BastaBugie n�140 del 14 maggio 2010

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1 TROVA L'INTRUSO TRA GANDHI, MARTIN LUTHER KING E GESU' CRISTO
Ovvero la distruttiva tendenza dei cattolici a citare i non cristiani al posto dei santi
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Antidoti
2 DIVORZIARE IN MODO CIVILE, A VOLTE ADDIRITTURA IN ALLEGRIA
Ecco la mirabolante proposta del Salone del divorzio a Milano
Fonte: Corrispondenza Romana
3 ZAPATERO COLPISCE ANCORA
Si vogliono vietare Cenerentola e Biancaneve nelle scuole spagnole in nome della parità dei sessi
Autore: Michela Coricelli - Fonte: Avvenire
4 EARTH DAY NEGLI USA
Proviamo a capire perché è sbagliata la Giornata della Terra e cosa si può salvare di questa celebrazione pagana (e tendenzialmente abortista)
Autore: Clarence Green - Fonte: L'Ottimista
5 LE CONTRADDIZIONI DEL FILM AVATAR
Togliamo gli occhialini dell'ideologia ambientalista
Autore: Massimo Losito - Fonte: L'Ottimista
6 IL SECONDO COMPITO FONDAMENTALE DEI SACERDOTI E' SANTIFICARE GLI UOMINI
Soprattutto mediante i Sacramenti e il culto della Chiesa
Autore: Benedetto XVI - Fonte: Sito del Vaticano
7 IL VESCOVO IN CLASSE? NON OFFENDE NESSUNO
Il Consiglio di Stato dà torto agli atei dell’Uaar che avevano presentato ricorso contro la presenza del Vescovo in una scuola statale
Autore: Francesco Dal Mas - Fonte: Avvenire
8 LE VERE CAUSE E IL VERO RIMEDIO DEI MALI ODIERNI DELLA CHIESA
La lucida analisi, alla luce del pensiero di Benedetto XVI
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Radici Cristiane
9 OMELIA PER L'ASCENSIONE - ANNO C - (Lc 24,46-53)

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - TROVA L'INTRUSO TRA GANDHI, MARTIN LUTHER KING E GESU' CRISTO
Ovvero la distruttiva tendenza dei cattolici a citare i non cristiani al posto dei santi
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Antidoti, 25 Aprile 2010

Leggo sul «Foglio» dell’8 aprile 2010 che Gandhi «dormiva abitualmente, nudo, accanto a ragazze nude (e a 77 anni, nel 1947, smise di dormire con la bella Sushila Nayar, che lo seguiva, dormiva e faceva il bagno con lui dall’adolescenza – e lui diceva che bastava tenere gli occhi bassi durante il bagno – ma aveva ormai compiuto 33 anni e fu sostituita da una ragazza di quasi diciotto)». Ricordo certi catechismi degli anni Sessanta-Settanta, nei quali Gandhi era associato a Gesù Cristo e a Martin Luther King, tutti e tre martiri della non violenza. Anche il leader nero –si dice- non disdegnava di dormire con donne diverse dalla moglie: pure bianche, e a volte due insieme. Insomma, della triade catechistica solo Gesù esce indenne, anche se non mancano tentativi di associarlo eroticamente alla Maddalena (ma non ci sono prove).

Fonte: Antidoti, 25 Aprile 2010

2 - DIVORZIARE IN MODO CIVILE, A VOLTE ADDIRITTURA IN ALLEGRIA
Ecco la mirabolante proposta del Salone del divorzio a Milano
Fonte Corrispondenza Romana, 24/4/2010

L’appuntamento è per l’8 e il 9 maggio a Milano, all’Hotel Marriot di via Washington: anche in Italia arriva “il salone del divorzio”. Dopo Vienna nel 2007, e dopo Londra e Parigi nel 2009, Milano si appresta infatti ad ospitare “la fiera dell’addio ma anche del riparto da me” come da titolo “Ex, punto e a capo”. Obiettivo della fiera è quello di sdrammatizzare e tentare di rendere meno indolore una pratica ormai sempre più diffusa, che rappresenta una vera e propria piaga sociale, attraverso un’operazione di maquillage e di anestesia morale.
Ogni anno si contano infatti nel nostro Paese 160 mila nuovi separati, 100 mila nuovi divorziati e la rottura di 20 mila famiglie di fatto. In quest’ottica il Salone prova a offrire agli “ex” tutte le istruzioni necessarie per “ricominciare”, relativamente alle questioni giuridiche, psicologiche, immobiliari, fisiche che inevitabilmente esplodono: «Si può divorziare in modo civile, a volte addirittura in allegria – racconta Franco Zanetti – che di “Ex punto e a capo” è l’ideatore, senza sentirsi in colpa. Per questo abbiamo coinvolto chirurghi estetici, dietologi, palestre, scuole di ballo, beauty farm».
Zanetti spiega inoltre che «al Salone sarà presente un’agenzia anti-stalking, soprattutto per le donne, e, a tutela degli uomini, esaminatori del Dna, in virtù del fatto che in Italia un bambino su dieci non è figlio del padre presunto. Il Salone del Divorzio avrà poi un cotè operativo, attraverso la presenza di studi legali, agenzie matrimoniali, investigative, immobiliari, disbrigo pratiche, servizi di babysitter ma anche di dogsitter, depositi temporanei per mobili e cose, decoratori, arredatori e ditte di trasloco».
Non mancheranno poi le liste di divorzio, nel caso parenti e amici vogliano fare un regalo utile al divorziato. L’agenzia “Marito in affitto”, offrirà invece per 15 € l’ora, quei lavori domestici tipicamente maschili.

