BastaBugie n�180 del 18 febbraio 2011

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1 LA CORTE DI CASSAZIONE TENTA DI AGGIRARE LA FAMIGLIA MONOGAMICA E QUINDI APRIRE IN FUTURO ALLE PRETESE ADOTTIVE DEGLI OMOSESSUALI
Bisogna evitare di cadere nel tranello del cosiddetto ''male minore'': un bambino abbandonato ha bisogno di un padre e di una madre sposati, ecco l'esperienza di chi si occupa di adozioni da una vita
Autore: Antonio Giuliano - Fonte: La Bussola Quotidiana
2 LO STRAPOTERE DEI GIUDICI HA FATTO CADERE IL GOVERNO PRODI, ADESSO TENTA CON BERLUSCONI: CHI IL PROSSIMO?
La vera emergenza democratica sono le sentenze creative che non tengono conto della legge
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana
3 IN AMERICA SI FA STRADA UN CONCETTO NON CHIARO A NOI EUROPEI: FUORI IL GOVERNO DALLA SFERA PRIVATA!
La maggior parte di coloro che erano esclusi dalla copertura sanitaria lo avevano scelto: così Obama costringe ad assicurarsi coloro che non vogliono esserlo (favorendo le assicurazioni)
Autore: Lilia Lodolini - Fonte: L'Ottimista
4 CON CHE DIRITTO SFILA PER LA DIGNITA' DELLA DONNA CHI E' PER IL DIVORZIO E L'ABORTO? E CHE DICE CHE LA VERITÀ, ANCHE QUELLA MORALE, NON ESISTE?
Lo slogan è ''Se non ora, quando?'' Allora chiediamo: perché non ieri? Perché non all'epoca del parlamento con Cicciolina, Moana, Marrazzo, Luxuria, Vendola? Perché non dicono nulla sui gay pride, con uomini e donne mezzi nudi in atteggiamenti apertamente immorali? La vera protesta è non avere la tv in casa!
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Libertà e Persona
5 LE FEMMINISTE PROTESTANO CONTRO SE STESSE E LA LORO RIVOLUZIONE SESSUALE
Dopo che per anni hanno propagandato il sesso pre ed extramatrimoniale, il sesso adolescenziale, la sessualità liberata dal peso della fecondità, il sesso sulle copertine, nel cinema, nelle scuole coi distributori di preservativi, fuori dalle scuole con le prescrizioni a catena di pillole del giorno dopo, ecc.
Autore: Renzo Puccetti - Fonte: Libertà e Persona
6 E' GIUSTO O NO TRATTARE CON I DITTATORI DEL NORDAFRICA E DEL MEDIO ORIENTE: GHEDDAFI, BEN ALI, NGUEMA E GLI ALTRI?
E inoltre: va bene che l'ONU permetta di partecipare ai consigli per i diritti umani Egitto, Arabia Saudita, Iran, Libia, Sudan, ecc.?
Autore: Anna Bono - Fonte: La Bussola Quotidiana
7 GLI STUDENTI BRITANNICI SARANNO QUOTIDIANAMENTE BOMBARDATI DA ESPLICITI RIFERIMENTI ALL'OMOSESSUALITA', PERFINO DURANTE LE LEZIONI DI MATEMATICA, GEOGRAFIA E SCIENZA
Il governo inglese promuove il lavaggio del cervello dei ragazzi finalizzato a distruggere l'idea che esista un comportamento sessuale normale
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: Cultura Cattolica
8 LA PAROLA ''CRISTIANI'' E' UN TABU' PER I MINISTRI DEGLI ESTERI DELL'UNIONE EUROPEA
Il Consiglio dei capi delle diplomazie europee non è riuscito a varare un documento critico nei confronti delle violenze contro i cristiani da Alessandria d'Egitto all'Iraq fino al Pakistan
Fonte: Corrispondenza Romana
9 400MILA CONTRO L'ABORTO NELLA ''MARCH FOR LIFE'' A WASHINGTON, SOPRATTUTTO GIOVANI
I Repubblicani promettono il blocco dei fondi federali al Planned Parenthood, la più potente tra le lobby contro la vita, nonché la più grande rete di cliniche abortive
Autore: Luca Marcolivio - Fonte: L'Ottimista
10 IL CRITERIO PER LEGGERE CORRETTAMENTE IL CONCILIO VATICANO II E' LA TRADIZIONE ININTERROTTA DELLA CHIESA
Dire che il Vaticano II ha una natura pastorale non è squalificare il concilio, ma leggerlo come volle Giovanni XXIII e così confermò Paolo VI
Autore: Serafino Lanzetta - Fonte: Corrispondenza Romana
11 OMELIA PER LA VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A - (Mt 5,38-48)
Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LA CORTE DI CASSAZIONE TENTA DI AGGIRARE LA FAMIGLIA MONOGAMICA E QUINDI APRIRE IN FUTURO ALLE PRETESE ADOTTIVE DEGLI OMOSESSUALI
Bisogna evitare di cadere nel tranello del cosiddetto ''male minore'': un bambino abbandonato ha bisogno di un padre e di una madre sposati, ecco l'esperienza di chi si occupa di adozioni da una vita
Autore: Antonio Giuliano - Fonte: La Bussola Quotidiana, 15-02-2011

Con una sentenza che sta creando polemiche, ieri la Cassazione ha aperto alla possibilità di adozioni dei minori da parte dei single. La Suprema corte, sottolineando come in Italia il Parlamento non abbia ancora varato una legge in questo senso, ha convalidato l'adozione, seppur in forma non pienamente legittimante, ma "mite", di una bimba russa alla quale farà da mamma una donna single di Genova. La Cassazione ritiene maturi i tempi affinché i single possano adottare, con meno difficoltà, i bambini rimasti soli o abbandonati dai genitori naturali.
«Conosco le obiezioni di chi dice: meglio avere un genitore single che lasciare il minore in un orfanotrofio. Ma per esperienza sappiamo che un bambino abbandonato ha bisogno di un padre e di una madre sposati. Non si può proporgli una famiglia dimezzata». Sta facendo discutere una sentenza della Corte di Cassazione che ha riconosciuto a una donna "sola" di Genova il diritto di adottare una bambina russa. Ma dinanzi all'ipotesi di riconoscere ai single la possibilità di adottare Giorgio Cavalli non è tipo da cadere nel tranello del cosiddetto "male minore". Lui è responsabile per l'adozione di Famiglie per l'accoglienza, un'associazione nata nel 1982 che ogni giorno affronta i problemi dei genitori adottivi. Una vera rete fatta da 3500 famiglie che si preoccupano di quei nuclei familiari che vivono la realtà di bambini adottati o in stato di affido.
PERCHÉ TROVA PERICOLOSA LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE?
La nostra legislazione è già molto chiara: salvo casi particolari legati all'affido, chi adotta sono le famiglie e non i single. La legge 184 risponde infatti al diritto dei minori di avere una propria famiglia, un padre e una madre uniti in matrimonio. Sappiamo benissimo che oggi le relazioni familiari sono molto più labili e ci sono tante separazioni. Ma non mi sembra che l'ideale sia riproporre una situazione altrettanto precaria e instabile come quella di un single. Mi pare soltanto il tentativo di aggirare la famiglia monogamica e quindi aprire in futuro alle pretese adottive di omosessuali singoli o in coppia.
QUALI SONO I RISCHI NEL CONSENTIRE AI SINGLE DI ADOTTARE?
Ci sarebbe una maggiore precarietà della struttura familiare: un single incontra difficoltà più grandi nella vita quotidiana, mentre in due ci si aiuta di più. E siamo sicuri che poi unendosi con un'altra persona questa sia disposta ad accettare il bambino? Io non voglio demonizzare i single e il loro desiderio di essere genitori. Non voglio giudicare negativamente la loro situazione, se si è single per scelta o perché la vita l'ha portato ad esserlo: può essere che abbia un profondo desiderio di paternità e maternità che non va disprezzato. Però l'adozione è pensata non per i genitori, ma come risposta al bisogno innanzitutto dei figli di trovare una famiglia e il minore ha il diritto naturale di appoggiarsi a una figura maschile e una femminile sposati.
SONO FORSE POCHE LE FAMIGLIE CONIUGATE CHE RICHIEDONO L'ADOZIONE?
Assolutamente no. Chi però come noi ha a che fare con le adozioni sa benissimo che ci sono moltissime famiglie regolarmente sposate che fanno fatica a ottenere l'adozione. Non è facile ottenere l'idoneità. E forse si può lavorare per migliorare queste pratiche anziché "aprire" ai single. Però è pur vero che, soprattutto per le adozioni internazionali, ci sono dei tempi tecnici di attesa che una volta erano più lunghi, (oggi di solito 2-3 anni). A volte si pretende un figlio subito ma l'adozione è un fatto sociale, non privato. Giustamente passa al vaglio dei governi, del tribunale dei minori che deve scegliere l'idoneità della famiglia. La famiglia deve essere preparata ad assumersi la responsabilità personale e sociale, la nostra associazione cerca di assolvere proprio a questo compito.
CHE TIPO DI ASSISTENZA METTETE IN CAMPO?
Proponiamo un percorso strutturato, con un mini corso di formazione all'adozione condotto da due famiglie che sono già famiglie adottive. La nostra associazione si fonda su un'amicizia tra famiglie che si offre ad altri genitori. Da credenti abbiamo sperimentato nella comunità cristiana un abbraccio totale che ci spinge verso gli altri fratelli. Noi pensiamo che l'adozione non possa essere vissuta da soli, neanche una famiglia fatta da un uomo e una donna che si vogliono bene può sostenere da sola l'esperienza adottiva, se non altro è molto più faticoso. Cerchiamo di rispondere ai loro bisogni quotidiani organizzando per esempio incontri specifici per l'inserimento scolastico dei più piccoli. Ma anche momenti di socialità e di festa.
QUALI SONO LE DIFFICOLTÀ MAGGIORI PER CHI ADOTTA?
Senz'altro il fatto che un adulto si trova di fronte a un figlio che non ha generato lui. Non sempre l'adulto elabora fino in fondo la realtà di un bambino che ha già una sua storia, che proviene magari da un'altra famiglia, che ha un vissuto che non si può azzerare del tutto perché il figlio si porta dietro qualcosa della vita precedente. Periodicamente può ritornare in lui il trauma dell'abbandono, il genitore deve essere preparato alle domande e alla sofferenza del bambino che magari può emergere anche negli anni. Così come il genitore può in caso di problemi non sentirlo più come "figlio". È un delicato equilibrio tra appartenenza e alterità: c'è sia il rischio di avere un atteggiamento possessivo che non lascia spazio alla storia del bambino, sia di estraneità per cui quando spuntano le difficoltà non lo si considera più come figlio.
È PIÙ DIFFICILE TESTIMONIARE IN UNA SOCIETÀ IN CUI ORMAI TUTTI RECLAMANO DIRITTI?
Sicuramente. Stiamo attraversando un momento di crisi molto forte, in cui vengono messi in discussione i fondamenti della famiglia, la stabilità lavorativa, le radici del cristianesimo. E c'è il tentativo di ridurre anche la famiglia a fatto privato: "Io voglio esser padre/madre". Mi sembra emblematico che anche una rivista come Altroconsumo si sia occupata di adozioni chiedendone il diritto per i single. Anche l'adozione viene ridotta a consumo. La famiglia non è il luogo del privato e basta. Noi continuiamo a testimoniare che sia il luogo primario dell'educazione della persona, affinché sia responsabile e aperta agli altri. Per questo sosteniamo le difficoltà delle famiglie. Siamo nati come associazione di famiglie affidatarie, di minori arrivati da nuclei familiari in difficoltà. Poi ci siamo allargati all'adozione e a tutti i campi della accoglienza. Anche in aiuto delle famiglie con anziani o di genitori di ragazzi con handicap sia naturali o adottati. E oggi siamo presenti non solo in tutt'Italia, ma anche in altri Paesi del mondo: Argentina, Brasile, Cile, Lituania, Romania, Spagna, Svizzera...
CHE COSA SPERIMENTANO COLORO CHE SI RIVOLGONO A VOI?
Molte famiglie arrivano da noi dopo altre esperienze con altre associazioni o l'Asl... Talvolta ci sentiamo dire che con noi hanno trovato la possibilità prima di tutto di percepire una grande bellezza nell'esperienza adottiva quando è fatta con consapevolezza e quando si è disposti ad affrontare serenamente le difficoltà. Perché di solito si mettono sempre in evidenza solo i problemi. E poi nella nostra esperienza scorgono un senso nell'adottare: arrivano chiedendoci qual è la tecnica, quali sono i tempi, quanto si paga, dove si va... Noi rilanciamo chiedendo perché tu vuoi essere genitore? In che consiste la tua fecondità? Anche a un single diciamo che non è vero che se non avrà quel figlio che desidera non sarà una persona feconda. Un adulto in quanto tale è fecondo: puoi diventare un educatore, puoi sostenere un'altra famiglia o metterti in gioco con una comunità di accoglienza. Ma un minore abbandonato ha bisogno di una famiglia e non del desiderio della tua generosità.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 15-02-2011

