BastaBugie n�152 del 06 agosto 2010

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1 LA LOVE PARADE A DUISBURG
Ecco come 21 ragazzi hanno trovato la morte del corpo ed altre migliaia di giovani e meno giovani la morte dell'anima
Autore: Nerella Buggio - Fonte: Cultura Cattolica
2 UN VIDEO CI SVELA COSA STA DIETRO LA SCINTILLANTE INDUSTRIA DEL PORNO
Droga, disperazione, umiliazioni, persone usate come oggetti, e ovviamente tanti suicidi
Fonte: Youtube
3 CATERINA, DIARIO DI UN PADRE NELLA TEMPESTA 1
Caterina Socci si risveglia dallo stato vegetativo ed è cosciente
Autore: Lucia Bellaspiga - Fonte: Avvenire
4 CATERINA, DIARIO DI UN PADRE NELLA TEMPESTA 2
La cosa più scontata ora è un sogno impossibile
Autore: Antonio Socci - Fonte: "Caterina
5 IL RISORGIMENTO VIENE RACCONTATO DAL PUNTO DI VISTA DELLE ÉLITES, NON DELLA GENTE
Leva obbligatoria senza democrazia, arresti di parroci, nuove tasse, chiese requisite, vescovi impediti nel governo... Ma come si fa a dire W Garibaldi?
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Avvenire
6 LA PRESTIGIOSA BBC DISCRIMINA I CRISTIANI
Emarginata la fede anglicana e irrisa quella cattolica, mentre è trattata con i guanti quella islamica
Autore: Silvia Guzzetti - Fonte: Avvenire
7 LA SITUAZIONE IN IRAN
Ecco perché dal 1979 (anno della rivoluzione islamica) a oggi più di metà dei cristiani se ne è andata
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Antidoti
8 BENEDETTO XVI PROCLAMA TRENTA NUOVI MARTIRI RISPETTANDO LA PAR CONDICIO
Ventisei uccisi dai repubblicani spagnoli nel 1936, tre sacerdoti perseguitati dalla Gestapo nazista e un vescovo vittima dell’ideologia comunista a Bucarest nel 1952
Fonte: Corrispondenza Romana
9 OMELIA PER LA XIX DOMENICA TEMPO ORD. - ANNO C - (Lc 12,32-48)

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LA LOVE PARADE A DUISBURG
Ecco come 21 ragazzi hanno trovato la morte del corpo ed altre migliaia di giovani e meno giovani la morte dell'anima
Autore: Nerella Buggio - Fonte: Cultura Cattolica, 29 luglio 2010

Alla Love Parade, la più grande manifestazione di musica techno del mondo, sono morti 21 ragazzi schiacciati nella calca. Una morte atroce per un motivo banale.
La prima edizione si tenne a Berlino nel 1989, poco prima della caduta del muro, vi parteciparono solo alcune centinaia di persone, da allora il numero di partecipanti ha continuato ad aumentare fino ad arrivare quest’anno a oltre un milione di persone a detta degli organizzatori.
Cosa ha portato così tanta gente a un evento del genere?
Cerco notizie in rete.
Una giornalista parla di Sodoma e Gomorra, di gente che vomitava ai lati della strada, decibel oltre ogni limite, folla esponenziale, carri allegorici con musica dance elettronica in ogni declinazione, nudismo, alcool e sostanze stupefacenti, ma altri raccontano di una sfilata di carri fantastica, di festival dell’eccentrico e dell’eccessivo.
Guardo scampoli di video, e vedo quei ragazzi sfilare accanto ai carri allegorici per le strade della città, con ali d’angelo, parrucche colorate, mezzi nudi o con tute bianche stile RIS, uomini con perizoma tigrati e ragazze in topless, altri che sembrano scout in gita fuoriporta, facce giovani e abbronzate, persone sorridenti che ballano, fotografano, ridono, alcuni a dire il vero non son nemmeno giovani, forse stanno rincorrendo la giovinezza camminando all’indietro, persone che si agitano come possedute dallo spirito del male mentre una musica assordante si ripete ossessiva.
Mi son sembrati cuori soli in mezzo alla folla.
Cosa ha attratto così tanta umanità in una stazione dismessa?
Leggo i commenti dei blog e scopro che c’erano a quel raduno e a quello di anni precedenti ragazzi che volevano partecipare a qualcosa di importante, volevano poter dire “io c’ero”, uomini che dicono di sé che per un giorno volevano tornare ad essere il ragazzino diciottenne di un tempo.
Su un blog leggo: “...tutto era esaltato, una specie di discoteca gigante in cui ognuno era libero di saltare, ballare, impazzire, fare casino... in poche occasioni della mia vita ho avuto modo di sentirmi così libero di poter fare uscire fuori il mio animo casinista... anche se per un tempo relativamente breve. Bellissimo.”
Già, se la libertà è l’assenza di regole, se la vita è una prigione, allora ci vogliono momenti in cui evadere, rompere le righe, essere anche solo per un attimo quello che non si può essere tutta la vita.
Che tristezza.
Poi in un video s’intravede il tunnel della morte, gente che s’arrampica oltre i muri e giovani che trascinano i loro compagni verso le ambulanze, mentre altri ignari continuano a dimenarsi con le braccia in alto mentre la musica ferisce il cielo.
Mentre gli organizzatori e il sindaco si rimpallano le responsabilità, mentre le polemiche fanno oscillare i numeri dei partecipanti, mentre le famiglie piangono i loro morti, viene da chiederci perché. Perché si va in un posto così, perché anche chi non usa droga e non va per ubriacarsi è disposto a chiudere gli occhi su chi attorno a sé è così ubriaco o fatto da non sapere chi è?
Ogni anno il titolo, il motto della manifestazione parla di amore, di cuore.
Amore, ma chi sei sconosciuto amore se per cercarti, rincorrerti, sono venuti così in tanti.
Perché accontentarsi di un giorno d’amore, di un’occasione in cui fingere che “L’amore Governa” quando il desiderio è quello di essere amati, ogni istante, voluti, perdonati, ogni momento?
l'Amore "che move il sole e l'altre stelle" quell’amore a cui tutti aneliamo, quell’amore che cerchiamo nei posti più disperati è un amore che non ci diamo da soli, perché siamo troppo fragili per saper amare. Se per un attimo lasciassimo riposare i timpani e il cuore, ci lasciassimo interrogare da quel desiderio di amore infinito, finiremo col comprendere che l'amore vero che costituisce l'oggetto del nostro desiderio più profondo, non è raggiungibile da noi, ma è un'esigenza che ci rimanda ad un Altro.

