BastaBugie n�27 del 02 maggio 2008

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1 LO “SCANDALO” DEL CORPO DI PADRE PIO… 24.04.2008

Autore: Antonio Socci - Fonte: fonte non disponibile
2 TIBET: IL SUCCESSO È SOPRATTUTTO DELLA CINA
Quando il patriottismo è un’arma per nascondere i mali e i malumori
Autore: Bernardo Cervellera - Fonte: fonte non disponibile
3 LA CASSAZIONE CONFERMA: NO ALLA DROGA FAI DA TE

Autore: Claudio Risé - Fonte: fonte non disponibile
4 LA CONFERENZA PER DENUNCIARE LE CRESCENTI DISCRIMINAZIONI È STATA BOICOTTATA CON LA FORZA DAL SINDACATO DELLA STAMPA

Autore: Aristide Malnati - Fonte: fonte non disponibile
5 DISCORSO DEL PAPA AI GIOVANI AMERICANI: SOLO LA VERITÀ RENDE LIBERI
Un regime infausto
Autore: Gino Oliosi - Fonte: fonte non disponibile
6 NON È VERO CHE SU ABORTO E DIVORZIO LA CHIESA SA DIRE SOLO DEI NO ED È INTRANSIGENTE

Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: fonte non disponibile
7 L’EX MEDICO ABORTISTA: ADESSO HA APERTO UN CONSULTORIO CATTOLICO
«Volevo un figlio mio e davo la morte. Adesso mi spendo solo per la vita». Antonio Oriente di Messina ha cambiato vita dopo l’incontro con «Rinnovamento». Adesso ha aperto un consultorio cattolico.
Autore: Alessandra Turrisi - Fonte: fonte non disponibile
8 I MEZZI DI COMUNICAZIONE SOCIALE: AL BIVIO TRA PROTAGONISMO E SERVIZIO. CERCARE LA VERITÀ PER CONDIVIDERLA
Messaggio di sua Santità Benedetto XVI per la XLII giornata mondiale delle comunicazioni sociali
Autore: Benedetto XVI - Fonte: fonte non disponibile
9 DICHIARAZIONE DEI REDDITI: 5 PER MILLE AL VOLONTARIATO CATTOLICO

Fonte: Redazione di BastaBugie

1 - LO “SCANDALO” DEL CORPO DI PADRE PIO… 24.04.2008

Autore: Antonio Socci - Fonte: fonte non disponibile, 23 aprile 2008

Qua sotto vi dico cosa penso dell’esposizione del corpo di Padre Pio che tante polemiche ha suscitato. Ma prima vi lascio una perla del Padre: “Lo Spirito di Dio è spirito di pace… Egli ci fa sentire un dolore tranquillo, umile e fiducioso dovuto precisamente alla Sua Misericordia… Invece lo spirito del Male esaspera… e ci fa provare una specie di ira contro di noi: mentre proprio nei nostri confronti dovremmo esercitare la carità più grande”
 
C’è un “Claudio Magris” dentro ognuno di noi. Avverto anche io, istintivamente, la repulsione per la riesumazione del corpo di padre Pio e per la sua esposizione alla venerazione dei fedeli (dal 24 aprile) che stanno per arrivare a milioni a S. Giovanni Rotondo. La cosa ha indotto lo scrittore triestino a protestare sul Corriere della sera. Perché noi, come lui, siamo naturalmente “spiritualisti”, mentre il cristianesimo è scandalosamente “materialista”. Anzi, come hanno detto Giorgio la Pira e Romano Guardini, “i cristiani sono gli unici, veri materialisti”.

La nostra mentalità naturale – oggi dominante – è quella degli antichi gnostici: lo schifo della corporeità. Il terrore e la disperazione della morte. Abbiamo allestito una colossale macchina sociale per esorcizzare il corpo e i suoi processi biologici, perché mostrano il suo continuo disfacimento. Abbiamo orrore di tutti i segni della decadenza fisica, ci repellono gli umori e gli odori del corpo, l’imbiancarsi dei capelli, la loro caduta o le rughe perché questo inesorabile decadere della carne prefigura la morte. Il lento putrefarsi del corpo ha bisogno di continui lavori di restauro e manutenzione.

Non a caso il fatturato dell’industria cosmetica è in costante crescita. Un vero boom. L’uso di deodoranti, creme e altre diavolerie serve proprio a costruirci un corpo virtuale come quello che andiamo a modellarci con la “plastica” (facciale o meno) o in palestra o su “Second Life”.

Ciò che chiamiamo bello è in realtà una “immagine” che nasconde, perché è costruita per fermare l’istante ed esorcizzare la natura materiale delle cose che consuma e disfa. L’arte è nata così, anticamente, in Egitto e in Grecia. Oggi basta considerare il “culto della bellezza femminile” a cui si dedica una colossale industria mediatica maschile con cui – come scrive Camille Paglia – “l’uomo si è sforzato di fissare e stabilizzare il pauroso divenire naturale… La bellezza arresta e raggela il flusso turbolento della natura” perché ferma (almeno in apparenza, come immagine) lo sfacelo della materia.

Nella nostra epoca cancelliamo tutto ciò che ci ricorda la decadenza fisica e la malattia. “La vita moderna, con i suoi ospedali e i suoi articoli igienici”, scrive la Paglia “tiene a distanza e sterilizza questi primordiali misteri proprio come ha fatto con la morte, un tempo pietosa incombenza domestica”.

Un tempo, cioè quando si era cristiani. Il cristianesimo infatti è entrato in questa nostra mentalità naturale come un ciclone. La Chiesa ha letteralmente inventato gli ospedali e li ha costruiti al centro delle città, spesso davanti alle cattedrali, non ai margini dell’abitato come si usa fare oggi. Il malato che era schifato e abbandonato nell’antichità greca e romana, è diventato in tempi cristiani venerato “come Gesù crocifisso”, accudito, curato, amato pietosamente fin nelle sue piaghe che naturalmente ci repellono. Citavamo all’inizio La Pira e Guardini: in effetti “sono i cristiani i veri materialisti”. Non potrebbe essere altrimenti, perché sono gli unici a poter abbracciare tutta la realtà, anche la sua dolente carnalità, senza l’angoscia e la malinconia del disfacimento fisico e della morte.

Perché il cristianesimo è la notizia di Dio che “si è fatto carne”, uomo come noi. L’uomo-Dio si è piegato teneramente su tutte le ferite umane e le ha guarite, ha preso su di sé, sulla sua stessa carne, tutta la violenza e la sofferenza del mondo, facendosi macellare e morendo. Infine è risorto nella carne, mostrando, facendo toccare con mano il suo stesso corpo divinizzato come è destinato a diventare il nostro.

Ha rivelato agli esseri umani: “Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati”. E così ha confessato il folle amore che l’Onnipotente ha per ogni sua creatura. La nostra mentalità pagana ha orrore del corpo, invece Dio lo ama, tanto più quando è ferito, sofferente e debole. Se Dio ha contato perfino i nostri capelli è perché ci guarda come un innamorato. Che vuole sottrarci alla morte.