2 - LO STRAPOTERE DEI GIUDICI HA FATTO CADERE IL GOVERNO PRODI, ADESSO TENTA CON BERLUSCONI: CHI IL PROSSIMO?
La vera emergenza democratica sono le sentenze creative che non tengono conto della legge
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana, 11-02-2011

Quanto emerge dalle intercettazioni date in pasto ai giornali, offre sicuramente un quadro squallido della realtà del potere e, più in generale, almeno di una parte della società italiano. Lo abbiamo già detto chiaramente. Eppure, proprio per questo, la domanda che oggi non possiamo evitare è questa: è davvero Berlusconi il problema del nostro paese? Davvero tolto questo "imbarazzo", come lo chiama il leader del Partito Democratico, la strada verso il ritorno alla normalità sarebbe finalmente spianata?
Non credo, anzi sono certo del contrario. Intendiamoci: le ipotesi di reato formulate in questa occasione contro il presidente del Consiglio sono certamente gravi e, se verificate e confermate, giustificherebbero la richiesta di dimissioni. Ma anche qui è bene esercitare un minimo di prudenza: in Italia purtroppo abbiamo già dei precedenti di rivelazioni e scandali verosimili, in realtà prove fabbricate, che hanno ad esempio costretto alle dimissioni un presidente della Repubblica (a proposito, la giornalista responsabile di quella diffamazione severamente punita in tribunale, Camilla Cederna, quando morì nel 1997 fu celebrata sui grandi giornali laici come una eccelsa giornalista e curiosamente l'Ordine dei Giornalisti non ha mai sentito il dovere di intervenire).
Aspettiamo dunque che si faccia chiarezza, rapidamente, sulla vicenda Ruby. Ma intanto torniamo alla domanda di fondo: è davvero Berlusconi l'anomalia di questo paese?
Credo che la disputa su Berlusconi sia secondaria, anzi che sia soltanto il segnale di una emergenza ben più grave, quella rappresentata dallo strapotere acquisito dalla magistratura in questi anni a danno degli altri poteri istituzionali: quello legislativo, rappresentato dal Parlamento, e quello esecutivo, rappresentato dal governo.
Per evitare derive totalitarie come era accaduto con il fascismo, i padri costituenti architettarono e scrissero nella Costituzione un complesso meccanismo istituzionale per evitare che uno dei tre poteri dello stato potesse a un certo punto prevalere sugli altri. Un meccanismo con pregi e difetti, tuttavia con Tangentopoli questo equilibrio è saltato a vantaggio della magistratura. L'abrogazione dell'immunità parlamentare è stata in qualche modo l'aspetto più evidente di questo cambiamento, perché ha reso la classe politica potenzialmente ricattabile dalla magistratura. Tale mutamento degli equilibri è avvenuto anche con l'attiva complicità di una parte politica che pensava di potersi avvantaggiare dell'azione dei giudici, salvo poi accorgersi con molto ritardo che era avvenuto esattamente il contrario. La vulnerabilità della classe politica si è puntualmente palesata quando è emersa una corrente militante della magistratura che ha cominciato a perseguire un proprio progetto politico. Il fatto che alcuni esponenti della magistratura abbiano approfittato della notorietà acquisita nei processi per dare la scalata alla politica è soltanto la punta dell'iceberg. E il fatto che alle prossime elezioni per il sindaco di Napoli, i tre maggiori partiti rischino di candidare altrettanti magistrati la dice lunga sulla situazione che si è creata.
Il problema non riguarda solo Berlusconi: ricordiamo che la spallata decisiva all'ultimo governo Prodi, già traballante di suo, è venuta da un'altra iniziativa giudiziaria, in quel caso a danno della moglie di Clemente Mastella. Né riguarda soltanto la politica: ormai le sentenze "creative" dei giudici si moltiplicano, soprattutto in materia di bioetica. Non si contano le leggi stravolte e riscritte dai vari tribunali di ogni ordine e grado, compresi i Tar. Ormai i magistrati, una volta semplici esecutori della legge, intervengono su tutto, anche esprimendo pareri a priori sulle iniziative legislative, cosa che sarebbe stata impensabile appena venti anni fa. E soprattutto non rispondono del loro operato: se una loro indagine messa in piedi a carico di qualche volto noto distrugge carriere e vite familiari di persone che poi magari risultano innocenti, nessuno paga per questo.
Figurarsi quando gli errori riguardano gente normale. Anzi, si rischia di vedere questi giudici far carriera grazie alla notorietà raggiunta. Basterebbe pensare a quel pubblico ministero di una città di provincia del sud diventato famoso per le sue inchieste contro i vip, nessuna delle quali è arrivata alla condanna. Ma intanto decine di persone sono state macinate nel tritacarne mediatico, e il pm è diventato uomo di successo.
Non solo, questa parte di magistrati oggi può fare a meno dei tribunali veri, quelli dove si dovrebbe amministrare la giustizia, perché il processo ormai si celebra sui giornali, prima con gli annunci degli avvisi di garanzia (quando si dice l'ironia delle parole), poi con il passaggio dei verbali a giornalisti compiacenti che ovviamente pubblicano il tutto. La sentenza è scontata: condanna. Prima ancora di poter stabilire la verità.
Non illudiamoci, stiamo ormai vivendo in un regime di magistrocrazia. E anche se Berlusconi fosse finalmente eliminato, il problema resterebbe tutto intero, anzi peggiorerebbe. Perché sarebbe una vittoria che darebbe ulteriore impulso al potere dei giudici. E anche quei politici acerrimi nemici di Berlusconi avrebbero ben poco di cui rallegrarsi.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 11-02-2011

3 - IN AMERICA SI FA STRADA UN CONCETTO NON CHIARO A NOI EUROPEI: FUORI IL GOVERNO DALLA SFERA PRIVATA!
La maggior parte di coloro che erano esclusi dalla copertura sanitaria lo avevano scelto: così Obama costringe ad assicurarsi coloro che non vogliono esserlo (favorendo le assicurazioni)
Autore: Lilia Lodolini - Fonte: L'Ottimista, 10 Febbraio 2011

Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto e nove: ma sì, nella fotografia ci sono sette bambini, con la mamma e il papà. Sono tutti allineati sulla scalinata del Campidoglio, cioè del Parlamento di Richmond, capitale dello Stato della Virginia. Si chiamano così i Parlamenti americani, sia quello di Washington che quelli "locali" dei 50 Stati. Questa bella famiglia è venuta a trovare il papà che al Campidoglio è di casa, perché è il Procuratore Generale, ovvero il Ministro della Giustizia della Virginia: ogni Stato non solo ha il suo Campidoglio-Parlamento, ma anche i suoi Ministri.
Quarantenne, cattolico, Cavaliere di Colombo, repubblicano, nelle ultime settimane, il papà è balzato dalla pace della Virginia nel mare vertiginoso della politica americana nazionale. È sceso in campo per dimostrare che l'Obamacare, la legge di Riforma Sanitaria, dal lungo titolo ufficiale di "Legge per la Protezione dei Pazienti e per Cure a Prezzi Accessibili", viola la Costituzione. La Riforma Sanitaria è il fiore all'occhiello dell'Amministrazione Obama. È la Riforma delle Riforme, in cui Obama ha investito tutto il suo prestigio. Se crolla l'assistenza sanitaria, crolla tutta l'impalcatura del governo Obama. Alle elezioni di medio termine i Repubblicani hanno vinto proprio perché vogliono l'abrogazione della Legge. Il Ministro della Virginia è quindi diventato la star del Partito Repubblicano. Si chiama Kenneth Thomas Cuccinelli.  Noi facciamo il tifo per lui perché, con un nome così, è dei 'nostri', ma anche perché  –  senza entrare nel merito  – si sta dimostrando un brillante giurista, e poi perché non ha paura di essere "politicamente scorretto", e dice chiaro e tondo che i suoi sette figli sono "una benedizione della Provvidenza". Cuccinelli lotta a colpi di memorie e dissertazioni giuridiche e, prima di Natale, ha ottenuto una grande vittoria: un giudice gli ha dato ragione. Ma in un Paese come gli Stati Uniti, con 50 Stati e una miriade di tribunali, un giudice non fa primavera. Però Cuccinelli ha fatto di più. Cuccinelli ha trascinato i colleghi Ministri della Giustizia repubblicani di altri 26 Stati americani a ricorrere contro la Legge. Il risultato è stato che ora anche un altro giudice ha dato ragione alla coalizione dei 26. Altri due giudici, invece, avevano sostenuto la Legge di Riforma. Ma il punteggio è di 27 a 2. La Obamacare trema. Ma la contesa non finisce qui. Finirà alla Corte Suprema. Quando? Fra un paio d'anni, dicono. Cuccinelli, però, chiede "il rito abbreviato". Fotogenico, è sempre in televisione. Gli Americani incominciano a conoscerlo. Non fa parte del primo livello, e neanche del secondo, dei possibili candidati repubblicani alle elezioni presidenziali del 2012. Però, con un lancio così, tutto può essere.
Ma la critica della Riforma Sanitaria, firmata da Obama il 23 marzo 2010 e destinata ad essere pienamente attuata nel 2014, non rimane confinata a Cuccinelli e al mondo astratto dei giuristi. Almeno metà del popolo americano non la vuole. "La  battaglia - spiega Cuccinelli -  non è per l'assicurazione sanitaria, la battaglia è per la libertà". "Noi crediamo - dicono i Repubblicani - così come credevano i Padri fondatori della nostra Costituzione – nella ricerca della felicità. Ma la felicità dipende dalla libertà individuale e la libertà individuale è possibile solo con un sistema di governo limitato". Il governo fuori della sfera privata, l'individuo al primo posto e, semmai, i singoli Stati al secondo posto, il Governo federale, che sta a Washington, lontano terzo, autorizzato ad entrare in scena solo in casi eccezionali, espressamente stabiliti dalla Costituzione, uomini e donne padroni del proprio destino, senza interferenze da parte dello Stato: questo è il credo americano. È un credo così radicato che Obama non ha osato stabilire un sistema di medicina sociale gestito direttamente dallo Stato.  La sua riforma ha lasciato in piedi delle assicurazioni sociali già esistenti per alcune categorie e le assicurazioni private. L'85% degli Americani è già assicurato e soddisfatto della propria assicurazione. Attualmente, dunque, vige un sistema misto pubblico e privato. Già prima era di difficile gestione e ora, con le modifiche di Obama, è diventato una metastasi di divieti, e controdivieti, di eccezioni e controeccezioni, codificata in un testo  legislativo di 2700 pagine "che nessuno ha letto, approvato dal Senato in segreto – dice Cuccinelli – nel cuore della notte, contro la volontà del popolo americano manifestata nei sondaggi". Ma perché Obama ha voluto a tutti i costi la Riforma? Per spingere l'America verso un regime "socialista" che regola l'aspetto più intimo della vita della gente – la salute - dicono gli avversari, convinti che, prima o poi, lo Stato fagociterà tutto il sistema. Per diminuire i costi, impedire le frodi e gli sprechi dell'assistenza medica, ha detto Obama. E soprattutto per dare l'assicurazione ai 30 milioni di Americani (su 230 milioni) che l'assicurazione non ce l'hanno: un'intenzione che sembra così lodevole a molti italiani che non sanno come stanno esattamente le cose. Ebbene, è proprio per questi non-assicurati che Cuccinelli e gli altri 26 Ministri della Giustizia sono scesi in campo. Vogliono – anche se sembra un paradosso – difendere i cittadini dei propri Stati dall'assistenza sanitaria!
E vediamo chi sono questi 30 milioni. 10 milioni sono persone veramente bisognose: questi 10 milioni di persone avrebbero potuto essere facilmente assorbiti dal sistema vigente, dicono gli oppositori della Riforma. Ma il mirino è sui restanti 20 milioni. Questi sono giovani, sani, e hanno un reddito. Non sono assicurati perché non vogliono assicurarsi. "Quando ci ammaleremo, penseremo ad una assicurazione": così ragionano. Ma ora l'Obamacare li obbliga ad acquistare preventivamente, pagando di tasca propria, un'assicurazione medica. Perché preventivamente? Perché se si assicurasse solo chi è già malato, le compagnie di assicurazioni sarebbero costrette a praticare prezzi esorbitanti. Per Cuccinelli, per gli altri 26 Ministri della Giustizia e per i giudici che hanno accolto il ricorso, quest'obbligo di assicurarsi è la norma più chiaramente anticostituzionale (altre norme  anticostituzionali non mancano) dell'Obamacare.
L'Amministrazione Obama ha sancito l'obbligo sulla base di una clausola della Costituzione americana che dà al governo federale il potere di regolare il commercio degli Stati. L'acquisto di una polizza assicurativa è, secondo l'Amministrazione Obama, una forma di commercio perché il numero degli acquisti influisce sui prezzi e quindi il governo federale può imporre l'obbligo di partecipazione, con multe agli inadempienti. Ma l'obbligo di comprare qualcosa non è mai esistito nella Costituzione e poi non si vede come il non–acquisto, cioè la non-attività, possa essere perseguibile, hanno sostenuto i due giudici favorevoli a Cuccinelli e agli altri Ministri degli Stati. Se l'obbligo stabilito dall'Obamacare fosse confermato, non ci sarebbero più limiti al potere governativo, hanno concluso i giudici. Il giudice che ha deciso il ricorso di Cuccinelli ha dichiarato nulla solo la parte dell'Obamacare che riguarda i non-assicurati, ma ha lasciato intatte le altre disposizioni. Il giudice che ha accolto il ricorso degli altri 26 Ministri della Giustizia, invece, è andato oltre. Ha dichiarato nulla ed anticostituzionale tutta l'Obamacare. Ha paragonato le 2700 pagine della Legge a un orologio di precisione con tante rotelline in movimento, e ha detto che era impossibile per lui distinguere quelle che avrebbero potuto girare da sole e quelle inserite inestricabilmente nel movimento generale. Ha ritenuto quindi, che la decisione dovesse necessariamente riguardare la Legge nella sua interezza e ha bocciato tutta l'Obamacare. Il giudice Roger Vinson, della Florida, ha costellato la sua sentenza di riferimenti alla famosa rivolta del tè di Boston del 1773, il primo atto della Guerra d'Inpendenza contro gli Inglesi, quando i coloni americani gettarono in mare le casse di tè arrivate dalla Madre Patria perché non volevano essere costretti a comprarle. Il giudice ha sottolineato l'ironia di una Legge americana, l'Obamacare, che contraddice i principi di libertà commerciale su cui si fonda la nascita stessa dell'America.
È una sentenza elegante, ma complessa così come sono complesse le sue infinite ramificazioni. In attesa della sentenza definitiva, della Corte Suprema, è merito di Cuccinelli aver spiegato i termini della questione. Gli americani vogliono essere informati, vogliono sapere. Gli elettori che a novembre hanno dato una maggioranza repubblicana alla Camera stanno a guardare, e a loro non piace quello che fa la vecchia guardia repubblicana che, secondo gli elettori di novembre, ha già elargito gratuite concessioni a Obama.  Ma Cuccinelli viene dalla lontana Virginia, è nuovo, non fa parte dell'establishment. Preparato, concreto, deciso -  non dimentichiamo che a casa, deve tenere testa a sette ragazzi – non è incline al compromesso. Ha preso posizione, sempre in modo chiaro e netto, su vari aspetti della politica dentro e fuori dell'Obamacare, primo fra tutti l'aborto che, dal 1973 è legale negli Stati Uniti. Ma Cuccinelli si batte per scoraggiarne la pratica. Nominato per questo "Legislatore dell'Anno" nel 2008, Cuccinelli sta acquistando un  sempre più visibile profilo nazionale. In questo momento drammatico all'interno e all'estero, l'America ha bisogno di lui. Il "processo breve" che Cuccinelli vuole per  l'Obamacare, ci vuole anche per lui. È la "corsia preferenziale" per il 2012.

Fonte: L'Ottimista, 10 Febbraio 2011

4 - CON CHE DIRITTO SFILA PER LA DIGNITA' DELLA DONNA CHI E' PER IL DIVORZIO E L'ABORTO? E CHE DICE CHE LA VERITÀ, ANCHE QUELLA MORALE, NON ESISTE?
Lo slogan è ''Se non ora, quando?'' Allora chiediamo: perché non ieri? Perché non all'epoca del parlamento con Cicciolina, Moana, Marrazzo, Luxuria, Vendola? Perché non dicono nulla sui gay pride, con uomini e donne mezzi nudi in atteggiamenti apertamente immorali? La vera protesta è non avere la tv in casa!
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Libertà e Persona, 16/02/2011

