BastaBugie n�151 del 30 luglio 2010

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1 ZAPATERO APPROVA UNA NUOVA LEGGE PIU' PERMISSIVA SULL'ABORTO IN SPAGNA
Aboliti i precedenti limiti ed inoltre le sedicenni potranno abortire senza dirlo ai genitori
Fonte: Corrispondenza Romana
2 LA COOP SEI TU, CHI PUO' MONOPOLIZZARE DI PIU'?
Concorrenza e libertà negate nelle regioni rosse dove comanda il Partito Unico della falce e del carrello
Autore: Emanuela Zoncu - Fonte: L'Occidentale
3 L'ARGENTINA E' DIVENTATO IL PRIMO PAESE DELL'AMERICA LATINA A LEGALIZZARE LE UNIONI GAY
Finalmente gli omosessuali potranno adottare i bambini
Fonte: Corrispondenza Romana
4 PANORAMA E IL PRETESO SCOOP SUI PRETI GAY
I giornali fanno di tutto per gettare melma sulla Chiesa ma non ci ruberanno la fiducia nei nostri sacerdoti
Autore: Marina Corradi - Fonte: Avvenire
5 CROCIFISSO LAICO? NON DICIAMO SCEMENZE!
Quando pure Avvenire non si accorge che il Crocifisso è un simbolo religioso che va accettato (o rifiutato) per quello che è
Fonte: I Tre Sentieri
6 LICENZIATO PROFESSORE CATTOLICO PERCHE' CRITICA I GAY
Rispondendo via e-mail a uno studente, aveva semplicemente spiegato la posizione della Chiesa riguardo all'omosessualità
Fonte: Corrispondenza Romana
7 SOSPESO DAL VESCOVO IL PRETE OLANDESE CAMPIONE DI ABUSI LITURGICI
L'ultima trovata era una Messa perché l'Olanda vincesse la finale della Coppa del Mondo (poi ovviamente persa...)
Fonte: Il Foglio
8 LA LEGGEREZZA DEI TRIBUNALI NEL TOGLIERE I BAMBINI AI GENITORI PER PRESUNTA INCAPACITÀ GENITORIALE
Il caso della donna a cui è stato proposto: o abortisci, o ti togliamo il figlio appena nato!
Fonte: Avvenire
9 OMELIA PER LA XVIII DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO C - (Lc 12,13-21)

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - ZAPATERO APPROVA UNA NUOVA LEGGE PIU' PERMISSIVA SULL'ABORTO IN SPAGNA
Aboliti i precedenti limiti ed inoltre le sedicenni potranno abortire senza dirlo ai genitori
Fonte Corrispondenza Romana

In Spagna, nel mezzo di una gravissima crisi economica e sociale, il governo socialista del leader Luis Zapatero ha inflitto al Paese un ulteriore durissimo colpo alla civiltà della vita. Dal 5 luglio è entrata in vigore la nuova normativa di riforma sull’aborto, che de facto rende lo stesso una banalissima pratica sciolta del tutto da ogni vincolo etico-morale di rispetto per la persona. La legge del 1985 che depenalizzò l’aborto in Spagna, rendendo un diritto quello che fino ad allora era un delitto, prevedeva l’autorizzazione solo nelle ipotesi di malformazione del feto, gravi rischi per la salute psichica o fisica della madre, violenza sessuale. Questi pochi scrupoli di coscienza del legislatore sono stati spazzati via dalla riforma Zapatero, che sta suscitando una forte alzata di scudi in tutto il Paese, Partito Socialista compreso, a causa della evidente aggressività a-morale di stampo radicale eugenetico che la legge presenta. Vediamo i punti cardine succintamente. Con la nuova legge si alza la soglia, fino a 14 settimane, entro cui la donna sarà assolutamente libera di scegliere la soppressione del feto. In caso di malformazione del feto, sarà possibile l’aborto fino alla 22ª settimana. Addirittura, sfidando il ragionevole margine di errore della diagnostica clinica, la legge prevede che – ove venisse diagnostica una patologia incurabile o «incompatibile con la vita del feto» – sarà eliminato ogni limite all’aborto. Ma il punto ancora più preoccupante – per lo sfaldamento di ogni vincolo solidaristico e pubblico della legge – è il fatto che le minorenni, dai sedici anni in su, sono autorizzate ad abortire liberamente, senza più la necessità del parere vincolante dei genitori, ma dietro una mera comunicazione agli stessi: in altri termini, se per un verso il diritto civile ritiene il minorenne privo della capacità giuridica di agire per il semplice acquisto di un bene od una normale transazione patrimoniale – proprio in quanto minore – per converso lo ritiene pienamente capace di agire laddove disponga la soppressione di una vita umana. La disumana aggressione di questa riforma ai pilastri giuridici della tutela della persona ha portato ad una sollevazione dell’opinione pubblica a più livelli. In Parlamento il Partito Popolare ha già sollevato un’eccezione di illegittimità costituzionale della legge e si auspica la sua possibile sospensione in via cautelare: infatti la Corte Costituzionale spagnola già con sentenza del 1985 aveva creato un precedente affermando che la vita del non nato (sic) sia un bene giuridico costituzionalmente protetto dall’art.50 della Costituzione, Magna Carta spagnola. La liberalizzazione del’aborto fino a 22 settimane lascia praticamente il bimbo in grembo privo di protezione, alla mercè della libertà assoluta della madre. A livello regionale – essendo la Spagna un Paese che al pari dell’Italia ha introdotto una forte autonomia legislativa e amministrativa alle Generalitat (Regioni, ndr) – la Navarra ha già presentato ricorso costituzionale contro la riforma Zapatero. A livello sanitario diverse associazioni che rappresentano i medici contestano al governo il peso insopportabile di una responsabilità che non intendono assumere, ovvero la decisione di sopprimere il feto, in luogo dei genitori o in presenza di malformazioni gravi che pregiudicano la vita. Infine, la dichiarazione di principio della riforma Zapatero, secondo cui l’aborto rientra nei diritti fondamentali della persona, apre un gravissimo vulnus giuridico nel sistema occidentale, e ripropone una questione dirimente che troppi legislatori e politologi – anche e purtroppo nel mondo cattolico – affrontano con evidente disagio se non ritrosia: la affermazione forte e chiara del rapporto necessario tra norma e morale nello Stato laico.

