BastaBugie n�196 del 10 giugno 2011

Stampa ArticoloStampa


1 NEL FILM ''PAUL'' GLI EVOLUZIONISTI ARRUOLANO ANCHE I MARZIANI
Doppiato da Elio e le Storie Tese, ecco il film americano che prende in giro i cattolici come retrogradi e antiscientifici
Autore: Andrea Piersanti - Fonte: Newsletter di Scienza & Vita
2 UN 17ENNE VENDE UN RENE PER COMPRASI L'IPAD
Ecco un caso limite di ciò che purtroppo avviene ordinariamente nel mondo: il mercato nero degli organi umani, il tariffario dell'orrore, il traffico di bambini, ecc.
Fonte: Il Sussidiario
3 GRANDE ALLARME EPIDEMIA IN GERMANIA PER I CETRIOLI: MA COME MAI NESSUNO PARLA DELLA STRAGE CHE FA L'AMNIOCENTESI (CIRCA L'1% DEI BAMBINI MUORE)?
E ci risiamo: H1N1, aviaria, suina, mucca pazza... eppure ognuna di queste ''epidemie'' che avrebbero distrutto il mondo ha causato meno morti di una normale influenza stagionale
Autore: Carlo Bellieni - Fonte: Il Sussidiario
4 I REFERENDUM TRA IDEOLOGIA, ASTRATTEZZE E PREGIUDIZI: CHI CONFONDE LE ACQUE?
Non si può pensare che privato e pubblico siano o due mostri o due paradisi in terra: vediamo come stanno in realtà le cose
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Bussola Quotidiana
5 I DUE REFERENDUM SULL'ACQUA: ECCO PERCHE' ASTENERSI E' LA SCELTA PIU' RAZIONALE
Le leggi eventualmente abrogate dai referendum NON prevedono la privatizzazione dell'acqua (che resta comunque un servizio pubblico) e comunque l'ingresso dei privati NON fa automaticamente aumentare i costi, anzi...
Autore: Andrea Boitani e Antonio Massarutto - Fonte: lavoce.info
6 IL SUICIDIO DELLA GERMANIA CHE RINUNCIA ALLE CENTRALI NUCLEARI: ERA AUTOSUFFICIENTE, MA SCEGLIE DI DIPENDERE DA FRANCIA E RUSSIA
Ecco i video con le interviste a scienziati favorevoli al nucleare: Antonino Zichichi, Margherita Hack, Umberto Veronesi
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana
7 IL FLOP DELLA MARCIA ORGANIZZATA DAL MOVIMENTO PER LA VITA E' L'ENNESIMO CAMPANELLO D'ALLARME
Solo una cinquantina di persone presenti in san Pietro testimoniano il fallimento della dirigenza del Movimento per la Vita italiano (nonostante il generoso impegno di tanti volontari del movimento...)
Autore: Alessandro Gnocchi - Fonte: Libertà e Persona
8 QUANDO I GIOVANI DICONO CHE VOGLIONO DIVENTARE FAMOSI IN UN TALENT SHOW O COME VELINE, IN REALTA' STANNO PARLANDO, NELL'UNICO MODO CHE SANNO, DELLA LORO SETE DI ASSOLUTO, DI BELLO, DI GRANDE
Possibile che ai ragazzi nessuno parli mai di mete alte, esigenti, rigorose? I generici buoni sentimenti a quell'età non funzionano, non li fanno innamorare questi ragazzi, che vogliono sentirsi dire la Verità
Autore: Costanza Miriano - Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com
9 OLTRE LA PEDOFILIA C'E' UN'ALTRA EMERGENZA
I preti in tv che criticano il Papa e la Chiesa aumentano la confusione, creando grave sconcerto anche tra i fedeli
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana
10 EURO PRIDE 2011 A ROMA: VEDIAMO COSA RIVENDICA IL MOVIMENTO OMOSESSUALISTA
Vi mostriamo inoltre il video con cui Alemanno, sindaco di Roma, accoglie calorosamente gay, lesbiche, bisessuali e transgender
Fonte: La Bussola Quotidiana
11 LA SCONFITTA ELETTORALE E LE RESPONSABILITA' DI BERLUSCONI
Il Pdl ha continuato la politica democristiana, limitandosi a una pura gestione di potere, senza operare alcuna svolta (nella mentalità e nei costumi) rispetto alla cultura devastante del '68
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana
12 OMELIA PENTECOSTE - ANNO A - (Gv 20,19-23)
A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - NEL FILM ''PAUL'' GLI EVOLUZIONISTI ARRUOLANO ANCHE I MARZIANI
Doppiato da Elio e le Storie Tese, ecco il film americano che prende in giro i cattolici come retrogradi e antiscientifici
Autore: Andrea Piersanti - Fonte: Newsletter di Scienza & Vita, maggio 2011

Si chiama Paul, ha enormi occhi azzurri, una buffa testa a pera, è alto non più di un metro e venti, con il dito può guarire le ferite, fuma e dice innocue parolacce, è simpatico, è un alieno e viene dallo spazio profondo. È anche il protagonista del film omonimo, "Paul", che uscirà nelle sale italiane il prossimo 10 giugno (la voce dell'alieno sarà doppiata da Elio del complesso "Elio e le storie tese").
Intrattenimento leggero, strizzatine d'occhio ai grandi film di fantascienza più amati degli ultimi anni, lieto fine e soprattutto l'aspetto innocente, quasi infantile, dell'alieno protagonista, potrebbero indurre molte famiglie italiane a scambiarlo per un innocente passatempo da condividere con tutta la famiglia, figli piccoli compresi. Potrebbe essere un errore. In realtà questo film della Universal è l'ennesimo atto di quella inutile battaglia dialettica che, ormai da alcuni anni, sta arroventando gli animi degli americani divisi fra creazionisti e evoluzionisti.
"È stata scelta come miccia di innesco un articolo apparso sul New York Times il 7 luglio del 2005 nel quale venivano riportate, parzialmente estratte dal loro contesto, alcune frasi del cardinale Christoph Schönborn (appartenenti ad un documento alquanto anteriore) che si dichiarava critico nei confronti del neo-darwinismo e qualificava l'evoluzionismo affidato al mero caso, senza finalità né disegno, una pura ideologia. Sugli articoli che ne sono seguiti sui maggiori quotidiani italiani (ma anche su organi di informazione stranieri) l'impiego come fossero sinonimi di concetti quali creazione, creazionismo, intelligent design, Chiesa, Dio, da una parte, ed evoluzione, evoluzionismo, darwinismo, scienziati, scienza, dall'altra, hanno contribuito a creare una miscela di difficile digestione, persino per il lettore informato, anche a motivo di una mediazione giornalistica non sempre adeguata", ha scritto sul suo blog il professor Giuseppe Tanzella- Nitti, ordinario di teologia fondamentale presso la Pontificia Università della Santa Croce. Dopo sei anni di dibattito che ha coinvolto anche e soprattutto i responsabili della programmazione didattica delle scuole Usa, arriva infine questo film, "Paul", per sposare la causa degli evoluzionisti, con una tracotanza e una superficiale supponenza che suscitano più di un motivo di perplessità. Nelle vicissitudini on the road che l'alieno vive in compagnia di una coppia di giovani nerd appassionati di fumetti e fantascienza, compare una ragazza cattolica, molto bigotta. Inizialmente ha non poche difficoltà ad accettare l'esistenza dell'extraterrestre. Reagisce istericamente e non fa una bella figura. La ragazza porta una maglietta con un disegno emblematico. C'è Gesù, con una pistola, che spara a Darwin. La battuta stampata sotto la vignetta dice: "Evolve this!". Prova a evolvere questo!
Nelle scontro dialettico fra i nerd e l'alieno da una parte, evoluzionisti dichiarati, e la ragazza dall'altra, la battuta ricorrente è: "Con questi (e cioè i cattolici) non si può proprio parlare". La ragazza, come se non bastasse, è cieca da un occhio, una delle tante metafore spicciole del film. L'alieno le impone le mani e le restituisce la vista. Grazie ai prodigi della scienza, è ovvio. Nel turbolento finale del film, uno dei ragazzi si becca anche una pallottola in pieno petto e muore ma il piccolo Paul riuscirà a resuscitarlo. La conclusione della storiella è ovvia. La ragazza, finalmente liberata dall'opprimente peso
della Fede, potrà ritrovare il gusto di vivere e di fare sesso con chiunque le capiti a tiro. I ragazzi avranno il successo e i soldi che cercano. "Non vi è opposizione fra la comprensione di fede della creazione e la prova delle scienze empiriche", ha detto Benedetto XVI in più occasioni. Andrebbe ricordato agli sceneggiatori Usa in cerca di idee per combattere battaglie ideologiche che non hanno senso.

Fonte: Newsletter di Scienza & Vita, maggio 2011

2 - UN 17ENNE VENDE UN RENE PER COMPRASI L'IPAD
Ecco un caso limite di ciò che purtroppo avviene ordinariamente nel mondo: il mercato nero degli organi umani, il tariffario dell'orrore, il traffico di bambini, ecc.
Fonte Il Sussidiario, 3/06/2011

Per ottenere quello che voleva, è stato disposto a cedere parte del suo corpo. Un rene in cambio di un iPad. Gli sembrava uno scambio equo, vantaggioso. E' accaduto in Cina, nella provincia meridionale di Guangdong. Zheng, un ragazzo di soli 17 anni, ossessionato dall'hi-tech, ha risposto ad un annuncio on-line per realizzare il suo sogno. Duemila euro in cambio dell'organo. In altro modo, non se lo sarebbe potuto permettere. E così, non ha esitato a farsi operare. Non è filato tutto liscio come credeva. In seguito alla pericolosissima operazione, ha subito delle complicazioni. La madre del ragazzo, inoltre, quando è tornato a casa con il nuovo congegno della Apple, non ci ha messo molto a capire che qualcosa non quadrava. Dove aveva preso tanti soldi?
 
