BastaBugie n�204 del 05 agosto 2011

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1 GREGOR MENDEL, IL PADRE DELLA GENETICA, IL SACERDOTE CHE HA SMENTITO SCIENTIFICAMENTE IL DARWINISMO
Nella ereditarietà dei caratteri non c'è nessun caso, non c'è nessuna selezione naturale, ma solo moduli matematici che seguono una logica ferrea (e provata sperimentalmente!)
Autore: Marco Respinti - Fonte: La Bussola Quotidiana
2 POLONIA, PRIMA IMPORTANTE VITTORIA PER RIDURRE I 500 ABORTI L'ANNO: L'OBIETTIVO E' IL DIVIETO TOTALE
Puntando all'obiettivo massimo come in Polonia si possono ottenere risultati importanti, mentre accontentarsi di obiettivi minimalisti, come in Italia, spiana inevitabilmente la strada ad ulteriori attacchi alla vita innocente (135.000 aborti all'anno)
Fonte: Corrispondenza Romana
3 NON SI PUO' FARE A MENO DEL PADRE SPIRITUALE (AD ESEMPIO: PER SALVARE IL PROPRIO MATRIMONIO QUANDO I VIOLINI SMETTONO DI SUONARE)
Le mogli hanno una laurea in lamentologia applicata con specializzazione in brontolio sommesso e quando vanno a confessarsi invece che dire i loro peccati dicono quelli del marito, ma possono guarire: ecco come...
Autore: Costanza Miriano - Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com
4 PRIMA DEL REFERENDUM OGNI GIORNO SI PARLAVA SUI MEDIA DI FUKUSHIMA, POI ''STRANAMENTE'' NON ARRIVANO PIU' NOTIZIE DAL GIAPPONE
Inoltre il Papa viene citato in televisione solo quando fa comodo... e si dimentica, ad esempio, che per la Santa Sede il settore nucleare può rappresentare una grande opportunità per il futuro
Autore: Fabio Spina - Fonte: La Bussola Quotidiana
5 IL GRAN IMAM DELL'UNIVERSITA' ISLAMICA SOSTIENE CHE L'ISLAM NON E' IN CONTRADDIZIONE CON LA LAICITA' DELLO STATO, MA C'E' IL TRUCCO...
Ovviamente è un escamotage per raccogliere voti, ma il nuovo volto moderato dei Fratelli musulmani cambierà in modo radicale dopo le elezioni di settembre
Fonte: Corrispondenza Romana
6 OTTANT'ANNI FA MUSSOLINI CHIUSE L'AZIONE CATTOLICA: AD APPENA DUE ANNI DAL CONCORDATO, IL DUCE INIZIO' LA PERSECUZIONE DELLA CHIESA
Con l'enciclica ''Non abbiamo bisogno'', in italiano e non in latino, Pio XI chiarì che sulla questione educativa la Chiesa non poteva accettare la statolatria pagana imposta dal regime fascista
Autore: Antonio Airò - Fonte: Avvenire
7 A TRIESTE UN PRESIDE HA VIETATO AGLI STUDENTI DI ANDARE A SCUOLA CON ABBIGLIAMENTO DA SPIAGGIA
E si ritrova contro non solo i ragazzi, ma anche le famiglie, il provveditore, il ministro, i sindacati, le televisioni e i giornali: la domanda è ''ma non si è accorto che la scuola italiana, dopo il Sessantotto, è solo un parcheggio?''
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Bussola Quotidiana
8 SCENARI MACABRI ED INQUIETANTI: UN GRUPPO DI MEDICI BELGI HA STABILITO CHE I PAZIENTI UCCISI CON L'EUTANASIA SONO DONATORI IDEALI DI ORGANI
Il giorno stabilito vengono condotti nella sala adiacente quella dei trapianti ed ivi ''terminati'', intubati e posizionati sul tavolo operatorio pronti per essere depredati dei preziosi organi
Autore: Alfredo De Matteo - Fonte: Corrispondenza Romana
9 OMELIA XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A - (Mt 14,22-33)
Coraggio, sono io, non abbiate paura!
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - GREGOR MENDEL, IL PADRE DELLA GENETICA, IL SACERDOTE CHE HA SMENTITO SCIENTIFICAMENTE IL DARWINISMO
Nella ereditarietà dei caratteri non c'è nessun caso, non c'è nessuna selezione naturale, ma solo moduli matematici che seguono una logica ferrea (e provata sperimentalmente!)
Autore: Marco Respinti - Fonte: La Bussola Quotidiana, 21-07-2011