Fonte: Corrispondenza Romana

2 - LA COOP SEI TU, CHI PUO' MONOPOLIZZARE DI PIU'?
Concorrenza e libertà negate nelle regioni rosse dove comanda il Partito Unico della falce e del carrello
Autore: Emanuela Zoncu - Fonte: L'Occidentale, 21 Luglio 2010

Sono passati quasi tre anni da quando Bernardo Caprotti, Presidente e socio fondatore di una delle più importanti catene di supermercati, la Esselunga, denunciava nel suo bestseller "Falce e carrello" il potere occulto delle Coop. Denunciava, Caprotti, come una certa parte della politica, attraverso il "braccio armato" delle cooperative, fosse riuscita a mettere le mani sulla spesa degli italiani. Denunciava, Caprotti, le alleanze, gli accordi stipulati sottobanco, i monopoli nascosti ma reali. E metteva allo scoperto le gravi distorsioni presenti nel settore della grande distribuzione italiana. Il ragionamento alla base del libro era questo: le Coop godono di privilegi fiscali e favoritismi e sono così in grado di esercitare un sostanziale controllo del territorio, sfruttando di fatto posizioni di rendita monopolistica.
Dopo tre anni, poco è cambiato. Salvo vedere scoppiare, nel paese della poca libertà economica, il nuovo caso di concorrenza soffocata sul nascere, che ha come protagonisti sempre la Esselunga, le Coop e una amministrazione locale, quella di Modena, che come in un teatro di marionette avrebbe indirizzato i fili dei burattini seguendo una trama sempre uguale negli anni. Fatta, secondo l'accusa che le viene mossa, di favoritismi e sete di potere.
Caprotti qualche giorno fa ha deciso di comprare due pagine sui principali quotidiani per denunciare un nuovo sopruso ai danni della sua catena, una sorta di 'patto occulto' tra Coop Estense e Comune di Modena per impedire la costruzione di un supermercato Esselunga proprio a Modena, in via Canaletto, su un terreno da lui precedentemente acquistato e mai edificato per mancanza di permessi dall'amministrazione comunale (tutte le accuse sono state smentite dal sindaco Giorgio Pighi e dal presidente di Coop Estense, Mario Zucchelli).
Due pagine che Caprotti ha titolato "Concorrenza e libertà". Siamo nel cuore dell'Emilia "rossa" e questa storia ha dell'incredibile. Toglie il velo dell'ipocrisia e spezza con una denuncia affidata ai media, certi rapporti di forza e di potere delle Regioni del centro Italia. Una storia come tante ma con un epilogo diverso: cosa sarebbe accaduto, infatti, se al posto di Caprotti ci fosse stato un imprenditore con meno esperienza e meno quattrini? Avrebbe avuto la forza di comprare due pagine nei maggiori quotidiani? Sicuramente no. E sicuramente la sua denuncia sarebbe finita nel dimenticatoio, persa, ignorata. Eppure di vicende analoghe a quella di Esselunga in Italia ce ne sono a bizzeffe.
La ricostruzione che la catena di supermercati fa della vicenda è dettagliatissima. Nel 2000 Esselunga acquistò per 24 miliardi di lire un lotto, il lotto A, (44.820 mq pagati 540.000 lire al mq) facendo affidamento sul Programma di riqualificazione urbana (Pru) approvato dal Comune di Modena il 12 aprile di un anno prima. Il successivo progetto di Piano particolareggiato di iniziativa privata allora in corso di approvazione prevedeva, fra l'altro, un supermercato con il fronte su via Canaletto, proprio sull'area di proprietà Esselunga. Ma all'asta giudiziale del febbraio 2001, Coop Estense - aggiudicandosi per 23 miliardi di lire il lotto 'B' (8.834 mq pagati 2.600.000 al mq) - divenne partecipe del comparto "e poté così opporsi all'attuazione di quanto già programmato", scrive Esselunga. Incontri, scontri, proposte, controproposte: passano sei anni e nel 2008, sempre secondo quanto reso noto da Esselunga, l'assessore alle Infrastrutture del Comune di Modena propone ai rappresentanti di Caprotti di insediarsi in un altro luogo e di cedere a Coop Estense il proprio lotto in via Canaletto (secondo il racconto della catena l'assessore già aveva tentato altre volte di spingere per una risoluzione di quel tipo).