IL RACCONTO DELLA MADRE
«Quando è tornato, aveva un computer portatile e un nuovo telefono Apple. Volevo sapere come avesse avuto così tanti soldi e ha infine confessato di aver venduto uno dei suoi reni», ha dichiarato la donna. Immediata la denuncia alla polizia. Le forze dell'ordine, ora, stanno indagando. Ma il mediatore che ha messo in contatto il giovane "donatore" con il ricevente non è rintracciabile. Nell'ospedale in cui è stato fatto l'espianto – non qualificato per tale genere di operazioni – l'episodio non è stato registrato. Non risultata che, nella struttura ospedaliera, sia mai stato effettuato. Un caso drammatico, ma – magari – fortunatamente inedito e isolato? Niente affatto.

IL MERCATO NERO DEGLI ORGANI UMANI
La Cina, formalmente, ha proibito qualunque commercio di organi umani, prevedendo per le persone coinvolte, l'arresto, multe che vanno da 8 volte a 10 il prezzo dell'organo venduto, e l'interdizione dei medici dalla propria attività per alcuni anni. Tuttavia, il mercato degli organi umani ha origine da una zona d'ombra del governo cinese, una zona utilizzata dalle autorità come luogo di coercizione e imposizione della dottrina di Stato, ma formalmente inesistente. Si tratta dei Laogai. Veri e propri lager, di cui il paese è costellato. Se ne conterebbero almeno un migliaio. In essi i dissidenti politici (chiunque può esservi incarcerato dal regime con tale accusa con un pretesto qualunque) vengono "rieducati", mediante il lavoro forzato. Di fatto, rappresentano manovalanza a costo zero. Sovente i condannati a morte subiscono l'espianto degli organi contro la propria volontà. Sovente la condanna è un pretesto per l'espianto. Un mercato fiorente, che alimenta un ricco giro d'affari. Un rene può arrivare a fruttare 65mila dollari, un cuore 160mila. Gli organi espiantati, vengono poi re-impianti in ricchi acquirenti in strutture specializzate (sono almeno 600 nel Paese). Benché la legge del 2007 imponga l'espianto previo il consenso del paziente, «parliamo di condannati a morte che possono essere soggetti a qualunque pressione, e quindi il loro non può essere un gesto volontario», aveva denunciato Human Rights Watch in un reportage della CNN dell'11 febbraio 2007.

I "DONATORI" INVOLONTARI
Il mercato nero degli organi è un problema, che sembra riguardare il mondo intero. Va fatta, tuttavia, una distinzione: vi sono coloro ai quali gli organi vengono espiantati senza il proprio consento, e i "volontari". Nella prima categoria rientrano, oltre ai suddetti condannati, numerose persone scomparse e utilizzate dai rapitori per ottenere un rene, un fegato, una cornea, dei polmoni e via dicendo. Si tratta, per lo più, di bambini. In Paesi come Argentina, Brasile, Messico, Ecuador, Honduras e Paraguay, i rapimenti di giovani innocenti a tale scopo, da parte della malavita locale, sono all'ordine del giorno. In Afghanistan il traffico sarebbe gestito direttamente dai talebani. La stessa piaga affligge Russia, Ucraina, Moldavia, Romania e Albania. Qui i bambini sono rapiti, venduti in loco, a volte dopo un passaggio per la prostituzione minorile, mentre i loro organi spediti in Europa o Usa via aereo.
 
VENDESI RENE SU INTERNET
Quello del ragazzo cinese è un caso limite. Ma uomini e donne che vendono parte di se stessi per far fronte a necessità insormontabili sono molto numerosi. Spesso in Italia, ad esempio, gli immigrati clandestini che approdano sulle nostre coste, si sono pagati il viaggio con un rene. Alcuni migranti curdi provenienti dalla Turchia, presentavano sul proprio corpo i segni di una recente operazione. Non si contano, poi, su internet, i casi di chi, per uscire dalla miseria, o per sopravvivere alla disoccupazione, non trova altra soluzione. «Sono sano, sono forte come un lupo e metto in vendita un mio rene per 150mila euro», scrive un ex imprenditore friulano e residente nel trevigiano; «Vendo rene, all'acquirente vanno caricate tutte le spese viaggio soggiorno anche per familiare» e «vendo ovuli per fecondazione assistita, disp. a viaggiare all'estero con spese a carico dell'acquirente anche per familiare», scriveva una donna di Chieti che non sapeva come pagare il mutuo, in due annunci intercettati dalla polizia postale; «vendo rene 110.000 euro, per motivi finanziari. Sono ragazzo 26 anni, e non ho mai usato droghe, non ho bevuto alcool, non fumo e sono perfettamente sano», un altro annuncio, correlato di mail; un imprenditore di 50 anni di Mestre ha messo in vendita su E-Bay, «per 500mila euro un rene o un polmone o una porzione di fegato». Di annunci del genere, il web è ricolmo. Dagli Stati di tutto il mondo, ne provengono di simili. Tanto che c'è chi ha pensato di legalizzare questa pratica disumana.

IL TRAFFICO LIBERALIZZATO
Va precisato: la donazione degli organi, ovviamente, non è illegale tout court; ciò che non è ammissibile, è la vendita previo compenso. In Italia, ad esempio, è concessa la donazione di alcuni di organi e tessuti rigenerabili (sangue, midollo osseo, etc.), mentre è considerata illecita la vendita. In ogni caso, «non sono ammissibili atti di disposizione del corpo che provochino una diminuzione permanente dell'integrità fisica», si legge sul Codice penale. Ebbene, anche nel cosiddetto mondo civilizzato, c'è chi propone un'inversione di tendenza. In Gran Bretagna, dalla pagine del British Medical Journal, Amy Friedman, Professore Associato di Chirurgia alla Yale University School of Medicine, aveva lanciato la proposta di rendere legale il traffico di organi, espiantati da persone vive e consenzienti. Un appello dello stesso tenore era stato lanciato, alcuni anni fa, dal Nobel per l'economia Gary Becker, e ripreso da svariate firme di prestigio del Wall Street Journal e del New York Times. Dalle proposte ai fatti: se in tutto il mondo la pratica è vietata dalla legge, Singapore rappresenta un'eccezione. Il suo Parlamento, nel 2009, ha reso legali, come riportava AsiaNews, i "rimborsi" per la donazione di organi provenienti da persone ancora in vita. La proposta aveva ricevuto il parere favorevole di 79 parlamentari su 84.
 
IL TARIFFARIO DELL'ORRORE
E' impossibile farsi un'idea precisa di quanto possano costare un fegato o un cuore nuovi. I prezzi variano a seconda del Paese di provenienza del donatore, del suo stato fisico, e dell'età. Per delle cornee nuove si può andare dai 3 ai 15 mila euro, per un cuore, oltre alle svariate centinaia di migliaia di euro. Un cuore o un occhio sono venduti, in Afghanistan, dai talebani, ad un prezzo compreso tra i 13 e i 15mila euro. Per un rene si va dai mille euro dei broker di Kathmandu (Nepal), ai 5mila euro afghani, fino a raggiungere i 120mila euro. Ancora più difficile reperire dati sul commercio di testicoli. Essi, infatti, sono ritenuti tra gli organi più difficili da trovare sul mercato nero e da conservare. Nell'asta on-line di Baazee.com entrambi i testicoli erano stati messi in vendita a partire da un milione di euro.

Fonte: Il Sussidiario, 3/06/2011

3 - GRANDE ALLARME EPIDEMIA IN GERMANIA PER I CETRIOLI: MA COME MAI NESSUNO PARLA DELLA STRAGE CHE FA L'AMNIOCENTESI (CIRCA L'1% DEI BAMBINI MUORE)?
E ci risiamo: H1N1, aviaria, suina, mucca pazza... eppure ognuna di queste ''epidemie'' che avrebbero distrutto il mondo ha causato meno morti di una normale influenza stagionale
Autore: Carlo Bellieni - Fonte: Il Sussidiario, 6 giugno 2011

La recente "epidemia" di morti in Germania, prima imputata ai cetrioli spagnoli, poi a non si sa cosa, ha portato una nuova ondata di panico: cetrioli sequestrati, dissequestrati, nuove raccomandazioni di lavarsi le mani prima di mangiare, appena si torna a casa, di mettere la varichina nell'insalata e altre amenità. E ci risiamo, come se non ne avessimo viste abbastanza: H1N1, aviaria, suina, mucca pazza... e il bello è che ognuna di queste "epidemie che avrebbero distrutto il mondo" ha causato solo pochi morti: meno di quanti ne fa una normale influenza stagionale.
Eppure tutti a preoccuparsi, a buttarsi l'alcol sulle mani, a stilare protocolli, a spendere, comprare, soprattutto: comprare e spendere per articoli sanitari, disinfettanti, antibiotici. Il tutto per qualche decina di decessi: cosa triste, ma limitata, certo meno di quanti muoiono di incidenti stradali in un weekend. Ma che volete, siamo fatti così: tutti pronti a spaventarci per il primo allarme, soprattutto se ben orchestrato volutamente o no. E soprattutto pronti a far finta di non vedere quando le epidemie vere ci sono, sono gravi, sono sotto gli occhi di tutti, ma evidentemente c'è la parola d'ordine di non interessarsene.
Per tutte, basti pensare alla epidemia di gravidanze interrotte senza volerlo, provocata ogni giorno in tutto il mondo dall'amniocentesi che ben sappiamo ha come "effetto collaterale" la morte fetale in dieci casi su mille (5 ogni mille per i più ottimisti). Un'altra procedura medica che avesse altrettanto insuccesso sarebbe stata messa al bando da anni, altro che "continuare a tollerarla in attesa di nuove scoperte".
E dato che in Italia si fanno circa 100.000 amniocentesi l'anno, vuol dire che circa 500-1000 donne sane perdono il loro figlio sano o malato che portano nel pancione. Vi pare poco? E questo vale per l'Italia e per tutto il mondo. Non vi sembra un allarme che si doveva prendere sul serio? 1000 donne all'anno in lutto; e 1000 bambini morti prima di nascere. E questo non dipende da errori degli operatori, ma è un problema intrinseco alla procedura. Che però non si può criticare, perché è una procedura "politicamente corretta": la corsa alla ricerca dell'anomalia genetica, in particolare della sindrome Down: ormai routine quotidiana.
Dunque ci sono epidemie di serie A (quelle che fanno vendere i giornali) e quelle di serie B (di cui è vietato parlare). Strano modo di trattare i fenomeni sanitari sui giornali e in televisione. D'altronde, tra il rischiare di toccare l'intoccabile e far pressione sulle paure della gente, amplificandole e creandone ogni anno una, evidentemente i massmedia finiscono col preferire la seconda soluzione. Scarso coraggio o ordine superiore imposto da una cultura che vuole renderci tutti impauriti, impegnati tutta la vita, 24 ore su 24 solo a cercare strade e stradine per fuggire da ogni rischio e da ogni responsabilità?

