BastaBugie n�64 del 09 gennaio 2009

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1 STRISCIA DI GAZA 1
L’inevitabile offensiva di Israele contro Hamas
Autore: Anna Bono - Fonte: 30 dicembre 2008
2 STRISCIA DI GAZA 2
Quel silenzio sulla moschea in Piazza Duomo
Autore: Michele Brambilla - Fonte: 06/01/2009
3 SULL'OSSERVATORE ROMANO LA SCOMODA VERITÀ SCIENTIFICA
Anche la pillola estroprogestinica e' abortiva!
Autore: Pedro José María Simón Castellví -Presidente della Federazione internazionale delle Associazioni dei medici cattolici (FIAMC) - Fonte: 4 gennaio 2009
4 LA PROFETICA ENCICLICA HUMANAE VITAE
Cosa ne pensa il Papa
Autore: Benedetto XVI - Fonte: 22.12.2008
5 UN SOLO EMBRIONE VALE PIU' DI MOLTI PASSERI

Autore: Mario Palmaro - Fonte: 31 dicembre 2008
6 PRESEPE 1
Il 25 Dicembre non è una data convenzionale, ma storica
Autore: Guido Copes - Fonte: 24 dicembre 2008
7 PRESEPE 2
Ecco perche' e' importante fare il presepe
Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: Avvenire
8 PRESEPE 3
Un Natale al contrario
Autore: Assuntina Morresi - Fonte: 21 dicembre 2008
9 PRESEPE 4
Se si mette la moschea nel presepe...
Autore: Domenico Bonvegna - Fonte: 31 dicembre 2008

1 - STRISCIA DI GAZA 1
L’inevitabile offensiva di Israele contro Hamas
Autore: Anna Bono - Fonte: 30 dicembre 2008

Ancora una volta Israele lotta per la propria sopravvivenza contro un nemico che ne vuole la cancellazione dalla faccia della Terra. Hamas ha lanciato missili per settimane prima che scattasse la reazione israeliana che ora promette di essere uno scontro «all'ultimo sangue», come ha detto il Ministro della Difesa Ehud Barak durante il terzo giorno di operazioni militari, ricordando che la restituzione di Gaza ai palestinesi tre anni or sono ha avuto come risultato di farne un «santuario per i terroristi». Gaza infatti, dove abitano e si esercitano i 17.000 uomini di Hamas e dove gli istruttori della Guardia Rivoluzionaria Iraniana hanno i loro campi di addestramento, è una immensa rete di tunnel, strutture minate, bunker e depositi in cui sono ammassati armi, missili, esplosivi e propellente e da cui possono essere lanciati fino 80 missili al giorno.
Contro questi obiettivi gli israeliani rivolgono i loro raid aerei. Nel farlo non hanno potuto evitare di causare delle vittime civili, finora forse 50 su oltre 300 morti e quasi 1.500 feriti: perché Hamas, come a suo tempo Saddam Hussein in Iraq, non si è fatto scrupolo di organizzare e distribuire le proprie milizie e i loro armamenti vicino a case, scuole e altri edifici pubblici e anzi si serve dei civili come scudi umani dietro ai quali nascondersi, confidando nella sensibilità tutta occidentale che respinge l'idea di mettere in pericolo la vita di persone innocenti.
È difficile peraltro distinguere i civili dai militanti in una popolazione in cui si annoverano genitori che invece di allevare i figli si fanno o li fanno esplodere per uccidere i civili israeliani e li educano a disprezzare e odiare Israele e l'Occidente; insegnanti che illustrano la geografia ai loro allievi usando carte sulle quali Israele è assente; e direttori di istituti che usano le strutture scolastiche per «corsi» intesi a instillare nei bambini fin dalla prima infanzia diffidenza, ostilità e risentimento e i rudimenti di un addestramento militare che li trasformi all'occorrenza in shahid, assassini di Allah, e combattenti.
La compassione, poi, va innanzi tutto alla popolazione israeliana, bersaglio e non «effetto collaterale» degli attacchi di Hamas che prendono di mira proprio le persone, le famiglie e i luoghi in cui vivono. La nostra solidarietà si deve esprimere in atti concreti in suo aiuto almeno tanto quanto in favore dei palestinesi: e forse di più, considerate le cifre enormi già destinate ogni anno dall'Unione Europea alle autorità palestinesi.
Un fronte della guerra di Hamas e di chi lo sostiene è l'incessante campagna internazionale volta a far dimenticare che Israele è vittima di un progetto di sterminio e che, al contrario, lo fa apparire come aggressore, traducendosi in appelli e denunce che lo accusano di pulizia etnica e crimini di guerra, come accadde a Durban nel 2001 in occasione della Conferenza mondiale delle Nazioni Unite contro il razzismo trasformatasi in un attacco all'Occidente e a Israele e che tra breve rischia una replica con Durban II, in agenda ad aprile a Ginevra, dalla quale Israele ha già preso le distanze dopo aver verificato il tono dei documenti preparatori: altrettanto ha giustamente fatto la nostra Camera dei deputati lo scorso 4 dicembre approvando una mozione presentata dall'onorevole del Pdl Fiamma Nirenstein.
Difficilmente accade, invece, per non dire mai, che alle Nazioni Unite o in altra sede si ottengano dichiarazioni di condanna e denunce per crimini di guerra e contro l'umanità commessi ai danni di Israele. Eppure, se il genocidio della popolazione israeliana cui mirano Hamas, Ahmadinejad e altri leader non si è ancora compiuto è soltanto perché Israele sa e osa combattere e ama la vita più che loro la morte.
Bene ha fatto, a questo proposito, l'onorevole del Pdl Giuliano Cazzola quando, in sintonia con altri parlamentari di maggioranza, ha ribadito che Israele costituisce «la prima linea della democrazia» in una regione in cui più aspra è la guerra contro il mondo libero di cui noi siamo parte e, per questo, gli dobbiamo «tutta la nostra solidarietà senza ‘se' e senza ma».