Si legge nella ricostruzione: "In mancanza di ciò o di un accordo fra Esselunga e Coop Estense per realizzare qualcosa, il Comune - dichiarò Sitta (l' assessore in questione, ndr) - avrebbe cambiato le 'destinazioni d'uso', cancellando 'l'uso commerciale'. Esselunga rispose seduta stante che non avrebbe rinunciato al suo supermercato, che non si sarebbe ritirata, che prima o poi anche a Modena sarebbe arrivato il libero mercato". Un'eventualità, quella di lasciare a bocca asciutta Esselunga, che Caprotti specifica sia stata ribadita nel 2009 dal sindaco di Modena Pighi (Pd) e più tardi, ancora nuovamente da Sitta.
Denuncia quindi Esselunga (che ha già perso il ricorso al Tar): "Il lotto 'A' ha tutti i requisiti per il commerciale, la dimensione, l'affaccio sulla via e le previsioni di Piano del Comune. Nel lotto 'B', piccolo, irregolare é impensabile piazzare un supermercato che funzioni. Pertanto l'esborso di 23 miliardi da parte di Coop Estense nel febbraio 2001, per assicurarsi un pezzo di terra affacciato sulla ferrovia ove l'insediamento di un supermercato non era neppure immaginabile, evidenzia chiarissimamente il suo intendimento originario. Nei fatti: l'eliminazione del commerciale da via Canaletto da parte del Comune significa l'eliminazione dell' unico supermercato possibile, quello di Esselunga. L'altro non c'é, non ci sta. Noi non accetteremo questa condotta senza farne un caso nazionale. Lealmente già abbiamo espresso, e qui confermiamo, questa nostra determinazione".
La vicenda ha già guadagnato la ribalta della cronaca nazionale. Il Pdl in un certo senso ha fatto "suo" il caso, denunciando lo strapotere e la rete di potere che nelle regioni del Nord storicamente lega la sinistra al mondo delle cooperative. A poche ore di distanza dalla pubblicazione delle pagine-denuncia, Isabella Bertolini, e Giorgio Stracquadanio (entrambi Pdl), avevano presentato un'interrogazione Parlamentare al governo in merito a una vicenda nella quale "in gioco non c'è solo l'interesse di un operatore privato, ma l'affermazione del principio di libera concorrenza, che purtroppo a Modena ancora oggi viene nei fatti negato".
Il Pd, dal canto suo, ha rispedito al mittente ogni accusa, rinnegando qualsiasi intreccio tra potere politico e mondo economico. "Non oso pensare – aveva detto appena due giorni fa il coordinatore del Pdl Sandro Bondi - che cosa risulterebbe se la magistratura si rivolgesse a scandagliare anche questo sistema di potere". E parole di denuncia sono arrivate ieri anche da Carlo Giovanardi: "La denuncia dell'Esselunga di Bernardino Caprotti fotografa questa realtà sulla quale sono pronto a confrontarmi ovunque per spiegare come sono stati costruiti nelle regioni rosse i piani regolatori e di urbanistica commerciale, la scelta di soggetti attuatori, l'affidamento delle consulenze e degli incarichi professionali".
Intanto, tra querele e risvolti giudiziari annunciati, resta l'amaro in bocca per un sistema di potere che in alcune Regioni tale rimane da tempo. A discapito della concorrenza e della libertà.

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DOSSIER "ESSELUNGA"
I soprusi della Coop contro Bernardo Caprotti

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Fonte: L'Occidentale, 21 Luglio 2010

3 - L'ARGENTINA E' DIVENTATO IL PRIMO PAESE DELL'AMERICA LATINA A LEGALIZZARE LE UNIONI GAY
Finalmente gli omosessuali potranno adottare i bambini
Fonte Corrispondenza Romana, 24/7/2010