Fonte: Corrispondenza Romana, 24/4/2010

3 - ZAPATERO COLPISCE ANCORA
Si vogliono vietare Cenerentola e Biancaneve nelle scuole spagnole in nome della parità dei sessi
Autore: Michela Coricelli - Fonte: Avvenire, 11 aprile 2010

Biancaneve e Cenerentola, adios. Ci sono alcune favole che al ministro spagnolo dell’Uguaglianza, signora Bibiana Aido, non piacciono proprio: sarebbero troppo “sessiste”, piene di stereotipi maschilisti. Roba vecchia, insomma, da mandare in soffitta: il ministero vorrebbe vietarle nelle biblioteche scolastiche.
Il dicastero guidato dalla Aido – insieme al sindacato Ugt e all’Istituto della Donna – ha pubblicato un manuale intitolato «Educando all’uguaglianza»: una guida rivolta a professori e alunni, per promuovere la parità dei sessi e prevenire la violenza domestica. L’obiettivo del libro è nobile, ma il raggio d’azione sembra un po’ troppo esteso: non risparmia neppure i racconti rivolti ai più piccoli.
La guida attacca apertamente alcune delle storie più amate e più lette dai bambini e dalle bambine di mezzo mondo (anche in Spagna): «Quasi tutte queste storie collocano le donne e le bambine in una situazione passiva, in cui il protagonista, di solito maschile, deve realizzare diverse attività per salvarle» sostiene Luz Martínez Ten, segretaria delle politiche sociali del sindacato Fete-Ugt.
Basta con i principi azzurri, le povere ragazze indifese, le dolci principesse che filano al telaio o puliscono la casa dei sette nani: questi personaggi – secondo il ministero dell’Uguaglianza – non sono educativi.
Ma il problema non sono solo le favole «politicamente scorrette». Il testo assicura che «non esistono giochi o attività per bambine o bambini»: ognuno può giocare come vuole, indipendentemente dal sesso. Una realtà che potrebbe sembrare scontata: nessun genitore può mettere in dubbio la libertà con cui i bambini si scatenano nel gioco, grazie alla fantasia. Ma il ministero dell’Uguaglianza del governo di Josè Luis Rodriguez Zapatero interviene anche su questo tema. Per qualcuno, dietro, c’è l’ideologia promossa dall’esecutivo socialista: un vetero-femminismo rispolverato e promosso come una grande novità progressista. In realtà di nuovo non c’è molto. Le stesse idee, nel 2007, spinsero il governo regionale della Catalogna (guidato dalla sinistra) a diffondere una campagna prenatalizia per spiegare all’opinione pubblica “l’asessualità” dei giocattoli. Bambole per i bambini e automobiline per le ragazzine, suggeriva il governo catalano per Natale. C’è un ultimo aspetto che preoccupa il ministero di Bibiana Aido. Alla domanda «Cosa farai da grande?», bambini e bambine fra i 6 e i 7 anni non rispondono nella stessa maniera. I maschi vorrebbero diventare «presidenti del governo, astronauti, inventori, o presidenti di una squadra di calcio», mentre le bambine parlano di matrimonio e figli. Una diversità che non convince: anche i sogni dei più piccoli (spontanei, non imposti) possono essere considerati politicamente scorretti in Spagna. La guida della Aido ha generato opinioni contrastanti. C’è chi condivide il rifiuto di Biancaneve e della Bella addormentata. Ma il presidente del Foro della Famiglia, Benigno Blanco, ironizza: «La censura della Aido si limiterà ai racconti infantili» oppure «si estenderà alla tragedia greca o al Don Chisciotte, perché Euripide e Cervantes non condividevano la sua ideologia?». Blanco lamenta «la pretesa della Aido di portare nelle scuole la sua visione della sessualità e del femminismo».

Fonte: Avvenire, 11 aprile 2010

4 - EARTH DAY NEGLI USA
Proviamo a capire perché è sbagliata la Giornata della Terra e cosa si può salvare di questa celebrazione pagana (e tendenzialmente abortista)
Autore: Clarence Green - Fonte: L'Ottimista, 28 Aprile 2010

