BastaBugie n�289 del 22 marzo 2013

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1 PAPA FRANCESCO: LE PORTE DEGLI INFERI NON PREVARRANNO
Ciascuno dice la sua: mi piace, non mi piace, è simpatico... ma il cattolico ama il Papa, chiunque sia, perché è la pietra su cui Cristo ha fondato la sua Chiesa (VIDEO: prime parole)
Autore: Isacco Tacconi - Fonte: Redazione di BastaBugie
2 PAPA FRANCESCO: ''CARI FRATELLI E SORELLE, BUONASERA!''
La semplicità accorata e la rocciosa concretezza delle parole di un cuore di padre (VIDEO: incontro giornalisti)
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
3 PAPA FRANCESCO: LA VERA RIFORMA DELLA CHIESA
Rivolto ai cardinali ha detto: ''Se non confessiamo Gesù Cristo, diventeremo una Ong assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore'' (VIDEO: prima omelia)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana
4 PAPA FRANCESCO: BUONO... MA NON BUONISTA, POVERO... MA NON PAUPERISTA, SEMPLICE... MA NON SEMPLICISTA
Nell'omelia nella Cappella Sistina ha tracciato le linee del suo pontificato indicando cosa la Chiesa deve fare: camminare, edificare, confessare (VIDEO: primo angelus)
Autore: Corrado Gnerre - Fonte: Il Giudizio Cattolico
5 PAPA FRANCESCO: I BOOKMAKER LO DAVANO 70 A 1, MA LA CHIESA NON SI COMPRENDE CON LA LOGICA DEL MONDO
Intervista a Costanza Miriano: ''mi chiedo se tutto questo interesse sul Papa sia un interesse reale alle sue parole...'' (VIDEO: omelia Messa di inizio pontificato)
Autore: Marta Moriconi - Fonte: Intelligo News
6 PAPA FRANCESCO: IL QUOTIDIANO LA REPUBBLICA DA' LEZIONI AL PAPA (COPRENDOSI DI RIDICOLO)
Scalfari, fondatore de La Repubblica, dà 4 consigli, uno più sbagliato dell'altro: pauperismo, relativismo, abolizione della gerarchia ecclesiastica e dei principi non negoziabili
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana
7 PAPA FRANCESCO: COME AFFRONTERA' IL PROCESSO DI AUTODEMOLIZIONE DOTTRINALE E MORALE DELLA CHIESA?
Il passato ci aiuta a comprendere il presente: Papa Adriano VI rese possibile la grande rinascita religiosa del XVI secolo
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana
8 PAPA FRANCESCO: L'ASSURDA MACCHINA DEL FANGO CONTRO IL SOMMO PONTEFICE
Ecco le prove che il cardinale Bergoglio NON ha collaborato con la dittatura militare argentina, anzi...
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana
9 OMELIA DOMENICA DELLE PALME - ANNO C - (Lc 22,14-23.56)
Pregate, per non entrare in tentazione
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
10 OMELIA GIOVEDI SANTO - ANNO C - (Gv 13,1-15)
Vi ho dato un esempio
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - PAPA FRANCESCO: LE PORTE DEGLI INFERI NON PREVARRANNO
Ciascuno dice la sua: mi piace, non mi piace, è simpatico... ma il cattolico ama il Papa, chiunque sia, perché è la pietra su cui Cristo ha fondato la sua Chiesa (VIDEO: prime parole)
Autore: Isacco Tacconi - Fonte: Redazione di BastaBugie, 19/03/2013

L'emozione di quell'attimo in cui quell'uomo vestito di bianco, esce sul loggione delle benedizioni è ancora vivida. Non so descrivere il mio stato d'animo in quel momento, nel vedere il nuovo Sommo Pontefice, laddove, soltanto pochi giorni fa, risiedeva l'amato Benedetto XVI. Papa Francesco, la gioia profonda che mi ha dato la consapevolezza che il nuovo Papa ha posto se stesso, la nostra amata Italia e la Chiesa Universale sotto la potente protezione del poverello d'Assisi è indescrivibile. Dopo il pontificato di Benedetto XVI, che appositamente scelse il nome del Santo di Norcia che gettò le basi della cristianità in Europa e nel mondo con il modello della vita monastica, ora abbiamo San Francesco! Il più grande santo che la storia abbia mai avuto, colui che incarnò l'Imago Christi più di ogni altro, e per primo fu degno di essere fregiato delle Sacre Stigmate di Nostro Signore Crocifisso. Un buon auspicio, ritengo, dato che si è avvicendato a "san Benedetto" patrono d'Europa, "san Francesco" patrono d'Italia. La Chiesa di Dio è in rovina? serve rispondere? Per chi ha occhi ed orecchi, la confusione, gli errori dottrinali e l'anarchia dilagante sono evidenti a tutti i livelli. Un caso la scelta del nome di Francesco? Credo proprio di no.
Ma già tutti cominciano a tirarselo per la giacchetta. I discepoli del card. Carlo Maria Martini esultano per il Papa "progressista". I progressisti argentini invece, che lo conoscono da vicino, storcono il naso perché sanno che poi, tanto progressista non è. Tra parentesi, forse non molti sanno che l'Argentina è una delle nazioni in cui la Fraternità sacerdotale San Pio X è più forte e diffusa. Altri "tradizionalisti", si stracciano le vesti disperati, rivelando la poca fede in Cristo che guida e protegge la sua Chiesa. Poi c'è il povero Dino Boffo che non ha esitato subito ad affermare soddisfatto "Adesso finalmente abbiamo un Papa che ci farà tornare indietro di dieci anni", annullando l'operato faticoso di Benedetto XVI. Certo, lo sprovveduto ex direttore di Avvenire e oggi direttore di TV2000, ragiona con l'ottica del bipolarismo politico italiano, in cui i governi si avvicendano annullando l'uno l'operato dell'altro, in un continuo "fare e disfare". Non così nella Chiesa Cattolica, la quale, nonostante i limiti, i peccati e le sporcizie dell'uomo, resta il Mistico Corpo di Cristo.
Mi piange il cuore vedere così poca fede (ahimè anche in ambito "tradizionalista") nella figura del Sommo Pontefice. E penso che il protestantesimo luterano si è radicato anche nelle coscienze di coloro che si ritengono i paladini e unici detentori della Tradizione. La completa mancanza di fede soprannaturale nel clero, nei principi della Chiesa, nel Papa è il veleno infido instillato da Martin Lutero nelle orecchie dei fedeli, e che non a caso il Concilio Vaticano I ha dovuto estirpare riaffermando il primato e l'infallibilità petrina. Lutero pensava di saper ascoltare lui solo la voce dello Spirito Santo, e che sapeva "meglio del Papa" quello che era giusto fare, scavalcando la mediazione degli uomini, ponendosi presuntuosamente da solo dinanzi a Dio.
Vedo una fede nel Papa che si basa sulla simpatia, sull'empatia, sui nostri giudizi e le nostre misere "previsioni", o le nostre condizionate letture delle azioni e scelte passate di un uomo che ora si trova a tenere il timone della barca di Pietro. Lo stesso Papa Alessandro VI Borgia, figura discussa e una delle "leggende nere" della Chiesa, ebbe quattro figli da Vannozza Cattanei, e altri figli da madre ignota, ma pochi sanno che questo avvenne prima che venisse eletto Pontefice. Da Papa si dimostrò grande uomo politico contro le mire espansionistiche dei sovrani di Francia e di Spagna, e tentò di difendere il domenicano Savonarola dalla scomunica e dal rogo.
Una fede sotto condizione, dunque, che poco ha a che fare con la fede di santi come san Pio da Pietrelcina. Sappiamo con quale rispetto e devozione egli accoglieva le disposizioni della Santa Sede, anche quando erano contro di lui. Scrive padre Stefano Maria Manelli, generale dei Frati Francescani dell'Immacolata e figlio spirituale di san Pio: "Al vescovo di Manfredonia, che si recava dal Papa, san Pio raccomandò «Dica al Papa che per me, dopo Gesù, non c'è che lui». Quando era straziato, egli aveva la forza di dire «Dolce è la mano della Chiesa anche quando percuote, perché è la mano della madre». E chi più di lui poteva vantare di essere in grazia di Dio e di conoscere la sua Santa volontà in virtù di tutte le visioni e le profezie di cui Iddio gli fece dono! E di tutti quei giovani contestatori che fanno soffrire la Chiesa, egli diceva che «non hanno né cervello né cuore». Sappiamo come venerava il magistero pontificio, come magnificava la dottrina del Papa Pio XII, come era attento a non lasciar cadere nel vuoto le esortazioni e le direttive dei Sommi Pontefici. Prima di morire, san Pio scrisse la sua ultima lettera su questa terra, e fu una lettera al Papa Paolo VI. Fu l'ultimo atto di un figlio devoto verso la Chiesa sua madre. Quella lettera fu un grande conforto per il cuore del Papa, e un grande esempio per noi tutti, figli della Chiesa.
L'obbedienza soprannaturale è sempre stata una delle virtù cardine forse la più amata e ricercata dai santi, ed avversata dai superbi e dagli eretici. Non posso, quindi, non ricordare qui anche l'esempio di sant'Alfonso Maria de Liguori. Sappiamo quanto filiale e devota fosse la sua ubbidienza al Papa ed alla Santa Chiesa. E quando gemeva sotto l'atroce prova in cui lo teneva la mano del Sommo Pontefice, sapeva ripetere prostrato a terra e con umiltà profonda soltanto questa parola che era la sua forza: "Volontà del Papa, Volontà di Dio!".
"A coloro che si scandalizzavano quando Gesù andava a mangiare con i peccatori, con i pubblicani, Gesù dice: "I pubblicani e le prostitute vi passano davanti", la cosa peggiore per quell'epoca. Gesù non li sopporta. Sono quelli che hanno clericalizzato - per usare un concetto facile da comprendere - la Chiesa del Signore. La riempiono di precetti e lo dico con dolore, e se sembra una denuncia o un'offesa perdonatemi, ma nella nostra regione ecclesiastica ci sono presbiteri che non battezzano i figli delle ragazze madri perché non sono stati concepiti nella santità del matrimonio. Questi sono gli ipocriti di oggi. Quelli che hanno clericalizzato la Chiesa, quelli che allontanano il popolo di Dio dalla salvezza. E quella povera ragazza che, potendo rimandare il proprio figlio al mittente, ha avuto il coraggio di metterlo al mondo, peregrina di parrocchia in parrocchia perché glielo battezzino". Queste le parole del card. Jorge Mario Bergoglio, ora Papa Francesco, in un'omelia del 2 settembre 2012.
Niente pronostici, dunque, niente crisi di nervi, niente toto Papa, né scommesse sul primo passo falso del Pontefice, pronti a puntare il dito con soddisfazione "Visto! Ve l'avevo detto io che non c'era da fidarsi". Preghiamo, come ci ha detto lui stesso nel suo primo discorso, gli uni per gli altri, confidando nelle parole di Colui che ha detto "Ho pregato perché la tua fede non venga meno".