Un anniversario un po' tirato per i capelli, quello celebrato ieri con enfasi da Google per il 189° anno dalla nascita del "padre della genetica" Gregor Mendel. Tanto tirato, vista la cifra affatto tonda e del tutto inusitata, da far sorgere qualche sospetto. Non si tratta infatti di un attore famoso, non è una pop star, non è una icona del politicamente corretto: e perché mai allora il motore di ricerca Internet più utilizzato del mondo dovrebbe arrampicarsi sin sui vetri pur di ricordare un oscuro abate moravo nato quasi due secoli fa e dimenticato persino dai suoi contemporanei?
Forse perché è opinione diffusa che quei suoi esperimenti sui piselli di cui conserviamo qualche vaga memoria scolastica siano un gran contributo alla causa evoluzionista, in perfetto accordo e anzi a suprema conferma delle ipotesi formulate dal naturalista inglese Charles R. Darwin. «Alcuni scienziati e filosofi influenti», nota infatti don Mariano Artigas nel suo Le frontiere dell'evoluzionismo (Ares, Milano 1993), scritto con il rigore e l'immediatezza  di cui necessitano i non addetti ai lavori, «videro nel darwinismo un puntello scientifico per il materialismo e per l'ateismo, e sembrò che l'uomo ne uscisse ridotto a un animale fra gli altri».
Ma, con buona pace di coloro che credono di sapere, Mendel con Darwin non c'entra alcunché. Anzi, semmai Mendel il darwinismo lo mette in crisi. Lo chiude in un angolo, costringendolo a rivedersi per fare i conti con la realtà delle cose - appurata a norma di metodo scientifico (come il darwinismo invece non fa) appunto dall'abate moravo - e per confrontarsi con quelle domande pressanti che la "genetica dei piselli" non permette più di scantonare.
Erano i tempi dell'impero austroungarico, e tra le mura di recinzione dell'orto annesso al monastero di san Tommaso dell'allora Brünn, oggi Brno, lavorava alacremente l'abate Johann Mendel (in religione Gregor, da quando era entrato nell'ordine dei benedettini). Nato nel 1822 da una famiglia contadina di lingua tedesca in territorio ceco, aveva lavorato sin dall'infanzia come giardiniere. Nel 1843 entrò in monastero, nel 1847 ricevette gli ordini sacerdotali, poi nel 1851 s'iscrisse all'Università di Vienna. Completati gli studi, tornò all'abbazia, era oramai il 1853, come professore di Fisica, di Matematica e di Biologia. Insegnò, ma soprattutto continuò a studiare, non smise mai di studiare, e a osservare, non smise mai di osservare. E pure sperimentò, non smise mai nemmeno di sperimentare, quel bravo monaco.
Un giorno l'umile ma acuto abate, seguendo i propri interessi botanici (erano le piante, dopo Dio, la seconda passione della sua vita), si mise a coltivare piselli. Ne coltivò un numero enorme, e li osservò accuratamente uno a uno. I piselli facevano al caso suo. I piselli sono infatti vegetali particolarmente adatti agli studi che piacevano a Mendel, e questo perché i loro fenotipi (la "totale manifestazione fisica di un organismo", come dice il manuale) presentano caratteri costanti e definiti. Ne selezionò, di piselli, 22 varietà differenti, quindi si concentrò su sette paia che mostravano caratteristiche opposte, cioè fra l'altro facili da distinguere a occhio nudo (e la cosa è importantissima, giacché, come osserva costantemente il genetista antievoluzionista Giuseppe Sermonti, la moderna biochimica evoluzionistica pensa di salvarsi rifugiandosi nell'infinitamente piccolo e per definizione un po' oscuro, e si dimentica però di guardare in faccia gli animali e le piante in carne, ossa e clorofilla).
Incrociando le diverse specie di piselli, Mendel osservò che la prima generazione nata dopo gl'incroci era composta da individui uniformi, laddove quelle successive presentavano mutazioni rispondenti a precise proporzioni matematiche. Matematiche: oggettive e calcolabili, due più due fa quattro, e di qui non si scappa. Osservò pure che ciascuno dei caratteri presentati dai nuovi individui di piselli veniva trasmesso ai discendenti in modo indipendente, e questo perché determinato da un fattore che gli era proprio, suo e non seriale, allora come oggi, come sempre.
È così che Mendel, osservando la realtà e lasciandosi realisticamente ammaestrare da essa, descrisse e scrisse la famosa legge dell'ereditarietà dei caratteri: negli esseri viventi esistono unità indipendenti ed ereditabili, e l'ereditarietà è un andamento determinato dalle diverse combinazioni di codeste unità indipendenti. Non c'è caso, non c'è selezione naturale. C'è invece un corso e ricorso regolare, descrivibile con moduli matematici, che si svolge seguendo una logica ferrea.
Ora, le leggi scoperte da Mendel nel comportamento dei piselli messi al mondo dal buon Dio in quell'orto della provincia imperiale del tempo che fu sono nientepopodimeno che la base, certa e matematica, della genetica moderna. Tutto parte da lì, dall'orto dell'abate, solo che il buon abate non se ne accorse.
Nel 1865 egli rese infatti sì pubbliche le proprie scoperte, fra stupore e meraviglia, nel corso di due riunioni svoltesi alla Società di Storia naturale dell'allora Brünn, ma la cosa restò confinata agli addetti ai lavori. Nessuno ne intuì la grandezza. Lo stesso Mendel, fatto ritorno al monastero, se ne occupò solo a titolo personale, e aveva pure una comunità da mandare avanti, e certe questioni anche burocratiche da sbrigare, e così via. Nel 1884 si portò insomma la scoperta nella tomba.
Successe però che un naturalista, Hugo de Vries (1848-1935), occupato in studi analoghi a quelli che avevano appassionato Mendel, venne fortuitamente a sapere, nel 1900, lunghi anni dopo, delle scoperte dell'abate. Per caso, direbbe Darwin, ma il caso non esiste. Di più: in quello stesso 1900 prima il botanico tedesco Karl Erich Correns (1864-1933), poi l'agronomo austriaco Erich Tschermak (1871-1962) pervennero ad analoghe conclusioni. A quel punto, il mondo era bene sapesse, il mondo doveva sapere. E così fu. Erano però trascorsi ben 35 anni da quando il pio e scientifico abate aveva penetrato un poco di più lo schema del reale così come il buon Dio lo aveva fatto in barba alla barba di Darwin. Era tardi, ma a quel punto il darwinismo non poté che tremare, di sdegno e di paura. L'abate aveva infatti scoperto che, nonostante le opinioni nutrite dagli uomini in materia, la trasmissione ereditaria dei caratteri nei viventi avviene indipendentemente dall'ambiente e dal corpo di un determinato individuo. E questa era scienza, cioè conoscenza certa ottenuta per via galileianamente sperimentale, non ipotesi filosofica.
Quando, nel 1953, tre ricercatori uno più assurdo dell'altro, uno persino un po' eugenista, un altro che piuttosto che credere a Dio credeva agli alieni, scoprirono il DNA, venne trovato anche l'agente responsabile della legge ereditaria descritta da Mendel, l'acido desossiribonucleico. Il genetista statunitense James Dewey Watson (nato nel 1928), il biologo britannico Francis Henry Compton Crick (1916-2004) e il biologo molecolare pure britannico Maurice Hugh Frederick Wilkins (1916-2004) ci vinsero il Premio Nobel; avrebbero dovuto dedicarlo a Mendel quel Nobel.
Ora, dopo Mendel, l'evoluzionismo darwiniano chiamiamolo classico è entrato in crisi profonda, fermato dalla scienza esso che scienza non è pur fingendo di esserlo. Così ha cercato un riparo. Per non soccombere si è riciclato, per non morire ha abbandonato la paleontologia e si è gettato nei materiali citoplasmatici. Ma non è mai riuscito a battere le leggi di Mendel; oggi combatte battaglie importanti ma di retroguardia, e sfida su questo o quel punto specifico su cui la ricerca deve ancora fare luce piena. L'impianto generale descritto da Mendel rimane però per esso un ostacolo insormontabile. Siamo sicuri che anche cercando su Google queste verità saltano fuori...