L’Argentina è oggi il primo Paese in America Latina e il decimo nel mondo in cui sono diventate legali le nozze tra persone dello stesso sesso, che, una volta sposate, potranno anche adottare bambini. Questa la decisione presa dal Senato poco dopo le 4 del mattino (le nove in Italia) del 15 luglio, in seguito a un dibattito di grande tensione durato più di 15 ore, con 33 voti favorevoli, 27 contrari, 3 astensioni e 9 assenti, che ha trasformato in legge il progetto già passato alla Camera il 5 maggio scorso (“La Stampa”, 15 luglio 2010). Nel Codice civile la formula “marito e moglie” sarà sostituita da “i contraenti”. La legge, che rende legali anche le adozioni, l’accesso alla sicurezza sociale e al congedo familiare da parte di coppie dello stesso sesso, si fonda sul principio di tutela delle minoranze, della libertà della persona di scegliere la propria condizione sessuale e di esercitare la propria libertà di espressione. Numerose le iniziative della Chiesa cattolica contro questa decisione. Prima che il progetto di legge venisse approvato dal Senato, il 3 luglio, a San Francisco, si era svolta una manifestazione alla quale avevano partecipato duemila persone e il cui titolo era “Acto en defensa de la Familia”. A San Justo l’Ufficio per la Pastorale Universitaria aveva promosso una raccolta di firme per l’adesione alla “Declaración ciudadana por la vida y la familia”; il 4 luglio, a La Plata, varie comunità cristiane e organizzazioni non governative avevano partecipato alla “Caravana y acto por la familia”, una marcia in difesa della famiglia; il 6 luglio, presso la sede del Congreso de la Nación, 635.000 firme, di cui 524.000 provenienti dalle istituzioni cattoliche, erano state raccolte a difesa della famiglia e del matrimonio tra uomo e donna. Eppure queste firme, che come hanno rilevato i membri delle istituzioni rappresentano la volontà popolare, sembrano essere state ignorate dal Senato della Nazione. «È un passo positivo in difesa dei diritti delle minoranze in Argentina», ha subito dichiarato la presidente Cristina Fernández de Kirchner, in visita in Cina, da dove, qualche giorno prima, aveva detto «mi sembra che siamo tornati all’epoca delle Crociate e dell’Inquisizione», ribattendo sarcasticamente al cardinale Jorge Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires e primate d’Argentina, che aveva parlato di «guerra di Dio».

Fonte: Corrispondenza Romana, 24/7/2010

4 - PANORAMA E IL PRETESO SCOOP SUI PRETI GAY
I giornali fanno di tutto per gettare melma sulla Chiesa ma non ci ruberanno la fiducia nei nostri sacerdoti
Autore: Marina Corradi - Fonte: Avvenire, 24 luglio 2010

Nella bonaccia di un luglio scarso di quei fatti di cronaca che aiutano le tirature dei giornali, uno dei più diffusi settimanali italiani dedica la copertina alle 'notti brave dei preti gay'. Sette pagine fitte di viaggio fra i peccati dei preti nella Città Eterna, fra feste, pub e saune; dove un prete afferma che 'il 98 per cento dei sacerdoti che conosce è omosessuale'. Foto, registrazioni, puntigliose verifiche, una ostinazione da Pulitzer. Per dimostrare cosa? Che ci sono, fra le molte centinaia di preti che vivono o studiano a Roma, dei gay. Mettiamo per ipotesi che tutto ciò che racconta Panorama sia oro colato. Che alcuni sacerdoti a Roma vivano una doppia vita. È un fatto che provoca dolore e sconcerto in un credente. Ma quella inchiesta accanita, quelle compiaciute immagini di mani maschili con le unghie laccate che sgranano una corona di Rosario, a cosa tendono davvero? Mettiamo che sia proprio tutto vero, la doppia vita, le feste e il resto. Quanto pesa la indegnità di alcuni di fronte della vita di 336 parrocchie romane, dove oltre 1300 preti – con una vita sola – si affannano ogni giorno a dir messa, a stare accanto agli esclusi, a educare ragazzi? La mole di una quotidiana oscura fatica annientata da quell’indice puntato sullo scandalo. Scandalo spiato, pedinato, zelantemente fotografato; a dire a chi legge, vedete, tutto è falso, bugia – tutto, in fondo, fango. Tra l’esercizio di questo compiaciuto nichilismo e la realtà però c’è una distonia netta, che chi frequenta chiese e oratori non può non vedere. I preti, a Roma e altrove, sono altra cosa da quei poveri commedianti raccontati da Panorama . Sono uomini che si spezzano la schiena tra i ragazzi, in oratori di periferia; sono i missionari che passano la vita intera in posti in cui noi non resteremmo tre giorni; sono quelli che ai vecchi e agli sconfitti testimoniano che non è tutto finito. È un esercizio mediatico di moda, oggi, gettare melma sui preti. Come, al di là dei loro peccati veri o presunti, in una sorda ostilità; nel bisogno di dimostrare quanto è assurdo promettere fedeltà, assoluta e per sempre, a un Dio. (Fedeltà? Ma via, guardate questi, in tonaca la mattina e al pub dei gay la sera). L’indice puntato sullo scandalo però lascia nel buio la parte più grande della realtà – la parte buona, che milioni di credenti ben sanno. Occorre guardarsi, dal riflettore che illumina una sola parte di ciò che è. Perché pretende di annientare, per la colpa di alcuni, un bene molto più grande. Tende a annichilire la nostra fiducia in mille altre facce. Facce di poveri uomini, che però ogni giorno testimoniano un’altra certezza, e una speranza infinitamente più grande. Squallida, se è vera, la storia dei preti che passano dai festini all’altare. Dei poveracci. Come, in forme meno vistose ed eclatanti, siamo in fondo quasi tutti noi: un poco bugiardi, infedeli, furbi. Guardateli, dice la grande inchiesta, i vostri preti, che cosa sono in realtà. Davvero, è la domanda, potete credere in simili uomini? Non esiste nessuno che meriti fiducia. Ministri di Cristo? Ma via, leggete qui dove vanno, la sera. Così un tarlo cerca di rodere la nostra speranza Usando il male per dire che il bene non esiste. E che l’unica cosa vera, attorno a noi, è il nulla. Però, guardatevi intorno: quel prete che sta accompagnando i vostri figli per i sentieri delle Dolomiti, quelli che camminano per i corridoi degli ospedali e delle carceri, o dicono messa ogni mattina in paesi dimenticati da tutti: nell’ombra, senza alcuna copertina, testimoni ostinati di speranza. Una speranza del tutto altra, e straniera a quelle millantate dai giornali.