La Giornata della Terra è probabilmente quanto di più pagano ci si possa immaginare tra le celebrazioni moderne. Lo scorso 22 aprile si è tenuto il quarantennale dell'Earth Day, una festa all'insegna dei più melensi luoghi comuni ambientalisti: scolari che piantano alberelli, volontari che liberano le spiagge dai rifiuti, eccetera.
Cosa c'è di male in tutto ciò? Nulla se non fosse che l'Earth Day è stato ideato e sponsorizzato più di 40 anni fa dal miliardario Hugh Moore con la complicità del senatore democratico del Wisconsin, Gaylord Nelson. Moore e Nelson, alla fine degli anni '60 erano tra i più convinti sostenitori della population bomb, la teoria della bomba demografica, secondo la quale nel giro di pochi decenni, la vita sulla Terra sarebbe risultata impossibile per la sovrappopolazione e per la distruzione dell'ecosistema. È questo il motivo per il quale la stragrande maggioranza dei movimenti ecologisti sostengono le politiche malthusiane del controllo delle nascite, nell'ambito delle quali contraccezione ed aborto erano e rimangono gli strumenti privilegiati.
I tempi cambiano, tuttavia, e, soprattutto nel mondo cattolico, c'è chi comincia a pensare la Giornata della Terra in un'ottica completamente nuova e diametralmente opposta all'ecocatastrofismo. È il caso del portale Catholicvote.org che le scorse settimane ha lanciato la sua originalissima pubblicità-progresso: una donna in stato di gravidanza, il cui pancione richiama le fattezze del Pianeta Terra. Lo slogan recita così: Celebrate Nature's Greatest Gift (“Celebra il dono più grande della Natura”). Il messaggio è chiaro: il dono più grande della Natura è la vita umana, dal concepimento alla morte naturale. Il manifesto è stato affisso sui bus di Chicago, Seattle e San Francisco, con l'intento di ripensare la Giornata della Terra, nell'ottica del rispetto della vita.
“Il nostro obiettivo – ha spiegato Brian Burch, presidente del Catholicvote.org Education Fund – è usare la Giornata della Terra per far riflettere a fondo gli americani sul vero significato del rispetto della Terra e della creazione. Le attitudini ambientaliste prevalenti troppo spesso considerano l'uomo nemico della natura. Noi crediamo che la persona umana sia la più grandiosa creazione di Dio e la Terra la più grande risorsa. Costruire una cultura della vita è il modo più efficace per incoraggiare una cultura di rispetto dell'ambiente”.
La campagna di sensibilizzazione del gruppo Catholicvote.org è stata intrapresa coerentemente con l'insegnamento del Magistero in materia di ambiente, un tema sul quale nessun papa è stato più chiaro ed esplicito di Benedetto XVI, addirittura definito il “Papa verde” dal settimanale americano Newsweek. Lo scorso 11 gennaio, nel suo messaggio annuale al corpo diplomatico vaticano il Santo Padre aveva ricordato: “Se, infatti, si vuole edificare una vera pace, come sarebbe possibile separare, o addirittura contrapporre la salvaguardia dell’ambiente a quella della vita umana, compresa la vita prima della nascita? È nel rispetto che la persona umana nutre per se stessa che si manifesta il suo senso di responsabilità verso il creato”.
La natura e l'ambiente, secondo il papa, sono inclusi in un piano di amore e di verità che vengono da Dio. Il cuore di tale piano divino è proprio la persona umana. Sempre in tema di ambiente e di sacralità della vita, nell'ultima enciclica Caritas in Veritate, Benedetto XVI ha scritto: “Se non si rispetta il diritto alla vita e alla morte naturale, se si rende artificiale il concepimento, la gestazione e la nascita dell'uomo, se si sacrificano embrioni umani alla ricerca, la coscienza comune finisce per perdere il concetto di ecologia umana e, con esso, quello di ecologia ambientale. È una contraddizione chiedere alle nuove generazioni il rispetto dell'ambiente naturale, quando l'educazione e le leggi non le aiutano a rispettare se stesse”.

Fonte: L'Ottimista, 28 Aprile 2010

5 - LE CONTRADDIZIONI DEL FILM AVATAR
Togliamo gli occhialini dell'ideologia ambientalista
Autore: Massimo Losito - Fonte: L'Ottimista, 28 Aprile 2010

C’era da aspettarselo. L’ideologia che trapela dal film Avatar sta diventando uno strumento per frenare lo sviluppo del Brasile. Il regista James Cameron è volato nel cuore della foresta amazzonica, a Volta Grande Do Xingu, si è mescolato tra gli indigeni i quale lo hanno salutato come un eroe, con danze e riti propiziatori. Una donna ha dipinto il volto di Cameron come fosse un guerriero.
Ma quali sono i meriti di Cameron? “L’impegno a cercare di fermare la costruzione della diga di Belo Monte”, che sarà il secondo impianto idroelettrico più grande del Brasile.
La diga, fortemente voluta dal presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, sarà la terza più grande del mondo dopo quella delle Tre Gole in Cina e quella di Itaipu, al confine tra Brasile e Paraguay. Avrà una capacità di 11.233 megawatt, e produrrà energia elettrica per 26 milioni di brasiliani.
Cameron vuole trasformare gli indios in seguaci di Pandora del film Avatar. Ma la realtà è diversa dalla fiction cinematografica e sono sempre di più coloro che accusano il regista di diffondere una ideologia “ecoimperialista”, che utilizza cioè argomentazioni ecologiste per impedire lo sviluppo dei paesi emergenti.
Interessante a questo proposito il commento di un lettore dell’Ottimista in merito ad Avatar:
Caro Direttore,
le scrivo per dirle che condivido pienamente il commento del vostro bel giornale al film Avatar.
Una tecnologia fantastica (innegabile) e mai vista non basta a reggere una - ahimè - lunghissima storia già vista (personaggi, ambientazioni e idee ricordano innumerevoli altre pellicole - da Matrix a Pocahontas - e attingono dal mondo dei videogames).
Perfino i miei figli quasi adolescenti hanno trovano noiosa la proposta della deep ecology sottesa al film e non si sono fatti catturare dalle maglie della rete biosferica. Inoltre, superato il primo momento di fascino che affonda le sue radici nel romanticismo e nel naturalismo egotistico, l'ecocentrismo pandoriano e cameronesco si rivela in tutta la sua irrealizzabilità pratica, quando anche l'aitante indigeno azzurro è costretto ad uccidere l'animale che, incurante dell'armonia globale quando si tratta di pappa, lo minaccia tridimensionalmente (sia pure accompagnandone il trapasso con doverosa preghierina alla Gaia locale, naturalmente...).
Per finire pongo l'accento su due paradossi.
Il primo, insito nella storia: gli esseri umani sono così evoluti da viaggiare nelle galassie, costruire enormi basi spaziali, progettare e clonare avatar a piacimento, e poi dipendono, in tutto e per tutto, da un ridicolo pezzo di carbone fluttuante come unica fonte di energia? Un'idea veramente preistorica, degna di un Na' vi.
L'altro paradosso: il regista per raccontarci una storia, in cui tutto e solo ciò che è primitivo e naturale è buono e ciò che è umano e tecnologico è cattivo, ha dovuto aspettare anni… perché non aveva la tecnologia adatta!
La saluto, con stima e cordialità tridimensionale.