Fonte: La Bussola Quotidiana, 21-07-2011

2 - POLONIA, PRIMA IMPORTANTE VITTORIA PER RIDURRE I 500 ABORTI L'ANNO: L'OBIETTIVO E' IL DIVIETO TOTALE
Puntando all'obiettivo massimo come in Polonia si possono ottenere risultati importanti, mentre accontentarsi di obiettivi minimalisti, come in Italia, spiana inevitabilmente la strada ad ulteriori attacchi alla vita innocente (135.000 aborti all'anno)
Fonte Corrispondenza Romana, 16/07/2011

In Polonia il fronte pro-life ha vinto la prima importante battaglia contro la legalizzazione dell'aborto: la Camera bassa del parlamento di Varsavia ha approvato la proposta di legge di iniziativa popolare (oltre 600.000 le firme raccolte dalla Fundacja PRO e dall'associazione civica Piotr Skarga) che ha come obiettivo la totale cancellazione dall'ordinamento giuridico dell'aborto procurato. La legge attuale che disciplina l'omicidio selettivo degli innocenti è piuttosto restrittiva e consente la cosiddetta interruzione di gravidanza solo in talune e ben determinate circostanze (nulla a che vedere, dunque, con la nostrana legge 194), tanto che gli aborti volontari nel 2008 sono stati circa 500 (contro i circa 135.000 in Italia).
Malgrado la vittoria in questa prima battaglia politica costituisca solo il primo atto di una guerra ancora ben lontana dall'essere vinta, il fronte pro-life polacco ha dimostrato con i fatti che la politica massimalista, rigettata perché considerata controproducente dal Movimento Per la Vita italiano (MPV) e dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI), può ottenere risultati importanti. Viceversa, quella minimalista spiana inevitabilmente la strada ad ulteriori escalation degli attacchi alla vita innocente, dal momento che l'argine eretto dagli pseudo pro-life è del tutto inadeguato alla forza d'urto del nemico. Cosicché, ci ritroviamo nella incresciosa situazione per cui, mentre in Polonia si combatte per scardinare una legge comunque ingiusta seppur molto restrittiva, in Italia si "lotta" affinché una legge ingiusta e altamente permissiva venga integralmente applicata!
Ci auguriamo che l'esempio della combattiva realtà polacca faccia da traino al mondo pro-life italiano, costringendolo a fare marcia indietro e a rivedere la fallimentare politica fin qui adottata.

Fonte: Corrispondenza Romana, 16/07/2011

3 - NON SI PUO' FARE A MENO DEL PADRE SPIRITUALE (AD ESEMPIO: PER SALVARE IL PROPRIO MATRIMONIO QUANDO I VIOLINI SMETTONO DI SUONARE)
Le mogli hanno una laurea in lamentologia applicata con specializzazione in brontolio sommesso e quando vanno a confessarsi invece che dire i loro peccati dicono quelli del marito, ma possono guarire: ecco come...
Autore: Costanza Miriano - Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com, 08/07/2011

Va bene. Ve lo devo. E' giunto il momento.
Ve lo devo per la fedeltà al blog, per la stima e l'affetto che molti di voi mi hanno dimostrato.
E' una cosa un po' difficile da dire, ma quando l'avrò fatto mi sarò liberata.
Ho un amante.
Ce l'ho da parecchio tempo, ma ultimamente la cosa si è aggravata, si è intensificata.
Molti di voi lo conoscono bene, anche perché è un gran seduttore.
E' molto, molto affascinante.
E' l'uomo più affascinante che si sia mai visto. Anzi è l'uomo per eccellenza.
Si chiama Gesù Cristo.
A dire la verità sono così leggerina di sentimenti che a volte tradisco persino lui. A volte me ne dimentico, non lo chiamo, non ci parlo, ma lui sta sempre lì, mi accoglie ogni volta che torno da lui. E non è geloso di mio marito, anzi, è lui che ci ha presentati. Mi parla sempre bene di lui, adesso che ci penso.
E' stato il mio padre spirituale ad autorizzarmi a farmi un amante. La cosa è cominciata così: i primi anni di matrimonio ho affrontato come tutti il passaggio dalle farfalle nello stomaco alla quotidianità. Ero felice, convinta della mia scelta, ma facevo anche fatica. E siccome vanto una laurea in lamentologia applicata, con una specializzazione in brontolio sommesso, quando andavo a confessarmi invece che dire i miei, di peccati, dicevo quelli di mio marito. E' una gran comodità rovesciare sugli altri la responsabilità della fatica, di quello che ci manca.
E così, quando mi lamentavo, padre Emidio – così si chiama il povero martire che ha immolato le sue orecchie – mi invitava a indirizzare altrove le mie lamentele. A parlarne col Signore. Tu sei sposata prima di tutto con lui, mi diceva. Con lui devi parlare se le cose non vanno come vuoi, per lui devi accettare, al suo amore immenso e smisurato devi rispondere con i tuoi (miseri, n.d.r.) atti di amore in casa. Ovviamente lui, Emidio, sapeva che la colpa della mia non piena soddisfazione era della mia immaturità e del mio egoismo, ma siccome è un fine conoscitore dell'animo umano (purtroppo è impossibile dirgli bugie, quindi nel caso di qualcosa di losco, tenetevi alla larga), invece che rilevare la mia schiappitudine mi mandava da quello che può guarirla.
Le prime volte la cosa non mi filava molto, non mi quadrava, e mi dispiaceva anche un po'. Ma come, l'amore perfetto? Il sogno? I violini?
Poi però ho cominciato a capire.
Solo il Signore colma tutte le nostre attese, tutti i nostri desideri, guarisce le paure e le infermità, delle quali non sempre possiamo costringere l'altro a farsi carico. Il Signore si prende il nostro passato ferito, o sporco, o sbagliato. Lo trasforma. Lui sì che è un maestro nell'arte del riciclo: prende i rifiuti e ne fa opere d'arte, se noi glieli consegniamo davvero.
Come l'amore divino e quello umano si intreccino e si potenzino l'uno con l'altro è davvero uno dei più grandi prodigi del creato, ai miei occhi.
Come l'uomo e la donna, tuffandosi nel piacere più sublime, si uniscono e generano il miracolo incommensurabile di una nuova persona, così unendosi nella quotidianità generano una nuova vita. La vita a due, la vita della coppia, la vita della famiglia, dove il femminile e il maschile si mescolano, si intrecciano, si avviluppano e creano qualcosa di nuovo, che prima non c'era.
A immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò. Nell'essere maschio e femmina, nel mettere i diversissimi talenti a servizio di un disegno comune abbiamo una potenza gigantesca. Poco meno degli angeli lo ha fatto. Maschio e femmina.

Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com, 08/07/2011

4 - PRIMA DEL REFERENDUM OGNI GIORNO SI PARLAVA SUI MEDIA DI FUKUSHIMA, POI ''STRANAMENTE'' NON ARRIVANO PIU' NOTIZIE DAL GIAPPONE
Inoltre il Papa viene citato in televisione solo quando fa comodo... e si dimentica, ad esempio, che per la Santa Sede il settore nucleare può rappresentare una grande opportunità per il futuro
Autore: Fabio Spina - Fonte: La Bussola Quotidiana, 07-07-2011

"Il settore nucleare può rappresentare una grande opportunità per il futuro. Ciò spiega il «rinascimento nucleare» a livello mondiale. Questo rinascimento sembra schiudere orizzonti di sviluppo e prosperità."[…] "Tutti sono coinvolti in questo progetto ambizioso e indispensabile, sia all'interno sia all'esterno del settore nucleare ed energetico, sia nel settore pubblico sia in quello privato, a livello sia governativo sia non governativo".
L'argomento energia nucleare, dopo i referendum, sui mass media suscita lo stesso interesse dell'inquinamento della città di Pechino dopo la fine delle Olimpiadi. Sarebbe comunque interessante sapere quanti, dopo quello che si è scritto sui quotidiani a proposito della presunta contrarietà del Vaticano all'energia nucleare, penserebbero che le frasi citate in apertura siano estratte dal recente intervento della Santa Sede alla conferenza ministeriale dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea) il 21 giugno scorso.
L'intervento della Santa Sede è più articolato e profondo di quanto possa emergere dalle poche frasi riportate sopra: affrontando il tema della sicurezza si ricorda pure che, al fine di non far divenire il nucleare una pericolosa illusione, "le politiche energetiche devono essere considerate nella prospettiva dello «sviluppo integrale dell'essere umano» (Dichiarazione sul Diritto allo Sviluppo del 1986, art. 5), che include non solo lo sviluppo materiale, ma anche, e soprattutto, lo sviluppo culturale e morale di ogni persona e di tutti i popoli".
In un intervento in cui la Santa Sede tratta direttamente problematiche ed opportunità connesse all'uso dell'energia nucleare, il Suo pensiero non sembra esattamente quello pregiudizialmente anti-nuclearista che veniva riportato da tutti i mass-media pochi giorni prima dei recenti referendum. Posizione anti-nucleare desunta interpretando i contenuti di un discorso, fatto da Benedetto XVI ad ambasciatori non interessati dal disastro di Fukushima e dai referendum italiani, in cui il termine "nucleare" non era mai citato (come peraltro soltanto La Bussola Quotidiana aveva puntualmente rilevato).
Chiedersi come mai il discorso del 21 giugno non abbia avuto alcuna diffusione verso l'opinione pubblica è ingenuo,  la Chiesa va fatta ascoltare solo quando il suo pensiero confluisce e s'ingloba in ciò che qualcun altro ha deciso essere la scelta "giusta". Se invece non segue la corrente ed esce dal gregge belante, non va dato modo di conoscere la Sua posizione, la strategia diviene l'indifferenza.
La stessa indifferenza che sembra colpire i temi trattati dai referendum. Da settimane "stranamente" non arrivano più notizie dal Giappone. Fino al giorno prima del referendum i reattori fumanti stavano esplodendo, l'oceano era contaminato, i radio nuclidi erano trasportati dai venti a migliaia di chilometri di distanza, in Italia riprese dalle telecamere della TV migliaia di persone facevano incetta di pastiglie allo iodio e mascherine. Tutti sanno che la Germania chiuderà le sue stravecchie centrali, che hanno già finito il ciclo di vita da molti anni, mentre pochi sono informati che ad esempio Cina, USA e Giappone porteranno avanti i loro programmi per la costruzione di nuove centrali. Dopo il referendum l'attenzione su tali problematiche è tornata nella "norma", nessuno informa su cosa sta accadendo in Giappone anche se l'evoluzione della situazione sembra relativamente positiva.
Anche per il tema acqua tutto sembra caduto nel dimenticatoio. Sui quotidiani e TV, ai titoloni pre-referendum sulla necessità dell'acqua pubblica, hanno fatto seguito spazi ristretti, ad esempio per l'aumento del 7% delle tariffe autorizzato dal governatore Vendola per l'acquedotto pugliese. Poco spazio anche se tale aumento, a detta di molti comitati promotori dei referendum sull'acqua, è stato effettuato aggirando il risultato referendario. In un piccolo articolo pubblicato sul Corriere della Sera il governatore Vendola ha detto:"E' indispensabile fare i conti con la realtà, non precipitare nei burroni della demagogia. Bisogna incrociare due principi: a) chi più ha più paga e chi meno ha meno paga; b) chi spreca paga". E ha concluso: "Noi stiamo interpretando legittimamente il risultato referendario sulla strada che non ci fa inciampare dal punto di vista dell'efficienza e dell'economicità dell'azienda". Ai giornalisti che gli chiedevano perché queste cose non le ha dette prima del referendum, Vendola ha risposto:"Nessuno me le ha chieste".
Ai referendum l'importante è vincere, a volte non serve neanche il "lungo" impegno per convincere ma basta avere i mezzi e "velocemente" saper spaventare. Ma un paese impaurito ed angosciato dal futuro cerca di aggrapparsi allo "status quo" che appare l'unica certezza, per questo tendenzialmente si schiera pregiudizialmente contro ogni proposta di riforma e/o cambiamento. Il rischio è divenire un paese immobile, dove regnano i "no" e i "contro", dove non si costruisce ma si è portati a demolire quello che cerca di fare l'altro: un paese incapace di "sognare" ed impegnarsi per un futuro migliore.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 07-07-2011