Nota di BastaBugie: vi invitiamo a guardare il video di 12 minuti con le prime parole di Papa Francesco, pochi minuti dopo la sua proclamazione ufficiale, in una Piazza San Pietro piena di persone e di gioia

www.youtube.com/watch?v=Wu1pLyuECpo

Fonte: Redazione di BastaBugie, 19/03/2013

2 - PAPA FRANCESCO: ''CARI FRATELLI E SORELLE, BUONASERA!''
La semplicità accorata e la rocciosa concretezza delle parole di un cuore di padre (VIDEO: incontro giornalisti)
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 17/03/2013

"Buonasera". Così ha esordito papa Francesco. E siccome noi non siamo più abituati a vivere in un Paese in cui "buonasera" significa semplicemente "buonasera", come diceva Cesare Zavattini, ci ha stupito.
Ci stupisce la semplicità dell'essere uomini così, cioè cristiani. Mercoledì sera ero in quella piazza San Pietro, fra centomila persone contente ed emozionate.
E quando, dopo quel saluto inatteso, il nuovo papa ci ha chiesto di recitare con lui – per Benedetto XVI – il "Padre nostro", la preghiera più antica, la preghiera di Gesù, quella che da duemila anni hanno recitato tutti i cristiani, quella che insegniamo ai nostri figli piccoli, insieme all'Ave Maria e al Gloria, è apparso chiaro – ed è stato meraviglioso – che si è cristiani proprio per quell'abbandono fiducioso con cuore di bambini.
Poi, a braccio, il Papa ha detto che desiderava per tutte le chiese "un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi" e ha aggiunto: "preghiamo sempre per noi: l'uno per l'altro. Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza".
 
MISERICORDIA
Sono parole che hanno la semplicità accorata e la rocciosa concretezza delle parole che sgorgano dal cuore dei padri e delle madri per la felicità dei figli. E soprattutto ci ricordano che nel cristianesimo tutto è preghiera: noi non possiamo far nulla senza di Lui, neanche essere fratelli. Del resto non si può dire nemmeno nulla al Signore se non domandando.
Il giorno dopo – come primo gesto del suo pontificato – ha portato i fiori alla Madonna, nella più antica delle sue basiliche. Come fanno i figli con la Madre e come fanno gli uomini innamorati. E ha pregato in ginocchio davanti all'icona di Colei che è "Salus populi romani".
Lì a Santa Maria Maggiore ha raccomandato ai sacerdoti dei confessionali di far sentire a tutti la misericordia del Signore, perché è di questo abbraccio del Padre che ogni uomo ha bisogno, perché tutti sono segretamente feriti e soli.
Con papa Francesco ogni cosa torna semplice, secondo lo stile del santo di Assisi. Una letterale adesione al Vangelo. Sine glossa.
Così anche quel ripetuto definirsi "vescovo di Roma" è di certo un segno di umiltà e fa presagire un certo tipo di pontificato, ma anzitutto è la definizione originaria del Successore di Pietro, che ci porta di colpo alle sorgenti, dove tutto accadde. Perché l'essenza di ogni cosa si rende evidente nella sua origine.
 
IL DIAVOLO
Ma noi sappiamo leggere questi gesti, queste parole, questi segni con la semplicità, il cuore e la mente di papa Francesco? Forse no, i media soprattutto: dobbiamo riconoscere che siamo intossicati dall'ideologismo. Volete un esempio?
Nei primi due giorni di pontificato, papa Francesco per due volte mette in guardia dal diavolo e subito salta fuori il solito grande giornale a spiegare che la cosa "va interpretata" (insomma "il diavolo" sarebbe una questione simbolica o una personificazione e bla bla bla).
Invece quando il Papa parla del diavolo intende proprio il diavolo. Punto e basta. E così quando ripete che senza Gesù Crocifisso nulla ha senso. Neanche fare gli attivisti di cause sociali e umanitarie o l'essere cardinali.
Lo ha detto proprio a loro: "Noi possiamo camminare quanto vogliamo, possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo a Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ong pietosa, ma non la Chiesa, sposa del Signore". E così "succede quello che succede ai bambini sulla spiaggia quando fanno i castelli di sabbia, tutto viene giù, è senza consistenza".
Anche Francesco d'Assisi stupiva. Perché era cristiano? No. A quel tempo tutti erano cristiani. Ma Francesco aveva qualcosa di particolare: tutto quel che lui era, diceva e faceva rimandava all'umanità di Gesù. La ricordava.
Lui era così commosso dall'umanità del Figlio di Dio e ne aveva così pieni il cuore, la mente e gli occhi che tutti, incontrandolo, si commuovevano di lui e quindi dell'umanità di Gesù.
 
POVERTA'
Anche oggi tante cose che nella Chiesa si dicono e si scrivono rimandano a idee cristiane e si riferiscono a contenuti cristiani. Ma – come ha scritto un mio maestro nella fede – sono idee, sono parole cristiane in cui spesso non c'è più l'umanità di Gesù (e quindi i sacramenti).
Pure l'amore per la povertà di Francesco, la sua passione totale per Madonna Povertà (come la canta Dante nella Commedia), non era un ragionamento sociale, ma era stupore e amore per l'umanità di Dio che ha spogliato se stesso ed è venuto a morire per noi.
Così ieri papa Francesco è tornato a ripetere questa parola: povertà. L'ha detta a braccio, parlando ai giornalisti, come un sospiro che gli usciva dall'anima: "Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!".
E' una frase significativa, che contiene il desiderio di liberare la Chiesa da tante sovrastrutture, orpelli e da molta mondanità, per far trasparire il suo unico tesoro "Gesù Cristo crocifisso".
Infatti non è la potenza dei mezzi umani ad aver convertito il mondo al cristianesimo duemila anni fa, ma – al contrario – la "potenza di Dio" che si manifesta di più quando siamo deboli e confidiamo in Lui anziché in noi.
E poi l'amore alla povertà per papa Francesco è anzitutto la sua personale scelta di vita, non un discorso ideologico.
Il suo amore per i poveri non è una battaglia politica, ma la passione per uomini e donne in carne e ossa, per il loro bene e la loro felicità. Per la salvezza di tutti.
Vengono in mente quelli che, nella Chiesa, sono stati e sono i più grandi testimoni di questo amore per i poveri. Non gli ideologi e i politicanti, ma – con Francesco d'Assisi – persone come Madre Teresa di Calcutta, come Fratel Ettore, missionari come padre Augusto Colombo, "l'apostolo dei paria" o – per venire in Italia e alla nostra generazione – come Chiara Amirante o come i padri francescani e comboniani dei tanti sperduti lebbrosari del Terzo Mondo.
E tanti altri nomi si potrebbero fare perché le nostre povertà, bisognose di aiuto, che invocano speranza e redenzione, sono innumerevoli, non solo economiche, ma spirituali, esistenziali, sono disperazioni, malattie, solitudini, sofferenze, dipendenze, schiavitù, oppressioni di ogni tipo.
 
MIRACOLO
In questi deserti, quando si incontra una presenza così diversa, piena di misericordia, ci sorprende, ci commuove e fa pensare al miracolo. Il cristianesimo è proprio un incontro che stupisce come un miracolo .
Mi sono imbattuto in un pensiero di don Luigi Giussani (citato dal sito "Piccole note") che fa capire bene cosa sta accadendo e cosa accadrà con papa Francesco:
"Noi siamo in un tale degrado universale che non esiste più niente di ricettivo del cristianesimo se non la bruta realtà creaturale. Perciò è il momento degli inizi del cristianesimo, è il momento in cui il cristianesimo sorge, è il momento della resurrezione del cristianesimo. E la resurrezione del cristianesimo ha un grande unico strumento. Che cosa? Il miracolo. E' il tempo del miracolo".

Nota di BastaBugie: vi invitiamo a guardare il video di 15 minuti in cui Papa Francesco incontra i giornalisti in aula Paolo VI e ricorda che per leggere gli avvenimenti della storia della Chiesa c'è bisogno di una prospettiva di Fede, altrimenti non se ne capisce il profondo significato non avendo la Chiesa natura solo umana o politica, ma essenzialmente spirituale. E' lo Spirito Santo (e non le logiche umane) a guidare le scelte della Chiesa

http://www.youtube.com/watch?v=7ulRJsYDdWY

Fonte: Libero, 17/03/2013

3 - PAPA FRANCESCO: LA VERA RIFORMA DELLA CHIESA
Rivolto ai cardinali ha detto: ''Se non confessiamo Gesù Cristo, diventeremo una Ong assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore'' (VIDEO: prima omelia)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 15/03/2013