Nessun amante di questo mondo ha mai potuto promettere alla sua amata che niente di lei, neanche un capello, sarebbe mai perito. Così invece ha fatto l’Uomo-Dio. E dunque, attraverso Gesù, tutto ci sarà restituito (per sempre) di noi e delle persone che amiamo. Dante, nella Divina Commedia, ha questa intuizione geniale: che le anime sono felicissime in Paradiso e non mancano di nulla, ma hanno “il disìo d’i corpi morti/ forse non pur per lor, ma per le mamme,/ per li padri e per li altri che fuor cari” (Par XIV, 63-65). E’ l’idea che la felicità sarà perfetta e totale in Paradiso non tanto per la resurrezione dei propri corpi, ma per la resurrezione delle persone che amammo. Ci sarà restituito tutto, perfino il loro sorriso perduto e il loro sguardo.

E trasfigurati in una eterna giovinezza come quella che è evidente in Maria quando appare ai veggenti (da Lourdes a Medjugorje) che, fra l’altro, la descrivono bellissima. La Madonna è infatti la prima dopo Gesù ad essere entrata nella gloria col suo stesso corpo. Il dogma dell’Assunzione ha questo significato: che tutto il nostro corpo è sacro. Ed è destinato all’eternità. Alla divinizzazione. I “gesti” con cui Gesù ci abbraccia, ci sostiene e ci trasfigura sulla terra – cioè i sacramenti – sono tutti legati a segni fisici. Trasformano anche il corpo. Niente come il cristianesimo esalta l’uomo, fin nella sua povera corporeità.

Con l’Eucaristia, fatta per struggersi in un cuore umano, entra nel cristiano la stessa Trinità: “per questo divino e ineffabile contatto”, dice il teologo, “l’anima e anche il corpo del cristiano diventano più sacri della pisside e delle stesse specie sacramentali” (Royo Marin).

Per questo non stupisce che la Chiesa, nella liturgia funebre, incensi il corpo dell’uomo che appartiene al corpo stesso di Cristo. E non stupisce che il corpo dei santi sia particolarmente venerato. Infatti in molti casi Dio si degna di fare miracoli proprio attraverso le reliquie dei santi. Padre Pio oltretutto portò nel suo stesso corpo i segni prodigiosi della crocifissione di Gesù, e per 50 anni, contro ogni legge naturale e biologica. La sua carne e il suo sangue emanavano il profumo di Cristo.

Così il corpo dei santi trasforma tutta la terra in altare e prepara la festa della resurrezione finale. Ricordate Alioscia Karamazov? Rifiutando il padre biologico, descritto da Dostoevskij come fisicamente e moralmente brutto, il giovane scelse un padre spirituale dentro la vita monastica: lo starec Zosima. Ma fu sconvolgente per lui, alla morte del monaco, percepire, dopo poche ore, i segni della sua decomposizione fisica. Finché comprese, nel pianto, che quella era l’ultima lezione che gli dava lo starec. Capì che il corpo dei cristiani è il seme della prossima resurrezione e, disteso, abbracciò amorosamente la terra. Che “geme per le doglie del parto”. Finché vedremo la bellezza di “cieli nuovi e terra nuova” dove la giustizia ha stabile dimora e non c’è più il pianto.

E’ l’unica giustizia possibile. Il filosofo della Scuola di Francoforte, Theodor Adorno, pur marxista, osservò che una vera giustizia richiederebbe un mondo “in cui non solo la sofferenza presente fosse annullata, ma anche fosse revocato ciò che è irrevo cabilmente passato”. Concluse che dunque ci vorrebbe “la resurrezione della carne”.

E’ precisamente questa giustizia che la Chiesa annuncia, anche con la venerazione del corpo dei santi. Annuncia la risurrezione. Duemila anni fa gli intellettuali di Atene – dopo aver ascoltato con interesse Paolo – si misero di colpo a irriderlo appena annunciò la risurrezione dei morti. Come se fosse un ciarlatano o un matto. Il cristianesimo è questa rivoluzione (la sola!), una “notizia da pazzi”, non una minestrina di regole di buona educazione e di buoni sentimenti. Infatti si parlò di follia ieri sull’Areopago come oggi sulle colonne del Corriere della sera.

Fonte: fonte non disponibile, 23 aprile 2008

2 - TIBET: IL SUCCESSO È SOPRATTUTTO DELLA CINA
Quando il patriottismo è un’arma per nascondere i mali e i malumori
Autore: Bernardo Cervellera - Fonte: fonte non disponibile, 29/04/08

Le manifestazioni contro la repressione cinese in Tibet che hanno caratterizzato il percorso della fiaccola hanno ottenuto un apparente successo: Pechino ha invitato il Dalai Lama a dialoghi per «contatti e consultazioni».
  Ma il successo è soprattutto della Cina che ha fatto una mossa da maestro nelle pubbliche relazioni. Il semplice annuncio, senza fissare date né contenuti, è bastato a sgonfiare tutte le voci di boicottaggio nelle cancellerie internazionali.
  Come nei migliori insegnamenti taoisti, «da un male è emerso un bene», dalla rivolta e dal sangue del Tibet – ancora chiuso ai giornalisti stranieri e a qualunque inchiesta indipendente – è emerso un rafforzamento della Cina.
  Anzitutto con l’esterno. Il problema Tibet ha fatto emergere ancora di più il fatto che i governi del mondo non vogliono perdere il volume degli affari con la quarta potenza economica del pianeta. Il governo cinese si è anche rafforzato al suo interno: nel Paese ci sono ogni giorno 200-300 rivolte di contadini defraudati della terra, di operai non pagati o licenziati, di villaggi espropriati e inquinati, di gruppi che si ribellano all’abissale corruzione dei capi del partito; ma ormai si parla solo della gloria della Cina e dell’offesa dei barbari tibetani che vogliono dividere la nazione. Con la carta del patriottismo Pechino è riuscita perfino a ricevere la solidarietà delle comunità cinesi d’oltremare. Di solito i gruppi di cinesi all’estero non si interessano di politica, né dell’immagine della madrepatria. In questi giorni hanno sventolato bandiere rosse, attaccato manifestanti pro-Tibet, criticato i giornali occidentali per i loro 'pregiudizi' sulla Cina e (fatto curioso) per combattere il boicottaggio delle Olimpiadi hanno lanciato un boicottaggio sui prodotti francesi.
  Ormai in nome dell’unità della nazione cinese si accusa come «tentativo di divisione» ogni critica e correzione. Perfino l’innocente annotazione di un giornalista straniero sulle difficoltà trovate nei servizi igienici delle Olimpiadi è stata accolta come un tentativo di 'umiliare' la Cina. Emerge con chiarezza che queste Olimpiadi dovevano incoronare un Paese moderno e alla pari con il resto della comunità internazionale. Per difendere questa immagine, Pechino sta avvolgendo le Olimpiadi con una gabbia giustificata dal 'terrorismo' tibetano e uiguro: programmi di sicurezza, controlli dei visti, verifiche sugli spostamenti dei giornalisti,… Nel 2001, per poter vincere la candidatura dei Giochi, i cinesi avevano promesso che le Olimpiadi avrebbero migliorato la situazione dei diritti umani nel Paese. Invece di aprire un dialogo franco e vero con la comunità internazionale e con la sua popolazione, a quasi 100 giorni dal fatidico 8 agosto la Cina rimane ancora più chiusa e impenetrabile: decine di dissidenti sono agli arresti domiciliari; altri, come Hu Jia e Chen Guangcheng, sono stati condannati a diversi anni di prigione; i giornali cinesi sono obbligati a scrivere cose belle e positive sulla Cina e soprattutto a non parlare con giornalisti stranieri sui problemi del Paese; ogni dimostrazione o raggruppamento viene soppresso anche con le armi. Perfino il pellegrinaggio alla Madonna di Sheshan (Shanghai), il prossimo 24 maggio, è sotto controllo: ogni partecipante deve ricevere il permesso della polizia, che sconsiglia tutte le parrocchie dal recarsi al santuario. Il motivo apparente è la sicurezza; ma forse anche il fatto che il Papa, con la sua Lettera dello scorso anno, ha proposto quella giornata come 'Giornata di preghiera mondiale per la Chiesa in Cina'. Ostacolare il pellegrinaggio è un modo di ostacolare l’indicazione di Benedetto XVI.
  Le Olimpiadi di Pechino erano attese come il compimento di un grande sogno di fraternità e giustizia fra i cinesi e il resto del mondo. A pochi mesi dall’appuntamento rimangono vivi solo gli interessi economici degli sponsor, l’immagine di potenza della Cina e (forse) qualche record sportivo. La Cina sta rischiando di perdere una grande opportunità.

