maggior bene possibile è l'astensione dal male, non essendoci alternative eticamente lecite. In sintesi l'azione di limitazione del danno permessa dal n. 73 dell'EV deve essere essa stessa eticamente lecita. Ce lo dice il Magistero. Innanzitutto ricordiamo un altro passaggio del n. 73 in cui viene citata un'affermazione della Congregazione per la Dottrina della Fede presa dal n. 22 della Dichiarazione sull'aborto procurato: «Nel caso quindi di una legge intrinsecamente ingiusta, come è quella che ammette l'aborto o l'eutanasia, non è mai lecito conformarsi ad essa, "né partecipare ad una campagna di opinione in favore di una legge siffatta, né dare ad essa il suffragio del proprio voto"». Poi ricordiamo, della stessa Congregazione, la Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica laddove cita la terza sezione del n. 73 dell'EV: «In questo contesto [quello evocato dal n. 73], è necessario aggiungere che la coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l'attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti» (n. 4). Queste due dichiarazioni non fanno cenno alcuno ad eccezioni quali lo stato di necessità o l'intenzione buona di limitare i danni, ciò in aderenza al principio che se un'azione è intrinsecamente ingiusta (ad. esempio votare a favore di una legge ingiusta) tale rimane al di là delle condizioni e dei fini secondi buoni.
Titolo originale: Quanti danni fanno i cattolici della riduzione del danno Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15 luglio 2025
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