Fonte: 30 dicembre 2008

2 - STRISCIA DI GAZA 2
Quel silenzio sulla moschea in Piazza Duomo
Autore: Michele Brambilla - Fonte: 06/01/2009

L'invasione islamica del sagrato della cattedrale di Milano e della chiesa di San Petronio a Bologna è stata ignorata da tutti. Eppure è un'azione dall'evidente valore simbolico. Ma noi taciamo, forse perché non abbiamo nulla da dire.
Guardate la foto qui sopra: è di sabato pomeriggio. Mille, forse duemila musulmani hanno occupato piazza Duomo a Milano per protestare contro i raid israeliani a Gaza, hanno bruciato bandiere con la stella di David e poi hanno pregato rivolti verso la Mecca. Anche il sagrato è stato occupato. Il Duomo ha dovuto chiudere. Se un cristiano, ammesso che ce ne sia ancora qualcuno in circolazione, avesse voluto entrare nella cattedrale per pregare, o per partecipare alla messa, avrebbe dovuto rinunciarvi. La stessa cosa è successa a Bologna in piazza Maggiore, davanti a San Petronio: la foto è a pagina 5. Anche in altre città d’Italia e d’Europa molte piazze e molti sagrati si sono trasformati in improvvisate moschee all’aperto. Guardate e tenete presente un dato: è la prima volta che succede.
Ma perché i musulmani, per protestare contro la guerra in Palestina, hanno scelto i luoghi simbolo della cristianità? Perché non davanti a un consolato israeliano? O americano? Perché per la preghiera, invece che in una moschea - ce ne sono ormai parecchie - hanno scelto le cattedrali, come a Milano, o la basilica più importante come a Bologna?
Domande alle quali si possono dare due risposte. La prima sgombrerebbe il campo da qualsiasi dietrologia: sono andati davanti al Duomo e davanti a San Petronio perché quelle sono le piazze principali di Milano e di Bologna. Secondo un’interpretazione ancor più benevola, hanno addirittura voluto cercare un’ideale solidarietà con i cristiani, pregando l’unico Dio: in fondo, ha osservato qualcuno, sulla facciata del Duomo sta scritto Mariae Nascenti, e se c’è un culto che accomuna cattolici e musulmani questo è proprio quello mariano. La preghiera di massa sarebbe dunque un atto di pietà, una richiesta di carità in un momento di sofferenza per il popolo arabo.
Ma c’è un’altra possibile chiave interpretativa, che è quella di una simbolica occupazione. Di un atto di arroganza e perfino di violenza: a Milano i dimostranti - guidati dall’imam di viale Jenner, già condannato per terrorismo - sono arrivati di corsa, seminando paura, sgomberando di forza la piazza, occupandola senza alcun permesso, costringendo appunto il Duomo a chiudere. Dove sarebbero, visti i modi e i fatti, il rispetto e la solidarietà con i cristiani?
Sembra quasi che, con questa azione forse coordinata nelle varie città, il mondo islamico abbia voluto lanciare un segnale: i vostri tradizionali luoghi di preghiera adesso diventano nostri. Dove prima pregavate voi, adesso preghiamo noi. Per il devoto musulmano i luoghi, i segni, i simboli hanno un valore ben più profondo di quanto ne attribuiamo noi occidentali, ormai largamente secolarizzati.
Può darsi che quest’ipotesi di un’occupazione simbolica sia un allarmismo esagerato. Resta il fatto che non si vede che cosa c’entrino il Duomo e San Petronio con i raid israeliani; e che mai la preghiera collettiva si era tenuta sui sagrati delle chiese cattoliche (Non vogliamo neanche immaginare che cosa avrebbe scritto Oriana Fallaci. Avrebbe parlato come minimo di sfregio, di oltraggio. Quando cominciò a sostenere quelle sue tesi, fu fatta passare per un’invasata. Adesso sono molti, invece, a temere che avesse ragione).
Ma la vera notizia, quella che ci ha indotti - a distanza ormai di due giorni - ad «aprire» il giornale con la foto che avete visto in prima pagina, è la distrazione, il disinteresse, il deprimente silenzio che ha accompagnato le invasioni di piazza Duomo e piazza Maggiore. I saldi e le code agli outlet valgono ben di più, nel nostro media-system, di un Duomo trasformato in moschea.
Ed è di questo che abbiamo paura. Non dei musulmani, la cui aggressività in tutto il mondo è piuttosto, probabilmente, un segno di debolezza e di declino. Abbiamo paura dell’ignavia, della viltà, dei contorcimenti mentali di un Occidente che soffre di infiniti complessi e sensi di colpa. Di un mondo che per non offendere i musulmani cancella i presepi, i riferimenti a Gesù nelle canzoni di Natale e il prosciutto dalla mensa dell’asilo: ma che non ha nulla da eccepire se il Duomo è costretto a chiudere. Che cosa avremmo letto sui nostri giornali se quattro cattolici tradizionalisti fossero andati a pregare davanti alla moschea di Segrate?
È il nulla dell’Occidente che spaventa. Il vuoto pneumatico di valori e ideali che lascia campo libero a chi, invece, si nutre di un pensiero forte e di uno spirito di conquista. Non ce ne frega nulla di rinunciare al presepe perché al Natale non crediamo più, così come non crediamo più in niente: né in una filosofia che non sia quella del godersi la vita, né in una morale che non sia quella del secondo me. L’Occidente tace, di fronte all’avanzata dell’islam, perché non ha niente da dire: la stessa Chiesa sembra spesso rinunciare, per paura chissà di che, ad essere se stessa.
C’è chi dice che proprio questo nulla ci salverà dall’islam. Che i musulmani saranno alla fine sconfitti, più che da quel che resta dei nostri valori, dall’effetto contagioso dei nostri vizi. È probabile che finirà così. Ma non prima di uno scontro che sarà tutt’altro che breve e indolore.

