BastaBugie n�338 del 28 febbraio 2014

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1 IN AFRICA 39 PAESI SU 54 HANNO PENE DURE CONTRO I GAY
Oltre il 90% degli africani pensa che la società non debba accettare l'omosessualità, ma proteggere il matrimonio naturale e i bambini
Autore: Anna Bono - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 CHIARIAMOLO UNA VOLTA PER TUTTE: AVVENIRE SBAGLIA A ESALTARE LA LEGGE 40
Ecco tutti gli errori dell'editoriale di Assuntina Morresi (riassumibili nel fatto che difendere la legge sulla fecondazione artificiale è collaborare alla morte di migliaia di bambini)
Autore: Giovanna Arcuri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 REFERENDUM IN SVIZZERA CONTRO L'IMMIGRAZIONE: VINCONO I SI ALLE BARRIERE
Può un Paese esercitare la sua sovranità (come ha fatto la Svizzera) oppure deve ubbidire ciecamente all'Europa?
Autore: Danilo Quinto - Fonte: Corrispondenza Romana
4 FRANCIA: REGALA DUE SCARPETTE DA NEONATO A UNA DONNA INCINTA E VIENE CONDANNATO PER ABORTOFOBIA
Ora i pro life francesi sono perseguitati anche solo per aver indotto una donna in stato interessante a chiedersi cosa abbia in pancia
Fonte: Comitato Verità e Vita
5 L'AMORE VERO NON HA DIRITTO DI RECESSO
Chi sceglie di non sposarsi vuole vivere insieme per fare un periodo di prova e così l’amore si trasforma in un esperimento in cui ci si osserva come cavie di un laboratorio
Autore: Carlo Climati - Fonte: Zenit
6 MARTIN LUTHER KING: IL ''LATO OSCURO'' DEL LEADER NERO CHE ''AVEVA UN SOGNO''
Era un eretico, tradiva la moglie con donne che avevano ascoltato i suoi discorsi pubblici quel giorno, raccontava barzellette oscene (eppure è amato anche da cattolici... disorientati)
Autore: Giuseppe Brienza - Fonte: Corriere del Sud
7 HOLLANDE RENDE OMAGGIO AI CADUTI FRANCESI DURANTE LE GUERRE MONDIALI... MA SOLO A QUELLI MUSULMANI
Si recherà anche a Notre-Dame per rendere omaggio ai soldati cattolici uccisi? No, perché dei cristiani chissenefrega!
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi
8 LETTERE ALLA REDAZIONE: I DIRITTI DEI BAMBINI NON SONO QUELLI DELLE COPPIE GAY
Una interessante iniziativa di un consigliere comunale per dare ai bambini la possibilità di avere sempre un padre e una madre
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
9 OMELIA VIII DOMENICA DEL TEMPO ORD. - ANNO A - (Mt 6,24-34)
Cercate, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - IN AFRICA 39 PAESI SU 54 HANNO PENE DURE CONTRO I GAY
Oltre il 90% degli africani pensa che la società non debba accettare l'omosessualità, ma proteggere il matrimonio naturale e i bambini
Autore: Anna Bono - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 07/02/2014

Il 7 gennaio, ma la notizia è stata diffusa una settimana dopo, il presidente della Nigeria Goodluck Jonathan ha firmato la legge sull'omosessualità che il parlamento aveva votato all'unanimità lo scorso 30 maggio. Con la sua entrata in vigore, i matrimoni gay sono proibiti. Si prevedono pene detentive fino a 14 anni per chi contrae un matrimonio omosessuale, fa da testimone o in qualsiasi modo partecipa alla celebrazione di unioni tra persone dello stesso sesso. È proibita inoltre ogni manifestazione pubblica di omosessualità ed è illegale costituire club di gay e organizzazioni in difesa dei loro diritti. Le sanzioni in questo caso arrivano fino a 10 anni di carcere. Dal giorno della firma presidenziale, le autorità hanno già provveduto a decine di arresti.
In Africa la Nigeria non costituisce certo una eccezione: i matrimoni omosessuali sono illegali in tutti gli stati africani salvo il Sudafrica e 39 paesi su 54 hanno leggi che sanzionano l'omosessualità, in certi stati anche con la pena di morte. Alcuni governi, tra cui quelli di Tanzania e Camerun, si apprestano a varare nuove leggi in materia e l'Uganda, che già ne è dotata, ha in cantiere dal 2010 una legge che prevede l'inasprimento delle sanzioni, fino all'ergastolo in caso di "criminali recidivi". A dicembre una versione riveduta del testo è stata approvata dal parlamento. Manca quindi solo la ratifica del capo dello stato, Yoweri Museveni, che continua a rimandarla, nonostante le sollecitazioni: più che altro, a quanto sembra, per evitare le ritorsioni minacciate da alcuni paesi donatori.
Nei giorni scorsi l'Arcivescovo di Canterbury Julius Welby, massima autorità spirituale della Chiesa anglicana, e quello di York, John Sentamu, di origine ugandese, hanno quindi pensato bene di scrivere una lettera ai presidenti di Nigeria e Uganda, recapitata anche a tutti i primate delle Chiese nazionali della Comunione anglicana. «La vittimizzazione e l'umiliazione delle persone attratte dal loro stesso sesso deve essere assolutamente disapprovata – scrivono i due religiosi – gli omosessuali sono figli di Dio, da Lui amati e stimati. Meritano tutta la nostra cura pastorale e la nostra amicizia».
La risposta del capo della Chiesa anglicana ugandese, l'arcivescovo Stanley Ntagali, non si è fatta attendere. A proposito della legge, si è detto soddisfatto per alcuni emendamenti adottati a dicembre, consigliati dalla Chiesa, che la rendono meno severa escludendo, tra l'altro, la pena capitale. Pur assicurando che «chi è confuso a proposito della propria sessualità o sta lottando contro le proprie tendenze sessuali può star certo di trovare nella Chiesa aiuto e cure», l'arcivescovo ha però ricordato al primate britannico che «la pratica omosessuale è incompatibile con le Scritture». A sua volta, ha quindi colto l'occasione per esprimere il proprio disaccordo con la Chiesa britannica e augurarsi che riveda le proprie posizioni «affinché la Chiesa ugandese possa continuare la propria comunione con la Chiesa Madre».
L'eventualità di una spaccatura all'interno della Comunione Anglicana in effetti è tutt'altro che remota. Alcune Chiese africane, tra cui quella ugandese, hanno già sospeso i rapporti con gli anglicani degli Stati Uniti e del Canada non ammettendo l'ordinazione di sacerdoti gay e i matrimoni omosessuali. Vorrebbero inoltre che le Chiese dell'America del Nord non fossero invitate nel 2018 alla conferenza di Lambeth, l'incontro che ogni 10 anni riunisce a Londra i vescovi anglicani di tutto il mondo.
In Nigeria ad accogliere con favore la legge sull'omosessualità è stato Ignatius Ayau Kaifama, arcivescovo cattolico di Jos, presidente della Conferenza episcopale nigeriana e vicepresidente della Conferenza episcopale dell'Africa Occidentale. L'arcivescovo ha scritto una lettera al presidente Jonathan a nome di tutti i vescovi e i fedeli del paese per ringraziarlo della sua decisione "coraggiosa e saggia", chiara indicazione «della capacità del nostro grande paese di ergersi a protezione dei più alti valori delle culture nigeriane e africane circa l'istituto del matrimonio e la dignità della persona umana, senza cedere alle pressioni internazionali». La lettera della Conferenza episcopale riflette e conferma la preoccupazione già manifestata durante l'ultima assemblea plenaria dei vescovi, svoltasi lo scorso settembre, per «i tentativi continui da parte di agenzie straniere di introdurre valori malsani nella nostra società con le loro campagne per l'aborto, la distribuzione di preservativi e la promozione di unioni omosessuali». I vescovi reiteravano, nello stesso documento, il loro impegno per la sacralità della vita dal momento del concepimento fino alla morte e respingevano con forza ogni più piccolo tentativo di promuovere una cultura della morte.
Una ricerca svolta nel 2013 in 39 paesi dal Pew Research Center ha rivelato che per il 98% dei nigeriani la società non deve accettare l'omosessualità. Quanto agli altri stati africani considerati, ha dichiarato inaccettabile l'omosessualità il 96% del campione intervistato in Uganda, Ghana e Senegal, il 90% in Kenya e persino in Sudafrica contro l'omosessualità si è pronunciato il 61% degli intervistati.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 07/02/2014