Fonte: fonte non disponibile, 29/04/08

3 - LA CASSAZIONE CONFERMA: NO ALLA DROGA FAI DA TE

Autore: Claudio Risé - Fonte: fonte non disponibile, 25/04/08

A proposito della sentenza a sezioni unite della Cassazione.
Quel saggio e ben informato «no» alla cannabis domestica. Oggi si ottengono concentrazioni di principio attivo pari al 35%: bombe che distruggono cervello e corpo.
 
Coltivare cannabis in casa propria rimane un illecito penale: l’ha stabilito la Cassazione convocata a sezioni unite dal suo primo presidente Vincenzo Carbone. La pressione per liberalizzare, sul piano della giurisprudenza, la coltivazione domestica era stata molto forte. Ora forse arriveranno, per il presidente e tutta la Corte, accuse di arretratezza.
  Si tratta, in realtà, di una sentenza molto aggiornata, che forse tiene anche conto dei recenti richiami dell’Organizzazione mondiale della Sanità, e dell’Osservatorio europeo sulla droghe, a quei Paesi, come l’Italia, in cui il consumo di droghe, e di cannabis, invece di diminuire, ha continuato ad aumentare, con elevati danni personali e sociali.
  Ogni giorno, del resto, si intensificano nel mondo dichiarazioni di categorie, o istituzioni, prima 'liberali', che chiedono ai poteri pubblici più consapevolezza nei confronti della crescente pericolosità della cannabis, la sostanza illecita più diffusa nel mondo, la più legata ad atti di violenza, e pista di lancio per tutte le altre droghe.
  Gli ultimi sono stati gli infermieri inglesi, che hanno chiesto con urgenza di togliere la cannabis dalle droghe di tipo C, le meno pericolose, perché la situazione nei reparti ospedalieri dove essi lavorano prova ogni giorno il contrario. La stessa richiesta era stata sollevata un anno fa dal quotidiano Indipendent, che chiese scusa ai propri lettori per essersi battuto in passato per la derubricazione della cannabis in quanto innocua: i dati di cronaca lo avevano smentito. Qualche settimane fa poi, il Governo americano ha diffuso il documento « What Works» (cos’è che funziona nella lotta alla droga), spiegando come aveva ridotto, dal 2001, del 24% l’uso di tutte le droghe illecite, del 25% quello di marijuana, del 54% quello di ecstasy, del 60% quello di Lsd, del 15% quello di alcol. Il primo strumento è stato un forte e inequivocabile supporto legislativo, seguito da una capillare campagna di informazione sui danni della droga, e controlli  random sul suo uso tra i giovani, nella scuola e sul lavoro.
  Particolarmente alta, in tutto il mondo, è diventata proprio l’attenzione alla coltivazione personale di cannabis. È anche in questo modo infatti, utilizzando fitofarmaci, fertilizzanti, e privilegiando le piante femmine, senza semi, che si ottengono concentrazioni di Thc (tetraidrocannabinolo, il principio attivo della cannabis) pari al 35%: spinelli-bomba che distruggono il cervello, e anche il corpo. Per ottenerli, indoor, tra le mura domestiche, si possono utilizzare anche speciali lampade, assieme a sistemi di controllo dell’idratazione e dei ritmi di fioritura. I semi si comprano facilmente nei mercati specializzati (notissimo quello di Bologna), finora in Italia pubblicizzati con affissioni stradali, e privi di qualsiasi controllo, o su Internet. È anche così, tra le mura domestiche, che nasce oggi la nuova cannabis, il new skunk,   e anche peggio. La saggia decisione della Suprema Corte può ostacolare questa tendenza.

Fonte: fonte non disponibile, 25/04/08

4 - LA CONFERENZA PER DENUNCIARE LE CRESCENTI DISCRIMINAZIONI È STATA BOICOTTATA CON LA FORZA DAL SINDACATO DELLA STAMPA

Autore: Aristide Malnati - Fonte: fonte non disponibile, 25/04/08

IL CAIRO. Scandalo nel mondo giornalistico egiziano: una conferenza, regolarmente indetta dall’ordine dei giornalisti e volta a denunciare le crescenti discriminazioni religiose nel Paese, spesso minimizzate dai media, è stata boicottata e fatta fallire dalla quasi totalità degli iscritti al potente sindacato della stampa. L’incontro previsto qualche giorno fa in un importante Centro Congressi al Cairo è stato impedito dall’ala estrema del sindacato, numericamente maggioritaria e politicamente legata all’oltranzismo islamico e ai Fratelli musulmani. Un nutrito gruppo di sindacalisti, armato di bastoni e mazze da baseball, ha usato le maniere forti e cacciato gli esperti e gli studiosi, chiamati a tenere le proprie relazioni. «Siamo stati decisi, perché non vogliamo che il sindacato accolga membri non-musulmani al proprio interno. Lo statuto sindacale si ispira alle direttive degli ulema, che nelle moschee ripetono in continuazione che la stampa in Egitto deve appoggiare la causa musulmana, senza dare troppo spazio a cristiani, ebrei e rappresentanti della religione bahai», ha dichiarato senza mezzi termini Gamal Abdel Rehim, membro del Consiglio Sindacale dei giornalisti.
  Indicativo è il racconto di Samer Soliman, uno dei conferenzieri; dice di essere stato aggredito da Rehim con richiesta immediata di dichiarare la propria fede religiosa; e, dopo aver confessato di essere un musulmano moderato e tollerante, è stato malamente cacciato come «traditore, pronto a battersi per la causa degli infedeli e dei nemici dell’islam».
  È solo grazie all’intervento del mondo politico, in particolare dei partiti progressisti (come alTagammoe, 'l’Unione', con nelle proprie fila alcuni rappresentanti cristiani), che la conferenza ha avuto luogo, anche se in forma ridotta e in un clima di tensione alla presenza di un nutrito spiegamento di polizia intorno al Centro Congressi. Il Presidente Mubarak ha espresso un certo imbarazzo, ma ha anche denunciato «le eccessive libertà di critica, che spesso certa stampa si concede»; e in questo si è attirato le critiche delle Associazioni per i Diritti dell’Uomo.