Fonte: 06/01/2009

3 - SULL'OSSERVATORE ROMANO LA SCOMODA VERITÀ SCIENTIFICA
Anche la pillola estroprogestinica e' abortiva!
Autore: Pedro José María Simón Castellví -Presidente della Federazione internazionale delle Associazioni dei medici cattolici (FIAMC) - Fonte: 4 gennaio 2009

Documento della Federazione internazionale delle associazioni dei medici cattolici.  L'«Humanae vitae»: Una profezia scientifica.

La Federazione che ho l'onore di presiedere ha appena pubblicato un documento ufficiale per commemorare il quarantesimo  anniversario  della  lettera enciclica Humanae vitae di Papa Paolo VI, di venerata memoria. Si tratta di un testo molto tecnico, lungo, di cento pagine, con trecento citazioni bibliografiche, la maggior parte di riviste mediche specializzate.
Il documento ha visto la luce dopo molti mesi di ricerca e di intenso lavoro di raccolta di dati. È giusto ricordarne il curatore, lo svizzero dottor Rudolf Ehmann, che ha dedicato alla sua redazione gli stessi mesi esatti di una gravidanza. Non era mai stato fatto qualcosa di simile dal punto di vista medico, dato il modo di lavorare e di scrivere a cui siamo abituati noi medici. Inoltre il testo originale tedesco è bello e ben scritto. Quali sono le sue chiavi di lettura? Dice qualcosa di nuovo alla Chiesa e alla società? Si deve considerare come una perizia qualificata per valutare aspetti importanti della contraccezione. Scritto con tutti i requisiti scientifici, senza nessun complesso d'inferiorità rispetto a qualsiasi dibattito di ostetricia e ginecologia, giunge a due conclusioni che non dovrebbero passare inosservate né nella Chiesa né al di fuori di essa.
In primo luogo, dimostra irrefutabilmente che la pillola denominata anovolutaria più utilizzata nel mondo industrializzato, quella con basse dosi di ormoni estrogeni e progestinici, funziona in molti casi con un vero effetto anti-impiantatorio, cioè abortivo, poiché espelle un piccolo embrione umano. L'embrione, anche nei suoi primi giorni, è qualcosa di diverso da un ovulo o cellula germinale femminile. L'embrione ha una crescita continua, coordinata, graduale, di tale forza che, se non vi è qualcosa che glielo impedisce, finisce con l'uscire dal grembo materno in nove mesi disposto a divorare litri di latte. Questo effetto anti-impiantatorio è ammesso dalla letteratura scientifica. Si parla persino senza pudore di tasso di perdita embrionale. Curiosamente però questa informazione non giunge al grande pubblico. Ne sono a conoscenza i ricercatori ed è presente nei bugiardini dei prodotti farmaceutici volti a evitare una gravidanza.
Un altro aspetto interessante riguarda gli effetti ecologici devastanti delle tonnellate di ormoni per anni rilasciati nell'ambiente. Abbiamo dati a sufficienza per affermare che uno dei motivi per nulla disprezzabile dell'infertilità maschile in occidente (con sempre meno spermatozoi nell'uomo) è l'inquinamento ambientale provocato da prodotti della "pillola". Siamo qui di fronte a un effetto anti-ecologico chiaro che esige ulteriori spiegazioni da parte dei fabbricanti. Sono noti a tutti gli altri effetti secondari delle combinazioni fra estrogeni e progestinici. La stessa Agenzia Internazionale di Ricerca del Cancro (International Agency for Research on Cancer), con sede a Lione, agenzia dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nel suo comunicato stampa del 29 luglio 2005, aveva già constatato la carcinogenicità dei preparati orali di combinati estrogeno-progestinici e li aveva classificati nel gruppo uno degli agenti carcinogenici...