Tantissima gente, donne e uomini, è scesa domenica in piazza, a manifestare contro la violazione della dignità delle donne. Come cattolico, non posso che condividere. E' ora di dire basta a quest'immagine della femmina come un oggetto di piacere. Donne nude sulle copertine dei settimanali, veline, letterine, meteorine, e chi più ne ha più ne metta, a cui viene chiesto solo di mostrare le cosce, il sedere ed il seno, pensando evidentemente non possano fare altro. Da decenni! La televisione è piena ogni giorno di questi spettacoli. Di donne che devono ammiccare, sorridere, esporre la "merce", e null'altro. Persino per venderti una macchina, un biscotto, o qualsiasi cosa, una donnina mezza svestita, a latere, torna comoda. E' soprattutto per questo che non possiedo neppure una televisione. Manifesto così ogni giorno, a modo mio, contro la violazione della dignità femminile. Contro il pansessualismo imperante. D'accordo dunque con lo scopo dichiarato, della manifestazione. Ma contrarissimo, direi disgustato, per la manifestazione stessa. Perché? "Se non ora, quando?", si sono chiesti gli organizzatori. Io invece mi chiedo: perché non ieri, né l'altro ieri, né mai, ma solo "ora"? Vuoi vedere che "ora" sì e ieri no, perché "ora" c'è un fine molto concreto, direi immediato, da raggiungere? Vuoi vedere che c'entra ancora una volta la politica ipocrita? Cosa è successo di nuovo, "ora"? Berlusconi ha dimostrato una pessima concezione della bellezza femminile? E' questo che ha svegliato un milione di persone? Non si erano accorti di nulla, prima? L'Italia è un paese in cui la dignità delle donne è minacciata da un unico, malvagio, satanico, personaggio? La moralizzazione della società passa dall'additare un Unico, Grande, Immenso, Mitizzato Nemico da crocifiggere? Veramente il problema è tutto qui? Veramente i manifestanti portavano nel cuore anzitutto il pudore, la purezza, la famiglia ecc.? Sarebbe bello davvero. No, troppe cose, nella manifestazione di domenica, non tornano. Certamente ci sarà chi ha manifestato con un solo nobile scopo, quello dichiarato ufficialmente. Ma in troppi hanno colto la palla al balzo, per "buttarla in politica"; per aizzare l'odio fazioso; per raggiungere, con la piazza, il potere che non riescono ad ottenere tramite libere e democratiche elezioni. Perché solo "ora", dunque? Perché non all'epoca di Cicciolina, la pornostar portata in Parlamento col plauso di Emma Bonino, attuale vice presidente del senato in quota PD? In Parlamento, si badi, non nonostante il suo mestiere, ma proprio in nome di esso. Perché non quando fu fondato il "partito dell'amore" con la pornostar Moana Pozzi? Perché non per contrastare le campagne mediatiche sozze del radicale Toscani o di tanti altri? Perché non al tempo, molto recente, di Marrazzo, presidente Pd del Lazio, due mogli, transessuali e cocaina con l'auto blu? O dopo l'affare Delbono, o dopo l'elezione di Vladimir Luxuria, icona della sinistra libertaria? Perché non all'epoca delle escort dell'assessore pugliese, membro della giunta del sessualmente "liberissimo" Vendola? E soprattutto: perché tra i manifestanti, spesso alla loro testa, certe persone? Magari le stesse che sfilano ogni anno ai gay pride, tra persone mezze nude, frustini sadomaso, donne e uomini in tanga o in atteggiamenti apertamente immorali? La sinistra, i giornali, i politici, hanno soffiato, diffuso, sponsorizzato la manifestazione di domenica, come abili pifferai. Ma è proprio la loro presenza, il loro entusiasmo, a svelare l'inganno. Con che diritto sfilano per la dignità delle donna molti degli stessi e delle stesse che hanno sempre urlato che "il corpo è mio e lo gestisco io"? Che la famiglia è "una camera a gas"? Che il divorzio e l'aborto sono "diritti" e "conquiste civili"? Che la verità, anche quella morale, non esiste? Con che diritto sfilavano con la sciarpa bianca quelle femministe che solo pochi anni fa scrivevano che "verginità, fedeltà, castità, non sono virtù, ma vincoli per costruire e mantenere la famiglia… siamo contro la famiglia" (Carla Lanzi, "Rivolta femminile", 1970)? Una classe politica di sinistra cresciuta nel mito sessantottardo del "libero amore", del "vietato vietare", della pornografia libera; che ha sponsorizzato lo spinello libero, l'aborto libero, una educazione sessuale nelle scuole che riduce l'amore al sesso e a tecniche contraccettive; che vuole il matrimonio tra gay e propone che un figlio possa tranquillamente crescere senza una madre; che ha fatto di tutto per imporre i Dico, cioè il "matrimonio" che si fa e che si disfa in un giorno. Una classe politica di sinistra che si batte per il divorzio sempre più breve, nonostante i divorzi siano quadruplicati in 30 anni; che difende la fecondazione eterologa, cioè con seme altrui; che non ostacola ma talora sponsorizza la clonazione umana; che utilizza come icone, nella campagna contro la legge 40, la Bellucci e la Parietti; che quando il papa parla contro il relativismo urla alla ingerenza e dichiara che "nessuno ha il diritto di frugare sotto le lenzuola"… Può veramente fingere, questa gente, di essere diventata, all'improvviso, bacchettona e moralista?

Fonte: Libertà e Persona, 16/02/2011

5 - LE FEMMINISTE PROTESTANO CONTRO SE STESSE E LA LORO RIVOLUZIONE SESSUALE
Dopo che per anni hanno propagandato il sesso pre ed extramatrimoniale, il sesso adolescenziale, la sessualità liberata dal peso della fecondità, il sesso sulle copertine, nel cinema, nelle scuole coi distributori di preservativi, fuori dalle scuole con le prescrizioni a catena di pillole del giorno dopo, ecc.
Autore: Renzo Puccetti - Fonte: Libertà e Persona, 12/02/2011

Provate ad andare su un qualsiasi motore di ricerca della rete, cliccate sulla funzione 'ricerca immagini' e digitate 'femministe' sulla vostra tastiera.
Troverete una sfilza di foto ottenute in tempi e luoghi diversi, il simbolo più ricorrente sono le mani unite a mimare l'organo genitale femminile, ma non mancano i seni al vento.
Ricordo ancora una puntata del Maurizio Costanzo Show, il programma condotto dal campione della tolleranza ideologica, in cui una prostituta fu invitata ad illustrare la sua scelta. Mi ricordo il senso delle sue parole: perché rinunciare ad un mestiere che le consentiva di guadagnare in una sola serata il corrispettivo di un intero usurante mese di lavoro come operaia?
Perché sfiancarsi ad accudire marito e figli, quando invece il mestiere di prostituta la metteva in contatto con personaggi importanti e facoltosi?
Un unico filo comune lega quelle rivendicazioni femministe alla scelta della prostituta sotto i riflettori: l'autodeterminazione, quello stesso principio espresso nell'arcaico slogan "il corpo è mio e lo gestisco io".
L'apparato mediatico e ideologico relativista ha per decenni sostenuto in tutte le salse quel principio di autodeterminazione sciolto da ogni istanza veritativa pervicacemente negata in tutte le circostanze: non esiste né vero, né falso, ma solo opinioni, il bene di un'azione non consiste nel contenuto della scelta, ma nella libertà di effettuare la scelta.
Per anni si sono adoperati per accreditare il sesso pre ed extramatrimoniale, il sesso adolescenziale, l'educazione alla sessualità liberata dal peso della fecondità, il sesso sulle copertine, il sesso nel cinema, il sesso in ogni spazio. Sesso nelle scuole coi distributori di preservativi, fuori dalle scuole con le prescrizioni a catena di pillole del giorno dopo, nemmeno la consacrazione religiosa doveva restarne immune; il celibato ecclesiastico è sempre stato giustamente percepito come una silenziosa, intollerabile testimonianza vivente del credere nel regno dei cieli.
 Il corpo delle donne dal '68 della rivoluzione sessuale è stato fino ad oggi esposto per sottrarlo al pudore, ritenuto segno di sottomissione all'oppressione della società dei maschi.
Oggi le donne scendono in piazza per protestare a difesa della loro dignità che dicono essere stata sfregiata. Verrebbe da dire 'finalmente!'; hanno capito che non può esserci vera libertà senza verità? Hanno compreso che uomo e donna hanno una dignità grande rispettata da certe azioni e violata da altre?
Avranno cominciato a comprendere che esiste un significato intrinseco proprio di un'azione, che esso non necessariamente corrisponde a quello attribuito dall'intenzione, che fare sesso non è lo stesso che fare l'amore, quello vero, quello che vuol dire voglio il tuo bene donandomi tutto a te e prendendo tutta te, ora e per sempre?
Con un po' di ottimismo se la manifestazione di oggi fosse sincera ci si potrebbe aspettare di vedere sventolare i librettini della lettera apostolica di Papa Giovanni Paolo II 'Mulieris dignitatem' e persino osare sperare di vedere i cortei trasformarsi in processioni.
E invece niente di tutto questo accadrà. Oggi si manifesterà avendo nel cuore lo stesso principio di autodeterminazione delle femministe di quarant'anni fa, le più giovani delle quali oggi sono nonne: del proprio corpo la donna può farci quel che vuole, tutto va bene, ogni cosa è lecita, basta che non lo conceda al cavaliere.

Fonte: Libertà e Persona, 12/02/2011

6 - E' GIUSTO O NO TRATTARE CON I DITTATORI DEL NORDAFRICA E DEL MEDIO ORIENTE: GHEDDAFI, BEN ALI, NGUEMA E GLI ALTRI?
E inoltre: va bene che l'ONU permetta di partecipare ai consigli per i diritti umani Egitto, Arabia Saudita, Iran, Libia, Sudan, ecc.?
Autore: Anna Bono - Fonte: La Bussola Quotidiana, 07-02-2011