Fonte: fonte non disponibile, 25/04/08

5 - DISCORSO DEL PAPA AI GIOVANI AMERICANI: SOLO LA VERITÀ RENDE LIBERI
Un regime infausto
Autore: Gino Oliosi - Fonte: fonte non disponibile, 20 aprile 2008

La verità non è una imposizione, semplicemente un insieme di regole ma incontro, scoperta di Uno che non ci tradisce mai; di Uno del quale possiamo sempre fidarci.
 
«C’è chi oggi asserisce che il rispetto della libertà del singolo renda ingiusto cercare la verità, compresa la verità su che cosa sia bene. In alcuni ambienti il parlare di verità viene considerato fonte di discussioni o di divisioni e quindi da riservarsi alla sfera privata. E al posto della verità - o meglio della sua assenza - si è diffusa l’idea che, dando valore indiscriminatamente a tutto, si assicura la libertà e si libera la coscienza. E’ ciò che chiamiamo relativismo. Ma che scopo ha una “libertà” che, ignorando la verità, insegue ciò che è falso o ingiusto? A quanti giovani è stata offerta una mano che, nel nome della libertà o dell’esperienza, li ha guidati all’assuefazione agli stupefacenti, alla confusione morale o intellettuale, alla violenza, alla perdita del rispetto per se stessi, anzi alla disperazione e così, tragicamente al suicidio? Cari amici, la verità non è un’imposizione. Né è semplicemente un insieme di regole. E’ la scoperta di Uno che non ci tradisce mai; di Uno del quale possiamo sempre fidarci. Nel cercare la verità arriviamo a vivere in base alla fede perché, in definitiva, la verità è una persona: (l’incontro con) Gesù Cristo. E’ questa la ragione per cui l’autentica libertà non è una scelta di “disimpegno da”. E’ una scelta di “impegno per”; niente di meno che uscire da se stessi e permettere di venire coinvolti nell’“essere per gli altri” di Cristo» (Spe salvi, 28) [Benedetto XVI, Incontro con i giovani e con i seminaristi, 19 aprile 2008].

Nella penultima giornata del viaggio apostolico negli Stati Uniti c’è stato l’incontro, espressamente voluto da Benedetto XVI, con i seminaristi e i giovani per condividere con loro qualche pensiero sull’essere discepoli di Gesù Cristo, certi che la nostra vita diventa un viaggio di speranza come lo fu per sei figure di santi, beati e venerabili che “hanno risposto alla chiamata di Dio ad una vita di carità” nei quartieri e nelle vie di New York. Sei “straordinari tragitti di speranza” che il Papa ha indicato quali esempi per le nuove generazioni, dicendosi “colpito” dalla loro eterogeneità: poveri e ricchi, laici e consacrati, la figlia di un guerriero indiano, uno schiavo haitiano. In totale comunione con la Chiesa erano come quella donna inerme descritta dall’Apocalisse di fronte al Maligno che agiva di fronte, al tempo dell’evangelista Giovanni, attraverso il potere anticristiano degli imperatori romani, da Nerone fino a Domiziano. Era un potere fortissimo, con una manifestazione impressionante ed inquietante del potere senza grazia, senza amore, dell’egoismo assoluto, del terrore, della violenza. E tuttavia, a cominciare da Maria, gli innamorati di Cristo fino al martirio cioè la Chiesa, alla fine ha vinto, ha vinto la donna inerme, ha vinto non l’egoismo, non l’odio; ha vinto l’amore di Dio e l’impero romano si è aperto alla fede cristiana.

Il Maligno attraverso le dittature anticristiane di tutti i periodi.
Il Maligno non ha agito solo attraverso il potere anticristiano dei persecutori romani della Chiesa di quel tempo, ma attraverso le dittature anticristiane di tutti periodi. Il Papa si è rifatto alla dittatura del nazismo: “I miei anni da teenager sono stati rovinati da un regime infausto che pensava di possedere tutte le risposte; il suo influsso crebbe - penetrando nelle scuole e negli organismi civili come anche nella politica e addirittura nella religione - prima di essere pienamente riconosciuto per quel mostro che era. Esso mise Dio al bando, e così diventò inaccessibile tutto ciò che era vero e buono. Molti dei vostri genitori e nonni vi avranno raccontato l’orrore della distruzione che seguì. Alcuni di loro, infatti, vennero in America proprio per sfuggire a tale terrore. Ringraziamo Dio, perché oggi molti della vostra generazione sono in grado di godere le libertà che sono emerse grazie alla diffusione della democrazia e del rispetto dei diritti umani. Ringraziamo Dio per tutti coloro che si battono per assicurare che voi possiate crescere in un ambiente che coltiva ciò che è bello, buono e vero: i vostri genitori e nonni, i vostri insegnanti e sacerdoti, quelle autorità civili che cercano ciò che è retto e giusto”.
Ma anche oggi occorre pregare ogni giorno il Padre come ci ha insegnato Gesù: non abbandonarci alla tentazione, liberaci dal Male - Maligno. “Il potere distruttivo, tuttavia, rimane. Sostenere il contrario significherebbe ingannare se stessi. Ma esso non trionferà mai: è stato sconfitto. E’ questa l’essenza della speranza che ci distingue come cristiani; la Chiesa lo ricorda in modo molto drammatico durante il Triduo pasquale e lo celebra con grande gioia nel Tempo Pasquale! Colui che ci indica la via oltre la morte è Colui che ci indica come superare distruzione e angoscia: è quindi Gesù il vero maestro di vita (Spe salvi,6). La sua morte e risurrezione significa che possiamo dire al Padre celeste: “Tu hai rinnovato il mondo” (Venerdì Santo, Preghiera dopo la comunione). E così, appena qualche settimana fa, durante la bellissima liturgia della Veglia Pasquale non era per disperazione o angoscia, ma con una fiducia piena di speranza, che abbiamo gridato a Dio in favore del nostro mondo: disperdi le tenebre del cuore! (Preghiera durante l’accensione del cero pasquale). Ma che cosa possono essere queste tenebre? Cosa succede quando le persone soprattutto le più vulnerabili, incontrano il pugno chiuso della repressione o della manipolazione invece della mano tesa della speranza?”
Anche oggi il Male - Maligno, come da Nerone e Domiziano, come attraverso le dittature del nazismo e di Stalin, e oggi nei modi del secolarismo e del materialismo tentano di far credere che è assurdo pensare a Dio, è assurdo osservare i comandamenti di Dio; è cosa del tempo passato. Le tenebre accadono quando i sogni e i desideri che i giovani perseguono possono essere facilmente frantumati e distrutti e sono quelli colpiti dall’abuso della droga e degli stupefacenti, dalla mancanza di una casa e dalla povertà, dal razzismo, dalla violenza e dalla degradazione - particolarmente ragazze e donne. Le cause di tali situazioni problematiche sono complesse e tutte hanno in comune un atteggiamento mentale avvelenato che si manifesta nel trattare le persone come meri oggetti: vale soltanto vivere la vita per sé; prendere in questo breve momento della vita quanto ci è possibile prendere; vale solo il consumo, l’egoismo, il divertimento perché questa è la vita e così dobbiamo vivere. Sembra assurdo, impossibile opporsi a questa mentalità dominante, con tutta la sua forza mediatica, propagandistica. Sembra divenuto impossibile oggi pensare a un Dio che ha creato e crea ogni uomo e che si è fatto bambino, morto e risorto e che con il dono del Suo Spirito è il vero dominatore del mondo.
E qui si affaccia la seconda zona di tenebre - quelle che colpiscono lo spirito - rimane spesso non avvertita, e per questa ragione è particolarmente funesta. La manipolazione della verità distorce la nostra percezione della realtà e intorbida la nostra immaginazione e le nostre aspirazioni.