Fonte: Cultura Cattolica, 29 luglio 2010

2 - UN VIDEO CI SVELA COSA STA DIETRO LA SCINTILLANTE INDUSTRIA DEL PORNO
Droga, disperazione, umiliazioni, persone usate come oggetti, e ovviamente tanti suicidi
Fonte Youtube

Vi presentiamo un video comparso su youtube sulla realtà che non viene detta sulla pornografia.
Per introdurre l'argomento ecco come il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2354 descrive la pornografia:
"LA PORNOGRAFIA consiste nel sottrarre all'intimità dei partner gli atti sessuali, REALI o SIMULATI, per esibirli deliberatamente a terze persone. Offende la castità perché snatura l'atto coniugale, dono intimo degli sposi l'uno all'altro. Lede gravemente la dignità di coloro che vi si prestano (attori, commercianti, pubblico), poiché l'uno diventa per l'altro l'oggetto di un piacere rudimentale e di un illecito guadagno. Immerge gli uni e gli altri nell'illusione di un mondo irreale. E' una colpa grave. Le autorità civili devono impedire la produzione e la diffusione di materiali pornografici".
Il porno utilizza le persone come degli oggetti. Ma le persone non sono oggetti. Le persone soffrono, hanno i loro contraccolpi emotivi, hanno la loro dignità.
Le tre ragazze che compaiono all'inizio del video sono Crissy Moran, Tamra Toryn e Nadia Styles, tre ex-pornostar americane, che hanno lasciato il porno e oggi aderiscono alla fondazione Pink Cross. La ragazza che compare nell'immagine (poi capovolta) è Miss Arroyo, attualmente affetta da HIV. La fondazione PinkCross, fondata dalla ex-pornostar Shelley Lubben, raccoglie ex-attrici ed ex-attori porno per denunciare la realtà alienante del mondo della pornografia. Sono persone pentite della loro scelta, che si sono rese conto di quanto sia stata sfruttata e alimentata la loro condizione di malessere. Questo è il porno. Chi pensa che sia qualcos'altro si illude, ed è come chi pensa che una prostituta provi piacere nelle sue prestazioni. La verità è quella di una forma di degradazione in cui il piacere è soltanto una messa in scena. La verità è quella di un tunnel di degrado, di umiliazione e di sofferenza.


www.youtube.com/watch?v=U5OpsS2B4z0

DOSSIER "PORNOGRAFIA"
Com'è nata e le sue conseguenze

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Fonte: Youtube

3 - CATERINA, DIARIO DI UN PADRE NELLA TEMPESTA 1
Caterina Socci si risveglia dallo stato vegetativo ed è cosciente
Autore: Lucia Bellaspiga - Fonte: Avvenire, 29 luglio 2010