La cosa triste in tutto ciò è che, se si tratta di regolare la fertilità, non sono questi i prodotti necessari. I mezzi naturali di regolazione della fertilità ("Nfp" o Natural Family Planning) sono altrettanto efficaci e inoltre rispettano la natura della persona.
In questo sessantesimo anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo si può dire che i mezzi contraccettivi violano almeno cinque importanti diritti:  il diritto alla vita, il diritto alla salute, il diritto all'educazione, il diritto all'informazione (la loro diffusione avviene a discapito dell'informazione sui mezzi naturali) e il diritto all'uguaglianza fra i sessi (il peso dei contraccettivi ricade quasi sempre sulla donna).
La Fiamc si è impegnata con la scienza e la verità fin dalle sue origini. Per questo studiamo e menzioniamo tanto l'effetto principale e quelli secondari di questi farmaci. La chiave della nostra antropologia non consiste però solo nel fatto che esaminiamo i prodotti abortivi che hanno consistenti effetti secondari o che sono addirittura inutili. Noi andiamo ben al di là.
La sessualità è un dono meraviglioso di Dio ai coniugi. Li unisce tanto che qualsiasi elemento esterno che s'interponga fra di loro è un terzo senza diritti. I coniugi si donano tutto l'un l'altro, anche la propria capacità generativa. Se una nuova vita non è possibile per gravi motivi, fa anche parte dell'intimità coniugale l'utilizzare i periodi non fecondi della donna per avere rapporti che devono essere sempre appaganti per entrambi e unirli sempre più. A quanti vedono alcuni documenti della Chiesa come compendi di divieti, chiederei vivamente di leggere i codici civili, penali o mercantili dei paesi occidentali. Lì sì che vi sono divieti! Non discuto la loro opportunità, ma credo che quegli stessi codici si basino sulle premesse fondamentali della libertà personale e di commercio che mirano alla felicità delle persone e all'efficienza delle società e che, in definitiva, giustificano alcune proibizioni. La Chiesa ha in grande stima la sessualità e credo che, se si acquisiscono una formazione e abitudini corrette, la vita è più facile e si giudicano positivamente alcuni limiti che effettivamente esistono.
Noi medici cattolici siamo pienamente consapevoli di dover investire molto di più nella maternità. Di più anche in risorse umane, nell'educazione e in risorse finanziarie. La dottrina dell'Humanae vitae è poco seguita, e fra i vari motivi, perché a suo tempo troppi medici non l'hanno accettata. La domanda opposta può aiutarci a vedere quanto fu profetico Paolo VI. Se avesse accettato la "pillola", oggi avremmo potuto prescrivere con coscienza alcuni prodotti che sappiamo essere anti-impiantatori? Il prestigio del medico gli consente di offrire con autorità ai coniugi alternative alla contraccezione. Il rapporto tra medico e paziente è così forte che difficilmente si rompe, anche se vi è di mezzo un teologo dissidente. A tal fine è però necessario formare e informare più e meglio i medici sulla fertilità. Credo che noi medici cattolici continueremo a svolgere la nostra professione. Tuttavia, vista la situazione attuale - con progressi molto lenti, molte reticenze e milioni di persone coinvolte - oso chiedere rispettosamente alla Chiesa di creare una commissione speciale per l'Humanae vitae.

Fonte: 4 gennaio 2009

4 - LA PROFETICA ENCICLICA HUMANAE VITAE
Cosa ne pensa il Papa
Autore: Benedetto XVI - Fonte: 22.12.2008

Udienza del Santo Padre alla Curia Romana in occasione della presentazione degli auguri natalizi.