La libertà è un valore delicato e spesso la si rivendica senza mai fare riferimento alla verità di ogni persona umana.
A questo punto il Papa affronta il tema della libertà in un paese che gode di tante libertà, che si vanta di essere la nazione dove si gode libertà, nel bene e nel male, più di qualunque altra nel mondo. Ma la libertà è un valore delicato e spesso la si rivendica senza mai fare riferimento alla verità di ogni persona umana nel proprio e altrui essere dono del Donatore divino, con i suoi diritti originari da riconoscere, non da dare. C’è chi oggi asserisce che il rispetto della libertà del singolo renda ingiusto cercare la verità, compresa la verità su che cosa sia bene. In alcuni ambienti il parlare di verità viene considerato fonte di discussioni o di divisioni e quindi da riservarsi piuttosto alla sfera privata. E al posto della verità - o meglio, della sua assenza - si è diffusa l’idea che, dando valore indiscriminatamente a tutto, si assicura la libertà e si libera la coscienza. E’ ciò che chiamiamo relativismo, dittatura diabolica del relativismo. Ma che scopo ha una “libertà” che, ignorando la verità, insegue ciò che è falso o ingiusto? A quanti giovani è stata offerta una mano che, nel nome della libertà e della esperienza, li ha guidati all’assuefazione agli stupefacenti, alla confusione morale o intellettuale, alla violenza, alla perdita del rispetto per se stessi, anzi alla disperazione e così tragicamente, al suicidio?
Ma è diabolico, malefico far credere che la verità è un’imposizione, un insieme di regole, che il rapporto con Dio è un rapporto costretto e quindi senza amore. Mentre la libertà accade proprio con la scoperta, con l’incontro con Uno che non ci tradisce mai, senza costringerci; con Uno del quale possiamo fidarci, che ci dona una speranza affidabile in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso che può essere vissuto e accettato se conduce verso una meta di cui noi possiamo essere sicuri e così grande da giustificare la fatica del cammino. E’ Dio ad aver posto in ogni cuore umano il desiderio immanente di cercare la verità e arriviamo a vivere con fiducia, con speranza, con amore, senza soccombere alla tentazione e ai malefici di Satana e dei suoi strumenti quando incontriamo la verità che è la Persona viva, attuale di Gesù Cristo, crocifisso e risorto. L’incontro avviene dove Egli, con il dono del Suo Spirito, è amato e dove il suo amore ci raggiunge con la scelta di “impegni per” per uscire da se stessi e permettere di venire coinvolti nell’“essere per gli altri” di Cristo (Spe salvi, 28).

Come possiamo, da credenti, aiutare gli altri in un percorso di comunione e liberazione che porta al pieno appagamento e alla felicità duratura?
Occorre sempre rifarsi a chi è riuscito, ai santi e il nocciolo si trova nella loro fede, nella nostra fede con questi contenuti. L’incarnazione, la nascita di Gesù ci dice che Dio, di fatto, si è unito in qualche modo con ogni uomo inquieto finché non lo trova e cerca un posto fra noi per incontrarci, per rivelarci chi siamo, da dove veniamo e dove siamo destinati cioè la verità e la vita, indicando se stesso, Dio in un volto umano, come unica via. E’ il percorso dei santi, è la magnifica visione della speranza - la luce di Cristo che invita, per rafforzare la propria fede, a donarla cioè ad essere stelle - guida per gli altri, camminando sulla via di Cristo che è via di perdono, di riconciliazione, di umiltà, di gioia e di pace. Ma ogni percorso è accidentato perché a volte siamo tentati di chiuderci in noi stessi, di dubitare della forza, dello splendore di Cristo perché la sua presenza, come quella di Dio, non è mai spettacolare e quindi siamo tentati di gonfiare le piccole speranze del cammino limitando l’orizzonte della grande speranza. “Prendete coraggio! - ha testimoniato un Papa che ha compiuto 81 anni e a tre anni dalla elezione - Fissate lo sguardo sui nostri santi! La diversità delle loro esperienze della presenza di Dio ci suggerisce di scoprire nuovamente la larghezza e la profondità del cristianesimo. Lasciate che la vostra fantasia spazi liberamente lungo l’espansione illimitata degli orizzonti del discepolato cristiano. A volte siamo considerati persone che parlano solo di proibizioni. Niente potrebbe essere più lontano dalla verità! Un autentico discepolato cristiano è caratterizzato dal senso dello stupore. Stiamo davanti a quel Dio che conosciamo e amiamo, davanti alla vastità della sua creazione e alla bellezza della nostra fede cristiana”.