2 - CHIARIAMOLO UNA VOLTA PER TUTTE: AVVENIRE SBAGLIA A ESALTARE LA LEGGE 40
Ecco tutti gli errori dell'editoriale di Assuntina Morresi (riassumibili nel fatto che difendere la legge sulla fecondazione artificiale è collaborare alla morte di migliaia di bambini)
Autore: Giovanna Arcuri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20-02-2014

«Indietro non si torna», annunciava perentorio il quotidiano “Avvenire” il 16 febbraio scorso per ricordare i dieci anni della Legge 40 sulla fecondazione artificiale. A dettare la linea Assuntina Morresi, firma nota del quotidiano della Cei, da sempre sostenitrice entusiasta della legge in questione, che però dà prova anche in questa occasione di un ossimoro bioetico: da una parte afferma che «il magistero non consente tecniche di procreazione che si sostituiscano al concepimento naturale» e che «l’unica possibile norma cattolica si tradurrebbe in un solo articolo per vietare la provetta», ma su altro versante incensa la legge 40 in ogni suo articolo.
In prima battuta c’è da precisare che è errato confessionalizzare una ipotetica legge che vietasse la Fivet. Questa non sarebbe «una norma cattolica», come non è una «norma cattolica» l’art. 575 del Codice Penale che sanziona l’omicidio. Sarebbe solo una norma laicissima, cioè di carattere razionale, che tutela la vita umana. Punto.
Ma procediamo oltre. «L’impianto della 40 è rimasto praticamente invariato in questo decennio» afferma la Morresi, accennando al fatto che la lettera della legge è più o meno la stessa di quella varata nel 2004. Peccato che alla lettera della legge si siano sostituite in questi anni decine e decine di ricorsi vinti in ambito di giurisdizione ordinaria o pendenti davanti alla Consulta, la quale nel 2009 ha cambiato sì in questo caso la lettera della legge permettendo di produrre quanti embrioni si vogliono (abbattendo il numero massimo di tre previsto in origine) e di crioconservare quelli soprannumerari. È caduto anche il divieto di diagnosi pre-impianto (un divieto che voleva evitare la deriva eugenetica). La legge 40 nella aule dei tribunali ha perso pezzi ovunque e questo è ormai un dato assodato. E non è finita, visto che è attualmente in corso il tentativo di far cadere anche il divieto della eterologa.
Al di là di queste considerazioni, però quello che più colpisce nell’articolo della Morresi sta nel fatto che una legge intrinsecamente malvagia come questa è diventata tutto sommato una buona legge (in termini simili si era espressa tempo addietro anche sulla legge 194). La Morresi scrive che «la legge 40 è […] un compromesso», ma sulla vita non vale compromesso alcuno. Se si chiamano principi non negoziabili – e la vita è tra questi - ci sarà un motivo.
La docente di Chimica Fisica di Perugia aggiunge che questa norma «cerca di tutelare tutti i soggetti coinvolti […] e che in questi anni ha offerto molte, importanti garanzie» e via ad elencare tutti quei famosi paletti che in molti casi sono stati già divelti dai giudici. L’obiezione è facile da farsi: se davvero la legge 40 tutelasse il concepito dovrebbe vietare la fecondazione artificiale, sempre e comunque, senza distinguo perché espone il concepito ad un rischio elevatissimo di morte e perché lo tratta come una cosa e non come una persona. E più in particolare, di quali garanzie a tutela dell’embrione si parla se su 10 concepiti 9 muoiono prima di venire alla luce?
Si può discutere sul fatto che la situazione precedente l’approvazione della Legge 40 fosse peggiore, ma questo non trasforma una legge da cattiva in buona. Invece la Morresi sembra entusiasta dei risultati della legge, registrando come indice positivo l’aumento dei figli nati in provetta; da cui si deduce che «non è stato impedito l’accesso a queste tecniche, come paventato» e dimenticando così che ogni coppia che ha avuto accesso a queste tecniche ha compiuto un’azione intrinsecamente malvagia e che per ogni coppia che ha provato ad avere un figlio con la provetta, sette, otto, nove e più fratellini sono stati sacrificati sull’altare della legge 40. Invece di rammaricarci che la Fivet sia sempre più diffusa ce ne rallegriamo.
Poi l’articolo dà un saggio paradigmatico di cosa sia la tesi del consenso al male minore. La Morresi plaude al fatto che la legge vieti l’eterologa e così facendo celebra l’omologa perché «la legge 40 ha dato ai bambini nati con queste procedure [di tipo omologo] la certezza di vivere con il padre e la madre che li hanno generati». Si condanna il male peggiore e per farlo si porta in palmo di mano quello minore, immemori che però sempre di un male si tratta.
Accettata questa logica la valanga che travolge ogni principio è ormai innescata e così un giorno, ormai passata l’eterologa, la si difenderà perché male minore rispetto alla fecondazione intraspecie uomo-animale. E resa legittima anche quest’ultima tecnica la si sposerà appieno nella speranza di scongiurare la fecondazione post-mortem, perché perlomeno la prima è tra viventi e il figlio potrà sempre avere dei rapporti con il proprio padre-scimmia, non così se il genitore è defunto.
Insomma si difende a spada tratta il male minore – che come i giudici hanno ampiamente dimostrato è la migliore camera di decompressione per i peggiori dei mali – per tentare di evitare future derive. Da qui il titolo del pezzo «Indietro non si torna» che – «diciamolo con chiarezza e senza ipocrisie», afferma la Morresi – sta a dire che la legge 40 è da difendere con i denti, lei e tutta la carneficina che ha prodotto in questi dieci anni. La legge 40 non si tocca, così come gridano spesso gli abortisti in merito alla legge 194.
Da qui la conclusione: ci dobbiamo tenere la legge 40, altrimenti l’altra soluzione è ritornare al famigerato far west procreativo. Volete forse questo cari cattolici oppure vi turate il naso e continuiamo ad appoggiare questa legge? «Le conseguenze di un simile ritorno al passato sono inimmaginabili», ci ammonisce la Morresi.
In realtà ci sarebbe pure una terza ipotesi: tra il tornare indietro e lo stare fermi (ma anche questo come abbiamo visto è un tornare indietro) c’è anche la possibilità di andare avanti. Cioè tentare di superare questa legge in positivo. Anche perché, sarà banale ricordarlo ma una legge malvagia può essere solo osteggiata e attaccata, mai difesa. È vero che non impedire un evento che si può evitare significa provocarlo, a patto però che l’azione di impedimento sia buona. Se ad esempio un folle tenesse in ostaggio tre persone e mi dicesse: “O ammazzi Tizio oppure le uccido tutte e tre” io non potrei che astenermi dall’uccidere Tizio, perché è un’azione malvagia. E non sarei io responsabile della morte delle altre tre persone, bensì il folle. Lasciamo dunque ad altri l’onere e “l’onore” di macchiarsi del sangue di innocenti.
Difendere la legge 40 è collaborare alla morte di migliaia di bambini, azione mai permessa anche se per ipotesi scongiurasse effetti ben più lesivi. L’unica soluzione moralmente praticabile è perciò solo quella di andare avanti nell’azione di intralcio per tentare perlomeno di renderla meno peggiore, non certo quella di rimanere sul posto tenendo le posizioni acquisite perché «indietro non si torna».