«Se non confessiamo Gesù Cristo, diventeremo una Ong assistenziale ma non la Chiesa, sposa del Signore». Papa Francesco, nella sua prima omelia da Sommo Pontefice, ha chiarito subito che la vera riforma nella Chiesa è la fede, e la testimonianza della fede. E in questo si è messo nel solco già tracciato da Benedetto XVI che, non per niente, aveva indetto l'Anno della Fede rilevando proprio nella mancanza di questa virtù teologale la vera radice della crisi, sia della Chiesa sia del mondo.
Ciò non toglie che anche papa Bergoglio darà una sua impronta particolare a questo cammino, ma allo stesso tempo è chiaro che condivide con chi l'ha preceduto il giudizio più profondo sulla realtà attuale.
E' giusto metterlo in evidenza perché in queste poche ore dalla sua elezione c'è stato un diluvio di commenti e analisi da parte soprattutto dei soliti noti, che hanno tentato di arruolare Jorge Mario Bergoglio nel partito del progressismo estremo, alimentando l'attesa di riforme radicali soprattutto nel campo della morale (per alcuni sembra proprio che questa sia l'unica preoccupazione).
In realtà è bene chiarire che il curriculum di papa Bergoglio al proposito parla ben chiaro: sulla ferma opposizione a qualsiasi riconoscimento delle coppie gay, abbiamo pubblicato ieri un suo eloquente intervento, ma Bergoglio – da arcivescovo di Buenos Aires e primate della Chiesa argentina - si è anche distinto per le sue nette prese di posizione contro l'aborto e l'eutanasia.
In un discorso rivolto a preti e laici argentini, il 2 ottobre 2007, l'allora cardinale Bergoglio si espresse a difesa della vita nascente anche in caso di violenza sessuale: «Noi non siamo d'accordo con la pena di morte – disse -; ma in Argentina abbiamo la pena di morte. Un bambino concepito a causa dello stupro di una donna con problemi mentali può essere condannato a morte». Nello stesso tempo ha avuto grande attenzione nella promozione della dignità della donna, e soprattutto delle donne in attesa di un figlio, per le quali ha istituito una speciale benedizione.
Inoltre, sempre nel 2007, è stato proprio il cardinale Bergoglio a presentare – a nome dei vescovi dell'America Latina – l'«Aparecida Document» sulla situazione della Chiesa in quei paesi. Ebbene, in quel documento – approvato poi da papa Benedetto XVI – si prevede che sia proibito accostarsi all'Eucarestia per tutti coloro che istigano all'aborto, politici in testa. Dice infatti il paragrafo 436 della necessità di una «coerenza eucaristica»: «Non si può ricevere la Santa Comunione e nello stesso tempo agire o parlare contro i comandamenti, in particolare quando sono facilitati l'aborto, l'eutanasia e altri seri crimini contro la vita e la famiglia. Questa responsabilità si applica in modo particolare a legislatori, governanti e personale sanitario».
Allo stesso modo ha denunciato l'abbandono al loro destino degli anziani, che invece di essere considerati un «deposito di saggezza» per la società vengono trattati come un fardello che porta i servizi sociali a praticare una sorta di «eutanasia clandestina» garantendo servizi soltanto fino a un certo punto.
Ha anche negato la possibilità di mettere in discussione il celibato dei preti quale rimedio alla piaga dei preti pedofili. In un libro-intervista uscito di recente in Argentina, El Jesuita, afferma chiaramente che «Se c'è un prete pedofilo è perché porta in sé la perversione prima di essere ordinato. E sopprimere il celibato non curerebbe tale perversione. O la si ha o non la si ha».
Insomma, chi identifica la riforma della Chiesa con queste false aperture alla modernità – che peraltro hanno già costituito una disgrazia per le altre denominazioni cristiane – sarà ben presto disilluso.
La riforma che intende papa Francesco è ben più ardua, è la strada della Croce (lo ha detto ieri chiaramente ai cardinali), è la conversione: e qui non servono sterili rivendicazioni di presunti diritti, ma il riconoscersi anzitutto bisognosi di essere salvati.

Nota di BastaBugie: vi invitiamo a guardare il video di 7 minuti con la prima omelia di Papa Francesco nella Messa celebrata con i cardinali nella Cappella Sistina

http://www.youtube.com/watch?v=w4CVV5ISIoo

Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 15/03/2013

4 - PAPA FRANCESCO: BUONO... MA NON BUONISTA, POVERO... MA NON PAUPERISTA, SEMPLICE... MA NON SEMPLICISTA
Nell'omelia nella Cappella Sistina ha tracciato le linee del suo pontificato indicando cosa la Chiesa deve fare: camminare, edificare, confessare (VIDEO: primo angelus)
Autore: Corrado Gnerre - Fonte: Il Giudizio Cattolico, 16/03/2013

Papa Francesco nell'omelia durante la Celebrazione eucaristica con i cardinali nella Cappella Sistina ha tracciato semplicemente ma chiaramente le linee fondamentali del suo pontificato indicando cosa la Chiesa deve fare: camminare, edificare, confessare.
Tre prospettive chiarissime e insite nella vocazione stessa della Chiesa. Camminare, ovvero pellegrinare nella Storia. Edificare, ovvero santificare. Confessare, ovvero testimoniare Cristo.
Pellegrinare nella storia non vuol dire seguire la storia o essere nella storia, bensì essere sì nella storia ma non della storia. Vuol dire avere dinanzi a sé l'obiettivo della meta da raggiungere, una meta che è al di là della storia. Il pellegrinare è sì nella storia ma ciò che si deve raggiungere è oltre la storia, ed è il compimento del Regno di Dio, il raggiungimento della pienezza della vita eterna, è la conquista del Paradiso.
Edificare, vuol dire santificare; e santificare vuol dire salvare. Vuol dire far capire che ciò che conta è raggiungere la meta del Paradiso. Che all'uomo – come ho già detto prima – non è data alcuna salvezza su questa terra, ma che il vero obiettivo è la pienezza di vita in Dio nella dimensione dell'eternità. Che ciò che conta è la Grazia di Dio; tutto il resto è inezia.
Testimoniare, vuol dire portare la Verità, che è unicamente Cristo. Gesù, che conosceva bene la differenza tra l'articolo determinativo e quello indeterminativo, non disse di se stesso di essere una via, una verità e una vita; bensì di essere la via, la verità e la vita. Testimoniare significa dire all'uomo che non può trovare in se stesso la risposta e la soluzione del suo vivere, ma solo incontrando Cristo e vivendo della vita di Cristo (la Vita di Grazia).
Ma nell'omelia Papa Francesco ha detto anche altro. Ha detto due cose molto importanti. La prima: senza Cristo, la Chiesa si trasforma in una sorta di ONG. La seconda: non si può confessare Cristo senza la Croce.
Facciamo qualche riflessione.
Senza Cristo, la Chiesa si trasforma in una sorta di ONG. Verissimo. È da tempo che si constata questo problema. È da tempo che l'annuncio cristiano non affascina più. Negli ultimi decenni la Chiesa è come se avesse dimenticato la centralità di Cristo, quasi come se se ne fosse vergognata. La Chiesa sembra essersi ridotta ad una sorta di "ente morale", solo preoccupata a rincorrere il mondo, a fare del "politicamente corretto" il suo dogma fondamentale, a inchinarsi dinanzi al mondo e a credere che tutto sommato la sua missione sia quella di farsi redimere dalla storia e non viceversa. Una Chiesa cortigiana della storia. Una Chiesa che non ha saputo più essere "segno di contraddizione" dimenticando appunto Cristo che – come disse il vegliardo Simeone – è «segno di contraddizione, salvezza e perdizione per molti in Israele»! Una Chiesa che non ha saputo e non ha più voluto condannare l'errore e proteggere dall'errore i suoi figli. Una Chiesa dove vi è una sorta di dimenticanza della tensione verso l'eternità in favore di preoccupazioni esclusivamente immanenti e di chiaro sociologismo moralistico. Una Chiesa che ha creduto che tutto sommato la vera uguaglianza fra gli uomini sia quella dei diritti sociali e sindacali, e non quella vera, e cioè che tutti – ricchi e poveri, colti e ignoranti, sani e infermi – hanno bisogno di "parole di vita eterna". Una Chiesa che ha creduto che la misericordia sia solo quella di offrire il panino a tutti, e non quella prima di tutto di offrire la verità.
Non a caso sono opere di misericordia non solo quelle corporali ma anche e soprattutto quelle spirituali. Anzi, una Chiesa che ha separato i due modelli di opere, non tenendo in considerazione che esse o vanno insieme o non vanno affatto. Perché è tutto l'uomo che deve essere salvato. È tutto l'uomo che ha bisogno di misericordia. Ha bisogno di misericordia il suo corpo ma anche e soprattutto la sua anima. Da qui l'esempio inequivocabile dei santi.
Da san Luigi IX, il grande Re di Francia, che da Re si preoccupava della salvezza eterna dei suoi sudditi dando testimonianza coraggiosa di servire la Verità e la Chiesa nelle Crociate, ma che si preoccupava anche di alleviare le umane sofferenze: ogni sabato radunava i poveri nel suo palazzo, lavava loro i piedi che baciava con rispetto, dopo averli asciugati con le sue stesse mani; li serviva lui stesso a tavola e a loro distribuiva una ricca elemosina. Alla beata Madre Teresa di Calcutta, che andava per strada a portare cibo e conforto ai dalit, ma che dinanzi al consesso dell'ONU ebbe il coraggio di dire pubblicamente: «... non illudiamoci, fin quando sulla terra ci sarà una madre che arriverà ad uccidere il proprio figlio nel suo grembo, sulla terra non ci potrà mai essere la pace».
Papa Francesco, da vescovo di Buenos Aires, queste cose le ha fatte: ha dato pubblica testimonianza delle opere di misericordia corporale lavando i piedi persino ad ammalati di AIDS, ma non ha trascurato quelle spirituali, che sono ugualmente di misericordia. Quanti vescovi in Italia in merito alla proposta di legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono arrivati a dire queste parole che ebbe il coraggio di dire l'allora cardinale Bergoglio chiedendo preghiere ai monasteri di clausura femminile di Buenos Aires: «Non siamo ingenui: questa non è semplicemente una lotta politica, ma è un tentativo distruttivo del disegno di Dio. Non è solo un disegno di legge (questo è solo lo strumento) ma è una "mossa" del padre della menzogna che cerca di confondere e d'ingannare i figli di Dio. E Gesù dice che per difenderci da questo accusatore bugiardo ci manderà lo Spirito di Verità. Oggi la Patria, in questa situazione, ha bisogno dell'assistenza speciale dello Spirito Santo che porti la luce della verità in mezzo alle tenebre dell'errore.  (...) Ricordiamo ciò che Dio stesso disse al suo popolo in un momento di grande angoscia: "Questa guerra non è vostra, ma di Dio". Che [Gesù Bambino, la Madonna e san Giuseppe] ci soccorrano, difendano e ci accompagnino in questa guerra di Dio».
Passiamo all'altra espressione: «... non si può confessare davvero Cristo dimenticando la Croce». Altra grande questione della Chiesa attuale: la dimenticanza della Teologia della Croce. Senza questa, il Cristianesimo non si capisce. Non ha senso. Si è dimenticata la Croce perché questa richiama una verità che un certo cristianesimo contemporaneo, conforme al mondo, non vuole accettare, e cioè che Dio è assoluta perfezione e, nella sua assoluta perfezione, è Logos. Dio è infinita misericordia ma anche infinita giustizia. Dio non può patire la contraddizione, per cui non possiamo dire che Egli è misericordioso e non-misericordioso o che è giusto e non-giusto. Ma può avere l'apparente contrarietà, da qui l'inconfutabile verità che Dio è infinitamente misericordioso ma anche infinitamente giusto... e che la giustizia di Dio va compensata.
La Croce questo vuol significare. La contraddizione sta nel fatto che chi vuol dimenticare la dimensione della "sofferenza vicaria" – che è costitutiva del Cristianesimo – per evitare di parlare troppo della giustizia e del rigore di Dio, non si accorge che, proprio dimenticando la Croce, il Dio cristiano diventa paradossalmente "cattivo"... perché, se non c'è la Croce, come si fa a capire il perché Dio permetta che muoia l'innocente e che il cattivo viva? Come si fa a capire il perché Dio permetta che soffra un bambino e che il malvagio goda? Nulla avrebbe più senso.
La Chiesa degli ultimi decenni non solo si è vergognata di Cristo, si è vergognata anche della Croce. La grandezza di san Pio da Pietrelcina è tutta nel fatto che è stato una vera e propria "icona" di risposta ai gravi errori del Cristianesimo contemporaneo: dimenticanza della centralità della Teologia della Croce, crisi del sacerdozio, dimenticanza della centralità della Vita di Grazia (san Pio è stato un vero e proprio martire del confessionale), dimenticanza del valore sacrificale della Messa. Già! La Messa. Ecco un punto centrale che mi permetto (sommessamente) di chiedere a Papa Francesco. La sua bellissima espressione "non si può davvero confessare Cristo senza la Croce" necessità di una attenzione alla liturgia, dove la dimensione sacrificale deve essere centrale e dove – diciamolo francamente – nella riforma liturgica è stata inequivocabilmente trascurata. E, si sa, il rapporto tra liturgia e fede è inestricabile: lex orandi, lex credendi.
L'augurio è che da queste due espressioni di Papa Francesco si possa ritornare ad un'essenzialità del Cristianesimo. Anche se su questo termine ("essenzialità") va fatta una precisazione. Se per "essenzialità" s'intende ciò che solitamente si è inteso in certa teologia contemporanea, allora le cose non vanno bene. Per "essenzialità" in questo senso s'intende una riduzione del Cristianesimo a poco per renderlo funzionale al dialogo ecumenico, trascurando il fatto che tutto ciò che è rivelato è importante. Non a caso va ricordato: "Bonum ex integra causa, malum ex quocumque defectu". Il bene, infatti, è nell'accettare la verità tutt'intera, perché nell'ambito della verità assoluta solo l'interezza conta. Sant'Agostino, nel Commento al salmo 54 (precisamente al numero 19), afferma: «In molte cose [di fede] concordano con me; in alcune con me non concordano; ma per quelle poche cose in cui non convengono con me a nulla serve loro essere con me d'accordo in molte».
Ma ci può essere anche un significato corretto di "essenzialità". Cioè tornare al Catechismo. Tornare al Credo. Evitando tutti i contorsionismi teologisti (attenzione: non dico "teologici" ma "teologisti"). Insomma, evitando non la corretta teologia, che è a servizio del Magistero e della Tradizione, ma il teologismo intellettualista che finisce col trasformare la chiarezza della verità in prospettive ideologiche atte a rendere il dato rivelato e la Tradizione in funzione del "magistero" della storia e delle mode. Tornare al Catechismo vuol dire soprattutto due cose. Primo, capire che la Verità è stata, è e sarà sempre... e non potrà mai cambiare, né tantomeno potrà essere suscettibile di contraddizioni o di "ermeneutiche" capaci di negare la contraddizione quando essa esiste ed è evidente. Secondo, valorizzare la dimensione popolare della fede. Riscoprire la devozione dinanzi alla quale certa teologia contemporanea alza snobisticamente il naso. Riscoprire il sensus fidelium. Prendere le distanze da un adultismo della fede che si riduce ad un costruirsi un Cristo a proprio uso e consumo.
È per questo che abbiamo fiducia in Papa Francesco. Abbiamo fiducia che, rendendosi docile alla grazia di stato conferitagli dal primato petrino, saprà andare alle logiche conseguenze di queste sue due belle affermazioni.
Abbiamo fiducia che sarà un papa buono... ma non buonista, povero... ma non pauperista, semplice... ma non semplicista.

