BastaBugie n�339 del 07 marzo 2014

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1 TUTTI NUDI E DISINIBITI: IL LIBRO PER I BAMBINI CONSIGLIATO DAL GOVERNO HOLLANDE ALLE SCUOLE
Il libro mostra immagini di vecchi, della maestra, del poliziotto e dei bambini nudi per insegnare l'uguaglianza attraverso il nudismo
Fonte: Tempi
2 COME DIFENDERE I PROPRI FIGLI DALLA SCUOLA? FACENDOLA A CASA
L'homeschooling, l'educazione scolastica dei propri figli, è diffusa negli Usa e in Francia e viene difesa dalla Santa Sede in ambito internazionale: anche in Italia è legale e già funziona
Autore: Danilo Quinto - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 ECCO IN TELEVISIONE IL SUPEREROE TRANSESSUALE PER BAMBINI DAI 6 AGLI 11 ANNI
Il nuovo cartone animato già in onda negli Stati Uniti e in Inghilterra su Sky sarà tra poco anche in Italia
Fonte: Lo Sai?
4 VAVILOV, MARTIRE DELLA GENETICA NELLA RUSSIA SOVIETICA
Seguire le scoperte di Mendel era reato e gli scienziati che non si piegavano alla volontà del partito venivano condannati a morte
Autore: Andrea Bartelloni - Fonte: Critica scientifica
5 GIOCO D'AZZARDO: QUANDO LO STATO FAVORISCE IL VIZIO
Lo Stato permette il gioco d'azzardo (guadagnandoci) poi avvia un programma di contrasto alla dipendenza dal gioco... con cui controlla la tua coscienza
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 EMMA BONINO ROTTAMATA DA RENZI? E' SOLO UNA TATTICA PER DIVENTARE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Napolitano si dovrà prima o poi dimettere... e allora la paladina dei diritti umani tornerà in pole position grazie ai potenti supporti di cui gode (e con i voti di appena lo 0,2% degli italiani)
Autore: Danilo Quinto - Fonte: Corrispondenza Romana
7 ERO ''DROGATA'' DI FECONDAZIONE ARTIFICIALE, ORA SVELO ORRORI E FALLIMENTI DI UNA SCIENZA CHE VENDE ILLUSIONI
Ecco il libro che racconta la terribile verità sulle cliniche della fertilità da parte di chi l'ha vissuta sulla propria pelle
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi
8 I DIVORZIATI RISPOSATI NON POSSONO FARE LA COMUNIONE PERCHE' IL MATRIMONIO E' INDISSOLUBILE
Il matrimonio fra battezzati validamente contratto e consumato non può essere sciolto da nessuna potestà sulla terra, nemmeno dal Papa (tantomeno dal cardinale Kasper)
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Il Foglio
9 OMELIA I DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO A - (Mt 4,1-11)
Vàttene, satana!
Fonte: Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - TUTTI NUDI E DISINIBITI: IL LIBRO PER I BAMBINI CONSIGLIATO DAL GOVERNO HOLLANDE ALLE SCUOLE
Il libro mostra immagini di vecchi, della maestra, del poliziotto e dei bambini nudi per insegnare l'uguaglianza attraverso il nudismo
Fonte Tempi, 18 febbraio 2014

«Quando ho visto questo libro il sangue mi si è rimescolato e fa parte dei libri raccomandati agli insegnanti!». Questo è il commento incredulo del leader dell'Ump Jean-Francois Copé davanti al nuovo testo che il ministro dell'Educazione francese ha voluto inserire tra quelli consigliati agli insegnanti per i corsi del programma ABCD dell'uguaglianza: "Tous à poil", Tutti nudi.

IL NUDISMO CI RENDE UGUALI
Nel libro tutti si spogliano per restare come mamma li ha fatti: i vecchi, il poliziotto, i vicini, la maestra e ovviamente i bambini. Così si insegna «l'uguaglianza attraverso il nudismo». Per i curatori del libro, riporta oggi il Foglio, l'album deve insegnare ad essere «disinibiti». In protesta alla nuova iniziativa del governo francese di Francois Hollande, la Manif pour tous ha chiesto di togliere il volume dagli istituti scolastici e dalle biblioteche pubbliche.

GENERAZIONE REAZIONARIA
Per la continua opposizione alle "novità" introdotte dai ministri di Hollande, il settimanale francese Nouvel Observateur ha definito gli appartenenti alla Manif la "Génération reac", generazione reazionaria. Perché, come scrive il Foglio, «sarebbe la Francia dei "nuovi reazionari" quella che non smobilita da più di un anno, che inventa forme di lotta sempre nuove e sempre nonviolente». E se normali famiglie composte da padri e madri sono definite così è per «l'incapacità della sinistra di capire ciò che sta accadendo».

LA SCORCIATOIA SBAGLIATA
Hollande, non potendo realizzare niente di concreto a causa della crisi economica, «ha incautamente imboccato la strada spagnola delle riforme socio-culturali» prosegue il Foglio. «Una scorciatoia che non sta pagando: quelle riforme calate dall'alto sono "profondamente respinte da una parte del paese", ha detto la scorsa settimana lo scrittore cattolico Denis Tillinac, intervistato da Atlantico.fr, "e poiché questa Francia rifiuta oggi una certa visione del progresso che le si vorrebbe imporre, si capisce che la questione dell'articolazione tra legalità e legittimità diventa cruciale per l'attuale governo».