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20-02-2014

3 - REFERENDUM IN SVIZZERA CONTRO L'IMMIGRAZIONE: VINCONO I SI ALLE BARRIERE
Può un Paese esercitare la sua sovranità (come ha fatto la Svizzera) oppure deve ubbidire ciecamente all'Europa?
Autore: Danilo Quinto - Fonte: Corrispondenza Romana, 11/02/2014

Può un paese esercitare la sua sovranità? E' questo il primo tema di rilievo che pone l'esito del referendum tenuto in Svizzera sull'immigrazione. L'iniziativa, promossa dal partito Udc/Svp, chiede la reintroduzione di tetti massimi per l'immigrazione di stranieri, la cui presenza nel paese supera il 23% della popolazione. I sì hanno vinto con 1.463.954 voti favorevoli (il 50,3%), contro 1.444.438 voti contrari.
A schierarsi a favore un totale di 17 cantoni – quelli in cui si parla tedesco e italiano e delle zone rurali – con la più alta percentuale di sì (68,17%). Nove i cantoni contrari. In ragione di una campagna che ha sottolineato le conseguenze dell'immigrazione fuori controllo – disoccupazione in aumento, treni sovraffollati, aumento degli affitti – e il saldo migratorio di circa 77mila persone l'anno, il 70% dei quali provenienti dalla Ue, sono stati sconfitti il governo, il parlamento, le organizzazioni economiche e sindacali, la maggior parte dei partiti.
In Svizzera, a differenza dell'Italia, il referendum è una cosa seria ed il suo risultato è vincolante per il governo – nonostante il pensiero espresso dal nostro Ministro per l'Integrazione, Cécile Kyenge, per la quale «sarebbe un gravissimo errore farlo applicare» – che dovrà ora rinegoziare i trattati e gli accordi con l'Europa, compreso quello sulla libera circolazione delle persone del 2002.
L'Unione europea ha comunicato il suo «rammarico» per il fatto che «un'iniziativa per l'introduzione di limiti quantitativi all'immigrazione sia stata approvata» ed ha minacciato: «Questo va contro il principio della libera circolazione delle persone tra l'Ue e la Svizzera. La commissione europea esaminerà le implicazioni del referendum sul complesso delle relazioni con la Svizzera». Il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, ha rincarato la dose: «I trattati devono essere rispettati. La Svizzera trae vantaggi dal mercato internazionale, la libertà di movimento è cruciale. Le reazioni nazionali devono essere pacate». Il Ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino, si è detta preoccupata dell'«impatto» del referendum, «sia per quanto riguarda l'Italia, sia per gli altri accordi con la Ue».
Queste dichiarazioni nascondono il vero timore: che i popoli europei, nelle elezioni del prossimo mese di maggio, si esprimano contro le politiche dell'Unione europea, sia quelle che riguardano l'euro, sia quelle che derivano dal fenomeno migratorio. Anche i lavoratori cosiddetti "frontalieri" – rispetto ai quali il referendum svizzero interviene e che si dovrà trovare il modo di tutelare – non sono frutto del caso, ma dell'incapacità del nostro Stato, sottomesso alle politiche europee, di assicurare il lavoro e di fare impresa. Il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, ha sottolineato: «ci sono Paesi che rischiano di dover fronteggiare in totale solitudine flussi di persone provenienti dai paesi stranieri, ma anche comunitari, ai quali va data una risposta europea prima che nazionale».
Il problema è proprio questo: l'inerzia e l'incapacità di affrontare la vera questione che pone l'immigrazione indiscriminata. Nella sola Svizzera, secondo le stime ufficiali, sarebbero 500mila gli immigrati musulmani, su una popolazione che conta 8 milioni di persone. L'Europa scristianizzata che "accoglie" e "integra" è la stessa Europa che per secoli, al pari dei musulmani sunniti – che ne avevano ben donde – ha mitizzato e venerato, come se fosse un cavaliere magnanimo e forse anche convertito al cristianesimo, la figura di Saladino, feroce guerriero e capo politico, che a suo maggior titolo di gloria (per i musulmani) annovera la presa della città santa di Gerusalemme nel 1187.