Nota di BastaBugie: vi invitiamo a guardare il video di 12 minuti con il primo Angelus di Papa Francesco. Di fronte a migliaia di fedeli in Piazza San Pietro, commentando il brano del vangelo dell'adultera perdonata da Cristo, il Papa ha detto: "non dimenticate questo: il Signore mai si stanca di perdonare, siamo noi che ci dimentichiamo di chiedere perdono"

http://www.youtube.com/watch?v=xwCoFNISgt0

Fonte: Il Giudizio Cattolico, 16/03/2013

5 - PAPA FRANCESCO: I BOOKMAKER LO DAVANO 70 A 1, MA LA CHIESA NON SI COMPRENDE CON LA LOGICA DEL MONDO
Intervista a Costanza Miriano: ''mi chiedo se tutto questo interesse sul Papa sia un interesse reale alle sue parole...'' (VIDEO: omelia Messa di inizio pontificato)
Autore: Marta Moriconi - Fonte: Intelligo News, 15/03/2013

Basta polemiche tra cattolici e il resto del mondo. Occorre deporre l'ascia di guerra e donarsi con amore. E' quello in cui crede Costanza Miriano, giornalista Rai, la cui penna si può leggere anche sull'Avvenire e Il Timone. Ma soprattutto mamma e autrice di successo di due libri "choc" per i tempi: "Sposati e sii sottomessa" e "Sposala e muori per lei". Autentici best seller a cui, forse, seguirà un terzo. Ma non più sul matrimonio, ci dice in anteprima.
PAPA FRANCESCO. COSA L'HA COLPITA DA SCRITTRICE E DA CATTOLICA DEL SUO DISCORSO DI MERCOLEDÌ?
«Credo sia un santo come dicono in molti. Ma non vorrei dire altro, non lo conosco. Ho avuto la sensazione che tanti, vaticanisti sedicenti, opinionisti tuttologi, abbiano parlato troppo dei papi presenti e futuri, e facendo previsioni strampalate. La sera, quando ho letto i giornali della mattina come mi capita spesso, ho pensato: per fortuna che lo Spirito Santo non legge i giornali. Dai bookmaker Bergoglio era dato 70 a 1. Mi chiedo se tutto questo interesse sul Papa e le sue parole, sia un interesse reale alle sue parole o sia un interesse emotivo. Cioè, se ci sia un interesse vero o meramente mediatico. Oggi anche le commesse del supermercato dicevano "questo mi piace", "quell'altro no" e, allora ho parlato con loro chiedendo se avessero letto una riga di Papa Ratzinger... Di Papa Francesco, comunque, mi è piaciuto tanto che abbia messo in banca almeno un miliardo di Pater, Ave, Gloria grazie alla diretta mondiale. Fosse solo questo il risultato del primo giorno è stato ottimo».
E' DIFFICILE LIMITARE IN CATEGORIE LA CHIESA E TANTO PIÙ UN PAPA?
«La Chiesa è fuori dalle logiche del mondo. Progressista, conservatore, destra e sinistra non c'entrano nulla. Per esempio, hanno parlato di Papa progressista e poi si sono scandalizzati subito perché si è espresso contro le unioni omosessuali. Qualcuno di quelli che ragionano a compartimenti resterà deluso».
IN TV SPESSO INVITANO OSPITI CHE DANNO VOCE AI LUOGHI COMUNI SULLA CHIESA... DITTATURA DEL RELATIVISMO? E COME VINCERLA?
«Dovremmo noi per primi dare il buon esempio. Dare meno pareri, parlare di meno. Io per prima dovrei farlo, anche ora. Un mio amico, che stimo molto, grande conoscitore della Chiesa, del Magistero e della patristica, giustamente ha detto una volta a chi criticava a cuor leggero: "Facciamo una cosa, per ogni affermazione che avete detto impegnatevi a leggere una pagina degli atti del Concilio, almeno le 4 costituzioni che nessuno conosce. Quando un sacerdote mi obbligò a leggere la Dei Verbum, per me fu davvero una rivelazione. La sfida di chi è cattolico è quella di cercare di deporre le armi di guerra, non essere in polemica. Non accusare nessuno. Cercare di far capire che le cose che Dio dice non sono per fare del moralismo, ma per farci "funzionare" meglio. Dobbiamo essere così irresistibili da farci seguire. Basta prediche».
PER I SUOI LIBRI, HA RICEVUTO PERÒ DELLE CRITICHE. COSA PROVA?
«E' ovvio che Vanity Fair non apprezza il mio libro. Leggo queste cose però sorridendo. Se sono critiche argomentate da credenti che mi sottopongono delle riflessioni, mi lascio interrogare dalle critiche. Comunque non le ho mai subite, ma ne prendo atto».
LA PARIETTI, IN TRASMISSIONE SU LA7, NON L'HA PRESA TANTO SUL SERIO. E' RIUSCITA A CONVINCERLA SECONDO LEI?
«Alcune persone hanno costruito tutta la propria vita su certi paradigmi e prima di lasciarsi scuotere ci mettono del tempo. Magari se la incontravo di sera per strada per una ruota bucata e l'aiutavo a cambiarla perdendo la mia serata al cinema, sarebbe stato diverso».
I SUOI LIBRI SONO DI SUCCESSO. HANNO MIGLIAIA DI LETTORI... MA SE LI AVESSE SCRITTI UN ODIFREDDI, AVREBBERO AVUTO PIÙ SPAZIO IN TV?
«L'uomo di oggi è allergico ad ogni idea di obbedienza, portato a dare valore solo all'auto-determinazione. L'idea di sottomettersi o di morire per qualcuno obbedendo ad un impegno preso, con la fedeltà per tutta la vita, se non capisci di essere peccatore amatissimo dal Padre, limitato e bisognoso di essere custodito dall'obbedienza, ti fa sentire violentato, è una costrizione. Chi si avverte come squinternato, peccatore, accoglie l'obbedienza come occasione per funzionare meglio».
STA LAVORANDO AD UN ALTRO LIBRO? CI DIA UN'ANTICIPAZIONE...
«Lo custodisco nel cuore più che altro. Ma tra il lavoro alla Rai e i figli, più le presentazioni dei libri che ho già scritto, il tempo è sempre di meno. Vorrei, ma questa volta non voglio parlare di matrimonio. Appena metto a fuoco le idee glielo lo dico».