Fonte: Il Sussidiario, 6 giugno 2011

4 - I REFERENDUM TRA IDEOLOGIA, ASTRATTEZZE E PREGIUDIZI: CHI CONFONDE LE ACQUE?
Non si può pensare che privato e pubblico siano o due mostri o due paradisi in terra: vediamo come stanno in realtà le cose
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Bussola Quotidiana, 02/06/2011

Uno dei temi del prossimo referendum del 12 giugno è quello dell'acqua. E ancora una volta ideologia, astrattezze e pregiudizi stanno facendo la parte del leone, con l'aiuto consistente dell'ecologismo arcobaleno. Vogliono privatizzare l'acqua, gli interessi delle multinazionali non devono prevalere, l'acqua è di tutti, non si specula sulla sete: frasi di questo genere le abbiamo sentite e lette tutti. Su di esse sono stati tenuti convegni, costruite campagne, organizzate marce, firmate petizioni, convocate perfino veglie di preghiera. Senza contare, però, che il problema è diverso.
Che l'acqua sia un fondamentale bene pubblico, che su di essa non si debba speculare, che debba essere usata a vantaggio di tutti è assolutamente vero. Che dal punto di vista cristiano l'acqua vada salvaguardata e bene adoperata, in quanto è un elemento che il Creatore ha messo a disposizione di tutti i suoi figli è ancora più vero. Che occorra riflettere sul futuro dell'acqua, soprattutto per certe aree povere del pianeta è certissimo. Che questo però significhi automaticamente che una gestione privata sia considerata a priori come un "mostro" e quella degli enti pubblici come la più efficiente non è per niente vero. "Gestione" dei tubi, dico, non proprietà né controllo.
Non si può pensare che privato da un lato e pubblico dall'altro siano o due mostri o due paradisi in terra. Se la municipalizzata dell'acqua funziona bene, tiene bassi i prezzi e investe nella rete idrica non è il caso di privatizzare la gestione. Se la municipalizzata, invece, deve mantenere uno stuolo di raccomandati, serve per collocare nei consigli di amministrazione i trombati alle elezioni, tiene bassi i prezzi solo perché scarica sul fisco i costi eccessivi, permette che le tubazioni perdano il 40 per cento dell'acqua perché non investe sugli impianti e non fa manutenzione, allora è lecito pensare a nuove forme di gestione, anche in collaborazione con il privato. Qui non ci sono il Bene e il Male, ma solo scelte di buon senso fatte di volta in volta. In giro per il mondo ci sono mille situazioni di collaborazione pubblico-privato, secondo mille modulazioni diverse a seconda dei luoghi e della loro storia. Da noi, invece, aut aut: o pubblico o privato, salvezza o perdizione, egoismo e sfruttamento oppure solidarietà e bene comune. Non è così.
Nel nostro Paese gli investimenti sono fermi ormai da molto tempo e i livelli della fornitura e della depurazione sono insoddisfacenti. Il sistema, inoltre, non potrà più scaricare le sue perdite sulla fiscalità generale, ossia sulle tasse dei cittadini, dovrà finanziarsi da sé e questo vale sia che si apra ai privati sia che no. Se il sistema non funziona, i cittadini o pagano di più la bolletta o pagano di più di tasse: non c'è scampo.
Ha un bel dire la Dottrina sociale della Chiesa che bisogna costruire un sistema a tre: privato, Stato e società civile.  Poi, invece, molti ancora pensano che il privato sia il babau e la municipalizzata sia il tutore del bene comune. Non riusciremo a garantire l'acqua ai nostri figli se non supereremo questi moralismi, che con «sor'Aqua, la quale è molto utile et humile et pretiosa et casta» di San Francesco non hanno niente a che fare.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 02/06/2011

5 - I DUE REFERENDUM SULL'ACQUA: ECCO PERCHE' ASTENERSI E' LA SCELTA PIU' RAZIONALE
Le leggi eventualmente abrogate dai referendum NON prevedono la privatizzazione dell'acqua (che resta comunque un servizio pubblico) e comunque l'ingresso dei privati NON fa automaticamente aumentare i costi, anzi...
Autore: Andrea Boitani e Antonio Massarutto - Fonte: lavoce.info, 17/05/2011

QUESITO REFERENDARIO N. 1 - modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica. (...)

PRIVATIZZAZIONE DELL'ACQUA?
I promotori del quesito hanno giustificato la richiesta di abrogazione sostenendo che l'articolo 23-bis prevede la privatizzazione dell'acqua.
In realtà, la proprietà della risorsa idrica non viene messa in discussione dalla legge, ma questo è addirittura banale. Ciò che conta davvero è che la legge non mette in discussione neppure la natura pubblica del servizio, l'universalità dell'accesso, il diritto soggettivo dei cittadini a riceverlo a condizioni accessibili: la responsabilità della fornitura continua a essere pubblica e sono i piani di gestione approvati da soggetti pubblici a decidere quali servizi offrire, quanti investimenti fare, quali obiettivi di miglioramento perseguire. L'eventuale coinvolgimento del privato è una scelta che si può descrivere così: il "condominio cittadino" ha bisogno di un idraulico per far funzionare il sistema di servizio, e deve decidere se assumerne direttamente uno alle sue dipendenze (affidamento "in house") oppure affidare il compito a un professionista esterno. La legge non  richiede che il professionista esterno sia un privato, ma richiede che la scelta venga effettuata tramite una gara pubblica. L'idraulico, chiunque esso sia (azienda pubblica o azienda privata), non è e non sarà mai il "padrone dell'acqua": l'acqua appartiene ai cittadini, le infrastrutture appartengono ai cittadini, le modalità di accesso alle infrastrutture per approvvigionarsi del bene essenziale sono decise dal soggetto pubblico, le tariffe sono approvate dal soggetto pubblico. L'idraulico ha solo il compito di recapitarci l'acqua a casa, con le caratteristiche qualitative richieste affinché la possiamo usare e poi riprenderla per restituirla all'ambiente. Però, l'idraulico costa: il vincolo per il comune, qualunque modello scelga, è che le tariffe pagate dai cittadini coprano questi costi.

CON I PRIVATI ACQUA PIÙ CARA?
Uno dei leit-motiv dei referendari è che, con l'ingresso dei privati nella gestione dei servizi idrici, il prezzo dell'acqua non potrebbe che salire. Ma il prezzo dell'acqua sale non perché la gestione sia privata, ma semmai perché è stata, per così dire, "defiscalizzata" a partire dal 1994, quando venne approvata la Legge Galli (legge 36/1994, forse la legge ad attuazione più ritardata della storia nazionale). In passato, e in parte ancora oggi, è stata la finanza pubblica a farsi carico (poco) degli investimenti, mentre la tariffa a stento copriva i costi operativi. Se il contributo della fiscalità generale viene meno, il gestore (chiunque esso sia, pubblico o privato) deve ottenere le risorse finanziarie dal mercato, o sotto forma di prestiti (capitale di terzi) o di equity (capitale proprio). Le regole tariffarie sono uguali per tutti e prevedono che la tariffa copra i costi di gestione, gli ammortamenti e il costo del capitale investito: questo vale sia per le gestioni pubbliche che per quelle dove c'è una qualsiasi forma di coinvolgimento privato.

CON I PRIVATI ACQUA PEGGIORE?
Un altro tema su cui insistono i referendari è che, con l'ingresso dei privati, non potremmo più essere sicuri della qualità dell'acqua che beviamo e che, quindi, le gestioni private metterebbero in pericolo la nostra salute. Ma la qualità dell'acqua – in tutti i sensi, compreso quello relativo agli scarichi depurati – è decisa dal regolatore pubblico. Non solo l'eventuale ingresso dei privati non farà peggiorare la qualità, ma potrà farla sensibilmente migliorare, anche tenendo conto del maggiore antagonismo tra regolatore e regolato. Con le gestioni pubbliche, il regolatore pubblico chiude più facilmente un occhio e anche l'opinione pubblica è spesso disposta a tollerare dal pubblico disfunzioni che mai tollererebbe da un privato. Basti citare la vicenda dell'arsenico: le gestioni coinvolte si dividono esattamente a metà tra pubbliche e private, ma quando capita ad Acea la si sbatte in prima pagina, quando invece capita alla gestione pubblica di Viterbo stranamente non ne parla nessuno. L'acqua del sindaco, chissà perché, è sempre ottima e abbondante, anche quando fa schifo. Va anche considerato che le tariffe sono congegnate in modo da premiare chi fa investimenti: il privato, se vuole guadagnare, deve investire. E infatti, i dati dimostrano che le gestioni privatizzate investono di più di quelle pubbliche, che invece sono più vincolate dall'obiettivo politico di tenere basse le tariffe.