Fonte: Corrispondenza Romana, 11/02/2014

4 - FRANCIA: REGALA DUE SCARPETTE DA NEONATO A UNA DONNA INCINTA E VIENE CONDANNATO PER ABORTOFOBIA
Ora i pro life francesi sono perseguitati anche solo per aver indotto una donna in stato interessante a chiedersi cosa abbia in pancia
Fonte Comitato Verità e Vita, 29-01-2014

Xavier Dor, 84 anni, dovrà pagare una multa di 10.000 euro, rischiava anche un mese di galera.
Proprio nelle ore in cui il Santo Padre Francesco riceveva in Vaticano il Presidente François Hollande, dalla Francia giungeva la notizia della condanna penale di Xavier Dor, noto combattente pro life transalpino che si era reso "colpevole" di regalare a una donna incinta un paio di scarpette per dissuaderla dall'aborto.
Lo stato francese ha introdotto nella legge Weil del 1975 la nuova figura del "reato di intralcio all'aborto", "le délit d'entrave". Chi lo commette dimostra di essere "abortofobo", evidente traslazione concettuale delle leggi sull'omofobia, che possono essere estese teoricamente a qualsiasi condotta "deviante" di pro life e di cattolici intransigenti.
Con le modifiche alla legge Weil – che in Francia ogni anno miete 220.000 vittime prima della nascita – l'aborto viene dichiarato esplicitamente "un diritto di tutte le donne che non desiderano portare a termine la gravidanza".
In base al "reato di intralcio all'aborto", ora i pro life francesi possono essere processati e condannati anche solo per le attività di informazione e dissuasione in ospedale, per aver indicato alla donna un numero di telefono oppure averle indotte a riflettere su che cos'è l'aborto.
Non solo: in base a questa legge vengono criminalizzati anche coloro che organizzano e partecipano a Marce per la Vita, oppure hanno siti web antiabortisti. La pena massima prevista dalla legge è di 2 anni di prigione e 30 mila euro di sanzione.
La Fondazione Lejeune parla di "attentato alla libertà di espressione".
Xavier Dor è stato la prima vittima di questa legge, voluta da uno stato che da anni egli definisce "République luciférienne".
Di fronte ai magistrati che gli hanno letto la sentenza, il vecchio leone pro life ha dichiarato: "Criminale è uccidere un bambino".

Fonte: Comitato Verità e Vita, 29-01-2014

5 - L'AMORE VERO NON HA DIRITTO DI RECESSO
Chi sceglie di non sposarsi vuole vivere insieme per fare un periodo di prova e così l’amore si trasforma in un esperimento in cui ci si osserva come cavie di un laboratorio
Autore: Carlo Climati - Fonte: Zenit, 07/02/2014

Capita, a volte, di vedere in televisione gli spot pubblicitari di televendite che propongono acquisti con diritto di recesso. Il telespettatore può comprare un oggetto, provarlo e poi restituirlo entro un certo numero di giorni.
Lo stesso meccanismo sembra ripetersi, in questi ultimi anni, con la moda delle convivenze, che sembra essere sempre più diffusa tra i giovani (e non solo!).
Alcune persone scelgono di non sposarsi. Preferiscono vivere insieme per fare un "periodo di prova". E così l'amore si trasforma in un esperimento, in cui ci si osserva come cavie di un laboratorio.
Stiamo assistendo ad una vera e propria metamorfosi della coppia. Non è più composta da esseri umani, ma da prodotti di una televendita.
E' il bizzarro fenomeno dell'amore con diritto di recesso. Prima si fa il periodo di prova, che può durare anche alcuni anni. E poi, eventualmente, si può esercitare il diritto di recesso, restituendo la merce usata che non è più di gradimento.
In molti casi, nelle coppie di conviventi, c'è una persona che vorrebbe sposarsi e un'altra che non vuole sentire parlare di matrimonio. La persona che vorrebbe sposarsi subisce questa situazione passivamente, per abitudine o per paura di restare sola. E così l'amore si trasforma in una squallida dittatura.
Le principali vittime di questo ricatto sono le donne, spesso costrette ad accettare discorsi evasivi dei loro "compagni", che dicono: "Matrimonio? Ho bisogno di tempo per pensarci". Intanto, però, vivono la stessa condizione delle persone sposate, con tanti diritti e nessun dovere.
Tutti conosciamo la favola di Peter Pan, che è diventata famosa grazie ad un film di Walt Disney. Racconta la storia di un bambino che non voleva mai diventare grande e che viveva le sue avventure in un luogo immaginario, chiamato "isola che non c'è".
Da un po' di anni a questa parte, l'isola della fiaba di Peter Pan non è più una terra di fantasia. Esiste davvero. Possiamo ritrovarla nella vita reale di tanti giovani che rifiutano di maturare e di assumersi le proprie responsabilità di fronte al mondo.
Se ci guardiamo intorno, possiamo accorgerci che non sono pochi. Già grandicelli, vogliono divertirsi nella loro "isola che non c'è" della convivenza, per continuare ad essere coccolati e viziati come bambini.
Tutto sembra andare avanti in un'oasi di pace (o di anestesia mentale). Poi, a un certo punto, i Peter Pan si stufano ed esercitano il diritto di recesso. La donna si ritrova sola e senza alcuna tutela legale, spesso ad un'età in cui è difficile ricominciare da zero.
Come si è arrivati a questo punto? Perché così tanti ragazzi, oggi, rifiutano di impegnarsi e si rifugiano nelle convivenze ?
E' innegabile l'influenza dei mezzi di comunicazione. Oggi i giovani devono costantemente confrontarsi con il bombardamento di messaggi che spingono a coltivare la non-cultura del non-impegno.
Basta accendere la TV per trovarsi di fronte ai modelli imposti dalla dittatura degli indici d'ascolto. Pensiamo, ad esempio, a certi reality show in cui trionfano l'uomo donnaiolo e perditempo o la fanciulla disponibile a tutto pur di conquistare cinque minuti di celebrità.
Tanti ragazzi vengono "educati" dalle interviste di cantanti ed attori che passano da una love story all'altra, immergendosi nella cosiddetta "bella vita" dei festini in discoteca o nei locali esclusivi.
Certi esempi di non-cultura del non-impegno sono veramente dannosi per i giovani e rappresentano il primo passo verso il parcheggio nell'isola che non c'è della convivenza. C'è un costante invito a cancellare il concetto di "impegno" dalla vita quotidiana. Tutto dovrebbe essere facilmente raggiungibile, senza il sudore della fronte.
Quale futuro ci può essere in un mondo in cui i sentimenti hanno il diritto di recesso? La cosa più bella, quando ci si ama, sono i sogni, i progetti, le speranze di una vita insieme. Ma per vivere tutto questo c'è bisogno di un "sì" per sempre e di un abbraccio autentico che sappia guardare oltre l'infinito.

Fonte: Zenit, 07/02/2014

6 - MARTIN LUTHER KING: IL ''LATO OSCURO'' DEL LEADER NERO CHE ''AVEVA UN SOGNO''
Era un eretico, tradiva la moglie con donne che avevano ascoltato i suoi discorsi pubblici quel giorno, raccontava barzellette oscene (eppure è amato anche da cattolici... disorientati)
Autore: Giuseppe Brienza - Fonte: Corriere del Sud, 30/11/2013

Martin Luther King, nato "Michael King", ad Atlanta il 15 gennaio 1929, è morto a soli 39 anni a Memphis, il 4 aprile 1968. Politico, attivista e pastore protestante (battista) statunitense, è stato nel 1964 il più giovane Premio Nobel per la pace del mondo.
 