(...) C’è innanzitutto l’affermazione che ci viene incontro dall’inizio del racconto della creazione: vi si parla dello Spirito creatore che aleggia sulle acque, crea il mondo e continuamente lo rinnova. La fede nello Spirito creatore è un contenuto essenziale del Credo cristiano. Il dato che la materia porta in sé una struttura matematica, è piena di spirito, è il fondamento sul quale poggiano le moderne scienze della natura. Solo perché la materia è strutturata in modo intelligente, il nostro spirito è in grado di interpretarla e di attivamente rimodellarla. Il fatto che questa struttura intelligente proviene dallo stesso Spirito creatore che ha donato lo spirito anche a noi, comporta insieme un compito e una responsabilità. Nella fede circa la creazione sta il fondamento ultimo della nostra responsabilità verso la terra. Essa non è semplicemente nostra proprietà che possiamo sfruttare secondo i nostri interessi e desideri. È piuttosto dono del Creatore che ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci e con ciò ci ha dato i segnali orientativi a cui attenerci come amministratori della sua creazione. Il fatto che la terra, il cosmo, rispecchino lo Spirito creatore, significa pure che le loro strutture razionali che, al di là dell’ordine matematico, nell’esperimento diventano quasi palpabili, portano in sé anche un orientamento etico. Lo Spirito che li ha plasmati, è più che matematica – è il Bene in persona che, mediante il linguaggio della creazione, ci indica la strada della vita retta.
Poiché la fede nel Creatore è una parte essenziale del Credo cristiano, la Chiesa non può e non deve limitarsi a trasmettere ai suoi fedeli soltanto il messaggio della salvezza. Essa ha una responsabilità per il creato e deve far valere questa responsabilità anche in pubblico. E facendolo deve difendere non solo la terra, l’acqua e l’aria come doni della creazione appartenenti a tutti. Deve proteggere anche l’uomo contro la distruzione di se stesso. È necessario che ci sia qualcosa come una ecologia dell’uomo, intesa nel senso giusto. Non è una metafisica superata, se la Chiesa parla della natura dell’essere umano come uomo e donna e chiede che quest’ordine della creazione venga rispettato. Qui si tratta di fatto della fede nel Creatore e dell’ascolto del linguaggio della creazione, il cui disprezzo sarebbe un’autodistruzione dell’uomo e quindi una distruzione dell’opera stessa di Dio. Ciò che spesso viene espresso ed inteso con il termine "gender", si risolve in definitiva nella autoemancipazione dell’uomo dal creato e dal Creatore. L’uomo vuole farsi da solo e disporre sempre ed esclusivamente da solo ciò che lo riguarda. Ma in questo modo vive contro la verità, vive contro lo Spirito creatore. Le foreste tropicali meritano, sì, la nostra protezione, ma non la merita meno l’uomo come creatura, nella quale è iscritto un messaggio che non significa contraddizione della nostra libertà, ma la sua condizione. Grandi teologi della Scolastica hanno qualificato il matrimonio, cioè il legame per tutta la vita tra uomo e donna, come sacramento della creazione, che lo stesso Creatore ha istituito e che Cristo – senza modificare il messaggio della creazione – ha poi accolto nella storia della salvezza come sacramento della nuova alleanza. Fa parte dell’annuncio che la Chiesa deve recare la testimonianza in favore dello Spirito creatore presente nella natura nel suo insieme e in special modo nella natura dell’uomo, creato ad immagine di Dio. Partendo da questa prospettiva occorrerebbe rileggere l’Enciclica Humanae vitae: l’intenzione di Papa Paolo VI era di difendere l’amore contro la sessualità come consumo, il futuro contro la pretesa esclusiva del presente e la natura dell’uomo contro la sua manipolazione.

Fonte: 22.12.2008

5 - UN SOLO EMBRIONE VALE PIU' DI MOLTI PASSERI

Autore: Mario Palmaro - Fonte: 31 dicembre 2008

Difendere il Creato significa difendere innanzitutto ogni uomo, dal concepimento alla morte naturale. E' il succo del discorso rivolto da Benedetto XVI nel tradizionale discorso di fine anno alla Curia romana. Con l'eleganza e l'incisività che gli sono congeniali, il Papa ha messo in guardia da un ambientalismo che si preoccupa del clima e del buco d'ozono, e poi assiste impassibile – o addirittura collabora – alla uccisione dell'uomo innocente sulle frontiere della bioetica, o plaude all'abolizione del vero matrimonio.
La Chiesa – ha detto il Santo Padre – "deve difendere non solo la terra, l'acqua e l'aria come doni della creazione appartenenti a tutti. Deve proteggere anche l'uomo contro la distruzione di se stesso. E' necessario che ci sia qualcosa come una ecologia dell'uomo, intesa nel senso giusto." "Le foreste tropicali – ha aggiunto Benedetto XVI - meritano, sì, la nostra protezione, ma non la merita meno l'uomo come creatura, nella quale è iscritto un messaggio che non significa contraddizione della nostra libertà, ma la sua condizione".
Nello stesso discorso, il Papa ha difeso l'enciclica di Paolo VI Humanae Vitae "L'intenzione di Papa Paolo VI era di difendere l'amore contro la sessualità come consumo, il futuro contro la pretesa esclusiva del presente e la natura dell'uomo contro la sua manipolazione". 
Il Papa ha criticato il tentativo di introdurre nella cultura e nelle leggi il concetto di "gender": "Ciò che spesso viene espresso ed inteso con il termine  "gender", si risolve in definitiva nella autoemancipazione dell'uomo dal creato e dal Creatore. L'uomo vuole farsi da solo e disporre sempre ed esclusivamente da solo ciò che lo riguarda. Ma in questo modo vive contro la verità, vive contro lo Spirito creatore".
Verità e Vita auspica che le parole di Benedetto XVI siano accolte e tradotte in azioni concrete, ad esempio nelle scuole di ispirazione cattolica, dove in moltissimi casi imperversano manuali improntati al più falso e ideologico ambientalismo. Speriamo che molti si accorgano di una verità che risuona nelle parole del Vangelo, e che la ragione di ogni persona di buona volontà può riconoscere: un singolo embrione umano vale più di molti passeri…