«La mattina di quel 12 settembre ero baldanzoso come un bambino e non sapevo che Caterina, la mia Caterina, doveva morire quella sera stessa. Era scritto che alle 21,30 sarebbe finito il mondo. Per me. Per sempre. O sarebbe cominciato un nuovo mondo». Inizia così, senza preavviso (come la gran parte delle tragedie) la tragedia di Caterina Socci, studentessa 24enne il cui cuore una sera senza alcun motivo si stanca di battere. Mancano dodici giorni alla sua laurea e in famiglia la vita sembra procedere senza sussulti, addirittura gioiosa («Non c’è nessuno più felice al mondo!», afferma quel mattino suo padre), tanto che la madre, con il buon senso di tutte le Cassandre, sorride allarmata: «Non dirlo, per carità... Non si sa mai cosa ci riserva la vita». E difatti quella sera di quasi un anno fa «il telefono squillò alle 21,30». Comincia con uno squillo di telefono la gran parte delle storie di ragazzi (sono migliaia in Italia) che, per un incidente d’auto o uno scherzo del cuore, cadono in stato vegetativo. E con la sentenza di medici che non lasciano speranza: «Le hanno tentate tutte per rianimarla, ormai stanno mollando»... In "Caterina, diario di un padre nella tempesta" (Rizzoli) Antonio Socci, noto giornalista, racconta il travaglio di questa sua figlia teneramente amata, ma è subito evidente che la cronaca del suo calvario è solo un pretesto per dire molto di più: di quanto accade nel letto di Caterina si sa poco, lo stretto indispensabile (dal primo capitolo, quando leggiamo che incredibilmente dopo un’ora e mezza il suo cuore si è rimesso in moto, solo a pagina 189 scopriamo che oggi "si è svegliata dal coma ed è cosciente"). Caterina non è la protagonista, è l’espediente: il perno, il motore immobile intorno al quale si genera il vero miracolo da raccontare. Da quel 12 settembre 2009, infatti, un popolo immenso si è mosso attorno a lei, migliaia di persone che non l’hanno mai conosciuta hanno rivolto una supplica a Dio, hanno camminato accanto a un padre e una madre nella tempesta. Più di uno addirittura (e sono le lettere più toccanti) essendo malato terminale ha offerto le proprie sofferenze in cambio della guarigione di Caterina, qualcun altro i suoi ultimi mesi di vita purché lei riaprisse gli occhi. «Ho chiesto a Gesù di darmi la vostra croce per un po’. Vorrei essere il vostro cireneo», ha osato una madre. Socci racconta tutto questo con commosso stupore, certo del fatto che il sacrificio di Caterina (e di tanti altri figli come lei) è origine e causa di insperate conversioni: «Quale mondo perverso stanno salvando i ragazzi e le ragazze crocifissi in questo reparto di rianimazione?». Non vite inutili, dunque, ma «le truppe scelte da Gesù in persona, i temerari, gli avventurieri del suo amore sconfinato». All’indomani dell’arresto cardiaco, mentre di ora in ora la paura della morte lascia spazio a un incubo non meno spaventoso, quello di «danni immensi, devastanti, probabilmente irrecuperabili», è Socci stesso che chiama a raccolta chiunque possa offrire la forza della preghiera, ma poi la marea monta spontanea: ottomila e-mail irrompono nel suo blog, gli raccontano di figli che ce l’hanno fatta contro ogni previsione dei medici, lo implorano di non cedere, gli offrono la propria preghiera anche di non credenti ("Un giorno, quando potrò, racconterò quante persone che si dicono atee o agnostiche, per tenerezza verso Caterina, in queste ore hanno ricominciato a pregare", scrive Socci). Ce lo ripete al telefono, seduto accanto a lei: «La mia figlia crocifissa ha convertito tante persone». E prima di tutti ha convertito lui, fervente cattolico ma «fino a quel 12 settembre diverso da oggi». La cosa che ha più imparato in questi mesi «è a prendere alla lettera l’insistenza di Gesù che nel Vangelo ci dice di chiedere, di importunarlo per essere esauditi. Gesù si fa strappare letteralmente i miracoli, a iniziare da Cana quando a insistere è Maria. Prima io supplicavo, chiedevo grazie, ma in fondo restava sempre un atomo di scetticismo, quasi che la preghiera fosse un messaggio in bottiglia gettato nel mare... Fino al 12 settembre pensavo: lui può tutto, se vuole la guarirà. Ora invece mi sono fatto mendicante, chiederò e busserò fino all’ultimo respiro. È questa la mia conversione». C’è un uomo più potente di Dio - ricorda il Curato d’Ars -, ed è l’uomo che prega. "Il regno dei Cieli appartiene ai violenti", ci provoca il Vangelo. «Dunque noi abbiamo preso d’assalto il Cielo», confessa Socci. Attraverso le tante lettere che riporta, incontriamo un numero impressionante di storie di speranza, di figli dati per persi dalla neurologia e invece risvegliati ("Ai medici disperati io rispondevo con una totale fiducia nel loro lavoro - scrive una madre -, li incoraggiavo dicendo che stavo pregando per loro, per le loro mani"), o invece di genitori che in silenzio, senza apparire sui giornali, eroicamente amano i loro ragazzi addormentati, senza aspettarsi in cambio neanche un battito di ciglia. «Sono loro che mi hanno consolato, mi hanno scritto di lottare anche contro l’evidenza, di pregare da mattina a sera. Non immaginavo potesse esistere qualcosa del genere». È soprattutto per loro che è nato questo libro (50mila copie e cinque edizioni nelle prime due settimane), «per ringraziare i tantissimi cui non ho potuto rispondere - spiega Socci -. E poi per restituire un patrimonio di testimonianze che non potevo tenere solo per me, perché tanti altri genitori hanno bisogno di sapere che quando tutto sembra perduto c’è ancora qualcosa da fare, pregare, pregare e pregare». Ma anche per far conoscere quegli eroi silenziosi, «genitori speciali che portano croci incredibili». Infine tendere una mano concreta ai sofferenti: «Il dolore del mondo è un oceano sconfinato. Se facciamo la nostra piccola parte, al resto pensa la Madre dolce e benedetta. Con i diritti d’autore di questo libro aiuterò, finché avrò respiro, opere missionarie e di carità». Col suo risveglio Caterina ha contraddetto la scienza. Poi lo ha rifatto pronunciando una notte la parola della rinascita, «mamma». Ora la battaglia resta lunga e difficile, ogni giorno forse un piccolo progresso, «ma l’unica cosa certa è il lieto fine, perché vince sempre Lui», conclude suo padre. «Comunque vada». Anche se Caterina restasse inchiodata per sempre al suo letto, incapace più di cantare come faceva una volta, di correre o anche solo di vedere. Ferma sempre a dodici giorni dalla sua laurea. Parole vertiginose, «così pesanti da dire...», ma che grondano dolore e magnificenza. La lezione, ancora una volta, gli viene da Caterina, che alla scomparsa di don Giussani aveva scritto l’unica verità: la morte non ha l’ultima parola.