IL "MITO SVELATO": GARROW ED IL GRUPPO DELLA STANFORD UNIVERSITY
Pochi sanno che, negli anni 1980, i lavori di un gruppo di ricerca istituito alla Stanford University per la pubblicazione dell'Opera omnia di King, sono stati bruscamente interrotti perché l'editore, già pronto da tempo, ha improvvisamente rinunciato alla stampa delle opere annunciate. Dopo i primi giorni di lavoro, infatti, i membri, discepoli e ammiratori fedelissimi del leader nero, si sono detti, testualmente, «increduli, sconvolti, avviliti» da quanto andava profilandosi sotto i loro occhi. Ma cosa era successo?
Ha scritto Vittorio Messori che, i componenti del gruppo di lavoro della Stanford University, hanno «scoperto che buona parte di ciò che King ha lasciato — dai discorsi ai libri era stato copiato da altri autori: spesso, senza citare affatto la fonte; talvolta, limitandosi a una piccola nota che non faceva però sospettare l'imponenza del plagio. David Garrow, vincitore di un Premio Pulitzer per una biografia del pastore dall'impegnativo titolo di Portando la croce, ha dichiarato: "La scoperta è stata per me un forte trauma. Perché l'ha fatto? La cosa è ancor più sconvolgente perché non rientra nell'immagine dell'uomo che ho conosciuto e amato"» (V. Messori, M.L. King, in La sfida della Fede, SugarCo, Milano 2008, p. 488).
 
IL «MOVIMENTO PER I DIRITTI CIVILI»
Com'è nata la leadership di M. L. King a capo del «Movimento per i diritti civili»? Tutto è partito dal "caso dell'Arkansas", del 1957, che vide l'esclusione, da parte del governatore "sudista", di nove studenti negri dall'High School di Little Rock per evitare incidenti coi circa 2000 studenti bianchi iscritti. Il politico a capo della comunità fra le più conservatrici degli Stati Uniti ricorse alla Guardia nazionale, da lui dipendente, per impedire l'accesso alla scuola da parte dei negri.
Il Presidente Eisenhower non poteva certo permettere che gli ordini del governo federale fossero disattesi da un governo "locale" e, pertanto, inviò un reparto dell'Esercito americano per scortare da casa a scuola gli studenti neri con soldati in pieno assetto di combattimento. Tale imposizione provocò incidenti che portarono appunto Martin Luther King a mettersi a capo di un "Movimento per i diritti civili" che, in primo luogo, avrebbe dovuto tutelare gli "American Negroes".
King, alla maniera di Gandhi, scelse fin da subito di ricorrere a metodi di lotta non violenti come il boicottaggio di autobus, la convocazione di "marce per la pace" di soli negri, sit-in davanti ai ristoranti e ai locali riservati ai bianchi etc. Alla fine del 1957 il Congresso americano si vide quindi costretto ad approvare una legge sui diritti civili che dichiarava illegale la discriminazione dei negri nelle liste elettorali.
MLK fu ucciso da un colpo di fucile di precisione sparatogli alla testa il 4 aprile 1968 mentre stava sul balcone di un Motel a Memphis, Tennessee. Anche nella morte violenta il pensiero politicamente corretto lo accomuna a Malcolm Little (1925-1965), detto Malcolm X, assassinato a New York durante una conferenza.
Quest'ultimo, lungi dall'essere l'eroe che spesso ci si presenta, fu dapprima un delinquente, poi un fondamentalista islamico. In prigione dal 1946 al 1952 per furto, Little studiando da autodidatta fu attratto dai Black Muslims, movimento fondato da Elijha Muhammad, di cui divenne leader per 12 anni, cioè fino all'espulsione, che avvenne nel dicembre 1963. L'anno successivo, divenuto Malcolm X per rivendicare le sue ascendenze non-americane, fondò la Islam Nation, la "nazione dell'Islam", andando in pellegrinaggio alla Mecca.
In The Autobiography of Malcolm X (1965) egli parla espressamente del suo passaggio da rapinatore e trafficante di droga del ghetto di Harlem a rivoluzionario islamista in servizio permanente effettivo. Eppure, da ultimo il regista americano Bryan Singer, nello scrivere il soggetto del noto film X-men (Usa 2011), ha esplicitamente modellato i suoi eroi sulle due figure a suo avviso fondamentali della storia americana, Martin Luther King appunto, e Malcolm X, «in sostanza mossi da ideali comuni, ma lontani nei metodi e nella Weltanschauung più profonda» (Armando Fumagalli-Luisa Cotta Ramosino, Scegliere un film 2011, Edizioni Ares, Milano 2011, p. 385).
 