EFFETTI COLLATERALI?
I referendari pensano all'acqua, però l'abrogazione della legge riporterebbe in vigore le normative pre-vigenti non solo per i servizi idrici, ma anche per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, i trasporti locali, eccetera. Secondo quelle normative, la possibilità di affidamento dei servizi "in house", al di fuori di un chiaro quadro di regolazione, era assai più ampia. L'articolo 23-bis, infatti limita l'affidamento "in house" a "situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato". In ogni caso, la legge che col referendum si potrebbe abrogare richiede che la scelta dell'affidamento "in house" vada motivata e trasmessa con una relazione all'Antitrust e all'autorità di settore (se esiste) che devono esprimere un parere (purtroppo non vincolante). Qualcuno, facendo spallucce, dice che, per i settori diversi dall'acqua, si potrebbe intervenire nuovamente ad abrogazione eventualmente avvenuta. Ma il quesito referendario riguarda un intero articolo di legge, che si occupa di tutti i servizi pubblici locali. Dovessero vincere i sì, la manifesta volontà degli elettori riguarderebbe tutti i servizi e non solo l'acqua. Perché il legislatore dovrebbe rispettare l'esito del referendum per l'acqua e tradirlo per altri settori?

QUESITO REFERENDARIO N. 2 - determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito – chiede: Volete voi che sia abrogato il comma 1, dell'art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 "Norme in materia ambientale", limitatamente alla seguente parte: "dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito"?

SE IL PROFITTO VENISSE ABOLITO, L'ACQUA COSTEREBBE DI MENO?
Il quesito sembra motivato dall'idea una "adeguata remunerazione del capitale investito" comporti inevitabilmente prezzi dei servizi idrici maggiori. Se fosse vero che il prezzo aumenta per colpa del profitto, sarebbe vero anche per qualsiasi altra attività economica: anche le case, le automobili, il pane e gli abiti costerebbero di meno se fossero prodotti da un soggetto pubblico che non remunera il capitale investito. Ma la storia dell'Unione Sovietica smentisce questa credenza. Dobbiamo intenderci sul significato di "profitto". In un mercato concorrenziale, rappresenta il costo-opportunità del capitale e il premio per l'imprenditore che riesce a produrre lo stesso valore degli altri con costi più bassi (o un valore più alto agli stessi costi). In un mercato monopolistico non regolato, il profitto è gonfiato dalla rendita di monopolio. Nel settore idrico le possibilità di sfruttare la concorrenza sono limitate alla fase di affidamento del servizio (da quattro a dieci volte in un secolo, diciamo), ma una buona regolazione può aiutare non poco. Del resto, non basta non fare profitti per costare poco: un'impresa che non remunera il capitale, ma ha personale in eccesso o affida consulenze d'oro agli amici dell'assessore, alla fine, potrebbe costare di più. Se la regolazione è costruita in modo che il profitto rappresenti l'eventuale premio per l'impresa che si dà da fare per ridurre i costi, il cittadino ne può trarre beneficio.
Attualmente il "metodo normalizzato" per il calcolo della tariffa idrica prevede che il costo del capitale da imputare alla tariffa sia calcolato in modo forfetario al 7 per cento del valore del capitale investito: questa scelta è arbitraria e discutibile. Quel 7 per cento non è "profitto", ma ingloba in sé gli interessi passivi sui finanziamenti che l'azienda riceve dal mercato, e copre in parte il rischio di impresa. Viene riconosciuto a tutte le gestioni e non solo a quelle private. È vero che il valore del 7 per cento, fissato arbitrariamente nel 1996, quando ancora c'era la lira, rappresenta un valore ormai privo di qualsiasi riferimento con il "vero" costo del capitale che le gestioni sostengono. Ad ogni modo, il quesito referendario abolirebbe l'inciso relativo alla "adeguatezza della remunerazione del capitale investito", ma non il principio, stabilito dallo stesso articolo 154 comma 1 una riga dopo, in base al quale la tariffa deve garantire la copertura dei costi, comprensivi degli investimenti. Dire che la tariffa deve coprire gli investimenti significa che, in ogni caso, il costo del capitale dovrà essere coperto: con cosa si ripagherebbero i debiti contratti con le banche, altrimenti? E se questo capitale fosse capitale di rischio (equity), il suo costo è rappresentato dall'utile netto aziendale. Quello che dovrebbe invece essere evitato (ma non serviva certo il referendum per ribadirlo) è che la tariffa contenga "extraprofitti", ossia remunerazioni eccessive rispetto al costo-opportunità del capitale e al premio per il rischio.

L'ACQUA DIVENTERÀ UN BENE DI LUSSO?
Gli effetti distributivi non vanno mai trascurati: è giusto preoccuparsene, ma senza allarmismi e senza confusioni. Oggi spendiamo circa 90 euro/anno pro capite e a regime potrebbero diventare il 20 per cento in più, con l'attuazione dei piani di gestione esistenti. Volendo proiettare a lungo termine le tariffe davvero necessarie per un equilibrio di lungo periodo si potrebbe arrivare a 140-150 euro pro-capite. Non sono cifre irrisorie, sebbene si tratti pur sempre di 50 centesimi al giorno. Oltre tutto, questi valori medi oscillano da una realtà all'altra e l'incidenza sui redditi può essere molto diversa, considerando che poiché l'acqua è un bene essenziale, i ricchi ne consumano quanta i poveri. Il tema dell'incidenza tariffaria non va certamente banalizzato, ma può essere affrontato in modo adeguato, costruendo strutture tariffarie diverse da quella attuale. Un conto è dire che i ricavi da tariffa (complessiva) devono coprire i costi totali, un altro conto è discutere di come costruirla. Ad esempio, si potrebbero introdurre quote fisse significative parametrate ai valori catastali in modo da ridurre l'incidenza sulle fasce sociali più deboli. Si può anche pensare a forme integrative di intervento della finanza pubblica, finalizzate a garantire che l'accesso al mercato dei capitali avvenga a condizioni più vantaggiose, e quindi con un minore impatto sulla tariffa.

Fonte: lavoce.info, 17/05/2011

6 - IL SUICIDIO DELLA GERMANIA CHE RINUNCIA ALLE CENTRALI NUCLEARI: ERA AUTOSUFFICIENTE, MA SCEGLIE DI DIPENDERE DA FRANCIA E RUSSIA
Ecco i video con le interviste a scienziati favorevoli al nucleare: Antonino Zichichi, Margherita Hack, Umberto Veronesi
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana, 03-06-2011

La decisione della Germania di chiudere tutte le centrali nucleari sul proprio territorio entro il  2022 è stata accolta in Italia - e non solo - con grande soddisfazione dei soliti opinionisti del politicamente corretto. Soddisfazione accresciuta dal fatto che l'annuncio è arrivato a pochi giorni  del referendum sul nucleare del 12 e 13 giugno che la Corte di Cassazione ha confermato malgrado il governo sul tema avesse già fatto harakiri. C'è inoltre da attendersi che l'esempio della Germania venga presto seguito da altri paesi: la Svizzera ha già cominciato con un piano che prevede la chiusura entro il 2034.
Evviva, dunque, il mondo sarà più sicuro e felice. Così almeno è portata a pensare gran parte dell'opinione pubblica. Purtroppo però le cose stanno diversamente. Il fatto è che nel mondo sviluppato noi diamo per scontato l'accesso all'energia, la disponibilità di elettricità a basso prezzo e nella quantità che vogliamo. Ma non è così: la disponibilità di energia così come la conosciamo oggi è stata una grande conquista della modernità, ad un tempo effetto e causa dello sviluppo. Se non per avere studiato la storia, dovremmo averlo presente almeno guardando al mondo nella sua interezza: perché ci sono due miliardi di persone  – il 30% circa dell'umanità – che non hanno accesso all'energia elettrica, e sono le stesse persone che vivono in povertà e sottosviluppo.
Dunque, guai a dare per scontata la disponibilità di energia a basso costo e guai a pensare che la scelta delle fonti energetiche possa essere fatta come quella dei prodotti per la casa al supermercato. Il caso della Germania è esemplare perché la scelta no-nucleare è soltanto l'ultima puntata di una tendenza al suicidio energetico iniziata già da un ventennio sotta la spinta dei Verdi.
La Germania infatti potrebbe essere autosufficiente dal punto di vista energetico: tanto per cominciare ospita le più grandi riserve di carbone in Europa (attualmente questa fonte copre oltre il 40% del fabbisogno), ma – a causa dell'adesione al Protocollo di Kyoto e alla conseguente necessità di ridurre le emissioni di anidride carbonica - il carbone è diventato tabù, a vantaggio del gas naturale (attualmente copre il 20% del fabbisogno nazionale). La cosa sorprendente è che nel nord ovest della Germania vi è vasta disponibilità di gas, ma le rigide regolazioni ambientali ne hanno bloccato l'esplorazione e lo sfruttamento. Così già da tempo la Germania si è rivolta al gas russo: dal 1991 è aumentata del 40% l'importazione e ora il gas fornito dalla russa Gazprom copre il 40% di tutto il gas consumato dalla Germania. Tale dipendenza energetica dalla Russia non è indolore, visto che la politica estera di Mosca è spesso in contrasto con quella dell'Europa e degli Stati Uniti e che il governo russo ha già dimostrato più volte di non avere paura di chiudere i rubinetti del gas se vuole ottenere qualcosa.
Ora arriva anche la scelta della rinuncia definitiva al nucleare, il che significa che nel giro di 11 anni la Germania dovrà provvedere a trovare con altre fonti il 30% circa dell'energia di cui ha bisogno. Fotovoltaico ed eolico, ha detto il governo tedesco secondo la logica del supermercato. Annuncio che ha fatto saltare di gioia tutti i nostri ambientalisti, vecchi e convertiti, ma si sa che non potrà essere così: l'energia nucleare costa un terzo di quella eolica e un ventesimo di quella solare, senza contare i problemi per trovare gli spazi necessari per piazzare tutte le pale eoliche e i pannelli fotovoltaici necessari a produrre così tanta energia. La via delle rinnovabili è perciò proibitiva.
Le strade realistiche che la Germania dovrà percorrere sono altre, e sono molto meno romantiche e bucoliche di quanto si possa pensare: intanto aumenterà la dipendenza dalla Russia per il gas, considerato che l'anno prossimo entrerà anche in funzione il gasdotto del Nord, che collega direttamente la Russia alla Germania. Poi ci si rivolgerà al nucleare francese, che sta già sostituendo quello prodotto dalle sette centrali tedesche fermate subito dopo l'incidente di Fukushima: in Francia l'opinione pubblica, insieme al governo, resta pro-nucleare e a questo punto ci sono le premesse perché intensifichi la produzione con questa fonte per rispondere ai bisogni della Germania ma anche dell'Italia. Infine, si rivolgerà alla Polonia per il carbone, che già provvede il 90% dell'elettricità di quel paese: costruire nuove centrali a carbone è relativamente economico e veloce.
In altre parole il futuro della Germania vede costi maggiori per l'energia, che ne limiterà il ruolo di locomotiva europea, e una forte dipendenza dall'estero che limiterà fortemente l'autonomia politica non solo della Germania ma dell'Europa intera.
Chi pensa che la rinuncia al nucleare sia fondamentale per un futuro migliore, è bene che ci rifletta seriamente.