Fonte: Avvenire, 24 luglio 2010

5 - CROCIFISSO LAICO? NON DICIAMO SCEMENZE!
Quando pure Avvenire non si accorge che il Crocifisso è un simbolo religioso che va accettato (o rifiutato) per quello che è
Fonte I Tre Sentieri, 24 luglio 2010

In tema di crocifissi negli uffici pubblici e di ricorsi al Tribunale dei diritti dell'uomo abbiamo letto recentemente di un fatto che ha destato clamore. Il noto avvocato ebreo, Joseph Weiler, con tanto di kippah sul capo, ha voluto difendere proprio dinanzi ai giudici di Strasburgo la presenza dei crocifissi negli uffici pubblici. Ovviamente le motivazioni non potevano che essere quelle di un non cristiano che cerca di difendere un simbolo fondamentale del Cristianesimo: il crocifisso non offende nessuno né tantomeno la libertà religiosa, l'Europa non può tradire le sue radici, né si può pretendere che questo avvenga per decreto, ecc... Alcuni di questi argomenti sono ovviamente veri. Figuriamoci se volessimo contestarli noi. D'altronde -vista la fonte- fa indubbiamente piacere sentire queste cose, soprattutto dinanzi all'ottusità di certi eurocrati. Ciò che però dispiace è l'enfasi che è stata data a questa notizia da parte di alcune autorevoli voci del mondo cattolico. Tra queste prendiamo quella del noto poeta Davide Rondoni. Su “Avvenire” del 1° luglio in un articolo dal titolo "Laica cultura e inimmaginabile fantasia di Dio" tra tante cose egli ha scritto: “Un ebreo in tribunale per difendere il crocifisso. La storia, che Dio guida con fantasia per noi inimmaginabile, doveva riservarci anche questo. (...) Non ha poggiato le sue argomentazioni sulla sua o sull’altrui fede. No, ha parlato di storia, di diritto dei popoli opposto alle sentenze di una Corte Centrale. Una requisitoria "laica" per difendere il nostro più caro simbolo religioso. Perché il cristianesimo è una cosa del genere. Non chiede nessun diritto speciale per esistere. Gesù Cristo non ha chiesto nessun diritto speciale. E, analogamente, anche il segno della sua presenza non chiede diritti speciali. Ma d’esser trattato con argomenti laici, validi per tutti.” Ci meraviglia che proprio uno come Rondoni, vicino, anzi appartenente al movimento di Comunione e Liberazione, possa essersi entusiasmato a tal punto... e per giunta con questi argomenti. Diciamo questo perché da sempre CL sottolinea la specificità di Cristo (furono i ciellini giustamente a ricordare a certo mondo ecclesiale già negli anni ’80 che ormai da tempo si stava realizzandosi la riduzione del Cristo storico a quello del Cristo principio, ovvero una sorta di riduzione intellettuale e sincretista del Cristianesimo). Dicevamo: da sempre CL afferma Che Cristo non può essere ridotto a personaggio ideale con la conseguente riduzione del Cristianesimo stesso a 'ricetta' etica solo per la risoluzione dei problemi dell'uomo. Le conosciamo molto bene queste cose. Ma non c’è stato solo Davide Rondoni... anche qualche noto prelato ha parlato del crocifisso come simbolo “laico” per eccellenza, affermando addirittura che esso sarebbe una difesa sempre e comunque della libertà religiosa. Ora, senza entrare nella questione attinente a questo argomento (la libertà religiosa) che ci porterebbe senz’altro fuori e a cui in qualche altra occasione sarà giusto dedicare un po’ di tempo, parlare in questi termini è alquanto peregrino: ma non è stato proprio Gesù a definirsi come unica via, verità e vita? Non ci sembra che Nostro Signore abbia utilizzato l’articolo indeterminativo parlando di se stesso come una via, una verità, una vita; bensì come la via, la verità e la vita. Insomma, cari amici, diciamocela tutta: un’enfasi di questo tipo preoccupa perché ci fa capire fino a che punto è giunta la deriva immanentistica e modernista del Cristianesimo. Invece che cosa dobbiamo ricordare e ricordarci. Che prima di tutto il crocifisso non può essere ridotto a simbolo identitario. E' anche questo, ma non è solo questo! Se si afferma che il Cristianesimo ha fondato la cultura occidentale, creandone la civiltà, si dice una cosa assolutamente vera e che va apologeticamente ricordata, ma se ci si ferma solo a questo non solo si nullifica il significato del Cristianesimo e quindi anche del crocifisso, ma paradossalmente si spiana ulteriormente la strada al laicismo e quindi all'estromissione del crocifisso stesso dalla sfera pubblica. Vediamo perché. Il laicismo è la pretesa di separare totalmente la convinzione religiosa privata dall'azione politica e dalle strutture sociali. Ma, per far questo, ha bisogno che la convinzione religiosa sia già tutta chiusa nel privato della coscienza e che la religione possa avere solo una marginale valenza e testimonianza sociale. Insomma, l'insistere che la presenza dei crocifissi negli uffici pubblici abbia solo una motivazione “laica”, così come viene fatto anche da illustri esponenti della Chiesa, significa offrire su un piatto d'argento la possibilità che i crocifissi vengano totalmente tolti. Se è un simbolo “laico” perché conservarlo? Oppure non sostituirlo con qualcos'altro? Si risponde: perché ad esso si lega la storia della nazione italiana. Ma se è così, perché non metterci anche il Campidoglio o la Torre di Pisa? Il crocifisso è soprattutto un simbolo religioso...piaccia o non piaccia. E come simbolo religioso deve essere accettato o rifiutato. Ecco perché in un recente articolo (“Crocifisso sì... crocifisso no”) scrivemmo che oggi stiamo pagando le conseguenze del nuovo concordato e quindi dell’abbandono del principio della confessionalità dello Stato, che non è impossibilità di chi non è cattolico a vivere sul suolo italiano, quanto riconoscimento del fatto che la maggioranza degli italiani, non solo culturalmente (dato comunque importante), ma anche religiosamente si riconosce nella Chiesa Cattolica Apostolica e Romana.