IL LIBRO PIÙ NOTO DI KING, «THE STRENGTH TO LOVE»
Il libro più noto di King è The Strength to Love (Harper & Row, New York 1963), La forza di amare una raccolta di sermoni e preghiere che, anche in Italia, si rivelò negli anni 1960 un best seller straordinario, apprezzato soprattutto negli ambienti cattolici e, persino, ecclesiastici. Eppure, come ha rivelato il gruppo di ricerca americano, «anche quel libro è in gran parte la cucitura di sermoni e libri di altri autori, il cui contributo è però taciuto da King» (V. Messori, M.L. King, in La sfida della Fede, op. cit., p. 488).
Recentemente abbiamo poi visto l'ennesima edizione cattolica di questo libro che, dal 1 settembre 2011, è stato addirittura venduto "in abbinata" con il settimanale Famiglia Cristiana a soli 6,90 € in più (cfr. Martin Luther King, La forza di amare, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2011). Dalla "quarta di copertina" di questa popolare ed economica edizione troviamo "dichiarazioni d'amore" per il leader nero del seguente tenore: «Dalle pagine dei discorsi di M. L. King emerge un completo sistema di vita morale: un pensiero illuminato dalla dottrina cristiana dell'amore operante attraverso la non-violenza… King non era ostinatamente fedele a una astratta ideologia: con incrollabile fermezza seguiva la voce della coscienza nel diritto cammino verso l'abolizione della segregazione dei neri».
E ancora: «Rosa Parks, nera dell'Alabama che non poteva sedere nell'autobus dei bianchi, cantava: "Se non posso sedere fra gli altri / secondo la legge della mia terra/ camminerò per strada/camminerò con la pioggia e con il sole finché la legge/non sarà cambiata /nella mia terra". Con la forza della non violenza King e il suo popolo ottennero uno storico pronunciamento della Corte suprema che apriva la strada ai diritti civili ai neri».
Eppure la sua figura, oltre a quanto finora detto, non è stata "rosa e fiori" anche per altri gravi motivi morali. Quello di scabroso che molti non sanno di Martin Luther King... La sua abitudine di avere avventure extra-coniugali era ben nota nella società americana "che conta" degli anni Sessanta. Uno dei suoi ammiratori, Michael Eric Dyson, ha dichiarato ad esempio che King raccontava spesso «barzellette oscene», «condivideva donne con amici», ed era uno «sessualmente sconsiderato», «sexually reckless» secondo l'espressione diretta di Dyson (cfr. The Unknown Martin Luther King, Jr., a cura di Benjamin J. Ryan, American Renaissance, Gennaio 2009).
Secondo Taylor Branch, uno dei biografi di King, durante il giorno il leader nero parlava a grandi folle, citando la Sacra Scrittura e invocando la volontà di Dio ma, di notte, aveva frequentemente rapporti sessuali con donne del suo uditorio. Sempre secondo Branch, durante una lunga festa nella notte fra il 6 ed il 7 gennaio 1964, una microspia dell'FBI registrò la distinta voce di King che aveva rapporti con una donna e, la notte prima della sua morte, tradì la moglie Coretta Scott (1927-2006), che aveva sposato giovanissima, nel 1953, andando a letto con alcune donne.
L'informazione che King sia stato fedifrago in articulo mortis è tratta dalla mastodontica biografia scritta da un testimone diretto di molte delle sue avventure, Ralph Abernathy (1926-1990), intitolata And The Walls Came Tumbling Down (Harper & Row, New York 1989, pp. 638). Abernathy è stato il suo miglior amico ed era presente con King nella notte precedente al suo assassinio.
King giustificava le sue infedeltà coniugali in una maniera che, oggi, a dir poco potrebbe essere definita maschilista e sessista. «Io sto lontano da casa dai 25 ai 27 giorni ogni mese. Avere rapporti è una forma di riduzione dell'ansietà», avrebbe dichiarato stando al libro sopra citato The Unknown Martin Luther King, Jr.
Ma oltre che "scabroso", il pensiero di King, risulta anche eretico dal punti di vista cattolico. Nel suo scritto "What Experiences of Christians Living in the Early Christian Century Led to the Christian Doctrines of the Divine Son ship of Jesus, the Virgin Birth, and the Bodily Resurrection" ("Quali Esperienze dei Cristiani che vissero nel Primo Secolo Cristiano portarono alle Dottrine Cristiane della Divina Condizione di Figlio di Gesù, della Nascita Verginale, e della Resurrezione Corporale") il pastore nero nega infatti che Gesù Cristo è il divino Figlio di Dio. Ciò affermando, egli mette in discussione evidentemente una serie di verità consolidate nel cristianesimo tout court, come quella per cui Dio è da ogni eternità, che Egli Gesù Cristo sia nato da una vergine e, infine, che il Salvatore sia risuscitato dai morti.
In realtà, che il "mondo" si sia sempre fabbricato i suoi "santi laici" non è una novità. Quello che sconcerta, piuttosto, è che molti degli appartenenti alla famiglia dei redenti dal Sangue di Cristo, cioè i cristiani, assecondino tali "dottrine". Per esempio, una chiesa parrocchiale tenuta da una congregazione storica fondata da un santo vero come Don Vincenzo Pallotti (1795-1850), è giunta persino a raffigurare sulla facciata laterale esterna del Tempio, con un mosaico di grandi dimensioni, proprio Martin Luther King. Ed, a peggiorare le cose, c'è il fatto che accanto al leader nero campeggia un altro mosaico raffigurante Madre Teresa di Calcutta e, alla sinistra della fondatrice delle Suore della Carità, spunta anche Gandhi (vedi foto). Mi riferisco alla chiesa di Santa Maria Regina Pacis, sita nel centro di Ostia (Roma), oggetto quindi di una "operazione artistico-spirituale" che rasenta la blasfemia.
Come ha giustamente denunciato un'agenzia d'informazione cattolica, infatti, «Madre Teresa non faceva filantropia, ma vera carità cristiana e infatti aiutava i poveri attingendo forza da ore e ore di adorazione eucaristica fatta in ginocchio, adorando Colui che è l'unica Via, l'unica Verità e l'unica Vita: Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, Salvatore e Redentore del mondo. Gandhi e Martin Luther King, le cui vite private peraltro furono tutt'altro che esemplari, avranno anche fatto battaglie giuste, ma parziali e mancanti, perché non erano nella piena Verità» (Fabrizio Cannone, Gandhi e Martin Luther King cattolici?, in Corrispondenza Romana, Roma 16 luglio 2013).

Fonte: Corriere del Sud, 30/11/2013

7 - HOLLANDE RENDE OMAGGIO AI CADUTI FRANCESI DURANTE LE GUERRE MONDIALI... MA SOLO A QUELLI MUSULMANI
Si recherà anche a Notre-Dame per rendere omaggio ai soldati cattolici uccisi? No, perché dei cristiani chissenefrega!
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi, 19 febbraio 2014

Tutti i capi di Stato del mondo onorano i caduti durante le Guerre mondiali, specialmente ora che si avvicina il 100esimo anniversario della Prima. Ma solo Hollande divide i caduti a seconda della religione di appartenenza e sceglie di onorare quelli musulmani e non quelli cristiani.

GRANDE MOSCHEA DI PARIGI
Così ieri il presidente della Repubblica francese si è recato nella grande moschea di Parigi per inaugurare il monumento alla memoria dei 100 mila soldati musulmani che hanno combattuto tra le fila francesi e che hanno perso la vita in guerra. «La Repubblica ha un debito verso di loro», ha detto ricordando poi che «l’islam in Francia e il suo messaggio di apertura sono perfettamente compatibili con i valori della Repubblica». Inoltre, ha aggiunto, «bisogna lottare contro le discriminazioni, le disuguaglianze e il razzismo» che sono alla base di «parole e atti anti-islamici».

MOSSA ELETTORALE
L’iniziativa, ovviamente, è lodevole ma per niente ispirata da reali sentimenti di gratitudine. Come fa notare il Le Figaro, più dell’80 per cento dell’elettorato musulmano francese ha votato per Hollande nel 2012. Oggi, però, a un mese dalle elezioni municipali è probabile che sarebbero in pochi a rifare la stessa scelta. Le decisioni prese dall’esecutivo sui temi etici, dal matrimonio gay alla fecondazione assistita all’ideologia di genere insegnata nelle scuole, per non parlare di quelle economiche, hanno alienato molti consensi islamici al partito socialista.

E I CRISTIANI?
Spaventato dalla possibilità di perdere decine di migliaia di elettori, Hollande ha fatto una visita alla grande moschea. «Questo omaggio ai musulmani morti per la Francia è una vecchia rivendicazione della grande moschea – spiega un importante invitato alla cerimonia – Sono mesi che Hollande rimanda l’inaugurazione. È l’avvicinarsi dell’appuntamento elettorale che l’ha fatto muovere».
Dopo la visita molti blog francesi si sono posti la stessa domanda: «Francois Hollande si recherà forse alla cattedrale di Notre-Dame di Parigi per rendere omaggio ai soldati cattolici uccisi durante la Grande guerra» e in numero molto maggiore rispetto ai musulmani? La risposta, conoscendo anche l’avversione più volta manifestata dal presidente per il cristianesimo, è scontata: «No».