Nota di BastaBugie: ecco i video di tre interviste a scienziati a favore dell'energia nucleare: 1)Antonino Zichichi, 2)Margherita Hack, 3)Umberto Veronesi

1) Antonino Zichichi

www.youtube.com/watch?v=CNYSJ3gL4aw

2) Margherita Hack

www.youtube.com/watch?v=McfeqarkxFQ

3) Umberto Veronesi

www.youtube.com/watch?v=IG30QxgBUso

Fonte: La Bussola Quotidiana, 03-06-2011

7 - IL FLOP DELLA MARCIA ORGANIZZATA DAL MOVIMENTO PER LA VITA E' L'ENNESIMO CAMPANELLO D'ALLARME
Solo una cinquantina di persone presenti in san Pietro testimoniano il fallimento della dirigenza del Movimento per la Vita italiano (nonostante il generoso impegno di tanti volontari del movimento...)
Autore: Alessandro Gnocchi - Fonte: Libertà e Persona , 04/06/2011

"La verità di carta": così si intitolava il libro di un giornalista cattolico pro life, che anni orsono notava come i giornali abbiano il potere di rovesciare la realtà. Quel libro può venire in mente a chi legga la pagina di "Avvenire" del 2 giugno 2011 a cura del "Movimento per la vita italiano".
Vi si illustrava il LIFEDAY tenuto a Roma il 22 maggio scorso. Il Lifeday è una iniziativa del giornalista Piero Pirovano, sponsorizzata nientemeno che dal Presidente del MpV italiano, l'europarlamentare dell'UDC Carlo Casini, il quale, in più occasioni, aveva invitato i pro life italiani a parteciparvi. Utilizzando più volte le colonne del quotidiano Avvenire, il bollettino ufficiale del MpV, "Sì alla vita", e le mail di tutti i Mpv e Cav italiani.
Con tale sponsor, si poteva pensare, chissà che evento! Qualcuno avrà sicuramente pensato: "Finalmente! Finalmente anche la direzione del MpV italiano, sempre ostile alle cosiddette marce per la vita, ha cambiato idea! Finalmente si fa qualcosa di pubblico! Casini deve avere cambiato idea".
Ma cosa è successo, in verità? Che il Lifeday è stato un vero e proprio flop. Varie persone presenti, partite con entusiasmo, hanno raccontato che i manifestanti erano circa 50, massimo 60! Lo si può notare anche osservando le poche e pudiche foto dell'evento: si vedono bandiere, cartelloni molto grandi e ben studiati, e dietro... pochissime persone (un po' confuse con i passanti, numerosi in una giornata di sole romana).
Tra queste i membri del direttivo nazionale del MpV e un gruppo di aderenti del Centro Culturale Lepanto di Fabio Bernabei. Il lettore noti che la gran parte di questo sparuto gruppo, non era giunta a Roma per il Lifeday medesimo, ma perché convocata per il direttivo nazionale degli adulti e per quello dei giovani.
Erano già a Roma, insomma, il sabato, e non hanno fatto che fermarsi anche la domenica. Di fronte a questi fatti, ci si dovrebbe interrogare: dove è finito il popolo per la vita italiano? Dove si è smarrito quello stesso MpV che tanti anni fa, all'epoca della presidenza Migliori, riusciva comunque a portare in piazza un discreto numero di persone? Nessuna di queste domande.
Nel ricordare la giornata, sul numero di Avvenire citato, Casini proponeva ancora una volta, con inspiegabili toni trionfalistici, la presunta necessità di considerare il "Movimento per la Vita come forza ispiratrice dell'intero popolo della vita". Con che coraggio pretendere questa leadership?
Nell'articolo seguente, a cura di Leo Pergamo, si presentava l'evento in questi termini: "Bilancio di un evento. Massimo risultato senza spreco di risorse". Nel testo dell'articolo si poteva leggere un resoconto capace di far pensare alla presenza di forze oceaniche. Si accennava ai "giovani provenienti da ogni regione italiana", quasi fossero legioni... Proseguiamo: "Nonostante un caldo torrido che ha scoraggiato le famiglie con bambini, diciamo il nostro grazie a tutti: alle associazioni che hanno aderito, ai volontari di Roma, ai membri del direttivo nazionale del MpV, ai numerosi giovani e amici dell'Equipe (esterni al Mpv, nda), ai giovani che in pulman ci hanno raggiunti da Tarquinia e Viterbo, a chi è arrivato in auto dalla Toscana, le Marche, il Molise, ai tanti bloccati a casa dallo sciopero dei treni...".
Mancava che i cinquanta partecipanti venissero ringraziati uno per uno, per nome... Concludeva Pergamo: "Grazie ad una buona sinergia massimi sono stati i risultati in termini mediatici, di contenuti, di preghiera e di progettualità a fronte di uno sforzo minimo, senza inutili sprechi di risorse".
Si legga tra le righe: non viene mai detto il numero dei partecipanti: come mai? Di solito è prassi fare delle stime, ricordare: "eravamo tanti, eravamo x". Qui, per il vero onestamente, nessuna. Si tirano in ballo il sole, quasi la pioggia avesse potuto garantire più partecipanti, e lo sciopero dei treni. Forse per parlare ai presenti? Per dire, tra le righe: "eravamo pochi (come si può vedere anche dall'elenco delle adesioni ufficiali, veramente pochissime) ma la colpa è del sole e dei treni!".
Si sostiene, infine, che lo sforzo è stato minimo! Anche in questo caso per dire, a chi sa come sono andate veramente le cose, perché presente: "guardate, è vero che eravamo pochissimi, ma in realtà è perché non ci siamo impegnati!"
Ma il lettore che non sa nulla, invece, crede veramente che il mondo pro life dietro al MpV ci sia davvero. E che sia forte, giovane, numeroso. E' allora bene chiarire: giustamente il papa ha salutato il MpV italiano, anche se il suo accenno ad un "folto gruppo" non è imputabile certo a Lui, ma a chi ha preparato i saluti, immaginando forse ben altre presenze.
Infatti il MpV italiano ha tantissimi meriti, dal momento che con i suoi Cav aiuta migliaia di donne e bambini tutti i giorni. Il punto dolente non sono dunque i Cav, e i generosi volontari del MpV, ma un altro: cosa ha fatto in questi anni il MpV centrale, quello, per intenderci, guidato da Carlo Casini? Non si può certo dire che abbia proposto con coraggio e costanza una vera cultura della vita, che abbia resistito alla progressiva avanzata della cultura della morte.
Il risultato è evidente: nonostante un budget del MpV centrale di un milione di euro, dicesi un milione, che non finisce certo ai Cav, e all'assistenza concreta, ma che dovrebbe servire a fare battaglie culturali importantissime, il periodico "Sì alla vita", che ingurgita cifre incredibili, vende pochissime copie, mentre la chiamata di Casini ad una manifestazione pubblica non riscuote effetto alcuno!
E' dunque forse ora di capire che un Movimento non può essere presieduto da vent'anni dallo stesso presidente, che nel contempo, invece di dedicare il suo tempo ad espanderlo e renderlo incisivo, insegna all'università, fa il parlamentare (da 30 anni!), presenzia nei cda di assicurazioni e di banche, e imposta tutto il MpV sulla sua persona (e su quella di sua figlia, onnipresente come lui, sul palco, in quasi tutti i convegni e raduni)…
E' ora forse di capire che se in piazza non si riesce a portare nessuno, è anche perché la gente non capisce come mai il MpV centrale non sia mai chiaro, quando è in ballo la politica: chi ha sentito una parola di Casini in occasione della candidatura di Mercedes Bresso, la Bonino piemontese, alle ultime regionali?
Chi ha mai sentito Carlo Casini osteggiare pubblicamente uno dei tanti candidati pro morte sostenuti, o almeno non ostacolati, dal suo partito? E' ora che la direzione del Mpv non sia più in mano a chi professa due appartenenze, al MpV medesimo e ad un partito, perché questo limita fortemente la battaglia per la vita, e nello stesso tempo allontana dal MpV quanti non condividono le idee politiche del suo presidente e persino tutti i politici dei vari partiti, che mai e poi mai potrebbero appoggiare un Movimento così legato ad una persona che fa capo ad un partito avversario.
E' soprattutto ora di un rinnovamento, di lasciare spazio a forze nuove. I 50 partecipanti al Lifeday, dei quali non tutti del MpV medesimo, il boicottaggio dell'evento da parte di molti pro life romani, anche del MpV stesso, dovrebbe insegnare qualcosa. E lasciamo perdere le "verità di carta" e i trionfalismi artificiali post flop.