Fonte: I Tre Sentieri, 24 luglio 2010

6 - LICENZIATO PROFESSORE CATTOLICO PERCHE' CRITICA I GAY
Rispondendo via e-mail a uno studente, aveva semplicemente spiegato la posizione della Chiesa riguardo all'omosessualità
Fonte Corrispondenza Romana, 17/7/2010

Ken Howell, professore di Introduzione al Cattolicesimo e al Pensiero Cattolico Moderno presso l’Università dell’Illinois, è stato licenziato in seguito ad una e-mail del 13 maggio scorso, nella quale egli rispondeva ad una domanda di uno studente sull’insegnamento della Chiesa cattolica riguardo all’omosessualità (“The D.C. Examiner”, 7 luglio 2010). In questa mail di risposta, il prof. Howell si è limitato a ribadire la posizione della Chiesa, da lui condivisa, in merito all’immoralità degli atti omosessuali, tenendo conto che il suo insegnamento riguardava proprio le norme e gli insegnamenti della Chiesa cattolica. La protesta formale è arrivata sul tavolo di Robert McKim, capo del Dipartimento di Religione dell’Università. L’autore della lettera di protesta ha sostenuto di scrivere per conto di un amico, uno studente della classe di Howell, l’autore della domanda via mail, che ha preferito rimanere anonimo. Questo studente contestava le dichiarazioni del professore sull’omosessualità, definite «discorsi che incitano all’odio». In seguito a questa denuncia, il prof. Howell è stato licenziato in tronco alla fine del secondo semestre. Howell ha parlato di violazione della libertà accademica e si è difeso affermando che il suo principale dovere, tenendo un corso sul Cattolicesimo, è di insegnare ciò che la Chiesa cattolica afferma essere la verità. «Ho sempre precisato molto chiaramente ai miei studenti che non è mai richiesto loro di credere in quello che sto insegnando e che non saranno mai giudicati su questa base». Howell ha anche aggiunto di aver sempre manifestato apertamente le sue credenze personali. Cary Nelson, professore emerito di Inglese all’Università dell’Illinois e Presidente dell’American Association of University Professors, difende Howell affermando che i professori, anche se non ritengono opportuno rivelare le proprie credenze personali agli studenti dei loro corsi, sono liberi di farlo e di prendere una posizione. Secondo Nelson, inoltre, è necessario offrire agli studenti la possibilità di dissentire apertamente, senza per questo essere penalizzati. Dopo il licenziamento dall’Università, il prof. Howell ha perso anche il posto di direttore presso il St. John’s Catholic Newman Center dell’Istituto sul Pensiero Cattolico, solo per aver motivato in maniera razionale e logica gli insegnamenti della Chiesa.