Fonte: L'Ottimista, 28 Aprile 2010

6 - IL SECONDO COMPITO FONDAMENTALE DEI SACERDOTI E' SANTIFICARE GLI UOMINI
Soprattutto mediante i Sacramenti e il culto della Chiesa
Autore: Benedetto XVI - Fonte: Sito del Vaticano, 5 maggio 2010

Cari fratelli e sorelle,
domenica scorsa, nella mia Visita Pastorale a Torino, ho avuto la gioia di sostare in preghiera davanti alla sacra Sindone, unendomi agli oltre due milioni di pellegrini che durante la solenne Ostensione di questi giorni, hanno potuto contemplarla. Quel sacro Telo può nutrire ed alimentare la fede e rinvigorire la pietà cristiana, perché spinge ad andare al Volto di Cristo, al Corpo del Cristo crocifisso e risorto, a contemplare il Mistero Pasquale, centro del Messaggio cristiano. Del Corpo di Cristo risorto, vivo e operante nella storia (cfr Rm 12,5), noi, cari fratelli e sorelle, siamo membra vive, ciascuno secondo la propria funzione, con il compito cioè che il Signore ha voluto affidarci. Oggi, in questa catechesi, vorrei ritornare ai compiti specifici dei sacerdoti, che, secondo la tradizione, sono essenzialmente tre: insegnare, santificare e governare. In una delle catechesi precedenti ho parlato sulla prima di queste tre missioni: l’insegnamento, l’annuncio della verità, l’annuncio del Dio rivelato in Cristo, o – con altre parole – il compito profetico di mettere l’uomo in contatto con la verità, di aiutarlo a conoscere l’essenziale della sua vita, della realtà stessa.
Oggi vorrei soffermarmi brevemente con voi sul secondo compito che ha il sacerdote, quello di santificare gli uomini, soprattutto mediante i Sacramenti e il culto della Chiesa. Qui dobbiamo innanzitutto chiederci: Che cosa vuol dire la parola “Santo”? La risposta è: “Santo” è la qualità specifica dell’essere di Dio, cioè assoluta verità, bontà, amore, bellezza – luce pura. Santificare una persona significa quindi metterla in contatto con Dio, con questo suo essere luce, verità, amore puro. E’ ovvio che tale contatto trasforma la persona. Nell’antichità c’era questa ferma convinzione: Nessuno può vedere Dio senza morire subito. Troppo grande è la forza di verità e di luce! Se l’uomo tocca questa corrente assoluta, non sopravvive. D’altra parte c’era anche la convinzione: Senza un minimo contatto con Dio l’uomo non può vivere. Verità, bontà, amore sono condizioni fondamentali del suo essere. La questione è: Come può trovare l’uomo quel contatto con Dio, che è fondamentale, senza morire sopraffatto dalla grandezza dell’essere divino? La fede della Chiesa ci dice che Dio stesso crea questo contatto, che ci trasforma man mano in vere immagini di Dio.
Così siamo di nuovo arrivati al compito del sacerdote di “santificare”. Nessun uomo da sé, a partire dalla sua propria forza può mettere l’altro in contatto con Dio. Parte essenziale della grazia del sacerdozio è il dono, il compito di creare questo contatto. Questo si realizza nell’annuncio della parola di Dio, nella quale la sua luce ci viene incontro. Si realizza in un modo particolarmente denso nei Sacramenti. L’immersione nel Mistero pasquale di morte e risurrezione di Cristo avviene nel Battesimo, è rafforzata nella Confermazione e nella Riconciliazione, è alimentata dall’Eucaristia, Sacramento che edifica la Chiesa come Popolo di Dio, Corpo di Cristo, Tempio dello Spirito Santo (cfr GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. Pastores gregis, n. 32). E’ quindi Cristo stesso che rende santi, cioè ci attira nella sfera di Dio. Ma come atto della sua infinita misericordia chiama alcuni a “stare” con Lui (cfr Mc 3,14) e diventare, mediante il Sacramento dell’Ordine, nonostante la povertà umana, partecipi del suo stesso Sacerdozio, ministri di questa santificazione, dispensatori dei suoi misteri, “ponti” dell’incontro con Lui, della sua mediazione tra Dio e gli uomini e tra gli uomini e Dio (cfr PO, 5).
Negli ultimi decenni, vi sono state tendenze orientate a far prevalere, nell’identità e nella missione del sacerdote, la dimensione dell’annuncio, staccandola da quella della santificazione; spesso si è affermato che sarebbe necessario superare una pastorale meramente sacramentale. Ma è possibile esercitare autenticamente il Ministero sacerdotale “superando” la pastorale sacramentale? Che cosa significa propriamente per i sacerdoti evangelizzare, in che cosa consiste il cosiddetto primato dell’annuncio? Come riportano i Vangeli, Gesù afferma che l’annuncio del Regno di Dio è lo scopo della sua missione; questo annuncio, però, non è solo un “discorso”, ma include, nel medesimo tempo, il suo stesso agire; i segni, i miracoli che Gesù compie indicano che il Regno viene come realtà presente e che coincide alla fine con la sua stessa persona, con il dono di se, come abbiamo sentito oggi nella lettura del Vangelo. E lo stesso vale per il ministro ordinato: egli, il sacerdote, rappresenta Cristo, l’Inviato del Padre, ne continua la sua missione, mediante la “parola” e il “sacramento”, in questa totalità di corpo e anima, di segno e parola. Sant’Agostino, in una lettera al Vescovo Onorato di Thiabe, riferendosi ai sacerdoti afferma: “Facciano dunque i servi di Cristo, i ministri della parola e del sacramento di Lui, ciò che egli comandò o permise” (Epist. 228, 2). E’ necessario riflettere se, in taluni casi, l’aver sottovalutato l’esercizio fedele del munus sanctificandi, non abbia forse rappresentato un indebolimento della stessa fede nell’efficacia salvifica dei Sacramenti e, in definitiva, nell’operare attuale di Cristo e del suo Spirito, attraverso la Chiesa, nel mondo.