Fonte: Libertà e Persona , 04/06/2011

8 - QUANDO I GIOVANI DICONO CHE VOGLIONO DIVENTARE FAMOSI IN UN TALENT SHOW O COME VELINE, IN REALTA' STANNO PARLANDO, NELL'UNICO MODO CHE SANNO, DELLA LORO SETE DI ASSOLUTO, DI BELLO, DI GRANDE
Possibile che ai ragazzi nessuno parli mai di mete alte, esigenti, rigorose? I generici buoni sentimenti a quell'età non funzionano, non li fanno innamorare questi ragazzi, che vogliono sentirsi dire la Verità
Autore: Costanza Miriano - Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com, 20 maggio 2011

Nel pomeriggio di oggi sarò a Sulmona a parlare di educazione. Non credo che sarebbero in tempo per disdire il programma e l'invito, neanche se un agente della Cia (Colpire Imbroglione Astute) origliando dal mio giardino mi avesse sentito compiere alcune nefandezze, giusto ieri sera.
Tanto per cominciare mi sono risentita perché Lavinia ha detto che vuole stare in camera col babbo, se in albergo ci dobbiamo dividere, e l'ho fatta oggetto di una serie di rappresaglie morali fino a che non è stata costretta a dichiararmi amore eterno. Le ho fatto anche la più infingarda, abietta, ripugnante domanda che una madre possa fare al suo bambino: vuoi più bene al babbo o alla mamma? (E la risposta esatta era una sola).
Ho proseguito con reazioni scomposte e per niente sagge a un figlio che stava dribblando il ripasso di scienze ("tanto esco due ore prima per venire a Sulmona"). Ho cominciato con voce soave e ferma illustrando la bellezza dello studio fatto non per il professore ma per amore del sapere, ho finito,  starnazzando come un tacchino. Sì, ha ripassato, ma ho come il sospetto di non averlo convinto della beltà dello studio del tessuto epiteliale.
Andare, io, a parlare di educazione... E' un po' rischioso. Che ne so se sto facendo un lavoro dignitoso? Lo scoprirò, forse, fra qualche annetto (dalla fossa, probabilmente).
Trascorrere qualche ora con i miei figli non ha mai indotto in nessuno dei miei amici il desiderio di fare una vasectomia, e questo già lo ritengo un risultato notevole.
Per il resto, credo che ogni genitore funzioni in qualche settore, e sia un po' zoppicante in altri. Infatti Dio ne prevede due per ciascuno.
Ovviamente a parlare di educazione domani ci dovrebbe andare mio marito, ché quello equilibrato della famiglia è lui. E' lui che si fa rispettare, è lui che è temuto, e che sa dosare sapientemente gioco e regola, divertimento e dovere, gratificazione e punizione.
Io ho dovuto smettere di allattarli quando hanno cominciato a chiedere se il latte non si poteva avere corretto, e ho un'idea un po' creativa dell'ordine e dell'organizzazione. Se potessi allestire sulla mia pancia delle comode tasche marsupiali me li terrei tutti sempre attaccati, anche al lavoro, sopportando, lo ammetto, un piccolo rallentamento nell'acquisizione dell'autonomia. (Sì, la teoria la so, è che se ogni tanto non mi faccio delle terapie inalatorie del loro odore mi sento mancare).
Comunque, i genitori dei liceali domani staranno ad ascoltarmi, e non me ne capacito. Svicolerò dalla mia esperienza di madre, ancora nel mezzo del guado, e virerò verso quella di scrittrice, ben più facile. Dirò che una coetanea dei loro figli mi ha scritto ringraziandomi perché il suo professore le ha consigliato il mio libro, e lei è rimasta folgorata, affascinata dall'idea del matrimonio che ne veniva fuori. Moriva dalla voglia di raccogliere una sfida, quella di una scelta impegnativa, difficile, definitiva.
Mi sono stupita. A parte lo stile scazzafrullone, diciamo la verità, non ho proposto alcuna novità. Possibile che a questi ragazzi nessuno parli mai di mete alte, esigenti, rigorose? Eppure un adolescente è per forza pieno di amore per l'assoluto, per le vette, per il traguardo più lontano. Qualcosa che faccia battere forte il cuore. Questa sete va saziata. Quando dicono che vogliono diventare famosi, quelli che affollano i talent show e quelli che da casa li invidiano, in realtà stanno parlando, nell'unico modo che sanno, di questa sete di assoluto, di bello, di grande.
Non è vero che non ci occupiamo dei nostri figli. Ma chiediamo a loro di occuparsi di qualcosa? Di farsi carico? Siamo una generazione molto, moltissimo (troppo? parlo per me...) presente con i bambini. Ma non abbiamo il coraggio di osare, con loro. Di chiamare le cose col loro nome, di farli innamorare della lotta della vita. Di parlare di inferno, purgatorio e paradiso, di vita o morte eterna. Della lotta continua che dobbiamo fare per dire sì a Dio. Dobbiamo dire loro che la vita è una sfida difficile, faticosa, e incredibilmente bella, da mozzare il fiato, se uno sa che tutto quello che fa risuonerà in eterno.
Perché, mi dispiace, i generici buoni sentimenti a quell'età non funzionano, non li fanno innamorare questi ragazzi, che vogliono sentirsi dire la Verità. Hanno un orecchio finissimo, un cuore puro e attento. Ci ascoltano con gli occhi, e ci mettono alla prova. E non ne usciamo sempre immacolati.
Domenica scorsa pioveva e avevo tre figli in macchina; volevo offrire un gelato a loro e a un amico, e ho provato a lasciare qualche minuto la macchina sulle strisce. Tommaso mi ha fulminato: "allora è vero che non si può credere in niente", ha detto. La macchina l'ho spostata immediatamente, ma che lezione mi sono presa. Spero che quelli della CIA  non lo vengano a sapere.

Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com, 20 maggio 2011

9 - OLTRE LA PEDOFILIA C'E' UN'ALTRA EMERGENZA
I preti in tv che criticano il Papa e la Chiesa aumentano la confusione, creando grave sconcerto anche tra i fedeli
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana, 25/05/2011

Quando si leggono interviste a sacerdoti come quella a don Paolo Farinella, pubblicata domenica scorsa su L'Unione Sarda, ci si chiede davvero se in Italia, parlando di preti, il problema più grave sia la pedofilia. Intendiamoci bene: quello degli abusi sui minori da parte di alcuni preti è davvero – come diceva il cardinale Bagnasco lunedì aprendo i lavori dell'Assemblea dei vescovi italiani – "un'infame emergenza non ancora superata, la quale causa danni incalcolabili a giovani vite e alle loro famiglie" e in nessun modo è lecito minimizzare o ridurre la portata e gravità della faccenda. Ma qui almeno la Chiesa è corsa ai ripari, sta agendo da anni per porre riparo ai danni provocati e prevenire quelli possibili. E abbiamo visto, numeri alla mano, che la cura Ratzinger funziona, anche se molto c'è ancora da fare.
Ma questo non ci deve portare a sottovalutare un altro grave "scandalo" che sta minando la credibilità della Chiesa italiana: quello dei preti in "libera uscita" che frequentano i salotti tv e riempiono pagine di giornali con le loro scempiaggini e creazioni teologiche, creando grave confusione anche tra i fedeli. E questo senza che ci sia almeno l'intervento chiarificatore di un vescovo, che spieghi almeno a che titolo parlano questi signori.
Dicevamo all'inizio di don Farinella, un prete della diocesi di Genova già noto per le sue sparate contro la Chiesa: nella lunga intervista citata, in cui si fa presenbtare come "fine biblista" e a cui viene dedicato un titolo in prima pagina contro la beatificazione di Giovanni Paolo II (definita "un'operazione di marketing"), fa delle affermazioni gravissime sia in materia sociale sia in materia di fede: oltre alle solite stupidaggini sull'Italia governata dal cardinale Bertone, segretario di Stato vaticano, e dal cardinale Bagnasco, presidente dei vescovi italiani ma anche suo arcivescovo, invita addirittura all'insurrezione contro Berlusconi citando la Populorum Progressio di Paolo VI, e attribuisce il dramma della pedofilia al celibato ecclesiastico, cosa che ben sappiamo essere smentita dai fatti. Poi accusa di smania di potere i suoi confratelli: "Se togliessero ai sacerdoti la gestione economica delle parrocchie, almeno due terzi abbandonerebbero l'abito talare". Quell'abito talare che lui ovviamente non porta: "Perché dovrei travestirmi da donna?". E siccome parla con il giornale di Cagliari si premura di riservare un pensierino anche al vescovo locale: "Se Gesù tornasse in terra sono sicuro che non andrebbe dal vostro vescovo, Giuseppe Mani che, nelle vesti di ordinario militare, è perfino generale di Corpo d'Armata". E infine, tralasciando altre amenità, si descrive così: "Dentro di me convive il credente e il miscredente. Sono relativista… Dio è relativo e non assoluto…".
Sicuramente è materia più per psicologi che non per teologi, però questo caso non è unico. Il suo confratello della diocesi di Genova, don Andrea Gallo, lanciato dal Maurizio Costanzo show è diventato una star, regolarmente presente in tv, radio e giornali. Ricordiamo anche le recenti polemiche per l'apparizione in tv di don Giorgio De Capitani che giustificava l'eliminazione fisica di Berlusconi. O il caso di don Vitaliano della Sala, attivista no global assieme a qualche missionario a cui non vogliamo fare altra pubblicità. Si potrebbe continuare ancora aggiungendo anche coloro – vescovi compresi - che, pur da posizioni ecclesiali ben diverse e sicuramente non eterodosse, non appena si trovano davanti un microfono sembrano perdere il lume della ragione e si lanciano in affermazioni di cui non si sente affatto la necessità.
Si dirà che si tratta comunque di pochi casi, che non rappresentano certo tutti i sacerdoti italiani. Ed è vero: ma la loro sovraesposizione nei media e la loro capacità di impatto, crea anch'essa "danni incalcolabili" all'immagine e alla credibilità della Chiesa, aumenta la già abbondante confusione sugli insegnamenti della Chiesa, rafforzati anche dalla totale assenza di chi avrebbe l'autorità per intervenire e non lo fa : "Se nessuno gli dice niente vuol dire che va bene", è il commento di buon senso della gente comune. E anche di altri sacerdoti che sono tentati di seguirne le orme.
Non è che siamo qui a invocare misure disciplinari, e ci rendiamo ben conto che la gestione di certi casi è difficile, ma fare finta di nulla è certamente la strada peggiore. E se proprio non si riesce a fare altro, invece di moltiplicare incontri e documenti sull'uso dei mezzi di comunicazione sociale, i vescovi italiani imparino da questo manipolo di preti come si fa a far passare efficacemente un messaggio. Così magari in un prossimo futuro, ascoltando un prete in tv, avremo la possibilità di sentirci confermati nel fatto che a salvarci è Gesù Cristo e non Nicki Vendola.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 25/05/2011