I Santi ci indicano quattro aspetti essenziali di ogni percorso umano: preghiera personale e silenzio, preghiera liturgica, carità praticata e vocazioni

Preghiera personale
“La cosa più importante è saper sviluppare un rapporto personale con Dio e questo rapportasi si esprime nella preghiera. Dio, in virtù della propria natura tripersonale, parla, ascolta e risponde. San Paolo, infatti, ci ricorda che possiamo e dobbiamo ‘pregare incessantemente’ (1 Ts 5,17). Lungi dal piegarci su noi stessi o dal sottrarci dagli alti e bassi della vita, per mezzo della preghiera ci rivolgiamo a Dio e, attraverso di Lui, ci volgiamo gli uni agli altri, includendo gli emarginati e quanti seguono vie diverse da quelle di Dio (Spe salvi, 33). Come i Santi ci documentano in modo così vivace, la preghiera diventa speranza in atto. Cristo era il loro compagno costante, col quale conversavano ad ogni passo del loro cammino a servizio degli altri. C’è un altro aspetto della preghiera che dobbiamo ricordare: la contemplazione nel silenzio. San Giovanni, ad esempio, ci dice che per cogliere la rivelazione di Dio bisogna prima ascoltare e poi rispondere annunciando ciò che abbiamo udito e visto (1 Gv 1, 2-3; Dei Verbum 1).” Abbiamo - si chiede il Papa - forse perso qualcosa dell’arte dell’ascoltare? Lasciate qualche spazio per sentire il sussurrio di Dio che vi chiama a procedere verso la bontà? Amici, non abbiate paura del silenzio e della quiete, ascoltate Dio, adoratelo nell’Eucaristia! Lasciate che la sua parola plasmi il vostro cammino come sviluppo della santità”.

Preghiera liturgica
Nella liturgia troviamo l’intera Chiesa in preghiera e respiriamo l’io - comunità costitutivo di ogni persona. La parola “liturgia” significa la partecipazione del Popolo di Dio all’“opera di Cristo sacerdote e del suo Corpo che è la Chiesa” (Scarosanctum Concilium 7). In che cosa consiste questa opera? Prima di tutto si riferisce alla Passione di Cristo, alla sua morte e risurrezione e alla sua ascensione - ciò che chiamiamo “Mistero pasquale”. Si riferisce anche alla celebrazione stessa della liturgia. I due significati, infatti, sono inseparabilmente connessi, perché questa “opera di Gesù” è il vero contenuto della liturgia. Mediante la liturgia, l’“opera di Gesù” viene continuamente messa in contatto con la storia: con la nostra vita per plasmarla. Qui capiamo un’ulteriore idea della grandezza della nostra fede cristiana. “Ogni volta che vi radunate per la Santa Messa - con che calore il Papa lo ha detto -, quando andate a confessarvi, ogni volta che celebrate uno dei Sacramenti, Gesù è all’opera. Attraverso lo Spirito Santo vi attira verso di sé, dentro il suo amore sacrificale per il Padre, che diventa amore per tutti. Vediamo così che la liturgia della Chiesa è un ministero di speranza per l’umanità. La vostra partecipazione piena di fede è una speranza attiva che aiuta a tenere il mondo - santi come peccatori - aperto a Dio; è questa la vera speranza umana che noi offriamo a ciascuno” (Spe salvi, 34).

La carità praticata
La preghiera personale, i tempi di contemplazione silenziosa e la partecipazione alla liturgia della Chiesa porta più vicini a Dio e prepara a servire gli altri. I santi mostrano che la vita di fede e di speranza è anche una vita di carità. Contemplando Gesù sulla croce, vediamo l’amore nella sua forma più radicale cioè la sua altezza (riportare ogni uomo ad essere in Cristo, figlio nel Figlio), la larghezza (non esclude nessuno), la lunghezza (è perseverante e nessuna difficoltà lo vince), la profondità (condivide fino in fondo le miserie di ogni uomo). Possiamo cominciare ad immaginare la via dell’amore sulla quale dobbiamo muoverci (Deus caritas est, 12). Le occasioni per fare questo cammino sono abbondanti. “Guardatevi attorno con gli occhi di Cristo - ha detto il Papa ai seminaristi e ai giovani -, ascoltate con i suoi orecchi, intuite e pensate col suo cuore e il suo spirito. Siete pronti a dare tutto per la verità e la giustizia? Molti degli esempi di sofferenza ai quali i nostri santi hanno risposto con compassione, si trovano tuttora qui in questa città e dintorni. E sono emerse nuove ingiustizie: alcune sono complesse e derivano dallo sfruttamento del cuore e dalla manipolazione dello spirito; anche il nostro comune ambiente di vita, la terra stessa geme sotto il peso dell’avidità consumistica e lo sfruttamento irresponsabile. Dobbiamo ascoltare nel profondo. Dobbiamo rispondere con un’azione sociale rinnovata che nasca dall’amore universale che non conosce limiti. In questo modo siamo sicuri che le nostre opere di misericordia e giustizia diventano speranza in atto per gli altri”.

Vocazioni
“Amici - così ha concluso il papa rivolgendosi a ciascuno -, vi domando di nuovo, cosa dire del momento presente? Che cosa state cercando? Che cosa Dio suggerisce a voi? La speranza che mai delude è Gesù Cristo. I santi ci mostrano l’amore disinteressato del suo cammino. Come discepoli di Cristo, i loro tragitti straordinari si svilupparono all’interno di quella comunità della speranza che è la Chiesa. E’ dall’interno della Chiesa, nella relazione io - comunità che anche voi troverete il coraggio ed il sostegno per il rapporto verginale o coniugale uomo - donna, pure costitutivo di ogni persona. Nutriti dalla preghiera personale, preparati nel silenzio, plasmati dalla liturgia della Chiesa, sostenuti dalla carità pratica, scoprirete la vocazione particolare che il Signore riserva per voi. Abbracciatela con gioia. Oggi i discepoli di Cristo siete voi. Mostrate al mondo la ragione della speranza che è in voi. Parlate con gli altri della verità che vi rende liberi”.

Trovi l'intero discorso del papa ai giovani americani su http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2008/april/documents/hf_ben-xvi_spe_20080419_st-joseph-seminary_it.html

Fonte: fonte non disponibile, 20 aprile 2008

6 - NON È VERO CHE SU ABORTO E DIVORZIO LA CHIESA SA DIRE SOLO DEI NO ED È INTRANSIGENTE

Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: fonte non disponibile, 25/04/08

Premura e cura non solo dei «no» su divorzio e aborto.
Lo affermano diverse persone, per esempio di recente, in occasione del discorso fatto il 5 aprile da Benedetto XVI ai partecipanti del congresso «L’olio sulle ferite. Una risposta alle piaghe dell’aborto e del divorzio».