Chi dunque salva il mondo e l’uomo? L’unica risposta che possiamo dare è: Gesù di Nazaret, Signore e Cristo, crocifisso e risorto. E dove si attualizza il Mistero della morte e risurrezione di Cristo, che porta la salvezza? Nell’azione di Cristo mediante la Chiesa, in particolare nel Sacramento dell’Eucaristia, che rende presente l’offerta sacrificale redentrice del Figlio di Dio, nel Sacramento della Riconciliazione, in cui dalla morte del peccato si torna alla vita nuova, e in ogni altro atto sacramentale di santificazione (cfr PO, 5). E’ importante, quindi, promuovere una catechesi adeguata per aiutare i fedeli a comprendere il valore dei Sacramenti, ma è altrettanto necessario, sull’esempio del Santo Curato d’Ars, essere disponibili, generosi e attenti nel donare ai fratelli i tesori di grazia che Dio ha posto nelle nostre mani, e dei quali non siamo i “padroni”, ma custodi ed amministratori. Soprattutto in questo nostro tempo, nel quale, da un lato, sembra che la fede vada indebolendosi e, dall’altro, emergono un profondo bisogno e una diffusa ricerca di spiritualità, è necessario che ogni sacerdote ricordi che nella sua missione l’annuncio missionario e il culto e i sacramenti non sono mai separati e promuova una sana pastorale sacramentale, per formare il Popolo di Dio e aiutarlo a vivere in pienezza la Liturgia, il culto della Chiesa, i Sacramenti come doni gratuiti di Dio, atti liberi ed efficaci della sua azione di salvezza.
Come ricordavo nella santa Messa Crismale di quest’anno: “Centro del culto della Chiesa è il Sacramento. Sacramento significa che in primo luogo non siamo noi uomini a fare qualcosa, ma Dio in anticipo ci viene incontro con il suo agire, ci guarda e ci conduce verso di Sé. (...) Dio ci tocca per mezzo di realtà materiali (...) che Egli assume al suo servizio, facendone strumenti dell’incontro tra noi e Lui stesso” (S. Messa Crismale, 1 aprile 2010). La verità secondo la quale nel Sacramento “non siamo noi uomini a fare qualcosa” riguarda, e deve riguardare, anche la coscienza sacerdotale: ciascun presbitero sa bene di essere strumento necessario all’agire salvifico di Dio, ma pur sempre strumento. Tale coscienza deve rendere umili e generosi nell’amministrazione dei Sacramenti, nel rispetto delle norme canoniche, ma anche nella profonda convinzione che la propria missione è far sì che tutti gli uomini, uniti a Cristo, possano offrirsi a Dio come ostia viva e santa a Lui gradita (cfr Rm 12,1). Esemplare, circa il primato del munus sanctificandi e della giusta interpretazione della pastorale sacramentale, è ancora san Giovanni Maria Vianney, il quale, un giorno, di fronte ad un uomo che diceva di non aver fede e desiderava discutere con lui, il parroco rispose: “Oh! amico mio, v’indirizzate assai male, io non so ragionare... ma se avete bisogno di qualche consolazione, mettetevi là... (il suo dito indicava l’inesorabile sgabello [del confessionale]) e credetemi, che molti altri vi si sono messi prima di voi, e non ebbero a pentirsene” (cfr Monnin A., Il Curato d’Ars. Vita di Gian-Battista-Maria Vianney, vol. I, Torino 1870, pp. 163-164).
Cari sacerdoti, vivete con gioia e con amore la Liturgia e il culto: è azione che il Risorto compie nella potenza dello Spirito Santo in noi, con noi e per noi. Vorrei rinnovare l’invito fatto recentemente a “tornare al confessionale, come luogo nel quale celebrare il Sacramento della Riconciliazione, ma anche come luogo in cui ‘abitare’ più spesso, perché il fedele possa trovare misericordia, consiglio e conforto, sentirsi amato e compreso da Dio e sperimentare la presenza della Misericordia Divina, accanto alla Presenza reale nell’Eucaristia” (Discorso alla Penitenzieria Apostolica, 11 marzo 2010). E vorrei anche invitare ogni sacerdote a celebrare e vivere con intensità l’Eucaristia, che è nel cuore del compito di santificare; è Gesù che vuole stare con noi, vivere in noi, donarci se stesso, mostrarci l’infinita misericordia e tenerezza di Dio; è l’unico Sacrificio di amore di Cristo che si rende presente, si realizza tra di noi e giunge fino al trono della Grazia, alla presenza di Dio, abbraccia l’umanità e ci unisce a Lui (cfr Discorso al Clero di Roma, 18 febbraio 2010). E il sacerdote è chiamato ad essere ministro di questo grande Mistero, nel Sacramento e nella vita. Se “la grande tradizione ecclesiale ha giustamente svincolato l’efficacia sacramentale dalla concreta situazione esistenziale del singolo sacerdote, e così le legittime attese dei fedeli sono adeguatamente salvaguardate”, ciò non toglie nulla “alla necessaria, anzi indispensabile tensione verso la perfezione morale, che deve abitare ogni cuore autenticamente sacerdotale”: c’è anche un esempio di fede e di testimonianza di santità, che il Popolo di Dio si attende giustamente dai suoi Pastori (cfr Benedetto XVI, Discorso alla Plenaria della Congr. per il Clero, 16 marzo 2009). Ed è nella celebrazione dei Santi Misteri che il sacerdote trova la radice della sua santificazione (cfr PO, 12-13).
Cari amici, siate consapevoli del grande dono che i sacerdoti sono per la Chiesa e per il mondo; attraverso il loro ministero, il Signore continua a salvare gli uomini, a rendersi presente, a santificare. Sappiate ringraziare Dio, e soprattutto siate vicini ai vostri sacerdoti con la preghiera e con il sostegno, specialmente nelle difficoltà, affinché siano sempre più Pastori secondo il cuore di Dio. Grazie.