Fonte: Tempi, 19 febbraio 2014

8 - LETTERE ALLA REDAZIONE: I DIRITTI DEI BAMBINI NON SONO QUELLI DELLE COPPIE GAY
Una interessante iniziativa di un consigliere comunale per dare ai bambini la possibilità di avere sempre un padre e una madre
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 11/02/2014

Gentile redazione di BastaBugie,
vi segnalo [...] una mia iniziativa come Consigliere Comunale di Trento. Ecco il testo della mozione che ho presentato:
La politica spesso si ritrova a parlare e a dibattere sulla famiglia producendo documenti, programmi elettorali e normative che, almeno sulla carta, si propongono di difenderla e sostenerla.
Ciò che colpisce è che, mentre le viene riconosciuto di essere la cellula prima della società, non viene mai definito cosa in effetti si intenda per famiglia e quando questa debba essere considerata tale: questo fa sì che l'iniziativa politica sia di fatto priva di soggetto e quindi senza un destinatario certo. Un'ambiguità volutamente cercata per preparare il comune sentire all'uso di detto termine e, di conseguenza, all'accesso alle stesse opportunità previste dal quadro normativo anche alle nuove e rampanti tipologie di unione che avanzano: unioni gay, ecc...
Rammarica il fatto che posizioni ideologiche e di calcolo politico impediscano di fatto di mettere nero su bianco che la famiglia esiste perché a darle volto è l'unione tra un uomo e una donna aperti alla vita. Mancano l'onestà e il coraggio di riconoscere ad essa l'unicità di un'identità che diritto naturale (principi della natura umana che si presentano come eterni e immutabili nel tempo) e storia da sempre le riconoscono: non è una verità che si presta ad essere confinata nel tempo.
L'ambiguità genera confusione e questa ingiustizie. Se si vuol far crescere la conoscenza e il rispetto verso "nuove" forme e tipologie di convivenza questo deve avvenire nella verità e non nell'ipocrisia. Ogni persona deve poter sentirsi legittimata e non giudicata nell'esteriorizzare e vivere la propria affettività: pretendere però di usare il termine «matrimonio» o «famiglia» per indicare ogni qualsivoglia forma di unione è una forzatura che impoverisce tutti, aumenta la confusione e non è certamente l'antidoto alla discriminazione. A forza di desensibilizzare le persone e di svuotare le parole del loro vero significato si diluisce ogni confine.
La politica non dovrebbe adeguarsi alle provocazioni di una minoranza di attivisti che sanno parlare il linguaggio dell'egualitarismo ideologico, sinonimo di indifferenziazione, sbandierando efficacemente il ricatto dell'omofobia che inibisce il pensiero.
Da molto tempo invece assistiamo ad una formidabile pressione politica, finanziaria, mediatica e culturale che, negando l'esistenza di valori e verità assoluti (relativismo), spingono perché anche in Italia venga riconosciuto il diritto di sposarsi tra persone dello stesso sesso, anche se il matrimonio nel nostro paese e in tutto il mondo occidentale, sta vivendo un momento di grave crisi.
Perché dunque questa grande smania per legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso?
Appare evidente che ciò che interessa non è tanto formalizzare un'unione, ma piuttosto svuotare e mutare il comune sentire sulla famiglia: se anche le persone dello stesso sesso possono sposarsi e chiamarsi famiglia, passerà l'idea che non c'è alcuna differenza tra omosessualità ed eterosessualità, ma che si tratta di una naturale variabile che scaturisce da una pura scelta sessuale.
Il vero obiettivo di questo relativismo è quello di indebolire, separare, se non di distruggere, l'inscindibile legame tra matrimonio e procreazione che ha come naturale conseguenza l'avere figli e crescerli; una evidente volontà di eliminare tutto ciò che si frappone tra istituzione pubblica e individuo. Per questo motivo la famiglia fondata sul matrimonio – società autonoma e originaria – è il nemico numero uno di un pensiero che oggi pare maggioritario.
Il modo più semplice per non riconoscere al matrimonio l'importanza dovuta e impoverirlo è estenderne il suo significato, assimilandovi altre forme di unione, cancellando cioè il suo essere unico e speciale.
Per altro verso, è noto che la Convenzione sui diritti umani e la nostra Carta Costituzionale tutelano la primordiale relazione tra genitori e figli; per l'articolo 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 «il fanciullo ha diritto a conoscere i suoi genitori e ad essere allevato da essi», mentre per la Costituzione italiana, oltre alla celebre formula dell'art. 29 per la quale «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», è dovere e diritto dei genitori mantenere ed educare i figli.
In caso contrario il bambino viene privato artificiosamente della doppia genitorialità, subisce una amputazione genitoriale, vede venir meno la dimensione umana ed affettiva necessaria per la crescita ed il suo armonico sviluppo, ed è lasciato in balia di esperienze, rapporti, relazioni umane sostitutive e del tutto slegate rispetto alla naturalità del rapporto tra padre e madre. Siamo di fronte ad una concezione che nega ogni preziosità dell'esperienza umana e ritiene che anche per la dimensione della paternità e maternità il genere umano possa ricominciare da capo, perché l'educazione e la formazione del bambino può avvenire contro i parametri naturali e le garanzie che la famiglia presenta in ogni epoca ed in tutti i Paesi del mondo. Si intravede in questo modo un profilo disumanizzante della tendenza a spezzare il legame del bambino rispetto ai genitori naturali, che comporta il declassamento dei suoi diritti proprio in quella fase più delicata dell'esperienza che condiziona per sempre la crescita successiva.
La questione non è se le coppie costituite da persone dello stesso sesso siano in grado di allevare un bambino, ma non vi è dubbio che essi non possano essere equivalenti ai genitori naturali necessariamente eterosessuali. Questi ultimi infatti costituiscono una unità genitoriale complementare dove ognuno tende a dare qualcosa di unico ed utile allo sviluppo del bambino non escludendo a priori il padre o la madre.
Il convincimento che ad un bambino serva solo amore, non importa se arrivi da due donne o due uomini, colpisce per la mancanza di rigore. Non basta l'amore a far crescere dei bambini, servono due personalità differenti dal punto di vista psichico. E' riconosciuto che la differenza tra i sessi è elemento essenziale della costruzione del bambino, che si realizza attraverso una "messa in situazione" dei ruoli e delle funzioni che impegna tanto la psiche quanto il corpo dei suoi attori. Da questo punto di vista non è irrilevante che il figlio di una coppia formata da persone dello stesso sesso non possa confrontarsi nella definizione di sé, con il problema della differenza sessuale.
Queste considerazioni sono materia della psicoanalisi che, non si confronta con la morale, i comandamenti e gli anatemi ma, in quanto assume una logica non individuale ma relazionale, è idonea a dar voce a chi, non essendo ancora nato, potrà fruire solo dei diritti che noi vorremo concedergli.
Alla luce di queste realtà salvaguardare il matrimonio è una libertà da riconoscere ai bambini almeno tanto quanto ai loro genitori, e per questo è meritevole di norme di protezione di rango superiore rispetto alle altre unioni affettive. Non a caso elementi essenziali del cosiddetto "ordine pubblico" dello Stato considerano l'illegittimità di matrimoni contratti da soggetti non distinti sessualmente.
Altro aspetto da non sottovalutare, è il ricorso da parte delle coppie formate da persone dello stesso sesso, a tecniche artificiose ed invasive al fine di raggiungere uno scopo altrimenti irraggiungibile, ricorso che può giungere perfino alla pretesa di ottenere un utero in affitto, una donna-incubatrice, negando a sé stesso il dramma umano sotteso a queste pratiche.
Grazie a legislazioni estere, anche in Trentino si sono già registrati casi di coppie che, affidandosi a tali tecniche che violano i principi della natura, ora allevano un bambino.
Tale triste "tendenza" attecchirà certamente anche nel Comune di Trento a causa della forte pressione politica, finanziaria, mediatica e culturale di cui si è detto sopra.
Compito della legge in primis, ma anche dello Stato e degli enti pubblici, compresi i Comuni, è difendere dalle pretese dei più forti i più deboli, sia prima, sia dopo la nascita, come indicato anche nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo.
E' evidente peraltro che se un fanciullo è illegalmente privato degli elementi costitutivi della sua identità e in particolare delle sue relazioni famigliari, in primis la conoscenza dei propri genitori, si lede la sua dignità di persona umana.
Ciò premesso e considerato,
CHIEDO
1) che i Servizi Sociali del Comune di Trento, individuati sul territorio casi di omogenitorialità singola o multipla, verifichino l'ambiente di crescita del bambino in considerazione dell'assenza di una figura materna o paterna, per deliberata scelta che sottende motivi di illegalità e la segnali immediatamente al Sindaco;
2) che il Sindaco di Trento, ai sensi dell'art. 403 del codice civile «a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia», disponga immediatamente la collocazione del bambino in un ambiente che favorisca il suo pieno sviluppo umano «sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione» riferendo nel contempo all'Autorità Giudiziaria;
3) che il Comune non sponsorizzi, patrocini o promuova in nessun modo azioni culturali orientate a confondere e a sminuire il significato e il valore del matrimonio tra un uomo e una donna e della famiglia eterosessuale.
Claudio Cia