5 - IL GRAN IMAM DELL'UNIVERSITA' ISLAMICA SOSTIENE CHE L'ISLAM NON E' IN CONTRADDIZIONE CON LA LAICITA' DELLO STATO, MA C'E' IL TRUCCO...
Ovviamente è un escamotage per raccogliere voti, ma il nuovo volto moderato dei Fratelli musulmani cambierà in modo radicale dopo le elezioni di settembre
Fonte Corrispondenza Romana, 16/07/2011

Ahmed Al–Tayeb, Gran imam dell'Università islamica di Al-Azhar, parla del futuro dell'Egitto e sostiene che l'Islam non è in contraddizione con la laicità dello Stato. In un recente documento giudicato "storico" da varie testate governative, il leader religioso sottolinea che la legge islamica non prevede uno Stato guidato da leader religiosi e che l'Islam aiuterà l'Egitto a diventare un Paese pluralista e tollerante nei confronti delle minoranze religiose.
La posizione favorevole al pluralismo e alla laicità del Gran imam e di parte dei Fratelli musulmani, però, non convince e per molti sembra un escamotage per raccogliere consenso e voti fra quanti non vogliono uno Stato islamico. Fonti di "AsiaNews" – agenzia online del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) – rimarcano che Al-Tayeb è da sempre favorevole all'articolo 2 della Costituzione, che indica la Sharia quale principale fonte del diritto, e che le sue aperture sono in contraddizione con gli insegnamenti e il ruolo storico dell'Università islamica in difesa delle leggi e dei principi religiosi.
«Dopo la rivoluzione dei gelsomini – sostiene la fonte – tutti i partiti hanno iniziato a inneggiare allo Stato laico, alla divisione fra religione e politica, alla difesa delle minoranze. Gli stessi Fratelli musulmani hanno fondato un partito che propone questi principi». Ma, per contro, non si deve dimenticare la feroce campagna contro "i nemici dell'Islam" organizzata a marzo in occasione del referendum per la modifica costituzionale. «A tutt'oggi la maggioranza degli egiziani non vuole uno Stato islamico – conclude "AsiaNews" –, in molti sono in dubbio sulla buona fede e sul suo nuovo volto moderato di Al-Azhar e Fratelli musulmani, che potrebbe cambiare in modo radicale dopo le elezioni di settembre».
Nei mesi scorsi, fra l'altro, si è aperta una frattura nei rapporti fra Vaticano e Al Azhar che ha portato all'interruzione del dialogo interreligioso. La crisi si era aperta in seguito al discorso che il Papa fece all'inizio dell'anno al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede nel quale si chiedeva alla comunità internazionale di intervenire in difesa dei cristiani perseguitati nella regione mediorientale.

Fonte: Corrispondenza Romana, 16/07/2011

6 - OTTANT'ANNI FA MUSSOLINI CHIUSE L'AZIONE CATTOLICA: AD APPENA DUE ANNI DAL CONCORDATO, IL DUCE INIZIO' LA PERSECUZIONE DELLA CHIESA
Con l'enciclica ''Non abbiamo bisogno'', in italiano e non in latino, Pio XI chiarì che sulla questione educativa la Chiesa non poteva accettare la statolatria pagana imposta dal regime fascista
Autore: Antonio Airò - Fonte: Avvenire, 28/06/2011