Fonte: 31 dicembre 2008

6 - PRESEPE 1
Il 25 Dicembre non è una data convenzionale, ma storica
Autore: Guido Copes - Fonte: 24 dicembre 2008

Fino a poco tempo fa quasi tutte le persone colte davano per scontato che la Chiesa avesse scelto il 25 dicembre come data del Natale per contrastare e sostituire le feste pagane dei giorni del solstizio d’inverno. Questa interpretazione era propagandata come verità dagli intellettuali anticlericali, ma il cristianesimo si fonda sulla realtà ed esistono dei fatti che nemmeno gli intellettuali possono ignorare o modificare per sostenere le proprie teorie.
  Uno di essi è la scoperta del professor Shemarjahu Talmon dell’università ebraica di Gerusalemme, che – nonostante una buona pubblicità – molte persone ancora non conoscono, ed è quindi utile ricordare.
  La Chiesa festeggia l’Annunciazione, ovvero l’incarnazione di Gesù, il 25 marzo (9 mesi esatti prima del Natale) e secondo il Vangelo di Luca in quel periodo Elisabetta era al sesto mese di gravidanza. Dunque, se questa data fosse storicamente fondata, la cugina della Madonna avrebbe dovuto concepire il figlio intorno al 25 settembre precedente, nei giorni in cui – secondo lo stesso Vangelo – suo marito Zaccaria, appartenente alla classe sacerdotale di Abia, officiava al Tempio di Gerusalemme.
  Ebbene, Talmon è riuscito a precisare l’ordine con cui si susseguivano le 24 classi sacerdotali che prestavano servizio liturgico al Tempio, per una settimana due volte all’anno, stabilendo che uno dei due turni della classe di Abia cadeva proprio nell’ultima settimana di settembre. Dunque, in base a questa scoperta e ai dati contenuti nel Vangelo di Luca, che dichiara di aver fatto ricerche accurate sui fatti, è molto probabile che Gesù sia nato proprio un 25 dicembre.

Fonte: 24 dicembre 2008

7 - PRESEPE 2
Ecco perche' e' importante fare il presepe
Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: Avvenire, 23 dicembre 2008

Talvolta influenzati dalla diffusa rimozione del significato religioso del Natale, talvolta per la mancanza di tempo e travolti dalla fretta, dal lavoro, dai problemi di ogni giorno, frastornati dall’aspetto commerciale del Natale, impegnati dalle cene con amici e colleghi, molti cristiani non fanno più il presepio. Così facendo, però, privano i bambini di una grande risorsa per la vita.
  Infatti, per il bambino il presepio è tutt’altro che paccottiglia devozionale o un insieme di statuine. Nella sua immaginazione i personaggi sono vivi e reali ed il presepio suscita in lui la meraviglia, la quale è segno di giovinezza spirituale in tutte le età della vita.
  Come dice (relativamente all’albero di Natale, ma il discorso vale a maggior ragione per il presepio) un grande poeta come T.S. Eliot, il bambino «crede ogni candela una stella, e l’angelo dorato / spieganti l’ale alla cima dell’albero / non solo una decorazione, ma anche un angelo». Infatti, se è vero, come dicevano Platone e Aristotele, che la ricerca della verità nasce dalla meraviglia, se è vero, come diceva Gregorio di Nissa, che solo lo stupore conosce, allora la meraviglia del bambino di fronte al presepio è un tesoro accumulato in vista del seguito della sua vita, quando, prima o poi, sopraggiungeranno momenti di tedio, di stanchezza, quando si insinuerà un sentimento di disgusto per l’esistenza, quando non sarà più toccato dalla bellezza che possiedono anche le cose abituali. Diceva Eraclito che i contrari si svelano reciprocamente e, in effetti, non di rado, apprezziamo la possibilità di muoverci solo quando siamo immobilizzati, la sazietà solo quando siamo affamati, la salute solo quando siamo malati, ecc. Ma, anche quando il mondo sembra avvolto dalla tenebre, spesso dispiegate dall’uomo stesso, anche quando la vita sembra non essere degna di essere vissuta (per esempio in stato «vegetativo»), in realtà il mondo e la vita non cessano di essere preziosi, e siamo piuttosto noi che non siamo più in grado di apprezzarne la bellezza.
  E una possibile – non l’unica, ma è certo molto importante – esperienza e riserva di meraviglia è proprio quella suscitata, nel bambino, dal presepio. Dice ancora Eliot: «Il fanciullo stupisce di fronte all’albero di Natale / lasciatelo dunque in spirito di meraviglia / di fronte alla Festa […]. Così che il rapimento splendido, e lo stupore / del primo albero di Natale ricordato, e le sorprese […] e la reverenza e la gioia non debbano / essere mai dimenticate nella più tarda esperienza / nella stanca abitudine, nella fatica, nel tedio / nella consapevolezza della morte, nella coscienza del fallimento». Inoltre il ricordo del presepio può essere un lucignolo fumigante per coloro che, in seguito, perdono la fede. Ad esempio Giampaolo Pansa ha confidato sull’ultimo numero del mensile Tracce:
 «Ricordo la cura impressionate con cui io e mia sorella facevamo il presepe […].
  Ecco, io sono rimasto a quel bambino lì, in quella capanna […]. Non so se questa parabola mi porterà ad essere credente.
  Ma se dovessi riscoprire Dio credo che sarei guidato da quel bambino, dal Dio di Natale». Mentre invitiamo i lettori a seguire il motto di questo giornale («per amare quelli che non credono»), a pregare anche perché questo giornalista indipendente ritrovi quel Bene su cui si sta interrogando, può essere prezioso far presente quale grande tesoro sottraggono ai loro figli quando non fanno insieme a loro il presepio.