Nota di BastaBugie: vi invitiamo a guardare il video di 15 minuti con l'omelia di Papa Francesco nella Messa di inaugurazione del ministero Petrino

http://www.youtube.com/watch?v=NanX8vOx5-4

Fonte: Intelligo News, 15/03/2013

6 - PAPA FRANCESCO: IL QUOTIDIANO LA REPUBBLICA DA' LEZIONI AL PAPA (COPRENDOSI DI RIDICOLO)
Scalfari, fondatore de La Repubblica, dà 4 consigli, uno più sbagliato dell'altro: pauperismo, relativismo, abolizione della gerarchia ecclesiastica e dei principi non negoziabili
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 18/03/2013

Ci auguriamo che a Papa Francesco non sia sfuggito l'articolo di Eugenio Scalfari pubblicato venerdì scorso su Repubblica perché ne va del suo ministero. Infatti in quattro colonne il fondatore di questo quotidiano disegna l'agenda degli impegni che il Pontefice dovrà onorare negli anni a venire. Anzi, Scalfari fa di più. Dato che con orgoglio rende noto che aveva azzeccato il nome che il futuro Papa avrebbe scelto per sé al momento della nomina a Vicario di Cristo – carta canta ci tiene a sottolineare – ormai si sente autorizzato a vaticinare – rectius: a vaticanare – con sicumera su come il Pontefice interpreterà il proprio mandato. E così ecco stilare quattro profezie.
Intanto il nome scelto. "Francesco" è la garanzia che la priorità pastorale andrà ai poveri e che il Papa più che successore di Pietro sarà il successore del poverello di Assisi. Ammesso e non concesso che le cose andranno in questo modo, sorge un dubbio: a quale povertà si riferisce Scalfari? La soluzione si trova un paio di pagine prima dove Repubblica scrive che Francesco "aveva fatto del pauperismo la sua regola". Il pauperismo predica che non si può arrivare a Cristo se non attraverso l'abbandono di ogni bene materiale. I ricchi proprio perché ricchi sono persone non gradite in Paradiso. In realtà il pauperismo fu condannato sempre dalla Chiesa e mai insegnato né vissuto da San Francesco. Questi seguì con il voto di povertà il consiglio evangelico di non attaccarsi troppo con il cuore alle realtà materiali, scegliendo per se stesso - e non imponendolo ad altri che non avevano seguito la sua strada – di spogliarsi di ogni cosa.
Seconda profezia: dato che nel suo saluto di mercoledì scorso Papa Francesco si è presentato ai fedeli come Vescovo di Roma e non come Sommo Pontefice, va da sé che la struttura gerarchica della Chiesa è destinata ad andare in soffitta. Il nostro così preconizza: "Si tratterebbe d'un mutamento epocale perché l' ordinamento verticista della Chiesa tende a trasformasi in un ordinamento "orizzontale"; diminuirebbe il potere del papa e della curia, aumenterebbe quello dei Concili e dei Sinodi, cioè dei vescovi". Questo nuovo Papa, continua Scalfari, sarebbe un primus inter pares e non più Vicario di Cristo sulla terra, un Papa che privilegerà la collegialità a discapito del suo munus di monarca. Non più Sommo Pontefice, ma "prete di strada" come lo ha battezzato il barbuto fondatore di Repubblica. Peccato che nel primo discorso che Papa Bergoglio ha tenuto ai suoi cardinali li abbia bacchettati severamente, ammonendoli a conformarsi a Cristo e non a Satana, solo come un Re si sentirebbe autorizzato a fare di fronte ai suoi sudditi.
Terza profezia. La pastoralità salirà al potere, perché ciò che importa è sfamare gli affamati e vestire gli ignudi, il resto è solo teoria, vuota dogmatica. Liberi quindi da qualsiasi vincolo precettistico si produrranno interessanti "conseguenze a grappolo: il celibato dei preti, il ruolo delle donne nella Chiesa" etc. Anche in questo caso la profezia, ancor prima che venisse enunciata, è stata smentita dalle primissime parole rivolte dal Papa al collegio cardinalizio. Un discorso non di carattere pastorale bensì dogmatico che ha fatto riferimento alla Verità cardine del cattolicesimo: fondare tutto su Cristo, la luce che si oppone alle tenebre di Satana. E poi come non rammentare le parole di ieri all'Angelus sulla verità di fede che Dio è amore misericordioso?
Infine l'aruspice Scalfari scrutando nella sfera di carta di Repubblica vaticina per la quarta volta: "Per il "prete di strada" […] non possono esistere principi non negoziabili se non quelli dell' amore del prossimo e della carità". Anche in questo caso duole ricordare alla Pitia di Repubblica che – come insegna Tommaso D'Aquino nell'opera "In duo praecepta caritatis" e così da sempre la stessa Chiesa - dal duplice precetto di amare Dio e il prossimo scaturiscono, dal punto di vista morale, i Dieci comandamenti che sono la matrice da cui a loro volta germogliano i principi non negoziabili. Se ami il prossimo non lo ammazzi nel ventre della madre prima che venga alla luce. Se ami il prossimo non gli stacchi la spina sul letto di morte. Se ami il prossimo lo avverti che mettere su casa con una persona del suo stesso sesso farà cadere la casa sulla testa di entrambi.
L'operazione di divinazione compiuta da Scalfari e dai suoi compagni di cordata nelle pagine precedenti al suo pezzo sconta l'uso di criteri di giudizio impropri per leggere una realtà come quella della Chiesa che è sì nel mondo (aspetto temporale) ma non è nel mondo (aspetto spirituale).
Il progressismo marxista di Scalfari non può che spingerlo a incensare la povertà materiale. Il suo democraticismo e giacobinismo alla Rousseau non può che suggerirgli come unica forma di governo rispettabile la collegialità. Il suo storicismo alla Hegel o alla Benedetto Croce non può che restituirgli una visione prospettica del mondo appiattita sull'orizzontale, evirando ogni afflato trascendente, e in tal modo il vero Papa sarà solo quello che farà scavare pozzi in Africa e regalare preservativi in America Latina.
Aspetto infine curioso è che coloro i quali – come Scalfari – si fregiano di non avere fede poi parlano di realtà – la Chiesa e il Papa – nate per custodire la fede e confermare nella fede. Ma come si fa a parlare con competenza di una cosa che non si conosce in tutti i suoi aspetti di base? E' come se l'ateo – cioè colui che non crede nell'esistenza di Dio – ci volesse spiegare come è fatto Dio. Non suona contraddittorio?

Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 18/03/2013

7 - PAPA FRANCESCO: COME AFFRONTERA' IL PROCESSO DI AUTODEMOLIZIONE DOTTRINALE E MORALE DELLA CHIESA?
Il passato ci aiuta a comprendere il presente: Papa Adriano VI rese possibile la grande rinascita religiosa del XVI secolo
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana, 14/03/2013