DOSSIER "BENEDETTO XVI"
Discorsi e omelie del Papa teologo

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Fonte: Sito del Vaticano, 5 maggio 2010

7 - IL VESCOVO IN CLASSE? NON OFFENDE NESSUNO
Il Consiglio di Stato dà torto agli atei dell’Uaar che avevano presentato ricorso contro la presenza del Vescovo in una scuola statale
Autore: Francesco Dal Mas - Fonte: Avvenire, 4 maggio 2010

Il vescovo, quando va in visita ad una scuola, svolge attività essenzialmente culturale, non prettamente religiosa o pastorale. Quindi non infrange alcun principio di autonomia, non discrimina proprio nessuno. A sostenerlo, con tanto di sentenza, è il Consiglio di Stato che ha rigettato, in via definitiva, l’appello dell’Unione atei e agnostici razionalisti (Uaar).
Ricorso presentato contro la sentenza del Tribunale amministrativo del Veneto che autorizzava l’invito di un istituto padovano al vescovo diocesano per una visita alla comunità scolastica. Secondo l’Uaar, che in questi anni si è distinta per contrastare la presenza del vescovo a scuola, quella presenza religiosa, in orario scolastico, era proprio fuori luogo, perché poteva risultare discriminante negli allievi di religione non cattolica o di nessuna religione. Per i giudici del Consiglio di Stato, invece, la presenza del vescovo a scuola non è attività di culto, bensì di cultura.
In precedenza, anche il Tar del Veneto aveva dichiarato inammissibile il ricorso per «carenza di legittimazione attiva dell’associazione ricorrente, che non ha dimostrato l’esistenza, nell’ambito del plesso scolastico nel quale si esaurisce l’effetto del provvedimento impugnato di un soggetto concretamente leso dalla censurata visita pastorale».
Il Consiglio di Stato lo ha rispedito al mittente con un’argomentazione ancora più compiuta. «Nell’autorizzazione concessa dal consiglio d’istituto all’Ordinario diocesano, oggetto del ricorso, non può riconoscersi un effetto discriminatorio nei confronti dei non appartenenti alla religione cattolica, dal momento che – scrivono i giudici del Consiglio di Stato – indipendentemente dalla qualificazione contenuta nel codex iuris canonici, sottolineata dai ricorrenti e che ha invece valore limitato all’ordinamento al quale si riferisce, la visita programmata non può essere definita attività di culto, né diretta alla cura delle anime secondo la definizione contenuta nell’art. 16 legge n. 222 del 1985, ma assume piuttosto il valore di testimonianza culturale, tesa a evidenziare i contenuti della religione cattolica sotto il profilo della opportuna conoscenza, così come sarebbe nel caso di audizione di un esponente di un diverso credo religioso o spirituale».
L’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti non ha alcuna intenzione di fermarsi qui. Ha incaricato i suoi esperti di esaminare l’opportunità di un eventuale ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo.
La diocesi di Padova, invece, prende atto con soddisfazione del pronunciamento, considerando anche le ripetute contestazioni dell’Uaar, che in taluni casi sono arrivate a plateali proteste con tanto di striscioni e cartelli davanti agli istituti. «La prima decisione del Consiglio di Stato afferma la piena legittimità dell’invitovisita del vescovo alle scuole e pone un precedente giurisprudenziale – è uno dei motivi di soddisfazione della diocesi – valevole in assoluto ed erga omnes».