Fonte: Corrispondenza Romana, 17/7/2010

7 - SOSPESO DAL VESCOVO IL PRETE OLANDESE CAMPIONE DI ABUSI LITURGICI
L'ultima trovata era una Messa perché l'Olanda vincesse la finale della Coppa del Mondo (poi ovviamente persa...)
Fonte Il Foglio, 20 luglio 2010

Paul Vlaar ha quarant’anni e una serie di abusi liturgici alle spalle. Abusi che fanno audience stando almeno alle migliaia di accessi che sta avendo su YouTube la sua ultima performance. A poche ore dalla finale mondiale Olanda-Spagna, padre Paul tiene una messa dipinta d’arancione nella sua chiesa vicino ad Amsterdam. Scopo: pregare Dio che l’Olanda vinca. Orange sono i paramenti e le candele. Orange è la porta da calcetto che padre Paul posiziona davanti all’altare. Prima della consacrazione chiede ai fedeli di calciare dei rigori: “Vi faccio vedere come si para”. Orange è il dolce tompoezen, quello che alla fine della messa padre Paul promette a tutti i fedeli in caso di vittoria: “Non pane ma tompoezen”, dice. Certo, tutto finisce male: l’Olanda perde e il vescovo Jozef Punt lo sospende perché “non è accettabile che si approfitti del rito per scopi così mondani”. Ma per i fedeli padre Paul è il vincitore morale. Lo stesso sacerdote dice di obbedire ma di non condividere la sanzione. Soltanto in pochi sostengono che era ora che qualcuno intervenisse: padre Paul da tempo ne combinava di ogni. Benediva nozze gay, faceva predicare le omelie a chiunque – una volta pure alla conduttrice televisiva Marijke Helwegen – e si presentava alle udienze generali del Papa in giacca e cravatta. Qualche mese fa è riuscito anche ad avvicinare il Pontefice. Ratzinger ha ricambiato i saluti ma non è certo che fosse a conoscenza di aver davanti un prete. C’è chi dice che è tutta colpa del Concilio Vaticano II: l’assise che negli anni Sessanta ha aperto le porte della chiesa al mondo ha fatto sì che nella chiesa l’intrattenimento prendesse il posto di Dio. Molti sostengono che una spinta agli abusi (almeno a quelli di stampo calcistico) l’hanno data quei cardinali che hanno accettato di commentare in diretta su radio e tv alcuni derby importanti. Altri sostengono, più in generale, che un effetto trainante negli abusi l’abbiano avuto le celebrazioni spettacolo di Wojtyla: una volta venne vestito dal cerimoniere con dei paramenti in stile Arlecchino. Comunque sia un dato resta: gli abusi sono una costante che sfugge al controllo delle gerarchie. C’è chi celebra la messa con mimi e burattini, chi predica seduto su una sdraio – occhiali da sole e ciabatte ai piedi – chi le ceneri non le dà sul capo ma in mano perché “così un buon cristiano impara a sporcarsi le mani”, chi al posto della cotta indossa una bandiera della pace e mille di questi esempi. Fino al paradosso di un prete che venne invitato a Venezia da un altro prete per qualche giorno di riposo durante il Carnevale. Si presentò vestito da prete. La gente lo scambiò per una maschera. Fu lì che capì d’essere diventato un’eccezione. Per vedere il video vai a: http://www.gloria.tv/?media=87804

Fonte: Il Foglio, 20 luglio 2010

8 - LA LEGGEREZZA DEI TRIBUNALI NEL TOGLIERE I BAMBINI AI GENITORI PER PRESUNTA INCAPACITÀ GENITORIALE
Il caso della donna a cui è stato proposto: o abortisci, o ti togliamo il figlio appena nato!
Fonte Avvenire, 21 luglio 2010