  Ora, è vero che i giudizi della Chiesa su questi temi sono immodificabili, dato che aborto e divorzio (per ragioni laiche che non possiamo qui esporre) sono moralmente sbagliati. Ma, proprio questo discorso del Papa, se letto per intero senza fermarsi a certe sintesi giornalistiche, dovrebbe mostrare che la Chiesa pronuncia i suoi giudizi etici perché le stanno profondamente a cuore gli esseri umani.
  In effetti, aborto e divorzio colpiscono esseri umani innocenti, cioè l’essere umano non ancora nato ed i figli coinvolti nello sfascio di un matrimonio e nella disgregazione della famiglia.
  Verso questi ultimi il Papa reclama un’attenzione solidale che cerchi di lenire quanto più possibile le loro sofferenze: i 'figli del divorzio', che già patiscono perché non vivono insieme a tutti e due i genitori, soffrono ulteriormente quando sono vittime anche dei conflitti giudiziari, delle contese, delle ripicche, ecc., legati al divorzio stesso.
 Ma anche verso chi è autore di aborti e divorzi Benedetto XVI ha manifestato la sua affettuosa sensibilità, ben sapendo che tali scelte talvolta maturano in circostanze difficili e drammatiche, magari nella solitudine (come nel caso dell’aborto), e sono fonte di profonde sofferenze per chi le compie. Ad esempio, la sindrome postabortiva (poco nota al grande pubblico, ma ormai oggetto di diversi studi scientifici) lascia segni profondi, talvolta indelebili nelle donne che si sono sottoposte all’aborto. E, comunque, il Papa invita i credenti ad accostarsi sia a queste donne, sia alle vittime del divorzio, sia a chi è autore di aborti e divorzi «con amore e delicatezza, con premura e attenzione materna». Invita ad essere come il buon Samaritano che versa l’olio e il vino sulle piaghe di chi è ferito, che lo conduce alla locanda e si premura anche per il suo futuro.
  Insomma, il programma del credente, dice il Papa, deve essere quello di avere «un cuore che vede. Questo cuore vede dove c’è bisogno di amore e agisce in modo conseguente» (Enciclica Deus caritas est, 31).
 Infine, a ben vedere, i 'no' della Chiesa sono l’altra faccia di una serie di 'sì': sì alla capacità dell’uomo di esser «capace del dono di sé definitivo e fedele, che rende possibile il matrimonio di un uomo e una donna come patto indissolubile», sì alla possibilità dell’uomo, anche nelle circostanze più difficili, di essere «capace di [compiere] straordinari gesti di sacrificio e di solidarietà per accogliere la vita di un nuovo essere umano». In tal senso, i 'no' che la Chiesa pronuncia quando fa degli interventi etici «sono in realtà dei grandi 'sì' alla dignità della persona umana, alla sua vita e alla sua capacità di amare».

Fonte: fonte non disponibile, 25/04/08

7 - L’EX MEDICO ABORTISTA: ADESSO HA APERTO UN CONSULTORIO CATTOLICO
«Volevo un figlio mio e davo la morte. Adesso mi spendo solo per la vita». Antonio Oriente di Messina ha cambiato vita dopo l’incontro con «Rinnovamento». Adesso ha aperto un consultorio cattolico.
Autore: Alessandra Turrisi - Fonte: fonte non disponibile, 23/04/08

Prima sopprimeva i figli degli altri, adesso si dichiara apertamente “amico della vita”. Quella di Antonio Oriente, medico ostetrico-ginecologo di 53 anni, che vive nel Messinese, è la storia di una conversione.
  Tutto comincia nel 1984, quando Antonio sposa Maria Carmela Savio, una pediatra che cura i bambini, ma che nei primi anni di matrimonio non riesce ad avere la gioia di stringere in braccio un figlio proprio. Antonio non presta molta attenzione al dolore della moglie, è troppo impegnato nel suo lavoro di ginecologo, corre da un paese all’altro, da un’emergenza all’altra. «Oltre ad aiutare le donne a partorire, uccidevo i figli degli altri – racconta –. Praticavo l’aborto, come un qualsiasi altro compito della mia professione. Non per interessi economici. Credevo di fare il bene delle donne che incontravo: aiutavo la ragazza non sposata che aveva avuto una 'disavventura' e voleva disfarsi del bambino, oppure il padre di famiglia con tre figli che, dopo essersi invaghito di una ragazza più giovane della moglie, l’aveva messa incinta e poi voleva farla abortire per non creare scandali». Ma passano gli anni, e quel figlio desiderato non arriva. Una sera Antonio, triste e avvilito, si attarda nei locali del consultorio. All’improvviso arriva una coppia che lui segue per una terapia contro l’infertilità e lo trova in lacrime. Antonio sente il desiderio di aprire il suo cuore a quella coppia. Così i due giovani gli raccontano il proprio percorso, di come si sono avvicinati a Dio attraverso la partecipazione al movimento Rinnovamento nello Spirito. Comincia così un suo percorso di ricerca. «Dopo un periodo di riflessione capii che il mio desiderio di avere un figlio contrastava con la mia azione di medico abortista », ammette. Così chiama l’amico Benedetto, il marito di quella coppia infertile, e gli consegna un biglietto con un testamento spirituale: «Mai più morte fino alla morte. Fratel Antonio».
  Da quel giorno Oriente lascia la cultura della morte per spendersi in favore della vita. Quindici giorni dopo la moglie scopre di aspettare il suo primo figlio. Dopo nove mesi nasce Domenico. Due anni dopo arriva Luigi. L’approccio alla professione cambia radicalmente. Dal 1991 è responsabile del consultorio pubblico di Santo Stefano di Camastra, nel Messinese, e ha appena aperto un consultorio di ispirazione cattolica nella diocesi di Patti. «Non autorizzo più interruzioni di gravidanza, ma accolgo le donne e cerco di trovare con loro una soluzione che rispetti la vita».

Fonte: fonte non disponibile, 23/04/08

8 - I MEZZI DI COMUNICAZIONE SOCIALE: AL BIVIO TRA PROTAGONISMO E SERVIZIO. CERCARE LA VERITÀ PER CONDIVIDERLA
Messaggio di sua Santità Benedetto XVI per la XLII giornata mondiale delle comunicazioni sociali
Autore: Benedetto XVI - Fonte: fonte non disponibile, 4 maggio 2008

Cari fratelli e sorelle!

1. Il tema della prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali - “I mezzi di comunicazione sociale: al bivio tra protagonismo e servizio. Cercare la verità per condividerla” – pone in luce quanto importante sia il ruolo di questi strumenti nella vita delle persone e della società. Non c’è infatti ambito dell’esperienza umana, specialmente se consideriamo il vasto fenomeno della globalizzazione, in cui i media non siano diventati parte costitutiva delle relazioni interpersonali e dei processi sociali, economici, politici e religiosi. In proposito, scrivevo nel Messaggio per la Giornata della Pace dello scorso 1° gennaio: “I mezzi della comunicazione sociale, per le potenzialità educative di cui dispongono, hanno una speciale responsabilità nel promuovere il rispetto per la famiglia, nell’illustrarne le attese e i diritti, nel metterne in evidenza la bellezza” (n. 5).