Fonte: Avvenire, 4 maggio 2010

8 - LE VERE CAUSE E IL VERO RIMEDIO DEI MALI ODIERNI DELLA CHIESA
La lucida analisi, alla luce del pensiero di Benedetto XVI
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Radici Cristiane, maggio 2010

Nel 1985 apparve un libro che fece scalpore: il Rapporto sulla fede del cardinale Joseph Ratzinger, in cui, l’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, sotto forma di intervista a Vittorio Messori, metteva in luce la crisi religiosa seguita al Concilio Vaticano II. «È incontestabile – diceva il cardinale Ratzinger – che gli ultimi vent’anni sono stati decisamente sfavorevoli per la Chiesa Cattolica. I risultati che hanno seguito il Concilio sembrano crudelmente opposti alle attese di tutti, a cominciare da quelle di Giovanni XXIII e di Paolo VI».
Passarono altri vent’anni e lo stesso cardinale Ratzinger, il Venerdì santo del 2005, alla vigilia della sua elezione al pontificato, fece un’altra affermazione che colpì per la sua forza: «Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui! [Gesù]».
Oggi, nella sua Lettera ai cattolici di Irlanda del 19 marzo 2010, Benedetto XVI è ancora più esplicito: ricorda che negli anni Sessanta del Novecento fu «determinante (…) la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo. Il programma di rinnovamento del Concilio Vaticano fu a volte frainteso» e vi fu «una tendenza, dettata da retta intenzione ma errata, ad evitare approcci penali nei confronti di situazioni canoniche irregolari». «È in questo contesto generale» di «indebolimento della fede» e di «perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti (…) che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell’abuso sessuale dei ragazzi».
La visione degli scandali morali che emerge da queste parole è esattamente antitetica a quella che affiora dalla stampa progressista internazionale. Chi oggi mette sotto accusa il Papa e le gerarchie ecclesiastiche pretende che la causa degli abusi dei sacerdoti stia nell’istituzione del celibato e nella “repressione” cattolica della sessualità. Ma i fatti sotto i nostri occhi dimostrano esattamente il contrario: la decadenza morale del clero ha avuto origine, negli anni del post-concilio, proprio quando la “nuova teologia” rifiutò la morale tradizionale per far propria la mitologia della “Rivoluzione sessuale”.
Occorre ricordare infatti che, durante i lavori del Vaticano II prese forma l’idea di una Chiesa non più militante, ma peregrinante, in ascolto dei segni dei tempi, pronta a rinunziare alla verginità della sua dottrina, per lasciarsi fecondare dai valori del mondo. Offrirsi ai valori del mondo significava rinunziare ai propri valori, a cominciare da quello che è più intrinseco al Cristianesimo: l’idea del Sacrificio, che dal mistero della Croce discende in ogni aspetto della vita ecclesiale, fino alla dottrina morale, che un tempo ispirava la vita di ogni battezzato, chierico o laico che fosse.
Il Concilio impose ai vescovi, come un dovere, la “sociologia pastorale”, raccomandando di aprirsi alle scienze del mondo, dalla sociologia alla psicanalisi. In quegli anni era stato riscoperto lo psicanalista austriaco Wilhelm Reich, morto quasi del tutto dimenticato in un manicomio americano nel 1957. Herbert Marcuse ed Eric Fromm ne seguirono la musica.
Nel suo libro-manifesto La Rivoluzione sessuale, Reich aveva sostituito alle categorie della borghesia e del proletariato quelle di repressione e di liberazione, intendendo con questo ultimo termine la pienezza della libertà sessuale. Ciò implicava la riduzione dell’uomo a un insieme di bisogni fisici e, in ultima analisi, ad energia sessuale. La famiglia, fondata sul matrimonio monogamico indissolubile tra un uomo e una donna, era vista come l’istituto sociale repressivo per eccellenza: nessuna considerazione sociologica poteva autorizzarne la sopravvivenza.
Una nuova morale, basata sull’esaltazione del piacere, avrebbe presto spazzato via la morale tradizionale cristiana, che attribuiva un valore positivo all’idea di sacrificio e di sofferenza.
La nuova teologia, spinta dal suo abbraccio ecumenico ai valori del mondo, cercò l’impossibile dialogo tra la morale cristiana e i suoi nemici. I corifei della “nuova morale”, definiti da qualcuno “pornoteologi”, sostituivano alla oggettività della legge naturale, la “persona”, intesa come volontà progettante, sciolta da ogni vincolo normativo e immersa nel contesto storico-culturale, ovvero nell’“etica della situazione”. E poiché il sesso costituisce parte integrante della persona, rivendicavano il ruolo positivo della sessualità, anche perché, a dir loro, il Concilio insegnava che solo nel rapporto dialogico con l’altro, la persona umana si realizza.
Citavano a questo proposito il concetto secondo cui «ho bisogno dell’altro per essere me stesso», fondato sul n. 24 della Gaudium et Spes, “magna charta” del progressismo postconciliare. Basta purtroppo entrare in qualsiasi libreria cattolica per trovare sugli scaffali i libri di questi pseudo-moralisti stampati dalle principale case editrici cattoliche.
Oggi però registriamo il fallimento della “porno-teologia” e la necessità di ritornare agli insegnamenti della morale tradizionale, riscoprendo i valori della penitenza e del sacrificio. Va ribadito dunque che, malgrado i peccati di tanti suoi figli, la Chiesa Cattolica non è mai “peccatrice”, ma resta sempre santa e immacolata nella sua natura e nella sua essenza.
La ragione di questa santità integrale della Chiesa è la santità stessa di Dio, Uno e Trino, e di Gesù Cristo Capo e fondatore del Corpo Mistico. Santo è il Vangelo della Chiesa, santa la sua verità, santi e salvifici sono i suoi sacramenti. Le colpe morali dei membri della Chiesa non ne distruggono la santità morale, perché le mancanze dipendono dall’abuso del libero arbitrio degli uomini, non dall’insufficienza dei suoi mezzi di salvezza.
Anche nei periodi di crisi morale registrati nella sua storia, la dottrina e la legge della Chiesa rimangono identiche nella loro intrinseca santità, operando nelle anime di buona volontà gli stessi benefici effetti dei tempi di splendore.
L’unica soluzione alla gravissima crisi morale dei nostri tempi sta nello spirito di vera riforma della Chiesa indicato da Benedetto XVI nella Lettera ai cattolici di Irlanda. Il richiamo alla penitenza che costituisce il filo conduttore del documento non è mai disgiunto dall’appello «agli ideali di santità, di carità e di sapienza trascendente» che nel passato resero grande l’Irlanda e l’Europa e che ancora oggi possono rifondarla (n. 3).
L’invito ai fedeli irlandesi «ad aspirare ad alti ideali di santità, di carità e di verità e a trarre ispirazione dalle ricchezze di una grande tradizione religiosa e culturale» (n. 12) suona come un appello a tutti i cattolici e agli uomini di buona volontà per ritrovare l’unico fondamento della ricostruzione morale e sociale in Gesù Cristo, «che è lo stesso ieri, oggi e sempre» (Eb. 13,8).