Era in difficoltà economiche e per questo motivo ad una giovane madre non è stato consentito di abbracciare il figlio appena nato. Subito dopo il parto le è stato sottratto dal Tribunale per i minorenni di Trento in esecuzione di una procedura di adottabilità. Il caso è stato reso noto dallo psicologo e psicoterapeuta Giuseppe Raspadori, consulente tecnico di parte del Tribunale, che attacca il meccanismo con cui i giudici dei minori applicano la sospensione della potestà genitoriale. Il medico ha spiegato la situazione della donna. La giovane, senza problemi di tossicodipendenza e con un reddito mensile di 500 euro, nonostante le fosse stata proposta la sospensione della gravidanza, ha scelto di partorire chiedendo un affido condiviso per il bimbo che momentaneamente non sarebbe stato in grado di mantenere. Raspadori ha proseguito spiegando come il Tribunale abbia, senza interpellare la giovane mamma, «dato avvio alla procedura di adottabilità, levandole il figlio alla nascita e dimostrando come in alcuni casi la giustizia sappia essere davvero tempestiva». Solo dopo un mese, secondo il racconto dello psicologo, la giovane si è potuta incontrare con il giudice, il quale ha deciso di avviare una perizia sulle “capacità genitoriali” della madre. «Una beffa, perché in questo modo la ragazza, cui è stato sottratto il diritto di essere madre dal primo momento, rivedrà il proprio figlio solo dopo otto mesi, con buona pace della fase primaria dell’attaccamento, con relativo allattamento e svezzamento, e della giustizia per il minore ». I procedimenti con cui il Tribunale dei minorenni separa i bambini dalle madri in nome dell’incapacità genitoriale sono definiti da Raspadori «un abuso scientifico». «L’affidamento a terzi di un minore è un’ipotesi che dovrebbe essere perseguita per gravissimi ed eccezionali motivi», ha sottolineato Raspadori, il quale ricorda come fino a qualche anno fa la causa di allontanamento di un minore dalla sua famiglia era abusi sessuali e violenze, che in Trentino nell’ultimo anno hanno rappresentato il 5% dei casi. «Negli altri casi – ha detto Raspadori – pretendere di misurare e giudicare la qualità dell’amore materno senza tenere conto della naturale visceralità del rapporto, non solo rischia di far prendere solenni cantonate, ma purtroppo anche commettere ingiustizie e vere e proprie crudeltà. Dichiarare una madre “incapace” e sottrarle il figlio è lacerante ben più della galera, molto più vicino a una pena di morte». Per lo psicologo il Tribunale dei minori, in nome della sacra difesa dei diritti dei minori, si toglie qualsiasi diritto e garanzia ai genitori.

Fonte: Avvenire, 21 luglio 2010

9 - OMELIA PER LA XVIII DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO C - (Lc 12,13-21)

Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 1° agosto 2010)

Tutti gli uomini vogliono arricchire, ma pochi sono quelli che desiderano accumulare i veri tesori, non quelli che sono destinati a passare, ma quelli che rimarranno per sempre, per la Vita eterna. Nella lettura del Vangelo abbiamo ascoltato la parabola dell’uomo ricco che aveva avuto un raccolto abbondante. Egli pensava di demolire i vecchi magazzini e di costruirne di più grandi, per accumulare sempre di più e godersi la vita. Ma non pensava a una cosa, la cosa più importante: i nostri giorni sono contati e, quando meno ce lo aspettiamo, dobbiamo presentarci al Giudice divino per ricevere la giusta ricompensa per il bene o il male che abbiamo fatto e anche per tutto quel bene che abbiamo trascurato di compiere. L’uomo ricco della parabola non pensava minimamente a tutto questo e andava spensierato incontro alla sua perdizione. Gesù ci dice che «così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio» (Lc 12, 21). Questa parabola sembra proprio una fotografia della nostra società, così dimentica dei beni soprannaturali e perduta dietro la materia. Gesù ci insegna a non farci dominare dalla cupidigia, ovvero dalla ricerca smodata dei beni materiali: un uomo non vale per quello che ha, ma per quello che è. Così il Signore afferma: «Fate attenzione e tenetevi lontano da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede» (Lc 12, 15). Dobbiamo dunque arricchire «presso Dio», dobbiamo dunque accumulare meriti per la vita eterna. Pensiamo ad un uomo ricco che giace infermo e che sta per lasciare questa vita: che ne è di tutte le sue ricchezze? Saranno molto probabilmente causa di liti tra i suoi eredi! Proprio come il Vangelo di oggi: un uomo andò da Gesù e disse: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità» (Lc 12, 13). Gesù si rifiutò di intervenire in quella lite familiare, non certo per disprezzo della giustizia umana, ma perché evidentemente vedeva che quei fratelli erano attaccati ai beni materiali e non si davano cura di arricchire presso Dio. Ben a ragione, San Paolo, nella seconda lettura di oggi, ci esorta in questo modo: «Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio, rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3, 1-2). Questi sono i beni che valgono davvero; tutto il resto, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, «è vanità» (Qo 1, 2). Nel Salmo responsoriale abbiamo inoltre pregato: «Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio» (Sal 89). La vera saggezza viene proprio da questa riflessione, dal pensare che qui siamo solo di passaggio e che un giorno ci presenteremo a Gesù per essere giudicati. In questo viaggio, da questa all’altra vita, ci accompagneranno solo le preghiere e le buone opere da noi compiute. Sforziamoci dunque di accumulare questi tesori e di essere ricchi della vera ricchezza. Si racconta che san Francesco d’Assisi era così staccato dai beni materiali al punto che bramava la povertà più di quanto un ricco poteva desiderare i tesori di questo mondo. La sua vita fu una continua ricerca dei beni di lassù, e quando ormai stava per morire, ai confratelli che erano radunati attorno a lui, disse: «Fratelli, iniziamo a far del bene, perché finora non abbiamo fatto nulla». Alla luce dell’eternità, nella quale stava ormai entrando, san Francesco, in quel momento, si rendeva sempre più conto che l’unica nostra vera ricchezza è il bene che riusciamo a compiere. Sforziamoci di arricchire anche noi «presso Dio»!

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 1° agosto 2010)

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