Fonte: Avvenire, 23 dicembre 2008

8 - PRESEPE 3
Un Natale al contrario
Autore: Assuntina Morresi - Fonte: 21 dicembre 2008

Un Natale all’incontrario, questo che ci vorrebbero far passare nel 2008.

Un Natale all’incontrario, dove un ministro viene detto – giustamente! – coraggioso perché ricorda a tutti che bisogna dare da mangiare e da bere a chi non riesce più a farlo da solo.
All’incontrario, perché lo stesso ministro deve pure spiegare che se in un ospedale italiano verrà lasciato morire di fame e sete un malato, quell’ospedale ne subirà le conseguenze.
All’incontrario, perché proprio per aver detto questo lo stesso ministro viene denunciato per violenza privata aggravata.
Un Natale all’incontrario, dove Marcello Matera, sostituto procuratore generale che dovrebbe garantire il rispetto delle leggi, dice che un provvedimento del ministro, nei fatti, è ininfluente, e che è “teoricamente possibile il ricorso alla forza pubblica per ottenere l’esecuzione della sentenza”, cioè secondo lui potrebbero intervenire i carabinieri , e a fare che? A staccare il sondino ad Eluana? Oppure direttamente contro il ministro?
Un Natale all’incontrario, dove un ospedale si sente “intimidito” se un ministro ricorda la legge vigente in Italia, e dove lo stesso ospedale si dice esterno al Servizio Sanitario Nazionale. E a quale servizio sanitario farebbe riferimento il Friuli? Non hanno dei ministri di riferimento? O forse in Friuli non hanno votato alle ultime elezioni politiche? Forse hanno solo le elezioni regionali? 
Un Natale all’incontrario, dove l’atto di indirizzo del Ministro non sarebbe vincolante perchè si riferisce ad una convenzione internazionale (nell’atto di indirizzo di Sacconi si fa riferimento ad una Convenzione internazionale dell’Onu, secondo la quale non si può negare idratazione ed alimentazione ai disabili): forse il Friuli non fa parte dell’Onu?
O forse il Friuli non intende rispettare la Convenzione Onu sui disabili?
E poi una volta a Natale si ricordavano i pastori che andavano a trovare un bambino appena nato, gli portavano doni e pure gli animali cercavano di proteggerlo dal freddo.
In questo Natale all’incontrario ci sono altri pastori, sono i “volontari di Eluana”, una ventina di infermieri che andranno appositamente a stare vicino a lei mentre muore di fame e di sete, ad assicurarsi che tutto vada secondo quanto stabilito dai giudici. A titolo gratuito. Una ventina, o anche più, perché dovranno fare i turni: ci vorranno almeno 15 giorni, ad Eluana, per morire, o forse più. Andrà per le lunghe.
E’ Natale. Se Eluana sarà portata via da Lecco, nella sua ultima camera a Udine ci saranno persone intorno a lei che si avvicenderanno, in quattro giorni le sospenderanno del tutto idratazione e alimentazione, gradualmente, per consentire una “familiarizzazione del personale assistenziale con le manifestazioni cliniche di Eluana”.
La osserveranno mentre muore. In quei quindici (o più) giorni le daranno saliva artificiale (!), spray di soluzione fisiologica e gel, per eliminare “l’eventuale disagio”, quel “disagio” che notoriamente si prova quando si muore di fame e di sete. Ce lo racconta Repubblica, che anticipa la descrizione del protocollo previsto per Eluana, e ci descrive questa “catena di solidarietà”, quella dei volontari intorno al letto di morte di Eluana.
E siccome si sono tutti sperticati ad assicurare che Eluana non sente dolore, saranno attentissimi a controllare le sue reazioni, somministrando medicinali e sedativi, con visite mediche per “verificare l’eventuale modifica della terapia, qualora fosse insufficiente a evitare la comparsa di segni clinici di sofferenza”.
Vogliono farci fare un Natale all’incontrario. Non più una festa per Uno che nasce, ma per una che muore, che viene fatta morire di fame e sete. E vorrebbero pure che su tutto cali il silenzio – adesso - dicendo che è un fatto privato (ma chi è stato a renderlo pubblico?).
Io non ci sto.

Fonte: 21 dicembre 2008

9 - PRESEPE 4
Se si mette la moschea nel presepe...
Autore: Domenico Bonvegna - Fonte: 31 dicembre 2008

Quando la Chiesa attacca se stessa.