Nelle analisi riguardanti le rivolte popolari che stanno avvenendo in Nordafrica e Medio Oriente, il fatto che le democrazie occidentali, Italia inclusa, intrattengano rapporti economici e diplomatici con questi governi nordafricani e mediorientali è stato indicato come un fattore determinante del persistere di regimi che altrimenti avrebbero da tempo perso consenso e seguito. Al di là dell'uso strumentale di chi, volendo dimostrare il fallimento del modello occidentale, spiega qualsiasi evento negativo come effetto di decisioni prese appunto in Occidente, come comportarsi per non facilitare la vita ai leader autoritari e corrotti è una questione reale e urgente.
Il primo problema con i dittatori è poterli classificare come tali. In Libia, per esempio, non si vota e Muhammar Gheddafi è al potere dal 1969, anno del colpo di stato che rovesciò re Idris. Analogo è il caso dell'Eritrea, mai andata alle urne da quando nel 1993 ottenne l'indipendenza dall'Etiopia e la leadership venne assunta da Isaias Afewerki, tuttora al potere.
Ben Ali, presidente della Tunisia in esilio dal 14 gennaio, ha guidato il suo Paese per 24 anni, a partire dal 1987. Considerando gli altri leader oggi minacciati dalle rivolte del pane, Hosni Mubarak, in Egitto, è presidente dal 1981, e in Yemen Ali Abdullah Saleh lo è dal 1978. Ma tutti e tre sono stati più volte eletti, nel corso di votazioni il cui esito è stato accettato dalla comunità internazionale, ottenendo ampie percentuali di consensi: Ben Ali, ad esempio, nel 2009 è stato riconfermato con l'89% dei voti. Come i loro, ormai quasi tutti i regimi autoritari sono in effetti dissimulati dall'adozione di istituzioni democratiche, per quanto di fatto snaturate: un parlamento, un consiglio dei ministri, un dettagliato protocollo che regola le operazioni di voto... alcuni, come il Rwanda, hanno persino introdotto quote rosa che garantiscono una consistente rappresentanza politica femminile.
Sapere che le elezioni sono invalidate dai brogli e dalle sistematiche intimidazioni della popolazione e che il controllo dell'apparato statale serve a disporre delle risorse nazionali a propria discrezione non vale a mettere fuori legge i leader che approfittano delle istituzioni democratiche per conquistare il potere e conservarlo a oltranza: non finché manca un'opposizione interna in grado di contrastarli.
Tollerare i dittatori e accettare di trattare con loro alleanze politiche e scambi economici può contribuire alla stabilità dei loro regimi. Altra cosa però è legittimarli pienamente e questo invece accade di continuo.
A fine gennaio la XVIa sessione plenaria dell'Unione Africana, il massimo organismo panafricano, ha eletto come proprio presidente per il 2011 Teodoro Obiang Nguema, presidente della Guinea Equatoriale dal 1979 grazie a un colpo di stato. Nguema non soltanto è un dittatore, malgrado i confronti elettorali che nel 2009 lo hanno riconfermato con il 95% dei voti, ma è un dittatore noto per la brutalità con cui reprime il dissenso interno e per la spregiudicatezza con cui amministra le risorse nazionali: che sono cospicue poiché la minuscola Guinea Equatoriale è uno dei maggiori produttori di petrolio dell'Africa subsahariana. Grazie al petrolio il paese vanta uno dei PIL più elevati del continente africano. Ma la popolazione manca di acqua potabile, luce elettrica, servizi di base e per l'80% vive con meno di un euro al giorno poiché i proventi del petrolio finiscono quasi interamente nelle avide mani del presidente, della sua famiglia e di una ristretta cerchia di sostenitori.
Se un dittatore può diventare presidente di turno dell'Unione Africana, forse più grave ancora, in termini di legittimazione, è quanto avviene alle Nazioni Unite dove personaggi come Nguema hanno facoltà di influenzare le sorti del pianeta. Possono farlo in Assemblea Generale, le cui risoluzioni se non altro non sono vincolanti; e possono farlo quando occupano un seggio temporaneo in Consiglio di Sicurezza. Inoltre i loro paesi entrano regolarmente a far parte dei comitati direttivi delle agenzie ONU. Nel 2010 nel Consiglio per i diritti umani figuravano ad esempio Egitto e Arabia Saudita e per poco, qualche settimana fa, l'Iran non veniva inserito nell'Executive Board dell'UN Women, la nuova agenzia dedicata alla promozione della condizione femminile. Il peggio probabilmente si è avuto nel 2003 quando la Commissione per i diritti umani, poi sostituita dal Consiglio, fu presieduta dalla Libia e ne fecero parte tra gli altri Togo, Gabon, Algeria, Sudan, Zimbabwe e Cuba.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 07-02-2011

7 - GLI STUDENTI BRITANNICI SARANNO QUOTIDIANAMENTE BOMBARDATI DA ESPLICITI RIFERIMENTI ALL'OMOSESSUALITA', PERFINO DURANTE LE LEZIONI DI MATEMATICA, GEOGRAFIA E SCIENZA
Il governo inglese promuove il lavaggio del cervello dei ragazzi finalizzato a distruggere l'idea che esista un comportamento sessuale normale
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: Cultura Cattolica, 6 febbraio 2011

Cosa c'entra l'omosessualità con la matematica, la geografia o la scienza? Questa domanda se l'è posta Melanie Phillips, intelligente e prestigiosa giornalista britannica, in un articolo pubblicato sul quotidiano Daily Mail il 24 gennaio 2011. Il titolo di quell'articolo è di per sé assai eloquente: E' vero che i gay sono stati spesso vittima del pregiudizio, ma ora rischiano di diventare i nuovi McCarthy.
Gli studenti britannici saranno quotidianamente bombardati da espliciti riferimenti all'omosessualità, durante le lezioni di matematica, geografia e scienza, grazie ad un'iniziativa sponsorizzata dal Governo, e finalizzata all'introduzione della «gay agenda» nei programmi scolastici.
In geografia, per esempio, gli studenti verranno stimolati a considerare quali siano le motivazioni che spingono gli omosessuali a trasferirsi dalla campagna alla città, ed a studiare alcuni particolari fenomeni sociologici, come quello che ha determinato la trasformazione del quartiere Castro di San Francisco, da sobborgo operaio irlandese degli anni '60, al primo «gay neighbourhood» (sobborgo gay) del mondo.
In matematica, poi, gli studenti dovranno imparare pure a tener conto, nei calcoli di statistica sul censimento, del numero degli omosessuali presenti nella popolazione. Dato che l'iniziativa coinvolge anche le scuole elementari (dall'età di quattro anni in su), per i più piccoli verranno utilizzati personaggi omosessuali nei problemini matematici.
Per quanto riguarda la scienza, verranno ovviamente studiati i presunti fenomeni di omosessualità in natura, con particolare riguardo ai «pinguini imperatore» ed agli «orsi marini», e dovranno essere stimolate discussioni in classe sulle differenti strutture di coppia nel mondo animale, comprese le coppie dello stesso sesso. Per i più piccini, verranno introdotte idonee letture sul tema, anche attraverso la promozione di libri come And Tango Makes Three, la storiella di due pinguini omosessuali che allevano un cucciolo.
Durante le lezioni di disegno e tecnica, invece, gli studenti saranno stimolati a realizzare simboli legati al movimento per i diritti omosessuali.
Gli insegnanti di inglese dovranno invece promuovere un'idonea conoscenza del «LGBT vocabulary», il linguaggio del mondo Lesbian, Gay, Bisexual and Transexual, e dovranno anche tener conto di personaggi omosessuali quando agli studenti verrà chiesto inscenare una recita teatrale.
Melanie Phillips prende sul serio i rischi derivanti da questa bislacca iniziativa, per la quale sostiene ci sia «ben poco da ridere» («alas, this gay curriculum is no laughing matter»).
«Per quanto possa sembrare assurda», precisa la giornalista, «questa iniziativa rappresenta l'ultimo tentativo di lavaggio del cervello dei ragazzi attraverso una propaganda camuffata da educazione». E l'affondo si fa ancora più duro quando afferma che siamo di fronte ad un «abuse of childhood», un vero e proprio abuso minorile. «Si tratta», spiega la Phillips, «della solita implacabile e spietata campagna promossa dalla lobby per i diritti dei gay, finalizzata a distruggere la stessa idea che possa esistere un comportamento sessuale normale».
Esiste oggi, in realtà, un preciso e sistematico progetto culturale da parte delle lobby omosessuali, il cui dichiarato intento è quello di penetrare profondamente nella mentalità comune. Ne è prova l'intervista rilasciata poco tempo fa al quotidiano The Sun da Phil Collinson, il produttore televisivo gay della più famosa e seguita soap opera britannica, Coronation Street, che va in onda tutti i lunedì sera. Collinson ha dichiarato senza mezzi termini in quell'intervista, la precisa intenzione di utilizzare la sua fiction televisiva come «a platform for pushing homosexual issues», uno strumento per la promozione delle tematiche omosessuali. Nella trama della soap opera, infatti, vengono inserite con assoluta normalità anche coppie conviventi dello stesso sesso e personaggi gay, come quello di una ragazza cristiana coinvolta in un rapporto lesbico, giusto per dimostrare che non vi è incompatibilità tra fede ed omosessualità.
Interessanti le osservazioni di Mr. Collinson nella sua intervista: «Ciò che viene trasmesso lunedì sera, il giorno dopo diventa oggetto di discussione della gente comune al pub, al club, o sul posto di lavoro». «In questo modo», precisa il produttore, «è davvero possibile modificare la mentalità delle persone, adeguandola alla sensibilità gay».
In questo progetto di lenta penetrazione culturale, la scuola britannica è diventata un'altra "casamatta" gramsciana, conquistata dal potere delle lobby gay.
Come ricordava la Phillips nel suo articolo per il Daily Mail, non molto tempo fa fu ingaggiata un'epica battaglia politica sull'opportunità di inculcare negli studenti l'idea il comportamento omosessuale fosse assolutamente normale. La battaglia sull'articolo 28, come venne denominata, finì con l'abrogazione del divieto di promuovere l'omosessualità nelle scuole. Oggi, la promozione di quell'orientamento sessuale sta diventando parte delle materie d'insegnamento. Sembra quindi confermarsi la fondatezza di un vecchio adagio secondo cui ciò che un tempo è vietato diventa prima tollerato e poi obbligatorio. Il punto è che, sempre secondo Melanie Phillips, «i valori una volta considerati pilastri morali della società britannica, ora sono ritenuti impresentabili», e così «quell'atteggiamento di benevola comprensione nei confronti di una piccola minoranza sessuale a volte vittima di forme di discriminazione, ora si è tramutato in una sorta di bigotteria al contrario», per cui «esprimere concetti che ieri costituivano comuni norme morali, oggi rischia di essere non solo socialmente inaudito, ma anche vietato per legge».
Destano, infatti, un certo allarme gli episodi, sempre più frequenti, d'intolleranza nei confronti, in particolare, dei cristiani, ai quali viene negato il diritto di esprimere tutta la propria convinta contrarietà a quello che ritengono essere un peccato mortale, una grave forma di disordine morale, ed un atto contro natura. Così, con il pretesto di combattere l'omofobia, e grazie al braccio armato della legge, i cristiani rischiano di diventare oggetto di una vera e propria campagna discriminatoria.
Non poteva essere più azzeccato il paragone proposto dalla Phillips a conclusione del suo articolo: «La potentissima lobby gay («all-powerful gay rights lobby») deve stare attenta, poiché rischia di trasformare gli omosessuali da vittime del pregiudizio, a fanatici instauratori di un nuovo maccartismo britannico». Sagge parole.