27 maggio. Vado in udienza dal Papa... Riferii i tormenti, le persecuzioni cui erano costretti i nostri giovani. Sì – mi rispose – Il momento è delicato. Ma non vi è niente di temibile che avvalori le sue supposizioni. Il Nunzio è stato di recente ricevuto dal governo ed ha avuto assicurazioni». Mentre Angelo Raffaele Jervolino, presidente dei giovani cattolici, veniva così autorevolmente confortato da Pio XI, i prefetti di tutt'Italia il 26 maggio 1931 avevano ricevuto disposizioni dal ministro dell'Interno (lo stesso Mussolini) di procedere allo «scioglimento di tutte le associazioni giovanili non dipendenti direttamente dal Partito Nazionale Fascista e dall'Opera Nazionale Balilla». Le sedi dei circoli venivano così sigillate; sequestrati i beni e i documenti, con particolare interesse per l'elenco degli iscritti. Il 3 giugno un dispaccio dell'agenzia Stefani informava che l'ordine di scioglimento era stato eseguito «senza il minimo incidente». Nello stesso giorno un comunicato del Pnf proclamava «di non tollerare che sotto qualsiasi bandiera, vecchia o nuova, l'antifascismo superstite trovi rifugio e protezione». Il regime dava una motivazione «politica » al provvedimento, denunciando la presenza nelle organizzazioni cattoliche di ex esponenti del Partito Popolare. Ma il partito fascista non aveva messo in conto la reazione immediata di Pio XI. A i salesiani e agli scolopi venuti il 30 e 31 maggio per fargli gli auguri di compleanno dichiarava: «Si può domandarci la vita, ma non il silenzio quando si fa scempio di quello che forma la predilezione vivissima del nostro cuore... Scempio, diciamo, perché preparato prima da una campagna di stampa a base di invenzioni, di irriverenze, di calunnie, poi da una campagna di piazza e di strada fatta di indecenze, di sopraffazioni, di violenze, non rare volte cruenti, bene spesso di molti contro pochi e sempre inermi figli nostri e figlie ancora». Il 1° giugno Pio XI convocava i cardinali presenti a Roma e L'Osservatore Romano informava che sarebbe stato sospeso a Roma il congresso eucaristico e proibite in tutte le parrocchie le processioni del Corpus Domini. Infine i dirigenti delle associazioni cattoliche (a cominciare da Jervolino) venivano ospitati, per maggiore loro sicurezza, in Vaticano. La bufera non era ancora finita. Il 22 giugno il Papa parlava ad allievi e professori del collegio di Propaganda Fide: «Un discorso violentissimo, nel quale è successo l'irreparabile», lo definiva l'ambasciatore Cesare Maria De Vecchi . Alla fine del mese – ci rifacciamo ancora alla relazione di Jervolino – «Pio XI per tre giorni rimase chiuso nella sua biblioteca e scrisse di suo pugno interamente, in italiano e non in latino, la lettera enciclica Non abbiamo bisogno». Il quotidiano della Santa Sede l'avrebbe pubblicata il 5 luglio, quando ormai il testo era conosciuto (e ripreso dalla stampa internazionale) perché fatto pervenire direttamente ai Nunzi dei diversi Paesi; Montini in persona l'avrebbe portato a Monaco e a Berna. A due anni dalla Conciliazione, il clima d'intesa tra Santa Sede e regime rischiava di saltare. Il Concordato aveva salvaguardato l'autonomia delle organizzazioni cattoliche (purché non uscissero dalle sacrestie) ma ben presto, dietro i soprusi fascisti, era emersa l'inconciliabilità di fondo sulla «questione educativa» che la Chiesa non poteva accettare fosse gestita da un regime la cui ideologia «si risolveva in una vera statolatria pagana». L'enciclica, nel confutare tutte le «ingiuste» accuse mosse contro i giovani cattolici, non metteva in discussione le intese raggiunte né condannava il partito e il regime come tali, soffermandosi invece su quanto era incompatibile con la dottrina della Chiesa.
Veniva così denunciato il momento formativo del fascismo che incitava «all'odio, alla violenza, all'irriverenza». In particolare il Papa si occupava del giuramento richiesto per la tessera fascista (che allora era quasi una condizione necessaria per il lavoro, la carriera, il pane): «Che rimane a pensare e a giudicare, circa una formula che anche a fanciulli e fanciulle impone di eseguire senza discutere ordini che possono condannare contro ogni verità e giustizia, la manomissione dei diritti della Chiesa e delle anime?». In quel M convulso e drammatico inizio d'estate si collocava anche, il 23 luglio, la riunione dei 21 cardinali presenti a Roma; si è parlato di un «concistoro segreto» i cui contenuti potrebbero essere resi noti già quest'anno con l'apertura degli archivi vaticani e la pubblicazione degli appunti delle udienze con il Papa stesi dal segretario di Stato Eugenio Pacelli.
Ma altri studiosi ritengono che al centro dell'incontro, durato oltre due ore e sul quale è stato finora posto il segreto più assoluto, ci sia stato l'atteggiamento da seguirsi nel conflitto ormai aperto tra Santa Sede e Italia. I cardinali suggerirono al Papa la strada della trattativa seria con il regime «condotta da abili negoziatori», escludendo una rottura traumatica. Come è noto sarebbe stato il gesuita Pietro Tacchi Venturi a tirare le fila di un negoziato concluso con un'intesa il 2 settembre 1931; i circoli della Gioventù cattolica potevano riaprire, anche se formalmente ristretti nelle loro attività e sotto il pieno controllo dell'autorità ecclesiastica. L'associazionismo cattolico iniziava un non facile cammino che l'avrebbe portato dal consenso (indubbio negli anni della guerra d'Etiopia) all'«afascismo» e poi, in settori sempre più ampi, all'antifascismo.

Fonte: Avvenire, 28/06/2011

7 - A TRIESTE UN PRESIDE HA VIETATO AGLI STUDENTI DI ANDARE A SCUOLA CON ABBIGLIAMENTO DA SPIAGGIA
E si ritrova contro non solo i ragazzi, ma anche le famiglie, il provveditore, il ministro, i sindacati, le televisioni e i giornali: la domanda è ''ma non si è accorto che la scuola italiana, dopo il Sessantotto, è solo un parcheggio?''
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Bussola Quotidiana, 30/05/2011

A Trieste un preside serio ha vietato agli studenti di venire a scuola sbracati. A metà maggio, all'Istituto tecnico navale cittadino una circolare ammoniva: «Con l'approssimarsi della bella stagione si invitano allieve e allievi a indossare un abbigliamento adeguato durante le lezioni (…). Non saranno accolti studenti con abbigliamento da spiaggia (spalle scoperte, pantaloni corti o a mezza gamba)». Davanti al portone, un bidello era incaricato di rimandare indietro i contravventori.
Ma, qualche giorno dopo, una trentina di protestatari si è presentata vestita (si fa per dire) in dispregio alla norma. Il bidello (pardon: l'esponente del personale non docente) ha sbarrato l'ingresso e quelli hanno chiamato la polizia. Vicepreside e agenti sono addivenuti a un compromesso: sarebbe entrato solo chi avesse firmato apposito foglio. Solo in otto hanno acconsentito. Come andrà a finire? La cosa finirà in mano alla magistratura? Saremmo tentati di dire: ma no, i magistrati hanno ben altro da fare. Ma sappiamo che non è così, perché il politicamente corretto adisce volentieri le vie legali. Chi ha un comportamento o atteggiamento o abbigliamento scostumato è gelosissimo del proprio «diritto» e se ne sbatte allegramente di violare quello altrui (che sarebbe il sacrosanto diritto di non vedere certi spettacoli: l'osceno stupra il pudore altrui).
Eh, quel preside non sa contro cosa si è messo. Ho conosciuto un insegnante delle superiori che ha passato i guai per avere detto a una studentessa di quinta che quella era la scuola, non la discoteca. Appunto per l'abbigliamento disinvolto (diciamo così) e il maquillage vistoso. La giovine raccontò la sua versione al padre e al fidanzato, i quali fecero un esposto al preside, il quale richiamò l'insegnante in questione, il quale chiamò a testimone la classe, di fronte a cui si erano svolti i fatti; la classe solidarizzò con la giovine e l'insegnante fu chiamato dal provveditore, sul cui tavolo l'esposto era ormai giunto. L'insegnante, per sicurezza, cambiò mestiere.
Personalmente ho frequentato un liceo il cui preside obbligava i maschi a indossare la giacca e le femmine il grembiule. Anche la ricreazione era separata. Ma io mi sono diplomato nel 1969, quando ancora il disastro non era dilagato. Ho fatto tutto il liceo con la giacca. Chi non l'aveva, non entrava. E, se non entrava, a casa le buscava. Poi venne il Sessantotto, e a buscarle furono i presidi. Sì, perché il problema non sono i pargoli, ma i loro genitori, come ben sanno quelli che di mestiere fanno gli insegnanti. Povere creature, a scuola non c'è (ancora) l'aria condizionata, hanno ragione a (s)vestirsi un po' negligé. E poi, dove la mettiamo la creatività dei giovani? D'inverno vestono tutti, maschi e femmine, con scarpe di gomma, jeans e felpa. Tutti. Dunque, anche d'estate la loro fantasia deve sbizzarrirsi: infradito, pinocchietti e canottiera. Tutti. E poi, si sa, i tatuaggi ogni tanto hanno bisogno di prendere vento, senno' quell'aria un po' così da tagliagole della filibusta, orecchino e piercing compresi, dove va a finire?
Ai miei tempi mio padre me le suonava se osavo contraddire il preside. Già, ma erano altri tempi. Il secolo scorso, roba da guerre puniche. Oggi la mamma picchia il preside, perché i figli, data la loro rarità, sono diventati piezz'e core: «il bimbo», anche se si rade da almeno quattro anni. Vanno capiti, poveri pargoli, e assecondati, altrimenti si drogano, si suicidano per futili motivi, si vanno a schiantare il sabato sera. Un mio amico insegnante, di fronte all'ennesimo «impreparato» collettivo dell'intera classe, fece notare ai suoi studenti quanto segue: imparate a memoria, e senza sforzo, le formazioni delle squadre di calcio e i testi delle canzoni inglesi; perché non fate lo stesso con lo studio? Risposta corale e indignata: ma noi siamo ragazzi!
Già: una volta la scuola serviva a farli diventare uomini, i ragazzi. Oggi serve a farli restare «ragazzi» per sempre.
Preside di Trieste, tu che sei del secolo scorso, non sai che i tuoi studenti sono figli e nipoti dei Sessantottini? Non insistere con la tua crociata moralizzatrice (due termini odiosi ai contemporanei, perfino ai preti). Avrai contro non solo i destinatari di essa, ma anche le famiglie, il provveditore, il ministro, i sindacati e i media. Non ti sei accorto che la scuola italiana è ormai solo un parcheggio politicamente corretto? Chi te lo fa fare? Penz'a salute!