Che la Chiesa Cattolica sia sotto tiro di un certo fondamentalismo laicista l'abbiamo scritto più volte, ma che l'attacco avvenga ad opera dei suoi stessi ministri, fa un certo effetto. Il Giornale per primo ha dato la notizia di un sacerdote genovese, don Prospero Bonzani, che ha messo la moschea nel suo presepe.
Un episodio isolato, pare di no, a Bergamo, monsignor Attilio Bianchi ha tolto dal presepe il bambinello, o, meglio, c'è ma è fuori dalla grotta, per provocazione nei confronti dei fedeli che non si prendono cura degli immigrati: «Gesù non ha paura di avvicinarsi agli emarginati, agli ultimi. E se non si sa accogliere lo straniero, non si può accogliere Gesù Bambino». Quindi, niente bambinello nella grotta. La parrocchietta di Santa Lucia del capoluogo lombardo dev'essere stata la sola chiesa cattolica al mondo dove, la mezzanotte del 24 dicembre, Gesù non è nato. Meglio: gli è stato impedito di nascere. E non da un infedele, da un imam islamico integralista o da un miscredente seguace di Erode: Ci voleva un prete, un ministro della Chiesa cattolica - scrive Luigi Santambrogio su Libero - per fare ciò che neppure a re Erode era riuscito.
Due casi isolati? Non è così. Le moschee nei presepi, ormai, sono la normalità. Quando abbiamo dato per primi la notizia del sacerdote genovese che aveva messo una moschea nel suo presepe, non avremmo mai pensato che non si trattasse di un caso isolato. E invece.
Invece, in pochi giorni, la moschea all'interno del presepe è diventata una specie di simpatica tradizione. Ce n'è una a Venezia, un'altra a Sestri Levante, un'altra ancora chissà dove. Come se, insieme a buoi, asinelli, pastori, don Giuseppe e Marie, fosse obbligatorio metterci anche un minareto. (Massimiliano Lussana, Quando l'attacco alla Chiesa arriva dalla Chiesa, 28.12.08 Il Giornale).
Questi sono i fatti, ora, se la Chiesa e la religione sono sotto attacco, che parte dall'Onu, all'Unione Europea, per finire ai media e al politicamente corretto come unico metro di valore e di pensiero, sarebbe il caso che i suoi ministri non si accodassero a quest'opera di demolizione sistematica delle nostre radici e delle nostre tradizioni. Di fronte al tradimento dei chierici, bisogna registrare la reazione dei semplici fedeli, in particolare quelli della parrocchia di Nostra Signora della Provvidenza di Genova, hanno protestato con la Curia, costringendo il parroco a rimuovere la moschea, mettendo il Vangelo nel presepe.
Ma il parroco non si dà per vinto, ha sì tolto la moschea per mettere il Vangelo: ma del Vangelo ha evidenziato una frase in cui Gesù condanna chi respinge lo straniero. L'intento del parroco è evidente: tacciare di xenofobia, o meglio di razzismo, il vescovo e i fedeli che non hanno voluto la moschea.
"E questo è l'aspetto peggiore della vicenda: l'ipocrisia di gabellare una moschea nel presepe per segno di accoglienza verso la straniero. È chiaro che il cristiano ha il dovere di accogliere ed amare tutti, anche se sono atei, anche se professano altre fedi, perfino se sono seguaci di una religione di conquista. Ma il cristiano distingue la persona dalle idee e dalle fedi. Dà da mangiare all'islamico, ma non dice - non può dire - che Gesù e Maometto sono la stessa cosa, che il Dio padre dei cristiani è uguale al Dio padrone dei musulmani (per chi non lo sapesse, «musulmano» vuol dire «sottomesso»). La moschea nel presepe è una forma di sincretismo religioso, un pasticcio teologico e ancor di più storico, un minestrone di culti mescolato in omaggio alla melassa buonista di gran moda". (Michele Brambilla, Quando il prete non fa il prete, 30.12.08 Il Giornale).
Questi episodi sono la prova che da qualche tempo in tante diocesi, seminari, facoltà teologiche, parrocchie sta dilagando una cultura relativista e sincretista. Per tacere di programmi pastorali che invocano la costruzione di una moschea per quartiere.
Fatta salva, la buona fede dei tanti don Prospero e don Bianchi in servizio effettivo e permanente, più che da un atteggiamento offensivo, le loro iniziative sono originate probabilmente da una debolezza, da un'insicurezza. È il vedere che il mondo scappa via, che le chiese si svuotano, che i media parlano un linguaggio diverso: è tutto questo, forse - scrive Brambilla - che li spinge a cercare di recuperare terreno inseguendo le mode del momento; che li spinge a cercare l'applauso facile del politico progressista, del giornalista illuminato, del sindacalista impegnato.
Ma la storia, anche recente, della Chiesa dovrebbe avere insegnato ai tanti don Prospero e ai tanti don Abbondio dei giorni nostri che chi sposa le mode rimane presto vedovo, com'è capitato ai tanti confratelli che credevano di essere all'avanguardia sventolando la bandiera rossa, e che un giorno si sono trovati, improvvisamente, tra i rottami della storia.

Fonte: 31 dicembre 2008

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