Fonte: Cultura Cattolica, 6 febbraio 2011

8 - LA PAROLA ''CRISTIANI'' E' UN TABU' PER I MINISTRI DEGLI ESTERI DELL'UNIONE EUROPEA
Il Consiglio dei capi delle diplomazie europee non è riuscito a varare un documento critico nei confronti delle violenze contro i cristiani da Alessandria d'Egitto all'Iraq fino al Pakistan
Fonte Corrispondenza Romana, 5/2/2011

Durante la loro riunione del 1 febbraio, i ministri degli Esteri dell'Unione Europea non sono riusciti a trovare un accordo su un testo comune a difesa della libertà religiosa a causa del mancato riferimento esplicito alle comunità cristiane e hanno quindi deciso di rinviare la questione a una prossima riunione del Consiglio.
La parola "cristiani" appare come un tabù impronunciabile per il Consiglio dei capi delle diplomazie dei Ventisette, che non è riuscito a varare un documento critico nei confronti delle violenze contro i cristiani da Alessandria d'Egitto all'Iraq fino al Pakistan. Soltanto l'Italia aveva insistito perché la parola "cristiani" fosse citata esplicitamente, scontrandosi con il muro eretto dalla gran parte degli altri ministri. «Oggi è stata scritta una pagina non bella» ha dichiarato il 1 febbraio il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini.
L'iniziativa di far mettere la questione all'ordine del giorno della riunione a Bruxelles del 6 febbraio era stata proprio del ministro Frattini, che è stato poi spalleggiato dai colleghi francese e polacco, come lui preoccupati anche di non infliggere un vistoso affronto plateale alle richieste approvate a larghissima maggioranza nei giorni scorsi prima dall'Europarlamento e poi rafforzate ancora dall'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, massima organizzazione del nostro continente per la difesa dei diritti umani.
«L'Europa – ha dichiarato Frattini al termine della riunione dei ministri degli esteri della UE – ha dimostrato ancora una volta che questo laicismo esasperato è certamente dannoso per la sua stessa credibilità». Altrettanto forti le parole pronunciate ieri da mons. Rino Fisichella, responsabile della Santa Sede per la promozione della nuova evangelizzazione, secondo cui «ormai si è convinti, con lady Ashton, che il nome "cristiano" non possa entrare in una risoluzione. Del resto "nomen, omen": sempre di cenere si tratta» ha dichiarato l'alto prelato con un gioco di parole tra il nome Ashton e la parola "ash", che in inglese significa "cenere".
«Ci siamo trovati davanti a un testo su cui avevamo lungamente discusso con i ministri del Ppe – ha affermato ancora Frattini – e riteniamo indispensabile che si menzionino le comunità cristiane e una larghissima maggioranza dei Paesi aveva condiviso la mia proposta di menzionare gli attentati terroristici contro le comunità cristiane e contro quella sciita a Kerbala»; ma era necessaria l'unanimità e, alla proposta italiana di modificare la bozza di dichiarazione, ha aggiunto il Ministro, «un certo numero di Paesi ha votato contro, scontatamente come il Lussemburgo e il Portogallo, e altri, come Irlanda e Spagna, sorprendentemente: a questo punto ho chiesto e ottenuto che il testo fosse ritirato».
Per Luca Volonté, relatore della Raccomandazione del Consiglio d'Europa su "La violenza contro i cristiani in Medio Oriente", le difficoltà della UE nascono da tre elementi: anzitutto, un problema culturale: vediamo ora quali siano le conseguenze di non aver voluto nella Costituzione il riferimento alle radici cristiane dell'Europa, la mancanza di consapevolezza della propria identità rende incapaci di confrontarsi con i problemi veri.
In secondo luogo c'è l'opposizione attiva di alcuni Paesi guidati da governi laicisti, Spagna in testa ma anche il Portogallo, che per un pregiudizio ideologico non vogliono prendere la parte dei cristiani. Infine, buona parte la dobbiamo a Lady Ashton, il responsabile Ue per la politica estera.

Fonte: Corrispondenza Romana, 5/2/2011

9 - 400MILA CONTRO L'ABORTO NELLA ''MARCH FOR LIFE'' A WASHINGTON, SOPRATTUTTO GIOVANI
I Repubblicani promettono il blocco dei fondi federali al Planned Parenthood, la più potente tra le lobby contro la vita, nonché la più grande rete di cliniche abortive
Autore: Luca Marcolivio - Fonte: L'Ottimista, 26 Gennaio 2011

Il 22 gennaio è una triste ricorrenza per il diritto alla vita. Fu proprio in quella data che 38 anni fa, nel 1973, la Corte Suprema emetteva la storica sentenza Roe v. Wade che depenalizzava l'aborto negli USA. Dai primi anni '70, dunque, negli Stati Uniti, il confronto tra pro-life e pro-choice è più acceso che in ogni altra parte del mondo. Vuoi per la grande libertà di pensiero che da sempre caratterizza l'America, vuoi perché, a differenza della maggior parte delle legislazioni europee, l'aborto non è stato approvato per via parlamentare, pertanto rimane più che aperto il dibattito sulla sua legittimazione popolare.
Ciò spiega il perché delle forti dicotomie esistenti tra chi, in nome della sacralità della vita, vorrebbe arrivare a rovesciare la Roe v. Wade e chi, al contrario, la considera fin troppo restrittiva della libertà delle donne. Su questo tema, tra gli americani, la neutralità è pressoché bandita e i toni sono quasi sempre coloriti ed appassionati.
In nessun paese come negli Stati Uniti il fronte dell'opposizione all'aborto (come pure all'eutanasia e alle varie forme di fecondazione assistita) è così organizzato ed agguerrito. Al punto che, già il 22 gennaio 1974, primo anniversario della Roe v. Wade, si era tenuta a Washington la prima March for Life, alla quale sfilarono circa 20mila manifestanti. L'appuntamento con la Marcia per la Vita si è ripetuto ogni anno con una partecipazione sempre crescente: l'ultima edizione (slittata a lunedì 24 gennaio, poiché quest'anno l'anniversario cadeva in un giorno festivo) ha portato a Washington ben 400mila persone provenienti dagli USA e da tutto il mondo. Un dato assolutamente coerente con l'epocale cambiamento di mentalità che ha segnato l'ultimo decennio: se nel 2001 negli Stati Uniti la percentuale dei favorevoli all'aborto era pari al 47% a fronte di un 42% di contrari, oggi lo scenario si presenta rovesciato, con un 50% di pro-life ed un 42% di pro-choice. Ci sono però numeri preoccupanti che vanno in tutt'altra direzione: nel 2008 si è registrato un lieve aumento della pratica abortiva (19,6 interruzioni di gravidanza ogni 1000 donne tra i 15 e i 44 anni, contro le 19,4 del 2005), invertendo la tendenza positiva che durava dall'inizio degli anni '90. Un fenomeno che, secondo la maggior parte degli analisti, è da imputare alla crisi economica.
La trentottesima edizione della March for Life si è aperta all'alba di lunedì con la Santa Messa celebrata allo stadio del Verizon Center, cui hanno partecipato 27mila giovani pro-life: praticamente il tutto esaurito. I manifestanti rimasti senza biglietto hanno dovuto così 'ripiegare' su un'altra celebrazione organizzata dall'arcidiocesi di Washington nell'edificio dell'Armeria della capitale statunitense, senza contare le altre sei messe celebrate in città in occasione dell'evento.
Sfidando il gelo invernale i dimostranti hanno percorso svariati chilometri per concludere il corteo proprio davanti alla Corte Suprema, dove molti di loro si sono fermati in preghiera. La March for Life è da sempre un evento aconfessionale, in grado di coinvolgere laici, cattolici, evangelici, ortodossi, ebrei. Rimane però, a suo modo, un'iniziativa intrisa di profonda religiosità, com'è nello stile degli americani e così vediamo la maggior parte dei manifestanti invocare apertamente Dio e pregare: per i 50 milioni di nascituri abortiti dal 1973 ad oggi, per le loro madri, per i medici che praticano l'aborto, per i politici e i giudici che lo sostengono. La manifestazione si è svolta, come sempre, pacificamente e in allegria: il freddo polare che attanaglia Washington è in contrasto con lo straordinario calore umano che si respira tra i manifestanti. È tutto un pullulare di cartelli e di slogan. C'è chi proclama: Sono stato adottato, non abortito; c'è chi stigmatizza le politiche anti-vita della Casa Bianca: Stop all'agenda abortista di Obama. La scritta più toccante è tuttavia Mi pento del mio aborto, in mano a donne destinate a diventare le testimonial più emblematiche della manifestazione. Tra i manifestanti tantissimi giovani, persino bambini, a riprova di come il rispetto per la vita dal concepimento alla morte naturale è un valore che si può apprendere ed assimilare sin da piccoli.
Quest'anno la March for Life ha assunto connotazioni politiche particolarmente incisive: la vittoria dei repubblicani e la netta maggioranza da loro ottenuta alla Camera dei Deputati – grazie all'apporto decisivo del Tea Party - ha orientato il parlamento in chiave decisamente pro-life, con prospettive interessanti sul piano legislativo. Il capogruppo dei Repubblicani alla Camera, Eric Cantor, deputato della Virginia, ha proclamato: "Contro la volontà dei cittadini, i Democratici si sono avventurati in un'agenda che ci costringe a pagare le tasse per finanziare l'aborto e la ricerca sulle cellule staminali embrionali e hanno persino tentato di abrogare il diritto all'obiezione di coscienza per gli operatori sanitari". Il cambio di maggioranza nel ramo più affollato del parlamento di Washington, potrebbe limitare questa deriva ultraliberal, in primo luogo bloccando i fondi pubblici per l'aborto. "Alla Casa Bianca e in Senato la strada è in salita (lì i Democratici mantengono la maggioranza, ndr) – ha aggiunto Cantor – ma vi prometto una cosa: la Casa della Gente si batterà per la vita e faremo qualunque cosa in nostro potere perché i nostri valori si traducano in norme di legge". Il fronte degli oppositori all'aborto è tuttavia trasversale: "Se vogliamo cambiare la vita di questo Paese – ha dichiarato Daniel Lipinski, deputato democratico dell'Illinois – abbiamo bisogno di esponenti pro-life in entrambi i partiti".
Nel mirino dei pro-life c'è soprattutto Planned Parenthood, la più potente tra le lobby del controllo delle nascite, nonché la più grande rete di cliniche abortive degli USA. Lo scorso anno Planned Parenthood ha ricevuto fondi per ben 363 milioni di dollari dall'amministrazione Obama. Un disegno di legge lanciato dal deputato repubblicano Michael Pence mira tuttavia a tagliare ogni forma di finanziamento pubblico all'organizzazione.
Nei prossimi mesi il dibattito sull'aborto si preannuncia incandescente, tanto è vero che molti repubblicani lo considerano addirittura l'obiettivo numero uno della loro agenda: anche questo è un segno dei tempi.