Fonte: Avvenire, 29 luglio 2010

4 - CATERINA, DIARIO DI UN PADRE NELLA TEMPESTA 2
La cosa più scontata ora è un sogno impossibile
Autore: Antonio Socci - Fonte: "Caterina, diario di un padre nella tempesta" (Rizzoli, 2010)

Mi trovo involontariamente «inviato» nelle regioni del dolore estremo e in questo panorama dolente – se un angelo tiene al guinzaglio l’angoscia – ci sono diverse cose che mi pare di cominciare a capire. Provo a balbettarle... La prima notizia è che il mio cuore batte e anche il tuo, lettore. Il nostro cuore continua a battere. So bene che normalmente la cosa non fa notizia. Neanche la si considera. Finché non capita che a tua figlia, nei suoi ventiquattro anni raggianti di vita, alla vigilia della laurea in Architettura per cui ha studiato cinque anni, d’improvviso una sera il cuore si ferma, senza alcuna ragione. Di colpo. Quando ti si spalanca davanti quell’abisso improvviso che ti fa urlare uno sconfinato «nooooo!!!», allora cominci a capire: è la cosa meno scontata del mondo che in questo preciso istante il cuore dei tuoi bimbi, il mio cuore o il tuo, amico lettore, pulsi. Quante volte ho sentito don Giussani stupirci con questa evidenza: che nessuno fa battere volontariamente il proprio cuore. È come un dono che si riceve di continuo, senza accorgersi. Istante per istante dipendiamo da Qualcun Altro che ci dà vita. C’illudiamo di possedere mille cose e di essere chissà chi, ma è clamorosamente evidente che non possediamo neanche noi stessi. Un Altro ci fa. In ogni attimo. Vengono le vertigini a pensarci. Allora si può solo mendicare, come poveri che non hanno nulla, neanche se stessi, un altro battito e un altro respiro ancora dal Signore della vita [...]. Mendico di poter riavere un sorriso da mia figlia, uno sguardo, una parola... D’improvviso ciò che sembrava la cosa più ovvia e scontata del mondo, ti appare come la più preziosa e quasi un sogno impossibile... Sono pronto a dare tutto, tutto quello che ho, tutto quello che so e che sono, darei la vita stessa per quel tesoro [...]. Oggi come appare tutto senza alcun valore al confronto dello sguardo di una figlia, della sua giovinezza in piena fioritura... Un gran dono ha fatto Dio agli uomini rendendoli padri e madri: così tutti possono sperimentare che significhi amare un’altra creatura più di se stessi. E così abbiamo una pallida idea del suo amore e della sua compassione per noi.