Fonte: Radici Cristiane, maggio 2010

9 - OMELIA PER L'ASCENSIONE - ANNO C - (Lc 24,46-53)

Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 16 maggio 2010)

Quaranta giorni dopo la Risurrezione, Gesù ascende al Cielo davanti agli sguardi stupiti degli Apostoli. Prima di benedirli, Egli dà loro la missione di predicare a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati (cf Lc 24,47). Da una parte, dunque, l’Ascensione del Signore ci invita a innalzare il nostro pensiero alle realtà celesti, distaccandolo dalla terra; dall’altra parte essa ci insegna a non rimanere inerti in una passiva attesa del ritorno del Signore, ma a edificare il Regno di Dio in questo mondo. Nella prima lettura gli angeli richiamarono gli Apostoli con queste parole: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?» (Ap 1,11). Con queste parole non si vuole assolutamente mettere in secondo piano la preghiera, che è senz’altro indispensabile nella Chiesa, ma si vuole richiamare l’attenzione sul fatto che è urgente l’annuncio missionario da diffondere nel mondo intero.
Pertanto, se in poche parole vogliamo sintetizzare il messaggio di questa Solennità, possiamo dire che, alla luce dell’Ascensione del Signore, siamo esortati a innalzare i nostri cuori al Cielo e a poggiare bene i nostri piedi a terra, adoperandoci per la diffusione del Vangelo. Ci vuole la contemplazione e ci vuole l’azione. Questi due elementi vanno sempre insieme. Le sorti di questo mondo non si migliorano nelle discussioni, nelle riunioni, nelle pianificazioni, ma innalzando il cuore al Signore e attingendo da Lui la luce e la forza per operare e per diffondere il bene nel mondo.
Nella prima lettura di oggi, tratta dagli Atti degli Apostoli, si legge infatti che gli Apostoli dovevano essere testimoni del Signore Risorto «in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (1,8). La Chiesa ha dato sempre grande importanza a questa richiesta del Signore, adoperandosi con impegno all’opera missionaria.
La vita del missionario è caratterizzata da tante buone opere a favore dei poveri e dei bisognosi. Pensiamo a quanto si fa per loro in tutte le missioni cattoliche sparse per il mondo. Queste opere non devono mancare, ma non sono la cosa più importante. La cosa più urgente è messa in luce dalle parole di Gesù e consiste nel predicare a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati (cf Lc 24,47). In poche parole il missionario, innanzitutto, deve portare Gesù alle anime, deve farglielo conoscere e amare. Insieme a questo, poi, verranno le opere di carità corporale che testimonieranno l’autentica carità cristiana.
L’Ascensione non ha separato Gesù dalla sua Chiesa. Anche se è salito al Cielo, Egli continua ad essere sempre con noi. «Egli non si è separato da noi, ma ci ha preceduti nella dimora eterna, per darci la serena fiducia che dove è lui saremo anche noi, uniti nella stessa gloria» (dal Prefazio). Fin da adesso pensiamo spesso a questa gloria che ci attende nei Cieli. In Gesù risorto e asceso al Cielo, noi contempliamo quella che sarà anche la nostra meta finale. La festa di oggi ci insegna che non siamo stati creati per questa terra, ma per il Paradiso. Solo lì i nostri cuori troveranno la vera pace. Qui giù ci sarà sempre qualcosa per cui penare e, questo, Dio lo permette per farci desiderare ancor più ardentemente il Cielo.
Anche se tante saranno le prove da superare, abbiamo però un porto sicuro ove rifugiarci: la preghiera. Con la preghiera, che giustamente è stata definita l’«elevazione della mente a Dio», noi ci innalzeremo al di sopra di tutte le miserie umane e attingeremo la forza per affrontare meglio i doveri della nostra giornata. Come un albero si riconosce dai frutti; così la bontà della nostra preghiera si riconoscerà dal miglioramento della vita che ne dovrà conseguire. Se compiremo i nostri doveri meglio di prima, allora sarà segno che avremo pregato veramente bene.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 16 maggio 2010)

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