Fonte: L'Ottimista, 26 Gennaio 2011

10 - IL CRITERIO PER LEGGERE CORRETTAMENTE IL CONCILIO VATICANO II E' LA TRADIZIONE ININTERROTTA DELLA CHIESA
Dire che il Vaticano II ha una natura pastorale non è squalificare il concilio, ma leggerlo come volle Giovanni XXIII e così confermò Paolo VI
Autore: Serafino Lanzetta - Fonte: Corrispondenza Romana, 18 Gennaio 2011

Carissimo P. Giovanni,
la ringrazio per la lettera aperta che ha voluto indirizzarmi, la quale mi dà modo di approfondire i temi a cui allude e di spiegarmi meglio. Non dico che la rottura è stata causata dal Concilio: per sé il Vaticano II non può causare la rottura e la continuità allo stesso tempo, «per la contraddizion che nol consente».
Dico che alcuni teologi hanno letto i testi come rottura e altri nella continuità. Questo evidenzia due cose: 1) che si danno due letture teologiche del Concilio (contraddittorie) per il fatto che i testi si lasciano leggere in modo duplice, dato il loro tenore fontalmente pastorale e non definitorio; 2) questo richiede, pertanto, un criterio ermeneutico a priori corretto per leggere, di conseguenza, correttamente il Concilio: questo criterio è la Tradizione ininterrotta della Chiesa.
Quando viene espunta la Tradizione si verifica la rottura. Porto un esempio recente. Il padre Paolo Cortesi, missionario passionista in Bulgaria, esultava sul suo blog (cf. http://cosebulgare.blogspot.com/2010/12/e-arrivato-il-vaticano-ii-finalmente.html), perché finalmente era giunta in Bulgaria la traduzione dei documenti del Vaticano II. E fin qui tutto bene. Ma, il motivo vero della sua esultanza, consisteva nel fatto che, dopo l'affaccendarsi critico-conservatore di chi pretende di buttare il Concilio nel Tevere (forse si riferisce a noi), in Bulgaria invece era arrivato il vero Concilio. Dopo aver ricordato che il Vaticano II è un dono dello Spirito Santo, il padre passionista si attesta sulle sue peculiarità: «Il Concilio ci educa ad essere non una Chiesa padrona e paladina della verità, ma un Popolo di Dio che cammina nella storia insieme a tutta l'umanità». «Il Concilio ci insegna che la liturgia non è assistere alla ripetizione sacrale dei gesti che compie la casta sacerdotale, ma la celebrazione della salvezza da parte di tutto il Popolo di Dio». «L'ecumenismo non è ricondurre all'obbedienza pontificia i disgraziati scismatici, ma la ricerca di comunione da parte di tutti i cristiani». Infine, ci vien ricordato che il Concilio ha scoperto la Parola di Dio. E tutto quello che la Chiesa era prima? La sua dottrina, la sua vita? Il Vaticano II sarebbe, in realtà, il vero volta-pagina. Qui si vede – è un esempio tra tanti – che una carenza spaventosa del concetto di Traditio Ecclesiae, fa scadere in una visione stranamente dogmatista del Vaticano II. Eppure quegli ambiti rammentati dal padre Cortesi sono quelli che oggi maggiormente soffrono a causa della secolarizzazione.
Ma veniamo nuovamente a noi. Il nostro convegno si è attestato non sulla verifica delle nuove dottrine del Vaticano II, ma su un approccio (iniziale e a modo di status quaestionis) di tipo storico filosofico teologico. Quello teologico lo si potrebbe definire "fondamentale", volto a verificare la natura del Concilio e vederla riflessa nei vari documenti (non in tutti ma nei principali), che sono 16 e sappiamo esser divisi in Costituzioni (di cui solo due godono dell'appellativo "dogmatiche" e presentano un insegnamento dottrinale: Lumen gentium e Dei Verbum), Decreti e Dichiarazioni, con accenti e per un esercizio eminentemente pastorali. C'è una cosa comunque che unisce la diversa tipologia magisteriale del Vaticano II (diversa già in ragione di una distinzione tripartita che compare in questo modo solo nel Vaticano II), ed è il tenore dei documenti: un tenore fontalmente pastorale, di annuncio della fede e non di una sua definizione, che esprime così il fine stesso del Concilio. Così volle Giovanni XXIII, così confermò Paolo VI.
Da quanto lei dice, emerge un dato fondamentale, che è il problema-chiave del Vaticano II: qual è l'esercizio magisteriale (complessivo) del Concilio? Lei vede il Vaticano II come un unicum, giustamente, perché un concilio, ma, a mio modo di vedere, si spinge più in là del concilio, quando entra in merito all'infallibilità, non distinguendo nel tutto le sue parti, ovvero i diversi livelli magisteriali del Concilio (stabiliti egregiamente da Gherardini).
Mi spiego riassumendo schematicamente lo status quaestionis sull'esercizio magisteriale del Vaticano II, riconducibile a 5 posizioni teologiche:
1) esercizio del magistero straordinario solenne;
2) esercizio del magistero ordinario universale;
3) esercizio del magistero autentico;
4) esercizio di un magistero omiletico;
5) esercizio di un magistero differenziato.
Tra questi teologi ve sono anche alcuni insospettabili di conservatorismo o di tradizionalismo (cf. F. Kolfhaus, Pastorale Lehrverkündigung – Grundmotiv des Zweiten Vatikanischen Konzils. Untersuchungen zu "Unitatis Redintegratio", Dignitatis Humanae" und "Nostra Aetate" [tesi dottorale presso l'Università Gregoriana], Lit, Berlin 2010, pp. 23-34).
Fin qui la teologia, che verifica, pur con accenti diversi, un magistero sì solenne (quanto alla forma) ma ordinario (quanto al normale esercizio). Il Magistero stesso, specialmente nella persona di Paolo VI, ha riassunto l'intera portata magisteriale del Vaticano II, definendolo magistero ordinario autentico (cf. Allocuzione del 7 dicembre 1965 e Udienza Generale del 12 gennaio 1966). Ora, il magistero ordinario non è infallibile perché è magistero, sia pur di un concilio, ma solo quando è reiterato e quando appura la definitività di una dottrina di fede o di morale, anche se non definita ma definitiva.
L'infallibilità nel Vaticano II è solo di riflesso rispetto a precedenti definizioni dogmatiche o a dottrine definitive; questa infallibilità, sussiste poi solo in alcune dottrine ma non nel Concilio in quanto tale, altrimenti sarebbe stata inutile la precisazione del Segretariato del Concilio per la giusta lettura di Lumen gentium, posta come Nota previa. Riporto i due punti salienti di detta nota che ci riguardano: «Tenuto conto dell'uso conciliare e del fine pastorale del presente Concilio, questo definisce come obbliganti per tutta la Chiesa i soli punti concernenti la fede o i costumi, che esso stesso abbia apertamente dichiarato come tali. Le altre cose che il Concilio propone, in quanto dottrina del magistero supremo della Chiesa, tutti e singoli i fedeli devono accettarle e tenerle secondo lo spirito dello stesso Concilio, il quale risulta sia dalla materia trattata, sia dalla maniera in cui si esprime, conforme alle norme d'interpretazione teologica» (AAS 77/1 [1965] 72).
L'infallibilità si rivela solo nel magistero obbligante tutta la Chiesa, che richiede un atto di fede teologale, in ragione appunto della irreformabilità della dottrina. Per le altre dottrine bisogna tener conto dello spirito (della natura e del fine) del Concilio, e vedere in unità la materia trattata e il modo di esprimersi. Credo sia fuori luogo attribuire sic et simpliciter la definizione di infallibile alle diverse dottrine/insegnamenti del Concilio. Il magistero ordinario perché autentico però rimane vincolante e richiede l'ossequio dell'intelletto e della volontà, pur essendo soggetto ad eventuali revisioni con l'ausilio della teologia, in ragione di una comprensione accresciuta dei dati (si veda su questo il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, Donum veritatis, del 24 maggio 1990, nn. 22-24).
Dire comunque che il Vaticano II ha una natura pastorale non è squalificare il Concilio e non significa non riconoscere i suoi insegnamenti dogmatici, ma prevenire un abbaglio, oggi diffuso sia tra i progressisti che tra i tradizionalisti, che porta a leggere il Vaticano II alla stregua del Concilio di Trento o del Vaticano I. Non ci si accorge della peculiarità del Vaticano II, ovvero della sua natura, del suo fine e del diverso tenore magisteriale dei suo documenti, e si finisce col dogmatizzare tutti i suoi insegnamenti. Questo però è fatale: così, o si fa iniziare la Chiesa dal Vaticano II o si cestina il Vaticano II per far vivere la Chiesa. Il problema rimane fino a quando non ci si decide a tralasciare questa ermeneutica rigidamente tradizionale di approccio al Vaticano II, iniziando a vedere che il nostro concilio è sui generis: inaugura un "nuovo" modo di insegnare e di esser concilio per la Chiesa, modo che darà un'impronta caratteristica al post-concilio: una scelta più pastorale per dire la dottrina di fede della Chiesa. È su questo che ci dobbiamo interrogare.
E vengo così ad un ultimo punto, alle novità dottrinali di cui parla. Non sono d'accordo sul fatto che le novità in quanto tali farebbero avanzare la Tradizione. Semmai la comprensione della fede su un piano teologico, ma per il progresso dogmatico è necessaria la definitività della dottrina. Qui leggo un dato simile all'infallibilità: per lei le novità dottrinali sono per sé un avanzamento della Tradizione e pertanto bisogna collocarsi ora dopo di esse per riconoscere la Tradizione nel suo stadio avanzato in ragione del Concilio. Sembra allora che la verifica delle innovazioni non serva o che, se occorra, si pregiudichi la bontà del Concilio. E questo per il fatto che le innovazioni sarebbero infallibili.
Invece, a mio modesto giudizio, bisogna collocarsi anche qui su un piano diverso. Non sono le innovazioni che, in quanto tali, fanno avanzare la Tradizione. È piuttosto la Tradizione, che progredendo in ragione del nuovo, in uno sviluppo omogeneo, dà alle cose nuove lo statuto teologico di dottrine o di insegnamenti, in ragione di quanto detto poc'anzi in riferimento al magistero, statuto che può ascendere fino al grado ultimo di irreformabilità. È la Tradizione ovvero la Chiesa-mistero, che accoglie le innovazioni ma al contempo le precede nel suo esserci già, a livello ontologico e cronologico. Questo può apparire un pensiero fissista, ma è quanto dire: c'è prima la Chiesa e poi la sua comprensione, prima Dio e poi l'uomo. Non è per il fatto che siamo di fronte ad un assise conciliare insegnante in modo solenne che avanza necessariamente la Tradizione. Questo certo lo impariamo col Vaticano II, ma neppur possiamo troppo esulare questo concilio dalla tradizione storica dei concili ecumenici. Infatti, anche il Concilio di Pavia-Siena (1423-1424), non definì alcun dogma ma emanò solo pochi decreti disciplinari. Non di meno però è un concilio ecumenico (difeso dal Card. Brandmüller), ma non per questo si può definire infallibile.
È proprio sul concetto di infallibilità da lei esposto che non mi ritrovo. Lei dice che per avere l'infallibilità «basta semplicemente l'enunciato dottrinale in materia di fede del Magistero della Chiesa, specie poi se si tratta del Magistero solenne di un Concilio Ecumenico». Allora dovremmo anche dire che, ad esempio, Presbiterorum ordinis insegna in modo infallibile, mentre, in verità al n. 16 c'è una svista storica notevole: sembra che non conosca il dato antichissimo "continenza-celibato", e mette sullo stesso piano la tradizione latina e la deroga al celibato per i presbiteri della Chiesa greca, deroga nata dopo il trullano, ma in seguito ad un vero imbroglio. Ormai la ricerca storico-teologica è progredita e si dovrebbe provvedere a perfezionare questo passaggio. Faccio anche un esempio al contrario: se Sacrosanctum concilium fosse infallibile, l'attuazione della riforma liturgica, avvenuta spesso e con facilità in deroga allo ius divinum della liturgia, e andando molto al di là di quanto previsto da detta costituzione, sarebbe un'eresia. Si potrebbe dire questo? No, per il fatto che Sacrosanctum concilium non è infallibile ma è una costituzione con una natura pastorale, che apre ai possibili adattamenti.
Lei cita poi la Dignitatis humanae sulla libertà religiosa, definendolo un testo infallibile, dunque dottrinale. Invece, si tratta di in testo che non è né dogmatico né disciplinare, ma contiene norme pratiche di comportamento in materia di libertà religiosa. Questa dichiarazione vuole dare delle norme pratiche e non intende affatto allontanarsi dalla dottrina cattolica sulla libertà religiosa (cf. AS IV/1, 433). Gli abusi, spesso, hanno fatto leva proprio sulla sua infallibilità per accentuare il concetto di libertà religiosa soggettiva, fino a scadere in un relativismo religioso, contro il perenne insegnamento della Chiesa circa il dovere morale di riconoscere la verità e di professarla solo nella Persona del Verbo incarnato. Certo, la libertà religiosa di cui parla il Vaticano II è uno sviluppo del concetto stesso di libertà, che tiene conto del dato della modernità, ma non esaurisce il contenuto della dottrina classica: è un di più, che però necessita della Tradizione per essere compreso, dato il suo fine volto al dialogo con gli uomini.
Vedo una certa frizione tra dottrina e prassi in materia di libertà religiosa, proprio nella sua esecuzione pastorale di Assisi. Non si può dire che Assisi cambia la dottrina della Chiesa in materia di libertà religiosa. Assolutamente no. Ma è una scelta pastorale che deriva dal Vaticano II, da questa dichiarazione e soprattutto da Nostra aetate, per affermare il rispetto e la verità della libertà religiosa di ogni uomo.
Al contempo però questa adunanza porta in sé un dato dottrinale: qual è la vera religione? La pastorale che è il fine di Assisi e della Diginitatis humanae, qui, come sempre, incontra la dogmatica: solo Cristo è la verità. Come coniugarle? Il Vaticano II non ce lo dice, ma lascia spazio ad interventi successivi. Il Pontefice opta ora di nuovo per Assisi, pur conscio delle notevoli problematiche sincretiste che ad esso furono connesse in ragione dello "spirito d'Assisi", da lui denunciato perché funesto quanto lo "spirito del Concilio". Nessun però potrebbe dire che Assisi cambia la fede della Chiesa nella verità di Cristo unico Salvatore. Se Dignitatis humanae fosse infallibile non si avrebbe neanche più una certa libertà nella sua attuazione pastorale, il cui giudizio prudenziale spetta al magistero.
In questa tensione tra dogmatica e pastorale nel Concilio, si nasconde, a mio modo di vedere, tutto il problema ermeneutico del Vaticano II. Io per infallibile intendo non-fallibile, irreformabile: allora ben poche sono le dottrine che si possono dire tali.
Direi allora che bisognerebbe leggere "infallibile" nel senso più rigoroso e classico della teologia, mentre il Concilio Vaticano II, quale unicum magisteriale, in modo più flessibile ed articolato, distinguendo i diversi piani, in ragione del progresso teologico verificatosi grazie allo stesso Vaticano II. Gli atti del nostro convegno, che pubblicheremo, ci aiuteranno sicuramente per un discorso più accurato.
Le rinnovo i sensi di stima ed amicizia nei nostri Santi Padri Francesco e Domenico.