Fonte: "Caterina, diario di un padre nella tempesta" (Rizzoli, 2010)

5 - IL RISORGIMENTO VIENE RACCONTATO DAL PUNTO DI VISTA DELLE ÉLITES, NON DELLA GENTE
Leva obbligatoria senza democrazia, arresti di parroci, nuove tasse, chiese requisite, vescovi impediti nel governo... Ma come si fa a dire W Garibaldi?
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Avvenire, 13 luglio 2010

Nel pomeriggio di domenica 9 aprile 1989 (il giorno indimenticabile della canonizzazione di Clelia Barbieri) Giovanni Paolo II, ricevendo i pellegrini bolognesi nell’Aula Paolo VI, definì la presenza spiritualmente incisiva e feconda della nuova Santa in mezzo alla sua gente «un vero risorgimento al femminile». In quel contesto la parola era insolita e giungeva del tutto inattesa. Metto conto adesso di raccoglierla e di farne oggetto di un po’ di attenzione, perché ci avvii a una miglior conoscenza di questo «candido fiore, che la nostra terra ha regalato al cielo» (Proprio bolognese della Liturgia delle ore). Tanto più che c’è una curiosa coincidenza: i giorni della breve esistenza di questa «figlia del bracciante», assurta agli onori degli altari, si collocano esattamente nello spazio della vicenda nazionale che noi chiamiamo appunto «Risorgimento». Clelia nasce l’anno prima del turbolento 1848, che è indicato nei libri di storia patria come quello della prima guerra di indipendenza; e muore nel 1870, qualche mese avanti l’ingresso dei bersaglieri in Roma per la breccia di Porta Pia. Dei protagonisti dei radicali sconvolgimenti che portarono all’Unità d’Italia – di Vittorio Emanuele II, di Cavour, di Garibaldi, di Mazzini – la storiografia consueta ci racconta tutto o quasi. Ma non ci dice nulla (o quasi), di come il popolo semplice abbia vissuto quegli avvenimenti. Domandiamoci, allora, per una volta: dell’imponente mutazione di regime la gente persicetana (per esempio alle Budrie) (riferimento a San Giovanni in Persiceto vicino a Bologna, n.d.BB) che cosa ha percepito nell’umile concretezza della sua oscura esistenza? Ha assistito con animo più sbigottito che partecipe a tante imprevedute novità, che dovettero sembrare abbastanza inspiegabili. Nelle aule scolastiche l’immagine mite e familiare della Madonna di San Luca fu sostituita dal fiero e baffuto ritratto di un re forestiero. Proprio in quegli anni il giovane stato unitario decise di impadronirsi di molte proprietà che erano a originaria destinazione religiosa. E, come spesso capita in questo mondo, invece dei ladri, si mettevano in prigione i derubati. Fu così che Clelia e i suoi comparrocchiani ebbero il sorprendente spettacolo dell’arresto e della partenza per il carcere di don Gaetano Guidi, il pastore da tutti benvoluto e stimato. In occasione della guerra del 1866 – Clelia aveva diciannove anni – la chiesa più importante del territorio, la collegiata di San Giovanni, venne requisita e per più di un mese fu adibita a magazzino da parte delle autorità militari che per le loro necessità non avevano proprio saputo immaginare altre soluzioni. Nello stesso torno di tempo, l’arcivescovo di Bologna fu dal nuovo governo impedito per ventidue anni (dal 1860 al 1882) di occupare la sua legittima sede e di esercitare liberamente il suo ministero. In conseguenza della coscrizione obbligatoria, furono sottratti ai lavori dei campi e chiamati alle armi quei poveri contadini, ai quali per altro non era consentito di votare. Per non parlare dell’inaudita ed esecrata tassa sul macinato, a proposito della quale il comando generale di Bologna ebbe il bel pensiero di togliere il batacchio alle campane di quei paesi; campagne colpevoli di avere talvolta accompagnato e incoraggiato gli assembramenti di protesta dei coltivatori esasperati. Si era nel 1869, l’anno prima della morte della nostra Santa. Questo, o poco più di questo, è stato il Risorgimento nazionale visto dal basso, dalla paziente umanità che stentava la vita sotto l’argine del Samoggia. In questo clima depresso e rannuvolato Clelia è apparsa come un raggio di sole. Questa ragazza, germinata dalla loro anima e dalla loro cultura più vera, è apparsa alle genti di quella terra come il segno di una speranza nuova, come il presentimento che qualcosa potesse davvero cominciare a «risorgere». Ed era, per così dire, un «risorgimento al femminile». Si trattava di una giovane donna che non organizzava rivendicazioni, non pretendeva posti direttivi nella società, non pensava affatto di realizzarsi assumendo compiti e responsabilità tipicamente maschili. Proprio con la sua naturale e intatta femminilità è diventata nel breve spazio della sua esistenza il riferimento più indiscusso, la voce più ascoltata, la «madre» della piccola comunità rurale in cui era inserita. E dopo la morte la sua fede e la sua straordinaria capacità di amare – restando tipicamente e totalmente «femminili» – si sono imposte all’attenzione ammirata di tutta la Chiesa. È un insegnamento prezioso da non dimenticare. Il pieno riscatto della condizione femminile non starà nell’opporre all’egoismo dell’uomo l’egoismo della donna, ma nell’aprirsi senza riserve da parte degli uomini e delle donne all’unico disegno di Dio. Così come la salvezza dei nostri giovani – ed è un altro insegnamento di questa giovane santa – non verrà dalla moltiplicazione degli agi e delle occasioni di godimento (e tanto meno dall’accondiscendenza senza limiti e dal permissivismo), ma dalla seria riscoperta della verità e della bellezza della vita vissuta in obbedienza al progetto eterno del Creatore. Queste sono le più significative lezioni esistenziali che ci vengono da santa Clelia.