Fonte: La Bussola Quotidiana, 30/05/2011

8 - SCENARI MACABRI ED INQUIETANTI: UN GRUPPO DI MEDICI BELGI HA STABILITO CHE I PAZIENTI UCCISI CON L'EUTANASIA SONO DONATORI IDEALI DI ORGANI
Il giorno stabilito vengono condotti nella sala adiacente quella dei trapianti ed ivi ''terminati'', intubati e posizionati sul tavolo operatorio pronti per essere depredati dei preziosi organi
Autore: Alfredo De Matteo - Fonte: Corrispondenza Romana, 09/07/2011

La realtà sta ormai superando la fantasia e gli scenari più macabri ed inquietanti non sono il frutto dell'immaginazione perversa degli ideatori di film horror ma veri accadimenti. Uno studio condotto da un gruppo di medici belgi ha stabilito che i pazienti deceduti per eutanasia sono donatori ideali di organi, soprattutto di polmoni; sulla base di quanto riportato nel rapporto, dati alla mano, tre pazienti su quattro di coloro a cui sono stati trapiantati polmoni provenienti da donatori eutanasizzati hanno avuto un eccellente e rapido decorso post impianto. Tutti i pazienti a cui sono stati prelevati gli organi avevano dato il loro consenso all'eutanasia pur non trovandosi in stato terminale: uno soffriva di un insostenibile disordine mentale, gli altri due di una debilitante malattia benigna.
Il giorno stabilito sono stati condotti nella sala adiacente quella dei trapianti ed ivi "terminati" con particolari accorgimenti (è stato somministrato loro un farmaco anticoagulante prima del cocktail mortale di medicinali), dichiarati morti sulla base di criteri stabiliti dalla legge belga, intubati e posizionati sul tavolo operatorio pronti per essere depredati dei preziosi organi.
Secondo un rapporto stilato dalla Canadian Medical Association il 20% degli infermieri intervistati ha partecipato ad interventi eutanasici e circa la metà di loro ha ammesso di aver partecipato a tali operazioni senza il consenso esplicito del paziente. Prelevare organi da pazienti non consenzienti è solo questione di tempo, afferma il dottor Saunders, dato che già ora la metà dei casi di eutanasia in Belgio avvengono senza la volontà espressa del malato ("La Bussola Quotidiana", 23 giugno 2011). L'evoluzione del male e l'utilizzo di nuovi strumenti di morte non è casuale ma la logica conseguenza di norme giuridiche e di concezioni filosofiche dell'uomo e del suo essere nel mondo che sono il frutto di una società che nega l'esistenza di un Essere Superiore e, conseguentemente, di uno statuto giuridico (il diritto naturale) che precede la fondazione stessa dello Stato. Di conseguenza, in assenza di un ordine universale riconosciuto, è naturale pensare la vita e legiferare secondo un falso ordine basato sulla sostanziale inutilità dell'esistenza umana, spogliata di qualsiasi prospettiva soprannaturale. Se l'uomo è destinato a scomparire nel nulla da dove è venuto, tutte le carte si giocano nel limitato lasso di tempo della sua esistenza terrena; cosicché, la sofferenza e la malattia invalidante diventano degli insopportabili fardelli che è perfettamente inutile portare avanti, anche perché costituiscono degli ostacoli per chi invece può ancora avere la chance di godersi la vita. La legge del più forte, dunque, diventa il vero e unico criterio di riferimento di una umanità depressa e spiritualmente annichilita.
Il business dei trapianti d'organo, ormai acriticamente accettato da tutti come il livello più alto di altruismo e gratuita donazione di sé raggiunto dall'uomo della modernità, si inquadra perfettamente nell'epoca in cui viviamo: la morte di colui che si auto-elimina o viene eliminato acquisisce senso e dignità nel momento in cui è utile a qualcun altro. La mancanza di senso, infatti, colpisce l'uomo in tutte le fasi della sua esistenza, tanto che ancor più terrificante del vivere senza alcuna prospettiva e senza poter lasciare alcuna traccia è il morire. Non sorprende, dunque, la facilità con cui le persone danno il loro assenso a donare gli organi vitali e non sorprende nemmeno che la materia prima dei trapianti provenga in misura sempre maggiore dalle persone eutanasizzate; purtroppo non sorprende neppure il fatto che sempre con maggior frequenza si ricorrerà all'eutanasia senza il consenso del paziente o addirittura contro di esso. La strada del male è un abisso senza fondo.