10 - EURO PRIDE 2011 A ROMA: VEDIAMO COSA RIVENDICA IL MOVIMENTO OMOSESSUALISTA
Vi mostriamo inoltre il video con cui Alemanno, sindaco di Roma, accoglie calorosamente gay, lesbiche, bisessuali e transgender
Fonte La Bussola Quotidiana, 01-06-2011

Dall'1 al 12 giugno si svolge a Roma una grande manifestazione gay, chiamata Euro Pride, che come al solito sarà accompagnata da dibattiti e interventi sui media che "promuovono" la cultura gay e denunciano l'omofobia, l'intolleranza della nostra società verso gli omosessuali. Nelle tante pagine e spazi audio e video in cui sarà celebrata la normalità, o meglio, la naturalità gay saranno però omessi alcuni particolari che rischierebbero di creare qualche perplessità . Ma per completezza di informazione, crediamo sia necessario proporre almeno qualche breve saggio di pensiero e cultura gay, così come viene proposto da esponenti e leader del movimento.
In particolare proponiamo alcuni brani tratti da un libro di Aldo Busi, noto attore omosessuale, e altri brani di Mario Mieli, milanese, leader e ideologo del movimento gay italiano, a cui è intestato uno storico "Circolo di cultura omosessuale" di Roma, tra gli organizzatori dell'Euro Pride. Ci scusiamo fin da ora per alcune espressioni forti e crude riportate, ma ci sembravano necessarie per far capire, tenendo conto che abbiamo accuratamente evitato frasi e passaggi decisamente più pesanti.

1)  ALDO BUSI (Manuale del perfetto papà, Mondadori, Milano, 2001)
"E' probabile che nella mia omosessualità ci sia una forma di attrazione non verso i maschi ma verso l'odio che mi suscitano tutti gli uomini, odio che il fare sesso con loro non ha fatto che fomentare" (p. 33)
 "Perchè alla mia età escludo che ci sia stato amore per gli uomini al di là dell'attrazione sessuale" (p.36)
"Vorrei di nuovo sintetizzare il mio pensiero in tema di pedofilia....è ora di finirla di mischiare bambini veri e propri con gente di quindici, sedici, e spesso anche quattordici anni" ..."quanto al mio concetto di adulto è del tutto rispondente alla mia generazione post bellica: io ero adulto a 13 anni", a quell'età "il mio vero problema sessuale non era che ero molestato dagli adulti, cui appartenevo per necessità di sopravvivenza...ma perché toccava sempre a me molestarli per primo per scoparci insieme" (p.126-130)

2) MARIO MIELI
Mario Mieli è un un milanese nato nel 1952 che teorizza il "comunismo polimorfo perverso", pratica pubblicamente la coprofagia, rituali alchemici e muore suicida a 31 anni. Mieli, figlio di industriali della seta, al liceo Parini di Milano abbraccia la dottrina marxista, aderisce a "Lotta Continua" che abbandona per fondare il "Fuori" (Fronte Unitario Omosessuali Rivoluzionari Italiani) prima e poi i "Collettivi Omosessuali Milanesi", protagonisti della contestazione dal 1971 al 1977.
 A 25 anni dalla morte, viene ricordato sul sito del Circolo Mario Mieli, con un articolo firmato da Francesco Paolo dal Re (Mario Mieli, dinamite frocia contro la Norma), che inizia così:
"Vestiti da donna, teatro d'avanguardia, teoria, militanza, droga, coprofagia... Il 12 maggio 1983 usciva volontariamente di scena, suicida a 31 anni, il più grande intellettuale queer italiano. Lo scintillio di una ricerca instancabile contro ogni ordine costituito, all'inseguimento dell'Eros polimorfo e perverso".
Di Mario Mieli proponiamo alcuni brani tratti  dal suo libro "Elementi di critica omosessuale", pubblicato la prima volta da Einaudi nel 1977 e poi rieditato da Feltrinelli nel 2002.
"La società agisce repressivamente sui bambini, tramite l'educastrazione, allo scopo di costringerli a rimuovere le tendenze sessuali congenite che essa giudica «perverse» (e, in realtà, si può dire che ancor oggi vengano considerati «perversi» più o meno tutti gli impulsi sessuali infantili, compresi quelli eterosessuali, dal momento che ai bambini non viene riconosciuto il diritto di godere eroticamente). L'educastrazione ha come obiettivo la trasformazione del bimbo, tendenzialmente polimorfo e «perverso», in adulto eterosessuale, eroticamente mutilato ma conforme alla Norma.
L'ambiente in cui viviamo (in primo luogo la famiglia, cellula del tessuto sociale) è eterosessuale: in quanto tale costringe il bambino, colpevolizzandolo, a rinunciare alla soddisfazione dei propri desideri auto- e omoerotici e lo obbliga a identificarsi con un modello monosessuale di tipo eterosessuale mutilato. Ma non sempre ci riesce, evidentemente. (...) Le bambine sono tutte anche lesbiche, i maschietti sono tutti anche froci". (p.13)
"La nostra ambiguità è più prossima al modo di essere dei bambini. Non per nulla siamo gay, siamo folles; e per un mondo migliore, penso davvero che l'«educazione» dei piccoli dovrebbe essere affidata alle checche e alle lesbiche: lasciate che i pargoli vengano a noi!" (p.48)
"Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino non tanto l'Edipo, o il futuro Edipo, bensì l'essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l'amore con loro". (p.55)
"La lotta omosessuale rivoluzionaria non ha come obiettivo il conseguimento della tolleranza sociale per i gay, bensì la liberazione del desiderio omoerotico in ogni essere umano: finché vi saranno persone «normali» che «accettano» gli omosessuali, la specie non avrà riconosciuto il proprio desiderio omosessuale profondo, non si sarà resa conto della sua universale presenza e soffrirà senza rimedio delle conseguenze di questa rimozione che è repressione. Noi omosessuali rivoluzionari, oggi, seduciamo gli altri a imitarci, a venire con noi, affinché tutti insieme si giunga al sovvertimento della Norma che reprime l'(omo)erotismo". (pp. 67-68)

Nota di BastaBugie: il gay pride del 2000 fece tanto arrabbiare Giovanni Paolo II (mai visto così furioso in un discorso pubblico). Ricordiamo che in queste manifestazioni si offendono pesantemente i cattolici. Cosa accadrebbe se una manifestazione di cattolici offendesse i gay?
Per vedere il video scandaloso in cui Alemanno accoglie a Roma l'Euro Pride 2011, vai a http://www.youtube.com/watch?v=AqLWDpKF2FE

Fonte: La Bussola Quotidiana, 01-06-2011

11 - LA SCONFITTA ELETTORALE E LE RESPONSABILITA' DI BERLUSCONI
Il Pdl ha continuato la politica democristiana, limitandosi a una pura gestione di potere, senza operare alcuna svolta (nella mentalità e nei costumi) rispetto alla cultura devastante del '68
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana, 04/06/2011