CARD. GIACOMO BIFFI1
La fede che diventa cultura

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Fonte: Avvenire, 13 luglio 2010

6 - LA PRESTIGIOSA BBC DISCRIMINA I CRISTIANI
Emarginata la fede anglicana e irrisa quella cattolica, mentre è trattata con i guanti quella islamica
Autore: Silvia Guzzetti - Fonte: Avvenire, 15 luglio 2010

La chiesa anglicana messa ai margini, quella cattolica spesso presa in giro e l’Islam trattato con un favore particolare per paura di offendere i musulmani. Questo il quadro del modo in cui la religione viene affrontata dalla Bbc, la televisione di stato britannica secondo Clifford Longley, ex corrispondente dei quotidiani Telegraph e Times, oggi consulente del settimanale cattolico Tablet e ospite fisso della Bbc, sia in dibattiti, sia al programma di notizie del mattino Today al quale contribuisce spesso con una riflessione religiosa. Per Longley «il trattamento che la Bbc riserva alla chiesa anglicana e alle chiese cristiane più in generale riflette il crescente secolarismo della nostra so­cietà ». ANCHE IL VESCOVO ANGLICANO CHE SI OCCUPA DI MEDIA, NIGEL MCCULLOCH, HA SCRITTO ALLA BBC DICENDO CHE «METTENDO AI MARGINI IL CRISTIANESIMO, LA TELEVISIONE PUBBLICA INGLESE TRADISCE IL SUO DNA». «Il problema non è solo 'religioso'. Roger Bolton, un presentatore e produttore noto della televisione e della radio inglesi, ha dichiarato che 'i canali televisivi della BBC sembrano essere nelle mani di persone secolari e scettiche che considerano le notizie religiose come un dovere faticoso, piuttosto che un’area ricca e promettente da esplorare'». Il tema ritorna spesso e anche altri, insieme a Bolton, hanno denunciato la riduzione ai minimi termini di religione e cristianesimo». ANCHE LA CHIESA DI INGHILTERRA, NEL SUO ULTIMO SINODO, HA DIBATTUTTO DELLA MESSA AI MARGINI DEL CRISTIA­NESIMO, ALL’INTERNO DELLA PROGRAM­MAZIONE DELLA BBC. «È un ulteriore segnale che il problema esiste ed è tutt’altro che marginale. In Inghilterra la religione viene discriminata ed emarginata non soltanto dalla Bbc, ma anche da emittenti private come Itv e Channel Four e da Sky. Tornando alla Bbc, perfino certi particolari fanno riflettere: fino a qualche tempo fa la persona incaricata di occuparsi di programmi religiosi alla Bbc era un sacerdote anglicano, oggi è un musulmano praticante». E LA CHIESA CATTOLICA, SECONDO LEI, CO­ME VIENE RAPPRESENTATA DALLA BBC? «In generale, viene trattata anche peggio della Chiesa anglicana. In alcuni programmi è fatta oggetto di battute a volte pesanti, sfacciate, al limite dell’insulto. Insomma, nel mondo dei media britannici, ormai sembra passata l’idea che sia politicamente corretto prendere in giro il mondod cattolico» COME SI SPIEGA QUESTI ATTEGGIAMENTI ANTICATTOLICI? «Credo dipenda in parte dal fatto che la chiesa cattolica è considerata come 'estranea alla cultura dominante'. È una Chiesa 'straniera'. In qualche modo il fatto che spesso venga ridicolizzata è una prova del fatto che la Chiesa cattolica propone valori alternativi a quelli dominanti». COME VIENE TRATTATO INVECE L’ISLAM DALLA BBC? «Ben Elton, un comico, autore e regista televisivo noto nel Regno Unito, ha accusato la Bbc di 'essere politicamente corretta in modo ingiusto' perché permetterebbe battute sui vescovi ma vieterebbe la presa in giro degli imam. In poche parole la Bbc avrebbe paura di provocare gli elementi più radicali dell’Islam». E LA BBC COS’HA RISPOSTO? «Il direttore generale, Mark Thompson ha risposto spiegando che 'il cristianesimo fa parte della cultura generale mentre l’Islam è una religione di minoranza e, in quanto tale, è più suscettibile a scherzi e prese in giro e, per questo, va trattato con maggiore attenzione'. Una tesi che non sta in piedi».