DOSSIER "DONAZIONE DI ORGANI"
L'inquietante concetto di "morte cerebrale"

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Fonte: Corrispondenza Romana, 09/07/2011

9 - OMELIA XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A - (Mt 14,22-33)
Coraggio, sono io, non abbiate paura!
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 7 agosto 2011)

Il Vangelo di questa domenica ci dà due preziosi insegnamenti: il primo è quello della preghiera, il secondo quello della fiducia. Dopo aver compiuto il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, Gesù congeda la folla e, di sera, sale su un monte per pregare. Vi rimane fino all'alba. Gesù sente la necessità di appartarsi per dialogare con il Padre, e, per far questo, Egli sceglie il silenzio della notte. Sul suo esempio, anche noi dobbiamo avvertire l'esigenza della preghiera e ricercare nel raccoglimento la presenza di Dio.
Nella prima lettura abbiamo ascoltato l'episodio del profeta Elia, al quale fu rivolta questa parola: «Fermati sul monte alla presenza del Signore» (1Re 19,11). Elia non trovò il Signore nel vento impetuoso, nemmeno nel terremoto o nel fuoco, ma nel «sussurro di una brezza leggera» (1Re 19,12). Questo ci fa comprendere che Dio si trova nel silenzio e non nel frastuono di una vita frenetica. Gesù ce lo fa intendere appartandosi nella solitudine di un monte.
Cerchiamo di penetrare nel segreto della preghiera. La preghiera è stata definita come il dialogo con Dio: si parla a Dio, ma soprattutto lo si ascolta. Noi parliamo a Dio rivolgendo a Lui le nostre suppliche; e Dio parla a noi, ispirandoci buoni propositi ogni volta che meditiamo, e facendoci avvertire i salutari rimorsi di coscienza. Questa voce è tenue come il sussurro di una brezza leggera e la si percepisce solo nel silenzio e nel raccoglimento. L'uomo d'oggi spesso ha perso questa dimensione verticale della vita e non riesce più ad apprezzare la bellezza di questi momenti di intimità con il Signore.
La preghiera è stata anche definita come l'elevazione della mente e del cuore a Dio. Se manca questa elevazione è impossibile entrare in questo dialogo vitale con il nostro Creatore. Il Cristiano deve sentire fortemente questo invito che viene dall'alto e deve fare della preghiera il respiro della propria anima. La preghiera è l'attività più nobile che l'uomo possa svolgere su questa terra e, certamente, la più necessaria. è la preghiera che apre i cieli e fa scendere la grazia fino a noi. Gesù, nel Vangelo di oggi, ci dà questa importante lezione. Il suo esempio vale più di ogni discorso che si possa fare. Imitiamo il nostro Maestro e ricerchiamo anche noi dei momenti della nostra giornata da dedicare all'orazione.
Il secondo insegnamento di questo Vangelo riguarda la fiducia. Il mare era in tempesta e la barca dove erano gli Apostoli era agitata dalle onde. Le acque agitate simboleggiano questo mondo così spesso sconvolto dall'infuriare di grandi disordini. Sopra queste acque dobbiamo navigare anche noi, e, come agli Apostoli, anche a noi Gesù viene incontro per aiutarci. Anche a noi Gesù dice: «Coraggio, sono io, non abbiate paura» (Mt 14,27), e rivolge l'invito a camminare sulle acque, ovvero a passare indenni attraverso tante difficoltà; ma, purtroppo, come Pietro, anche noi non abbiamo sufficiente fede e veniamo sommersi dalle onde.
Come Pietro, tante volte noi imploriamo l'aiuto divino e gridiamo: «Signore, salvami!» (Mt 14,30). Ma, in questa accorata preghiera, tante volte manca la vera fiducia, per cui Gesù amabilmente ci rimprovera: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?» (Mt 14,31). Se non avesse dubitato, Pietro sarebbe riuscito a camminare sulle acque; così, se anche noi non dubitassimo, riusciremmo a superare tutte le difficoltà di questa vita, senza esserne sommersi.
Come è difficile donare al Signore un cuore pieno di fiducia! È più facile magari fare grandi penitenze, ma come è raro trovare un'anima che sappia fidarsi pienamente di Dio! La preghiera è la chiave della fede: quanto più la nostra preghiera sarà nutrita, tanto più la nostra fede aumenterà e ci permetterà di "camminare" sulle onde di questo mondo in tempesta. Quando Gesù salì sulla barca ove erano gli Apostoli, il vento cessò (cf Mt 14,32); così, se noi riusciremo ad accogliere Gesù nella nostra vita con viva fede, ogni ostacolo sarà superato.
Il segreto per giungere a una tale fiducia in Dio è quello di guardare alla Madonna e di invocarla con perseveranza. San Bernardo paragona Maria a una stella lucente che guida la rotta delle navi nel buio della notte. Egli esorta ciascuno di noi a guardare a questa stella, così da giungere felicemente al porto sospirato della Vita eterna. Così egli scrive: «O tu che nelle vicissitudini della vita, più che di camminare per terra hai l'impressione di essere sballottato tra tempeste e uragani, se non vuoi finire travolto dall'infuriare dei flutti, non distogliere lo sguardo dal chiarore di questa stella! Se insorgono i venti delle tentazioni, se ti imbatti negli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, invoca Maria... Nei pericoli, nelle difficoltà e nei momenti di incertezza: pensa a Maria, invoca Maria. Abbila sempre sulla bocca, abbila sempre nel cuore... Seguendo Lei non andrai fuori strada, pregandola non dispererai, pensando a Lei non sbaglierai. Se Ella ti sostiene non cadrai, se Ella ti protegge non avrai nulla da temere, se Ella ti guida non ti affaticherai, se ti sarà favorevole giungerai alla meta».
Guardiamo anche noi questa stella e invochiamo con fiducia Maria!

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 7 agosto 2011)

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