La sconfitta di Berlusconi non deve meravigliare più di tanto e non è addebitabile solo agli errori politici del Premier. La regola corrente in Europa è che ogni competizione elettorale registri la vittoria dei partiti all'opposizione. Anche in questo caso si tratta innanzitutto di un voto di protesta espresso contro il partito di turno al potere. Lo conferma l'altissima percentuale degli astenuti che, a Napoli e a Milano, si sono affermati come il primo partito.
Il vero problema, semmai, è quello di capire le ragioni di questa protesta che investe la politica europea successiva al Trattato di Maastricht del 1992, quando si decise di avviare l'unificazione politica del continente attraverso l'istituzione di una moneta comune. Le ragioni della protesta riguardano, anche se in maniera inconsapevole, le conseguenze di quella scelta sulla vita quotidiana dei cittadini. Oggi la vera disfatta, prima che di Berlusconi o di Zapatero, è anche dell'euro, che ha portato a un massiccio trasferimento di risorse finanziarie a Bruxelles, per far funzionare il complesso meccanismo dell'Unione. L'abolizione della variabilità dei tassi di cambio con la conseguente creazione della moneta unica non ha eliminato, ma accentuato, le forti differenze strutturali tra le economie dei 27 Paesi che fanno parte dell'UE e sta conducendo alcuni di essi, come la Grecia, a un vero e proprio regime di colonizzazione da parte delle economie più forti. Non va poi dimenticato il crollo demografico che è anch'esso causa di impoverimento, ma che ha profonde ragioni psicologiche e culturali e che non può trovare nell'immigrazione il suo contrappeso.
Ciò non significa che Berlusconi non abbia le sue colpe. Le principali, però, sono proprio quelle di non avere accompagnato alla discontinuità politica segnata dalle vittorie del Pdl una parallela discontinuità sul piano culturale. Il Pdl ha continuato infatti la politica democristiana, limitandosi a una pura gestione di potere, senza operare alcuna svolta nella mentalità e nei costumi, rispetto alla cultura devastante del '68. Negli ultimi quarant'anni, la deriva morale avviata da quella pseudo-cultura è continuata, sotto i diversi governi, così come nel primo secolo di unità nazionale non era mutata l'impostazione hegeliana e immanentista della cultura nazionale, sotto i diversi regimi, liberali, fascisti e resistenziali.
Oggi la direzione culturale e morale del Paese è nelle mani di una classe sessantottina che trasmette linee di direzione, parole d'ordine e modelli di comportamento improntati al più radicale relativismo e a un'utopia di decostruzione dell'ordine naturale e cristiano. Basti pensare al prossimo svolgimento, nella capitale, dell'Europride, culminante in un'oscena parata omosessualista, il prossimo 11 giugno. Per ora non si conosce nessuna reazione politica contraria, ma anzi la calorosa accoglienza espressa dal sindaco di Roma Alemanno.
Il silenzio o la timidezza del mondo ecclesiastico aggravano la situazione. Eppure in questo quadro che non inclina all'ottimismo, qualcosa si muove e alimenta la speranza. Sabato 28 maggio, ad esempio, si è svolta, con enorme successo, a Desenzano, la prima "Marcia Nazionale per la Vita" a cui hanno partecipato una galassia di associazioni e di movimenti pro-life, senza l'appoggio né delle gerarchie ecclesiastiche, né dei partiti politici, né dei mass media. I partecipanti, per lo più giovani, sono portatori di un pensiero forte che non trova ospitalità e protezione in alcuno schieramento politico. Sta in questa società civile, che oggi affiora con forza al di fuori dei partiti, il futuro della nostra nazione.

Fonte: Corrispondenza Romana, 04/06/2011

12 - OMELIA PENTECOSTE - ANNO A - (Gv 20,19-23)
A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 12 giugno 2011)

Prima di salire al Cielo, Gesù promise ai suoi Apostoli di non lasciarli orfani e di mandare loro il Consolatore. Questa promessa si realizzò il giorno della Pentecoste, quando lo Spirito Santo discese sulla Chiesa nascente, ovvero sugli Apostoli e Maria riuniti nel Cenacolo. Per questo motivo, la Pentecoste è la festa della fondazione della Chiesa.
Lo Spirito Santo era sceso sulla Vergine Maria, a Nazareth, per l'Incarnazione del Figlio di Dio; il giorno della Pentecoste discese invece per la formazione del Corpo Mistico di Cristo che è la Chiesa. La prima discesa era avvenuta nel silenzio e nel nascondimento; la seconda effusione dello Spirito Santo avvenne invece «come vento che si abbatte impetuoso» (At 2,2) e «come lingue di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro» (v. 3). In ambedue le manifestazioni dello Spirito Santo è presente Maria, la quale è la Madre di Cristo ed è la Madre della Chiesa.
La scena della discesa dello Spirito Santo a Pentecoste è descritta dal capitolo secondo degli Atti degli Apostoli. Colpisce profondamente un particolare: prima di allora, gli Apostoli erano timorosi e non osavano predicare apertamente alle folle; ma, dopo aver ricevuto il dono dello Spirito Santo, essi parlarono liberamente e con coraggio a tutti quelli che incontravano. Gerusalemme era piena di pellegrini ebrei, provenienti dalle più diverse parti del mondo allora conosciuto, in occasione della festività di Pentecoste. Ciascuno di loro udì gli Apostoli parlare nella propria lingua. Dio volle così contraddistinguere la discesa dello Spirito Santo con il dono delle lingue, per far comprendere che il messaggio del Vangelo doveva raggiungere gli estremi confini della terra.
Nella seconda lettura, l'apostolo Paolo mette in luce l'azione dello Spirito Santo nelle singole anime. In ogni anima la Terza Persona della Santissima Trinità produce un effetto diverso, unico e irripetibile. San Paolo afferma: «A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune» (1Cor 12,7). Come l'acqua feconda tutte le piante, ma ciascuna di esse produce un frutto diverso, così è per i cristiani: tutti ricevono il medesimo Spirito, ma ognuno, in particolare, possiede un carisma diverso per il bene di tutta la Chiesa.
Questo brano di san Paolo ci deve far riflettere sull'azione che lo Spirito Santo esercita su di noi. Prima di tutto, il Paraclito ci arricchisce con i suoi sette Doni. Il primo Dono è la Sapienza, che ci permette di ragionare non secondo il mondo, ma secondo la profondità di Dio, e ci dona il gusto inesprimibile di Dio e delle realtà divine; poi abbiamo il Dono dell'Intelletto, che ci consente di approfondire le Verità della nostra fede e di aderire ad esse quasi per un istinto soprannaturale; segue poi il Dono della Scienza, che ci dà la capacità di risalire al Creatore partendo dalle creature e di vedere in ciascuna delle creature un riflesso di Dio; poi abbiamo il Dono del Consiglio, che, nei momenti più importanti, ci suggerisce la decisione giusta, secondo la Volontà di Dio, e, innanzitutto, ci suggerisce di ascoltare con docilità il consiglio di una saggia guida spirituale; vi è inoltre il Dono della Fortezza che ci dà l'energia per resistere al male che c'è intorno a noi e, tante volte, anche dentro di noi; in seguito, c'è il Dono della Pietà che perfeziona il nostro amore e lo dilata oltre l'umana ristrettezza, per poter così amare Dio e il prossimo nostro fino all'eroismo; infine, abbiamo il Dono del Timor di Dio, che ci consente di evitare il peccato, non tanto per paura dei castighi, ma per puro amor di Dio.
I Doni dello Spirito Santo li abbiamo ricevuti con la Cresima, ma sono come dei piccoli semi che devono essere irrigati dalla nostra preghiera per giungere a maturazione. Nella vita dei Santi possiamo vedere il loro pieno sviluppo. Questi sette Doni rimangono in noi se noi rimaniamo in Grazia di Dio. Con il peccato mortale li perdiamo, per riceverli nuovamente dopo una buona Confessione.
Oltre ai sette Doni, lo Spirito Santo elargisce i carismi, che sono propriamente la sua particolare manifestazione, unica e irripetibile, di cui parlava san Paolo nella seconda lettura. Questi carismi sono diversi in ciascun cristiano e sono dati per l'utilità comune. Sono come delle capacità che devono essere messe al servizio di tutti. Da questo si comprende quanto ogni fratello e ogni sorella sono preziosi agli occhi di Dio, perché da Lui hanno ricevuto una missione particolare da svolgere all'interno della Chiesa. Alla luce della preghiera, e dietro il consiglio di una buona guida spirituale, si riuscirà a discernere qual è questo particolare carisma da far fruttificare, per il bene comune.
Il Vangelo, infine, presenta l'apparizione di Gesù Risorto agli Apostoli durante la quale Egli effuse su di loro lo Spirito Santo, per la remissione dei peccati. Con questo dono, Gesù ha istituito il sacramento della Confessione e ha dato quindi alla Chiesa la facoltà di perdonare i peccati. Il peccato è il solo vero ostacolo che si frappone tra noi e Dio e ci impedisce di ricevere i benefici di Dio. Il peccato mortale ci toglie la vita di Grazia; il peccato veniale raffredda la nostra unione con Dio e ci rende come sordi e ciechi all'azione dello Spirito Santo che, continuamente, ci vuole richiamare e illuminare con le sue ispirazioni, e ci vuole arricchire con grazie particolari.
Da questo si capisce come, per il cristiano, è fondamentale opporsi al peccato, anche al più piccolo, per vivere nella pienezza dello Spirito Santo. Per questo motivo, accostiamoci con frequenza al sacramento della Confessione, memori delle parole che il Signore rivolse agli Apostoli: «A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,23).

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 12 giugno 2011)

Stampa ArticoloStampa


BastaBugie è una selezione di articoli per difendersi dalle bugie della cultura dominante: televisioni, giornali, internet, scuola, ecc. Non dipendiamo da partiti politici, né da lobby di potere. Soltanto vogliamo pensare con la nostra testa, senza paraocchi e senza pregiudizi! I titoli di tutti gli articoli sono redazionali, cioè ideati dalla redazione di BastaBugie per rendere più semplice e immediata la comprensione dell'argomento trattato. Possono essere copiati, ma è necessario citare BastaBugie come fonte. Il materiale che si trova in questo sito è pubblicato senza fini di lucro e a solo scopo di studio, commento didattico e ricerca. Eventuali violazioni di copyright segnalate dagli aventi diritto saranno celermente rimosse.