Fonte: Avvenire, 15 luglio 2010

7 - LA SITUAZIONE IN IRAN
Ecco perché dal 1979 (anno della rivoluzione islamica) a oggi più di metà dei cristiani se ne è andata
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Antidoti, 1 luglio 2010

L’agenzia Zenit.org del 14 giugno 2010 ha riportato un’intervista di Mark Riedemann al giornalista libanese Camille Eid nel programma televisivo «Where God weeps» realizzato dalla Crtn (Catholic Radio and Television Network). L’argomento è l’Iran. Dice Eid: «Per le strade di Teheran, o in qualunque parte del Paese, sono visibili ritratti di “martiri”, dell’Ayatollah, di quello precedente, Khomeini, e di quello attuale, Khamenei. Se si usa una cabina telefonica si sente la voce dell’imam Hussein dare le istruzioni». Domanda: «Se si alza il telefono si sente la voce registrata dell’imam?». Risposta: «Esatto. E nelle scuole l’insegnamento delle diverse materie è consentito, ma sempre attraverso una prospettiva fondata sul Corano e gli hadith e le altre dottrine islamiche». Domanda: «E’ vero che l’immagine dell’Ayatollah si trova persino sulla copertina dei libri di catechismo cristiano?». Risposta: «È così. E forse è un modo per ricordare ai cristiani che sono sotto la protezione del regime e sono considerati dhimmi». I cristiani sono 100mila su 71 milioni di abitanti. «Sono visti come una minoranza etnica, perché i cristiani sono prevalentemente armeni e assiro-caldei». Perciò «non hanno il permesso di celebrare i loro riti in farsi, la lingua ufficiale dell’Iran». Per impedire ai musulmani «di capire ciò che i cristiani dicono». Non si sa mai. Comunque, «la Repubblica islamica ha mantenuto la Costituzione del 1906 che riserva cinque seggi alle minoranze: tre ai cristiani, uno agli zoroastriani e l’altro agli ebrei. D’altra parte i baha’i, per esempio, che sono la minoranza non musulmana più grande, non sono rappresentati perché sono considerati eretici». La stessa Costituzione, però, «afferma che tutti gli iraniani sono eguali per razza e lingua ma la religione non è citata». Le minoranze etniche possono professare il loro credo «a condizione di non partecipare a cospirazioni contro la Repubblica iraniana. Cosa significa? Comprende anche la contestazione del regime? Il problema dell’Iran è che è un regime teocratico». In ogni caso, «nell’amministrazione pubblica è difficile che i cristiani possano trovare lavoro. Persino i direttori delle scuole cristiane sono musulmani (…), quelle poche scuole che sono state restituite ai cristiani dopo le confische del 1979 e 1980». Ovviamente, per l’apostata c’è la morte: «Alcuni anni fa si è scoperto che un ufficiale, il colonnello Hamid Pourmand, si era convertito al cristianesimo. È stato processato e sottoposto alla Corte marziale, ma a causa delle pressioni internazionali è riuscito a lasciare l’Iran». Dal 1979 (anno della rivoluzione islamica) a oggi, più di metà dei cristiani se ne è andata. E ogni anno sono circa 10mila le famiglie cristiane che se ne vanno.

Fonte: Antidoti, 1 luglio 2010

8 - BENEDETTO XVI PROCLAMA TRENTA NUOVI MARTIRI RISPETTANDO LA PAR CONDICIO
Ventisei uccisi dai repubblicani spagnoli nel 1936, tre sacerdoti perseguitati dalla Gestapo nazista e un vescovo vittima dell’ideologia comunista a Bucarest nel 1952
Fonte Corrispondenza Romana, 10/7/2010