La Chiesa ha un nuovo Papa: Jorge Mario Bergoglio, il primo Papa non europeo, il primo Papa latino americano, il primo Papa di nome Francesco. I mass-media cercano di indovinare, attraverso il suo passato di cardinale, di arcivescovo di Buenos Aires e di semplice sacerdote, quale sarà il futuro della Chiesa sotto il suo pontificato. Di quale "rivoluzione" sarà portatore? Hans Küng lo definisce «la migliore scelta possibile» ("La Repubblica", 14 marzo 2013). Ma solo dopo la nomina dei suoi collaboratori e dopo i suoi primi discorsi programmatici si potranno prevedere le linee del pontificato di Papa Francesco. Per ogni Papa vale quello che disse, nel 1458, il cardinale Enea Silvio Piccolomini al momento della sua elezione, con il nome di Pio II: «dimenticate Enea, accogliete Pio».
La storia non si ripete mai esattamente, ma il passato aiuta a comprendere il presente. Nel XVI secolo la Chiesa cattolica attraversava una crisi senza precedenti. L'umanesimo, con il suo edonismo immorale, aveva contagiato la Curia Romana e gli stessi Pontefici. Contro questa corruzione era sorta la pseudo-riforma protestante di Martin Lutero, liquidata da Papa Leone X, della famiglia Medici, come «una bega tra monaci». L'eresia aveva iniziato a divampare quando, alla morte di Leone X, nel 1522, fu inaspettatamente eletto il primo Papa tedesco, Adrian Florent, di Utrecht, con il nome di Adriano VI.
La brevità del pontificato gli impedì di portare a termine i suoi progetti, in particolare, scrive lo storico dei Papi Ludwig von Pastor, «la guerra gigantesca contro lo sciame di abusi che deformava la curia romana come quasi l'intera Chiesa». .Se pure egli avesse avuto un governo più lungo, il male, nella Chiesa, era troppo radicato, osserva Pastor, «perché un pontificato solo potesse produrre quel grande cambiamento che era necessario. Tutto il male che era stato commesso in parecchie generazioni poteva migliorarsi soltanto con un lavoro lungo, ininterrotto».
Adriano VI comprese la gravità del male e le responsabilità degli uomini di Chiesa, come emerge chiaramente da una istruzione che, a suo nome, il nunzio Francesco Chieregati lesse alla Dieta di Norimberga, il 3 gennaio 1523. Si tratta, come osserva Ludwig von Pastor, di un documento di straordinaria importanza non solo per conoscere le idee riformatrici del Papa, ma perché è un testo senza precedenti nella storia della Chiesa.
Dopo aver confutato l'eresia luterana, nell'ultima e più notevole parte dell'istruzione, Adriano tratta della defezione della suprema autorità ecclesiastica di fronte ai novatori. «Dirai ancora», ecco la espressa istruzione che egli dà al nunzio Chieregati, «che noi apertamente confessiamo che Iddio permette avvenga questa persecuzione della sua Chiesa a causa dei peccati degli uomini e in particolare dei preti e prelati; è certo che la mano di Dio non s'è accorciata sì che egli non possa salvarci, ma gli è il peccato a distaccarci da lui sì che Egli non ci esaudisce. La Sacra Scrittura insegna chiaramente che i peccati del popolo hanno la loro origine nei peccati del clero e perciò, come rileva il Crisostomo, il nostro Redentore, quando volle purgare l'inferma città di Gerusalemme, andò prima al tempio per punire innanzi tutto i peccati dei preti, a guisa d'un buon medico, che sana la malattia nella radice.
Sappiamo bene che anche presso questa Santa Sede già da anni si sono manifestate molte cose detestabili: abusi in cose ecclesiastiche, lesioni dei precetti; anzi, che tutto s'è cambiato in male. Non è pertanto da far meraviglia se la malattia s'è trapiantata dal capo nelle membra, dai Papi nei prelati. Tutti noi, prelati e ecclesiastici, abbiamo deviato dalla strada del giusto e da lunga pezza non v'era alcuno che facesse bene. Dobbiamo quindi noi tutti dare onore a Dio e umiliarci innanzi a Lui: ognuno mediti perché cadde e si raddrizzi piuttosto che venir giudicato da Dio nel giorno dell'ira sua. Perciò tu in nome nostro prometterai che noi vogliamo porre tutta la diligenza perché venga migliorata prima di tutto la Corte romana, dalla quale forse hanno preso il loro cominciamento tutti questi mali; allora, come di qui è partita la malattia, di qui anche comincerà il risanamento, a compiere il quale noi ci consideriamo tanto più obbligati perché tutti desiderano tale riforma.
Noi non abbiamo mai agognato la dignità papale ed avremmo più volentieri chiuso i nostri occhi nella solitudine della vita privata: volentieri avremmo rinunciato alla tiara e solo il timore di Dio, la legittimità dell'elezione e il pericolo d'uno scisma ci hanno indotto ad assumere l'ufficio di sommo pastore, che non vogliamo esercitare per ambizione, né per arricchire i nostri congiunti, ma per ridare alla Chiesa santa, sposa di Dio, la sua primiera bellezza, per aiutare gli oppressi, per innalzare uomini dotti e virtuosi, in genere per fare tutto ciò che spetta a un buon pastore e a un vero successore di san Pietro. Però nessuno si meravigli se non eliminiamo d'un colpo solo tutti gli abusi, giacché la malattia ha profonde radici ed è molto ramificata. Si farà quindi un passo dopo l'altro e dapprima si ovvierà con medicine appropriate ai mali gravi e più pericolosi affinché con un'affrettata riforma di tutte le cose non si ingarbugli ancor più il tutto. A ragione dice Aristotele che ogni improvviso cambiamento è pericoloso alla repubblica (…)».
Le parole di Adriano VI ci aiutano a comprendere come la crisi che oggi attraversa la Chiesa possa avere le sue origini nelle mancanze dottrinali e morali degli uomini di Chiesa nel mezzo secolo seguito al Concilio Vaticano II. La Chiesa è indefettibile, ma i suoi membri, anche le supreme autorità ecclesiastiche, possono sbagliare e devono essere pronti a riconoscere, anche pubblicamente, le loro colpe. Sappiamo che Adriano VI ebbe il coraggio di intraprendere questa revisione del passato. Come affronterà il nuovo Papa il processo di autodemolizione dottrinale e morale della Chiesa e quale atteggiamento avrà di fronte ad un mondo moderno impregnato di uno spirito profondamente anticristiano? Solo il futuro risponderà a queste domande, ma è certo che le cause dell'oscurità del tempo presente affondano nel nostro più recente passato.
La storia ci dice anche che ad Adriano VI successe Giulio de' Medici, con il nome di Clemente VII (1523-1534). Sotto il suo pontificato avvenne, il 6 maggio 1527, il terribile sacco di Roma, ad opera dei lanzichenecchi luterani dell'imperatore Carlo V. È difficile descrivere quante e quali furono le devastazioni e i sacrilegi compiuti durante questo evento che superò per efferatezza il sacco di Roma del 410. Con particolare crudeltà si infierì contro le persone ecclesiastiche: religiose stuprate, preti e monaci uccisi e venduti come schiavi, chiese, palazzi, case distrutte. Alle stragi seguirono, in rapida successione, la fame ed un'epidemia di peste. Gli abitanti vennero decimati.
Il popolo cattolico interpretò l'evento come un meritato castigo per i propri peccati. Fu solo dopo il terribile sacco che la vita di Roma cambiò profondamente. Il clima di relativismo morale religioso si dissolse e la miseria generale diede alla Città sacra un'impronta austera e penitente. Questa nuova atmosfera rese possibile la grande rinascita religiosa della Contro-Riforma cattolica del XVI secolo.

Fonte: Corrispondenza Romana, 14/03/2013

8 - PAPA FRANCESCO: L'ASSURDA MACCHINA DEL FANGO CONTRO IL SOMMO PONTEFICE
Ecco le prove che il cardinale Bergoglio NON ha collaborato con la dittatura militare argentina, anzi...
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 15/03/2013