Caro Claudio,
ho letto con interesse la sua iniziativa politica.
Credo che sia meritevole di diffusione e, magari, di emulazione da parte di altri amministratori locali. Magari è un primo, piccolo segno di invertire la tendenza ad uniformarsi supinamente alla dittatura gay che sta soffocando sempre di più la libertà di pensiero anche in Italia.

DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE"
Le risposte del direttore ai lettori

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Fonte: Redazione di BastaBugie, 11/02/2014

9 - OMELIA VIII DOMENICA DEL TEMPO ORD. - ANNO A - (Mt 6,24-34)
Cercate, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 2 marzo 2014)

Il Vangelo di questa domenica ci insegna ad avere una fiducia illimitata nella Divina Provvidenza. Parlando alle folle, Gesù afferma solennemente: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza» (Mt 6,24). I due padroni che si contendono l'uomo sono Dio e la ricchezza. La ricchezza seduce l'uomo per farne uno schiavo, Dio lo attira per fare di lui un figlio libero. La scelta dell'uomo è dunque tra un bene effimero e ingannevole e il Bene sommo e necessario, tra la schiavitù e la libertà dei figli di Dio.
Dopo l'iniziale affermazione, il discorso di Gesù si fa pressante, inesorabile, per fugare dall'uomo uno dei mali che è di tutti i tempi e che sembra caratterizzare in modo particolare il mondo in cui viviamo oggi. Questo male è la preoccupazione, l'ansia, l'assillo, l'affanno che invadono l'uomo di fronte al bisogno quotidiano e all'incertezza del futuro. L'angosciosa preoccupazione per i beni della terra è contraria alla fede nell'amore premuroso e provvido del Padre Celeste.
Nella prima lettura, questo amore premuroso e provvidente di Dio è descritto come l'amore di una madre: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49,15). Tante volte potrebbe sopraggiungere la tentazione di considerarci abbandonati da Dio, di pensare che Egli non si prenda più cura di noi. Di fronte a questa tentazione dobbiamo reagire prontamente con la preghiera e con la meditazione della Parola di Dio.
Per descrivere la premura più che materna della Divina Provvidenza, Gesù si serve di paragoni molto belli desunti dal creato, paragoni che erano certamente molto familiari agli ascoltatori del Maestro che, per lo più, erano pastori e contadini. Egli parla dei gigli del campo e degli uccelli del cielo ed invita a considerare come il Padre Celeste si prende cura di loro: «Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro Celeste li nutre» (Mt 6,26). E, subito dopo, afferma: «Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro» (Mt 6,28-29).
Gesù, dunque, ci esorta a non preoccuparci: noi valiamo molto più degli uccelli del cielo e dei gigli del campo. Se Dio ci ha dato il bene preziosissimo della vita, che costituisce il più, perché non dovrebbe o non potrebbe provvedere a ciò che serve al nostro sostentamento, che è il meno? Come fare per sperimentare questa Provvidenza? Gesù ce lo dice chiaramente: «Cercate [...], anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,33). Dobbiamo dunque mettere le esigenze di Dio al primo posto nella nostra vita. Se, invece, faremo come i pagani, e ci preoccuperemo per l'avvenire, e metteremo queste esigenze terrene al di sopra di tutto, allora non otterremo l'aiuto tanto necessario.
Questa fiducia illimitata nella Divina Provvidenza non dispensa l'uomo dall'impegno per le cose della terra. Le parole che abbiamo ascoltato non sono un invito alla pigrizia, alla spensieratezza e ad aspettare che la Provvidenza piova dal cielo senza alcuna nostra collaborazione. Il nostro impegno ci dovrà sempre essere e, insieme al nostro impegno, verrà l'aiuto divino. Con frase molto profonda, san Massimiliano Maria Kolbe insegnava che bisogna "occuparci" ma mai "preoccuparci". Questo, penso, sia l'insegnamento più profondo della pagina evangelica di oggi.
Già un saggio dell'antichità pagana, il noto Seneca, diceva che non si deve sciupare il tempo presente con la paura del futuro. A questa sapienza umana, il Vangelo aggiunge la vastità degli orizzonti divini e la certezza che lassù in cielo non vi è una divinità indifferente a ciò che capita quaggiù sulla terra, ma vi è Dio che vede e provvede. Abituiamoci a vedere nelle piccole cose di ogni giorno un segno della sua bontà. Quanto più aumenterà la nostra fiducia, tanto più cresceranno gli aiuti di Dio.
Terminiamo questa omelia con una frase che Gesù diceva ad un'anima privilegiata, una frase che sintetizza molto bene il messaggio delle letture odierne: «Se Io sono buono per tutti, sono buonissimo verso coloro che hanno fiducia in me. Sai quali sono le anime che approfittano di più della mia bontà? Sono quelle che prima di tutto hanno fiducia... Le anime fiduciose rubano le mie grazie».

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 2 marzo 2014)

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