La Chiesa Cattolica ha dei nuovi beati. Venerdì primo luglio Benedetto XVI ha infatti posto la sua firma su alcuni decreti che riconoscono il martirio subito da numerosi religiosi nel XX secolo a causa della loro fede. Oltre a quello subito da sedici membri della Congregazione dei Missionari Figli del Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria e da dieci dell’ordine Carmelitano – uccisi dai repubblicani spagnoli nel 1936 – il Pontefice ha anche riconosciuto come martirio la morte di tre sacerdoti perseguitati dalla Gestapo nazista. Si tratta di Johannes Prassek, Eduard Muller e Hermann Lange, decapitati ad Amburgo nel 1943. Tra i decreti firmati, uno riguardava anche la beatificazione del vescovo di Satu Mare Giovanni Scheffer – vittima, in questo caso, dell’ideologia comunista – morto in una prigione di Bucarest il sei dicembre del 1952. Il Pontefice dimostra quindi di proseguire sulla coraggiosa linea inaugurata il ventotto ottobre del 2007, quando beatificò – noncurante delle critiche mosse dalla stampa laicista – 498 martiri della «persecuzione religiosa in Spagna».

Fonte: Corrispondenza Romana, 10/7/2010

9 - OMELIA PER LA XIX DOMENICA TEMPO ORD. - ANNO C - (Lc 12,32-48)

Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per l'8 agosto 2010)

La pagina del Vangelo di oggi ci invita alla vigilanza. Gesù ci dice: «Siate pronti con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese» (Lc 12,35). Dobbiamo essere vigilanti perché non sappiamo quando il Signore verrà a domandarci conto della nostra vita. Egli, inoltre, afferma: «Nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo» (Lc 12,40) e paragona la sua venuta a quella di un ladro: «Se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa» (Lc 12,39). La lampada che dobbiamo tenere accesa è quella della nostra fede, speranza e carità. In poche parole, dobbiamo vivere sempre nella luce della grazia di Dio. Se la morte ci sorprenderà in peccato mortale, allora la nostra anima cadrà all’inferno per tutta l’eternità. Dobbiamo allora alimentare di continuo questa lampada con l’olio della nostra preghiera e delle nostre buone opere. La migliore vigilanza sarà quella di amare Dio con tutto il nostro cuore, e il prossimo come se stessi. Se il nostro cuore sarà rivolto al Signore, allora inizieremo la nostra vita eterna già su questa terra, in quanto il nostro cuore, in qualche modo, sarà già in Paradiso. Infatti, Gesù ci dice: «Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore» (Lc 12,34). Se il nostro tesoro è il Signore, allora il nostro cuore vive nella pace; se, invece, bramiamo smodatamente i beni e i piaceri di questa terra, allora ci incamminiamo verso la nostra infelicità. Il nostro cuore, più che in noi stessi, vive in ciò che amiamo: se amiamo la terra, diventerà terra; se amiamo Dio, si innalzerà su nei cieli. A tal proposito ricordiamoci di quell’episodio che si racconta nella vita di sant’Antonio da Padova. Si stava celebrando con solennità il funerale di un uomo molto ricco e anche molto avaro. Al funerale era presente anche sant’Antonio il quale, mosso da un’ispirazione improvvisa, dichiarò ad alta voce che quel morto non andava sepolto in luogo consacrato, bensì lungo le mura della città. E ciò perché la sua anima era dannata all’inferno e quel cadavere era privo di cuore, secondo il detto del Signore: dov’è il tuo tesoro, ivi è anche il tuo cuore. A queste parole, com’è naturale, tutti rimasero sconvolti. Alla fine furono chiamati dei chirurghi, che aprirono il petto alla salma; ma non vi trovarono il cuore. Esso, secondo la predizione del Santo, fu ritrovato nella cassaforte, dov’era conservato il denaro. Al contrario, san Gabriele dell’Addolorata, che tanto amava la Madonna, così diceva: «Sono sicuro di andare in Paradiso!». «Come fai ad essere così sicuro?», gli domandò un amico. «Sono sicuro di andarci perché già ci sono!». «E come puoi dire che già sei in Paradiso?», replicò l’amico. «Già ci sono perché amo la Madonna!». Questa fu la risposta del Santo, e questa risposta ci è di grande incoraggiamento: se anche noi amiamo Gesù e Maria, il nostro cuore è già con loro in Paradiso. Non dobbiamo dunque dubitare. Gesù ce lo dice chiaramente: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno» (Lc 12,32). Dobbiamo temere solo quando smettiamo di amare, solo quando in noi si spegne la luce della grazia di Dio e cadiamo in peccato mortale. Solo allora! Il Signore, inoltre, ci esorta a mirare all’unico guadagno che conta, all’unico che rimane in eterno, ovvero ad accumulare meriti per il Paradiso. Egli, infatti, afferma: «Fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma» (Lc 12,33). Rimaniamo dunque desti e, se ci rimorde la coscienza, facciamo al più presto una buona confessione che riaccenderà nel nostro cuore la luce della grazia di Dio!

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per l'8 agosto 2010)

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