Tutto va ormai alla velocità della luce, diceva Bill Gates. Un tempo perché la macchina del fango cominciasse a lavorare conto un Pontefice ci voleva qualche mese. Ora è bastata qualche ora. Dopo - anzi, mentre è ancora in corso - un maldestro tentativo di arruolare il Papa tra i progressisti, prima di scoprire la sua apologia del celibato sacerdotale e la denuncia delle leggi sul matrimonio omosessuale come frutto dell'invidia del Demonio per l'uomo creato a immagine di Dio, è partito il contrordine compagni. Non è un progressista, è stato un fascista, non ha condannato la dittatura militare argentina quando c'era, salvo chiedere scusa dopo. Anzi, ha collaborato con la dittatura. Anzi, ha personalmente consegnato due gesuiti ai torturatori. Anzi...
Ci sono due versioni. Quella rozza del «Fatto» di Marco Travaglio che spara a zero sul Papa, e quella in stile avvertimento mafioso di «Repubblica», sulle cui colonne già prima del Conclave Enzo Bianchi aveva avvertito che i cattolici adulti prendono sempre i Pontefici con «spirito critico». E dove da una parte Hans Küng e Vito Mancuso continuano l'operazione di arruolamento di Papa Bergoglio tra i progressisti, dall'altra il direttore Ezio Mauro spiega al Pontefice argentino che cosa gli succederà se darà fastidio: gli sarà chiesta «piena trasparenza sui suoi rapporti con la dittatura militare argentina, sugli scandali di compromissione che lo hanno chiamato in causa come gesuita in vicende mai chiarite».
E invece non c'è nulla da chiarire. Tutto è già stato sviscerato in libri e contro-libri in Argentina, e non c'è appunto o documento minore o insignificante che non sia stato pubblicato. Il caso è chiuso. Mi sono occupato della questione in un lungo articolo del 2010 sul pensatore cattolico francese Jean Ousset (1914-1994). Che c'entra Ousset con il nuovo Papa? Non molto, se non fosse che il libro da cui tutti fanno copia e incolla sui rapporti fra il nuovo Papa e la dittatura argentina li chiama in causa insieme. Si tratta de «L'isola del silenzio» del giornalista di sinistra Horacio Verbitsky, tradotto anche in italiano nel 2006. In Europa i voluminosi scritti di Verbitsky, che ha prodotto anche altri volumi destinati soprattutto al pubblico argentino, sono stati volgarizzati dalle inchieste della giornalista francese, di analoghe idee politiche, Marie-Monique Robin e trasformati in un romanzo, «Per vendetta», dallo scrittore torinese Alessandro Perissinotto nel 2009.
Che cosa raccontano questi autori? Che la dittatura militare argentina, dopo avere conquistato con il colpo di Stato del 1976 il potere - lo terrà fino al 1983 - si trovò a dovere fronteggiare una forte opposizione, talora con connotati di guerriglia e terroristici. Senza esperienza specifica in questo tipo di «guerra sporca», decise d'importare in Argentina militari francesi che avevano combattuto con tutti i mezzi - tortura compresa - il movimento per l'indipendenza dell'Algeria e che a loro volta si trovavano nella necessità di cambiare aria perché in Francia avevano cercato di rovesciare il governo del generale Charles de Gaulle (1890-1970) e rischiavano la corte marziale.
Per organizzare lo sbarco di questi ufficiali francesi in Argentina la dittatura si rivolse alla Chiesa Cattolica - rappresentata dai vescovi ma anche dall'Opus Dei e dai potenti Gesuiti, il cui provinciale era Bergoglio -, la quale collaborò con l'associazione di Jean Ousset, La Cité Catholique, che aveva una branca argentina e di cui alcuni dei militari che avevano combattuto in Algeria facevano parte. Così le tecniche di contro-insurrezione piuttosto manesche, e comprensive di tortura, sperimentate in Algeria furono trasferite in Argentina. E vescovi e alti gradi dell'Opus Dei e dei Gesuiti fecero anche di peggio, perché denunciarono ai militari i sacerdoti e laici vicini alla «teologia della liberazione» d'impronta marxista che si opponevano al regime, alcuni dei quali furono incarcerati. E non tutti tornarono vivi dal carcere.
Questa ricostruzione, però, è ampiamente fantasiosa. Verbitsky - forse anche grazie al fatto che gli ultimi governi argentini dei coniugi Kirchner si sono scontrati duramente con la Chiesa, guidata dal cardinale Bergoglio, su questioni come il matrimonio omosessuale (introdotto in Argentina nel 2010) e la politica economica - ha potuto avere ampio accesso ai documenti dei ministeri e della polizia. Informatissimo sul dettaglio, il trio Verbitsky- Robin-Perissinotto è però debolissimo e poco credibile sul quadro generale. Descrive il mondo cattolico degli anni 1979 come un monolito, mentre era percorso da fortissime tensioni. Arriva a sostenere che grazie all'opera di mediazione del nunzio in Argentina e poi cardinale Pio Laghi (1922-2009), descritto come un autentico malfattore, i seguaci argentini di monsignor Marcel Lefebvre (1905-1991) e i vescovi, molti dei quali progressisti, cooperavano tutti a uno stesso disegno: sostenere la dittatura fingendo di criticarla.
Del resto, come riassume Perissinotto, monsignor Lefebvre e il venerabile Papa Paolo VI (1897-1978) sarebbero stati «divisi sulle questioni di fondo, ma non nella sostanza». Quanto all'Opus Dei, è esplicitamente citato come fonte autorevole per conoscerla «Il Codice da Vinci» di Dan Brown.
Con queste premesse non sarebbero da prendere neppure troppo sul serio i dettagli di questa letteratura, ma è falsa anche la sua tesi di fondo. La dittatura militare argentina è dipinta per tutto il periodo del suo governo - dal 1976 al 1983 - come un impero del male, un'accolta di sadici e di torturatori che quasi agivano per pura malvagità.
Come sempre nella storia, che non è mai un film in bianco e nero, le cose sono più complicate. Il precedente governo peronista aveva portato il Paese al caos economico e sociale. I terroristi c'erano davvero. Il rischio di una deriva comunista alla cubana non era ipotetico, Gli stessi cattolici pagavano un prezzo molto duro. Basterebbe citare l'assassinio dell'avvocato e filosofo cattolico neo-tomista Carlos Alberto Sacheri (1933-1974) da parte del gruppo terroristico ERP, l'Ejército Revolucionario del Pueblo, il 22 dicembre 1974, che lo uccise di fronte alla sua famiglia mentre tornava a casa dalla Messa.
Nei primi mesi della dittatura, l'idea che i militari potessero mettere ordine e dare ossigeno a un'economia moribonda fu salutata con favore anche da esponenti della sinistra politica argentina. In seguito le cose cambiarono. Il regime militare argentino non mantenne le promesse di formulare un progetto coerente per l'identità e la riconciliazione nazionale, si lanciò nella disastrosa avventura della guerra delle Isole Falkland con la Gran Bretagna e - a fronte di una crescente opposizione - ricorse a strategie repressive che comportavano gravissime violazioni dei diritti umani e autentici crimini.
Bisogna dunque distinguere fra i giudizi sulla giunta militare argentina formulati da esponenti cattolici nei primi mesi della sua attività o negli anni successivi. Come ha scritto lo stesso cardinale Bergoglio, la Chiesa «venne a conoscere a poco a poco quello che stava succedendo [le violazioni dei diritti umani]. All'inizio, ne sapeva poco o nulla».
Non si possono dunque mescolare in un unico calderone, come fanno Verbitsky e i suoi seguaci, dichiarazioni di esponenti della gerarchia ecclesiastica del 1976 o 1977, che esprimevano un cauto appoggio - mai senza riserve - al nuovo governo militare, e apologie del regime degli anni 1980, riferibili a esponenti cattolici - fra cui alcuni vescovi - decisamente minoritari rispetto a una Conferenza Episcopale le cui dichiarazioni assumevano un tono sempre più critico e di denuncia.
Veniamo al regnante Pontefice. Padre Bergoglio è stato provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina dal 1973 al 1979. In questo periodo ha dovuto fronteggiare la «teologia della liberazione» d'ispirazione marxista, di cui ha visto per tempo le derive che la Santa Sede avrebbe poi condannato nel 1984. Alcuni gesuiti, favorevoli alla «teologia della liberazione» e ostili al provinciale, cominciarono a muoversi in modo sempre più indipendente rispetto alla Compagnia di Gesù, respingendo al mittente i richiami del loro superiore.
Fra questi c'erano i padri Orlando Yorio (morto nel 2000) e Francisco Jalics, animatori di una comunità nel quartiere di Bajo Flores a Buenos Aires.
Nel febbraio 1976, visti inutili i richiami, il provinciale - cioè l'attuale Pontefice - sciolse la loro comunità. Il cardinale Bergoglio ha spiegato nella sua autobiografia che Yorio e Jalics al momento del colpo di Stato avevano già consegnato ai vescovi il progetto di costituzioni di una nuova congregazione, e che della vicenda conserva tutta la documentazione. Prima del colpo di Stato, che avvenne il 24 marzo 1976, Yorio e Jalics erano di fatto già usciti dalla Compagnia di Gesù, e nel maggio 1976 Yorio fu sospeso a divinis su iniziativa non di Bergoglio ma del cardinale arcivescovo di Buenos Aires Juan Carlos Aramburu (1912-2004).
Il maggio 1976 la comunità di Bajo Flores è oggetto di un raid della polizia e Yorio e Jalics sono arrestati, andando a ingrossare le fila dei cosiddetti «desaparecidos». «Riappaiono» peraltro dopo sei mesi, in seguito a un negoziato tra la giunta militare e la Conferenza Episcopale, che ottiene la loro liberazione. I vescovi che condussero il negoziato hanno sempre riferito che il padre Bergoglio gli diede impulso dall'inizio alla fine, insistendo perché i due ex gesuiti fossero scarcerati.
Sia Yorio sia Jalics hanno accusato l'allora provinciale Bergoglio di averli «denunciati» alla polizia come complici dei terroristi. Verbitsky si è fatto eco di queste gravi accuse, e ha passato anni a cercare documenti per sostenerle.
Che cosa ha trovato? Sostanzialmente nulla, e la minuzia con cui ha frugato negli archivi è la migliore prova che i documenti non esistono. Alla fine, Verbitsky può esibire solo un foglietto, l'informativa di un funzionario del governo, addetto all'Ufficio dei Culti, tale Anselmo Orcoyen - peraltro redatta dopo la scarcerazione dei due sacerdoti, in occasione del rinnovo del passaporto a Jalics -, il quale riferiva di avere saputo da Bergoglio che i due ex-gesuiti avevano cattivi rapporti con le gerarchie, contro cui sobillavano anche alcune suore, che erano usciti dalla Compagnia di Gesù e che non trovavano nessun vescovo che li incardinasse.
Verbistky ha scritto pagine e pagine sul fatto che l'appunto di Orcoyen contiene tre parole: «sospetto contatto guerriglieri», affermando che anche dopo la scarcerazione Bergoglio, riferendo a un funzionario pubblico della dittatura di possibili contatti di Yorio e Jalics con la guerriglia, li esponeva consapevolmente a rischi gravissimi.
Ma a leggere l'appunto, di cui Verbitsky pubblica una fotocopia, insistendo sulla frase finale secondo cui «questi dati sono stati comunicati al signor Orcoyen dallo stesso padre Bergoglio», si scopre che la frase incriminata - «sospetto contatto guerriglieri» - fa parte di un paragrafo dove si riferisce che Jalics era stato per sei mesi in prigione, circostanza che le autorità non avevano bisogno di apprendere da Bergoglio perché la conoscevano benissimo.
E quel «sospetto contatto guerriglieri» è la spiegazione del perché i due erano stati incarcerati. Da parte sua, il cardinale Bergoglio ha scritto in seguito che ricorda la conversazione, e che si era parlato di sospetti di contatti con la guerriglia a carico dei due ex religiosi, ma che a Orcoyen aveva detto che a quei «sospetti di contatti» - che comunque sono diversi dai contatti accertati - lui personalmente non credeva.
L'appunto Orcoyen - il quale, lo ripeto, è l'unico documento che dovrebbe accusare padre Bergoglio - è il tipico documento poliziesco su cose riferite, di un tipo che conosciamo anche in Italia. E che dimostra che il provinciale, in un momento politicamente molto difficile, era comunque molto cauto: avrebbe potuto dire ben di peggio, dal momento che sui due ex religiosi c'erano voci che coinvolgevano in modo pesante non solo l'attività politica ma anche la moralità personale.
Bergoglio ha scritto che aveva raccomandato prudenza agli ex confratelli, e che a chiunque chiedesse notizie di loro rapporti con il terrorismo aveva sempre risposto che a lui questi rapporti non risultavano. La gerarchia non li abbandonò dopo l'arresto, tanto che furono liberati. Ma è vero che ebbero difficoltà a farsi incardinare come sacerdoti diocesani prima a Buenos Aires, poi a Morón e a Santa Fe, e dovettero trasferirsi all'estero, Yorio, alla fine, prese un volo per Roma, che peraltro fu pagato dallo stesso Bergoglio. Verbitsky sostiene che nessun vescovo li voleva incardinare perché ai vescovi arrivavano cattive informazioni da Bergoglio e dal nunzio Laghi.
Bergoglio nell'autobiografia afferma che fece del suo meglio per risolvere la situazione di Yorio e Jalics trovando loro un vescovo. Ma c'è poi così da stupirsi se, con precedenti così tormentati, i vescovi argentini erano riluttanti a incardinare i due ex-religiosi?
Riassumendo: nella crisi della «teologia della liberazione» degli anni 1970, il provinciale dei Gesuiti si trovò di fronte a una comunità di base particolarmente radicale, e prese provvedimenti perfettamente giustificati. Li prese nel febbraio 1976, prima del colpo di Stato. Dopo il quale non c'è l'ombra di una prova che abbia denunciato i due responsabili della comunità alla polizia. Quando furono arrestati, operò per la loro scarcerazione, che fu ottenuta.
In seguito, a chi gli chiese informazioni sui due, disse la verità su fatti del passato, senza particolare malanimo. Né risultano dichiarazioni favorevoli del padre Bergoglio sulla dittatura militare in genere.
Più tardi, come arcivescovo di Buenos Aires e presidente dei vescovi argentini, promosse una politica di riconciliazione nazionale e purificazione della memoria, in cui anche la Chiesa chiedeva perdono per il sostegno di alcuni vescovi e religiosi - fra cui non c'era stato però Bergoglio - alle politiche repressive della dittatura.
La macchina del fango, dunque, mente come al solito. E non c'è nulla da chiarire, perché ogni minuto documento è stato ritrovato e pubblicato. Infine, occorre sottolineare con vigore che - prendendo provvedimenti contro la teologia della liberazione e chi la sosteneva - il provinciale Bergoglio fece solo il suo dovere.
Il 5 dicembre 2009 Benedetto XVI ha ricordato il venticinquesimo anniversario dell'istruzione «Libertatis nuntius» da lui firmata nel 1984 come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede in cui condannava la teologia della liberazione e l'«assunzione acritica fatta da alcuni teologi di tesi e metodologie provenienti dal marxismo. Le sue conseguenze più o meno visibili fatte di ribellione, divisione, dissenso, offesa, anarchia si fanno sentire ancora oggi creando […] grande sofferenza».
Parlando – e la circostanza non è poco significativa – a vescovi latino-americani, l'attuale Papa emerito aggiungeva in quell'occasione: «Supplico quanti in qualunque modo si sentissero attratti, coinvolti o raggiunti nel loro intimo da certi principi ingannatori della teologia della liberazione perché si confrontino nuovamente con la citata Istruzione, accogliendo la luce benigna che essa offre con la mano tesa; a tutti ricordo che la regola suprema della propria fede proviene dall'unità che lo Spirito ha posto tra la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa in una reciprocità tale per cui i tre non possono sussistere in maniera indipendente». Parole che valgono anche per il Magistero del nuovo Papa Francesco. Resistendo fin da ora ai tentativi della macchina del fango di distoglierci dall'essenziale rimestando vecchie menzogne.

Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 15/03/2013

9 - OMELIA DOMENICA DELLE PALME - ANNO C - (Lc 22,14-23.56)
Pregate, per non entrare in tentazione
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 24/03/2013)

Lucia di Fatima, quando era ancora bambina, un giorno raccontò alla piccola beata Giacinta la storia della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. La piccola Giacinta, di circa sei anni, ascoltava attentamente e da allora chiese a Lucia di ripetergliela spesso. E ogni volta che ascoltava il racconto delle sofferenze di Gesù piangeva e diceva: «Oh! Povero Signore! Io non devo fare più nessun peccato. Non voglio che il Signore abbia a soffrire ancora».
La piccola Giacinta di Fatima piangeva al sentir parlare della Passione del Signore, noi invece rimaniamo indifferenti. Il motivo è che noi abbiamo un cuore di pietra, insensibile e glaciale; la piccola Giacinta aveva invece un cuore puro, che amava davvero. Domandiamo al Signore la grazia di un cuore nuovo e meditiamo spesso la Passione del Signore, piangendo i suoi dolori e i nostri peccati.
San Leonardo da Porto Maurizio affermava che dalla mancanza di questa meditazione derivano tutti i nostri mali. Per questo motivo, egli esortava caldamente alla pia pratica della Via Crucis da lui ideata e da lui propagata in tutta l'Italia. Egli, dopo anni di predicazione popolare, così scriveva: «La causa di tutti i mali per noi va ricercata nel fatto che nessuno pensa alle realtà che dovrebbero costituire un oggetto di continua meditazione. Non c'è da meravigliarsi se ne consegue un completo disordine morale. La frequente meditazione sulla Passione di Cristo dà lumi salutari all'intelletto, fervore alla volontà e sincero pentimento dei propri peccati. Ho constatato quotidianamente, e toccato con mano, che il miglioramento dei cristiani è condizionato dalla pratica del pio esercizio della Via Crucis. Tale pratica è un antidoto ai vizi, un freno alle passioni, un incitamento efficace a una vita virtuosa e santa. Se terremo presente davanti agli occhi della mente l'acerbissima Passione di Cristo, non potremo non detestare il peccato e ci sentiremo trascinati a rispondere con amore alla carità di Cristo e ad accettare gioiosamente le inevitabili avversità della vita».
Contemplando il Crocifisso noi comprendiamo tutto l'amore di Dio per l'umanità e comprendiamo la bruttezza del peccato. Ogni volta che siamo presi dalla tentazione, pensiamo che con i nostri peccati noi mettiamo in Croce Gesù e rifiutiamo il dono della salvezza.
In questa breve riflessione vorrei prendere spunto da una frase che Gesù rivolse ai suoi Discepoli sul monte degli Ulivi. Nell'imminenza della sua Passione, Egli disse: «Pregate, per non entrare in tentazione». Con questo, il Signore ci insegna che la preghiera è la nostra migliore difesa contro il male, che essa è come l'arma del cristiano. Senza preghiera, inevitabilmente, soccomberemo. Gli Apostoli in quella occasione non pregarono, furono presi dal sonno e, al momento della prova suprema, quando Gesù fu condotto alla Croce, tutti, all'infuori di Giovanni, scapparono via spaventati. Così sarà per noi: se non pregheremo, non riusciremo a superare la tentazione.
L'evangelista Luca è l'unico che riporta il particolare del sudore di sangue. Il testo dice: «Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra». Questo particolare ci rivela tutta la sofferenza che Gesù provò al monte degli Ulivi durante quella preghiera. In quel momento, Gesù vedeva ciascuno di noi, vedeva tutti i nostri peccati, vedeva tutti quelli che avrebbero rifiutato il dono della sua salvezza, e per essi provava un'angoscia mortale.
In qualche modo, vogliamo stare con Gesù ed essergli di conforto in questa agonia. Gesù, in quel momento, vedeva anche tutte le nostre preghiere, le nostre riparazioni, le nostre Adorazioni eucaristiche. Sull'esempio di tanti Santi, prendiamo la buona abitudine di fermarci anche a lungo in chiesa, davanti al Tabernacolo, con l'intenzione di consolare Gesù e di coprire con la nostra devozione tutti i peccati che si commettono nel mondo.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 24/03/2013)

10 - OMELIA GIOVEDI SANTO - ANNO C - (Gv 13,1-15)
Vi ho dato un esempio
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 28 marzo 2013)

Con la Messa del Giovedì Santo inizia il Triduo pasquale, e si ricorda in modo particolare l'Istituzione dell'Eucaristia e del Sacerdozio.
La prima lettura ci presenta il racconto della Pasqua ebraica. Per celebrare la Pasqua, gli ebrei dovevano procurarsi un agnello «senza difetto» (Es 12,5). Quell'agnello che veniva sacrificato simboleggia Gesù, immolato sull'altare della Croce. Dal suo Sangue tutti noi siamo redenti e, se corrisponderemo alla grazia di Dio, non andremo perduti in eterno.
La seconda lettura di oggi, tratta dalla prima lettera di san Paolo ai Corinzi, ci riporta il racconto dell'Istituzione dell'Eucaristia. L'Eucaristia è l'Agnello immolato che si fa nostro nutrimento. La Santa Messa è lo stesso Sacrifico del Calvario. Non sono due avvenimenti diversi, ma è l'unico Sacrifico di Gesù. È come se anche noi fossimo sotto la Croce, ai piedi del Crocifisso. Si capisce allora come dovrebbe essere la nostra partecipazione durante la Messa: dovremmo avere le stesse disposizioni che la Madonna ebbe quando assisteva con dolore alla morte del Figlio e si univa alla sua sofferenza.
Durante l'Ultima Cena, Gesù ha istituito anche il Sacerdozio. Quando il sacerdote celebra la Messa è Gesù che è presente sull'altare. È sempre Lui che, nella persona del suo Ministro, compie il gesto consacratorio. Il sacerdote non dice «questo è il corpo di Gesù, questo è il suo sangue», ma dice «questo è il mio corpo, questo è il calice del mio sangue». In quel momento è Gesù che agisce, servendosi delle mani e delle labbra del suo Ministro. Il sacerdote è l'uomo dell'Eucaristia e non c'è azione, per quanto nobile possa essere, che eguagli il valore di una celebrazione della Messa. L'Eucaristia l'abbiamo grazie al sacerdote. Se non ci fosse lui, noi rimarremo privi di un bene così grande.
Nel sacerdote dobbiamo vedere Gesù. Quando il sacerdote celebra la Messa, è Gesù che si immola per noi sull'altare; quando il sacerdote ci assolve dai nostri peccati, è Gesù che ci perdona di tutte le nostre colpe; quando il sacerdote amministra il Battesimo, è Gesù che purifica una creatura dal peccato originale e la rende figlia di Dio. E così per tutti i Sacramenti: è Gesù che agisce per mezzo dei suoi sacerdoti.
Un giorno, una figlia spirituale di San Pio da Pietrelcina si accusò in Confessione di aver criticato alcuni sacerdoti per certi loro comportamenti non buoni, e sentì rispondersi da Padre Pio con voce forte e decisa: «Invece di criticarli, pensa a pregare per loro!». Con le critiche si ottiene poco o niente; con la preghiera si riceve tutto. Santa Teresina pregava perché i sacerdoti all'altare celebrassero la Messa con la stessa purezza e delicatezza della Vergine Santissima.
Dobbiamo pregare per i sacerdoti, non solo per la loro santificazione, affinché siano sempre all'altezza della missione loro affidata da Gesù, ma anche perché ve ne siano tanti. La mancanza di sacerdoti, e di santi sacerdoti, è la sciagura più grande che possa capitare ad un paese. Diceva san Giovanni Maria Vianney: «Lasciate un paese senza sacerdote per vent'anni e alla fine la gente finirà con l'adorare le bestie». Preghiamo dunque per le vocazioni sacerdotali, affinché vi siano sempre numerosi e santi sacerdoti nella Chiesa di Cristo.
Quasi all'inizio del brano del Vangelo di oggi c'è una frase che colpisce in un modo particolare: «Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (Gv 13,1). Con l'Eucaristia, Gesù ci ha amati «fino alla fine». Con l'Eucaristia, Gesù ci ha dato il dono supremo, ci ha donato tutto se stesso nelle umili sembianze di un po' di pane e un po' di vino.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 28 marzo 2013)

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