2. Grazie ad una vorticosa evoluzione tecnologica, questi mezzi hanno acquisito potenzialità straordinarie, ponendo nello stesso tempo nuovi ed inediti interrogativi e problemi. È innegabile l’apporto che essi possono dare alla circolazione delle notizie, alla conoscenza dei fatti e alla diffusione del sapere: hanno contribuito, ad esempio, in maniera decisiva all’alfabetizzazione e alla socializzazione, come pure allo sviluppo della democrazia e del dialogo tra i popoli. Senza il loro apporto sarebbe veramente difficile favorire e migliorare la comprensione tra le nazioni, dare respiro universale ai dialoghi di pace, garantire all’uomo il bene primario dell’informazione, assicurando, nel contempo, la libera circolazione del pensiero in ordine soprattutto agli ideali di solidarietà e di giustizia sociale. Sì! I media, nel loro insieme, non sono soltanto mezzi per la diffusione delle idee, ma possono e devono essere anche strumenti al servizio di un mondo più giusto e solidale. Non manca, purtroppo, il rischio che essi si trasformino invece in sistemi volti a sottomettere l’uomo a logiche dettate dagli interessi dominanti del momento. E’ il caso di una comunicazione usata per fini ideologici o per la collocazione di prodotti di consumo mediante una pubblicità ossessiva. Con il pretesto di rappresentare la realtà, di fatto si tende a legittimare e ad imporre modelli distorti di vita personale, familiare o sociale. Inoltre, per favorire gli ascolti, la cosiddetta audience, a volte non si esita a ricorrere alla trasgressione, alla volgarità e alla violenza. Vi è infine la possibilità che, attraverso i media, vengano proposti e sostenuti modelli di sviluppo che aumentano anziché ridurre il divario tecnologico tra i paesi ricchi e quelli poveri.

3. L’umanità si trova oggi di fronte a un bivio. Anche per i media vale quanto ho scritto nell’Enciclica Spe salvi circa l’ambiguità del progresso, che offre inedite possibilità per il bene, ma apre al tempo stesso possibilità abissali di male che prima non esistevano (cfr n. 22). Occorre pertanto chiedersi se sia saggio lasciare che gli strumenti della comunicazione sociale siano asserviti a un protagonismo indiscriminato o finiscano in balia di chi se ne avvale per manipolare le coscienze. Non sarebbe piuttosto doveroso far sì che restino al servizio della persona e del bene comune e favoriscano “la formazione etica dell’uomo, nella crescita dell’uomo interiore” (ibid.)? La loro straordinaria incidenza nella vita delle persone e della società è un dato largamente riconosciuto, ma va posta oggi in evidenza la svolta, direi anzi la vera e propria mutazione di ruolo, che essi si trovano ad affrontare. Oggi, in modo sempre più marcato, la comunicazione sembra avere talora la pretesa non solo di rappresentare la realtà, ma di determinarla grazie al potere e alla forza di suggestione che possiede. Si costata, ad esempio, che su talune vicende i media non sono utilizzati per un corretto ruolo di informazione, ma per “creare” gli eventi stessi. Questo pericoloso mutamento della loro funzione è avvertito con preoccupazione da molti Pastori. Proprio perché si tratta di realtà che incidono profondamente su tutte le dimensioni della vita umana (morale, intellettuale, religiosa, relazionale, affettiva, culturale), ponendo in gioco il bene della persona, occorre ribadire che non tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche eticamente praticabile. L’impatto degli strumenti della comunicazione sulla vita dell’uomo contemporaneo pone pertanto questioni non eludibili, che attendono scelte e risposte non più rinviabili.

4. Il ruolo che gli strumenti della comunicazione sociale hanno assunto nella società va ormai considerato parte integrante della questione antropologica, che emerge come sfida cruciale del terzo millennio. In maniera non dissimile da quanto accade sul fronte della vita umana, del matrimonio e della famiglia, e nell’ambito delle grandi questioni contemporanee concernenti la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato, anche nel settore delle comunicazioni sociali sono in gioco dimensioni costitutive dell’uomo e della sua verità. Quando la comunicazione perde gli ancoraggi etici e sfugge al controllo sociale, finisce per non tenere più in conto la centralità e la dignità inviolabile dell’uomo, rischiando di incidere negativamente sulla sua coscienza, sulle sue scelte, e di condizionare in definitiva la libertà e la vita stessa delle persone. Ecco perché è indispensabile che le comunicazioni sociali difendano gelosamente la persona e ne rispettino appieno la dignità. Più di qualcuno pensa che sia oggi necessaria, in questo ambito, un’“info-etica” così come esiste la bio-etica nel campo della medicina e della ricerca scientifica legata alla vita.

5. Occorre evitare che i media diventino il megafono del materialismo economico e del relativismo etico, vere piaghe del nostro tempo. Essi possono e devono invece contribuire a far conoscere la verità sull’uomo, difendendola davanti a coloro che tendono a negarla o a distruggerla. Si può anzi dire che la ricerca e la presentazione della verità sull’uomo costituiscono la vocazione più alta della comunicazione sociale. Utilizzare a questo fine tutti i linguaggi, sempre più belli e raffinati di cui i media dispongono, è un compito esaltante affidato in primo luogo ai responsabili ed agli operatori del settore. E’ un compito che tuttavia, in qualche modo, ci riguarda tutti, perché tutti, nell’epoca della globalizzazione, siamo fruitori e operatori di comunicazioni sociali. I nuovi media, telefonia e internet in particolare, stanno modificando il volto stesso della comunicazione e, forse, è questa un’occasione preziosa per ridisegnarlo, per rendere meglio visibili, come ebbe a dire il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II, i lineamenti essenziali e irrinunciabili della verità sulla persona umana (cfr Lett. ap. Il rapido sviluppo, 10).

6. L’uomo ha sete di verità, è alla ricerca della verità; lo dimostrano anche l’attenzione e il successo registrati da tanti prodotti editoriali, programmi o fiction di qualità, in cui la verità, la bellezza e la grandezza della persona, inclusa la sua dimensione religiosa, sono riconosciute e ben rappresentate. Gesù ha detto: “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8, 32). La verità che ci rende liberi è Cristo, perché solo Lui può rispondere pienamente alla sete di vita e di amore che è nel cuore dell’uomo. Chi lo ha incontrato e si appassiona al suo messaggio sperimenta il desiderio incontenibile di condividere e comunicare questa verità: “Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi – scrive san Giovanni -, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita […], noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta” (1Gv 1, 1-3).

Invochiamo lo Spirito Santo, perché non manchino comunicatori coraggiosi e autentici testimoni della verità che, fedeli alla consegna di Cristo e appassionati del messaggio della fede, “sappiano farsi interpreti delle odierne istanze culturali, impegnandosi a vivere questa epoca della comunicazione non come tempo di alienazione e di smarrimento, ma come tempo prezioso per la ricerca della verità e per lo sviluppo della comunione tra le persone e i popoli” (Giovanni Paolo II, Discorso al Convegno Parabole mediatiche, 9 novembre 2002).

Con questo auspicio a tutti imparto con affetto la mia Benedizione.

Fonte: fonte non disponibile, 4 maggio 2008

9 - DICHIARAZIONE DEI REDDITI: 5 PER MILLE AL VOLONTARIATO CATTOLICO

Fonte Redazione di BastaBugie

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Fonte: Redazione di BastaBugie

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