Fonte: Corrispondenza Romana, 18 Gennaio 2011

11 - OMELIA PER LA VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A - (Mt 5,38-48)
Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 20 febbraio 2011)

Il brano evangelico di oggi continua quello della domenica precedente, insegnando la perfezione nel precetto della carità. Prima di tutto, Gesù parla della cosiddetta "legge del taglione" che infliggeva al colpevole lo stesso danno arrecato agli altri. Questa legge era nota fin dall'antichità e fu accolta anche dagli ebrei. La legge del taglione, così severa e spietata, era comunque un grande miglioramento rispetto agli eccessi delle vendette personali un tempo tanto praticate. Nel libro della Genesi, ad esempio, si legge che Lamec si vantava di praticare una vendetta settanta volte sette maggiore dell'offesa ricevuta (cf Gen 4,24). A queste parole di Lamec faranno poi riscontro le parole di Gesù, il quale insegna di perdonare settanta volte sette.
Gesù porta a perfezione il precetto della carità fraterna superando la legge del taglione e insegnando di "non opporsi al malvagio" e di "porgere l'altra guancia" (cf Mt 5,39). Gesù introduce questo insegnamento nel solito modo, con le parole: «Io vi dico», parole che esprimono molto bene la sua autorità divina. L'insegnamento di Gesù è molto importante e molto esigente. Tuttavia le sue parole non devono essere prese alla lettera: il cristiano può e deve difendersi. La Chiesa ha sempre insegnato la legittimità di una difesa proporzionata all'offesa, soprattutto quando bisogna difendere i propri cari. Queste parole: "Non opporsi al malvagio", "porgere l'altra guancia", «lascia anche il mantello» devono essere prese nel senso che il cristiano non deve covare odio e rancore: anche quando è costretto a difendersi, egli deve amare i nemici e pregare per loro.
Gesù continua il suo insegnamento dicendo: «Da' a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle» (Mt 5,42). Se abbiamo la possibilità di fare del bene, non perdiamo questa occasione e non rimandiamo a domani quello che possiamo fare oggi! Chissà: un giorno potremo trovarci nella stessa situazione di bisogno e allora raccoglieremo ciò che avremo seminato.
Poco più avanti, Gesù dice: «Avete inteso che fu detto: "Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico"» (Mt 5,43). L'odio per il nemico non si trova nell'Antico Testamento. Esso, in qualche modo, si rifà ai brani biblici che imponevano agli ebrei una netta separazione dai pagani (cf ad es. Dt 20,13-17). Con queste parole, Gesù si riferisce a una mentalità molto diffusa presso il popolo d'Israele che si trova codificata nella regola della comunità di Qumran, una comunità che viveva presso il Mar Morto e che si prefiggeva di vivere integralmente la Legge Mosaica nell'attesa del venturo Messia. In questa regola si leggeva che "i figli della luce" devono odiare tutti "i figli delle tenebre".
Gesù infrange anche questa barriera e afferma: «Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano» (Mt 5,44). E, come esempio di questo amore, il Signore indica il Padre Celeste che «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5,45). Così deve essere la nostra carità: deve beneficare tutti, amici e nemici. In questo consiste la perfezione, la santità. Infatti, a chiusura di questo brano evangelico, Gesù afferma solennemente: "Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro Celeste" (Mt 5,48).
Per essere autenticamente cristiani, dobbiamo imitare la carità di Dio. Dobbiamo mirare decisamente a questa perfezione, ciò è volontà di Dio. La santità è dunque per tutti, essa non è riservata solo a pochi privilegiati. Il desiderio della santità deve essere al di sopra di tutto, dal momento che la santità è carità. Desiderare la santità significa pertanto voler amare sempre di più, Dio e il prossimo. È con la carità praticata che si cambia il mondo e, soprattutto, i cuori degli uomini.
Nella vita di san Francesco si racconta un episodio molto significativo. Vi erano dei briganti che ogni tanto venivano a chiedere al convento qualcosa da mangiare. Cosa fare: darglielo oppure no? I frati allora chiesero a san Francesco la soluzione. Il Santo risolse questo dubbio dicendo che, offrendo loro da mangiare, con il passare del tempo, essi si sarebbero convertiti. E così avvenne: tutti si convertirono e alcuni di loro chiesero di divenire frati.
Il sole della carità aveva illuminato quei briganti e li aveva convertiti. Facciamo risplendere questo sole anche nella nostra vita, in questo modo molti incontreranno Dio.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 20 febbraio 2011)

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