Fonte: Tempi, 18 febbraio 2014

2 - COME DIFENDERE I PROPRI FIGLI DALLA SCUOLA? FACENDOLA A CASA
L'homeschooling, l'educazione scolastica dei propri figli, è diffusa negli Usa e in Francia e viene difesa dalla Santa Sede in ambito internazionale: anche in Italia è legale e già funziona
Autore: Danilo Quinto - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14-02-2014

Uno degli ambiti in cui avanza, "nel silenzio", quella che Mons. Luigi Negri chiama la "dittatura del politicamente e culturalmente corretto", è certamente quello della scuola statale, dove all'ideologia che tende a massificare e a non valorizzare l'identità della persona, si aggiunge negli ultimi tempi l'indottrinamento che vuole inculcare nei bambini valori anti-umani, come quello del gender.
«Un modo per dare ai bambini e agli adolescenti la libertà che deriva dall'educazione cattolica – ci dice Maria Bonaretti, coordinatrice didattica delle scuole che a Reggio Emilia e nei paesi vicini fanno capo al Movimento Familiaris Consortio – è quello dell'istruzione familiare, basata sui principi del coinvolgimento delle famiglie, della personalizzazione dell'insegnamento e della libertà educativa».
Esiste dal 1983 a Sant'Ilario d'Enza, in provincia di Reggio Emilia, una scuola primaria voluta dalle famiglie del movimento ecclesiale Familiaris Consortio, che riunisce famiglie, giovani, sacerdoti e consacrati animati dal desiderio di vivere e testimoniare la Chiesa come Comunione e come "famiglia di Dio". Il movimento ecclesiale nacque grazie dall'attività pastorale di Don Pietro Margini, per molti anni parroco a Sant'Ilario, dove morì l'8 gennaio 1990. La Cooperativa sociale don Pietro Margini gestisce la scuola primaria di Sant'Ilario, una scuola secondaria di primo grado, nata nel 1988 a Sant'Ilario e nel 2013 a Reggio Emilia e il Liceo scientifico paritario "San Gregorio Magno", evoluzione dell'istituto magistrale attivo dal 1981. Dallo scorso mese di settembre, un'altra scuola media è stata fondata a Reggio. Sono tutte esperienze fondate sull'"istruzione familiare", che è molto diffusa negli altri Paesi, specialmente in Francia e negli Stati Uniti, ma la cui idea, piano piano, sta prendendo corpo anche da noi, con molte esperienze homeschooling.
«Nel 1983 – afferma Maria Bonaretti – un gruppo di genitori della parrocchia di Sant'Eulalia in Sant'Ilario d'Enza, si trova ad avere un buon numero di figli (14 bambini/e) da iscrivere alla classe prima della scuola elementare. Sostenuti ed accompagnanti da don Pietro Margini decidono non di 'scegliere una scuola' ma di 'fare una scuola'. Scoprono che la legge prevede l'istruzione paterna, nella quale i genitori si fanno carico dell'istruzione e dell'educazione dei loro figli. Chiedono ad un'insegnante, che proprio quell'anno è andata in pensione, di ripartire a settembre per questa nuova avventura. Come locali utilizzano una stanza dell'oratorio adibita ad aula. Tutti i genitori degli alunni collaborano e si adoperano, a vario titolo per 'fare la scuola' per i loro figli. Negli anni successivi si prosegue in modo continuativo con nuove classi e nel 1988, quando la prima classe finisce il ciclo delle elementari, si dà inizio alla "scuola" media secondo le stesse modalità».
Lei dice che i genitori scoprirono che la legge prevede l'istruzione paterna. Per coloro che non ne fossero a conoscenza, può dirci dov'è sancito questo diritto? L'istruzione paterna fonda la sua legittimità negli articoli 30-33-34 della Costituzione. Da quelle norme, appare evidente che sono i genitori ad avere la responsabilità di provvedere all'istruzione del figlio (anche tramite scuole private o insegnanti privati), e qualora questi non se ne possano occupare direttamente, allora provvederà lo Stato in loro vece.
In base all'art.2 del decreto legislativo 297/94, "I genitori dell'obbligato o chi ne fa le veci che intendano provvedere privatamente o direttamente all'istruzione dell'obbligato devono dimostrare di averne la capacità tecnica od economica e darne comunicazione anno per anno alla competente autorità". I genitori che fanno questa scelta devono confermarla anno per anno e questa conferma periodica è finalizzata a consentire alla competente autorità di disporre le verifiche necessarie per quanto riguarda la capacità (soprattutto tecnica) del richiedente. Occorre darne comunicazione alla direzione didattica di competenza ogni anno per l'anno successivo, attraverso un modulo consegnato a mano o con raccomandata con ricevuta di ritorno, entro il mese di gennaio/febbraio precedente l'inizio effettivo della scuola. Gli alunni che seguono l'istruzione paterna (così come quelli che frequentano scuole non paritarie) possono chiedere di essere ammessi come "privatisti" agli esami di idoneità dalle varie classi previste dall'ordinamento. Per quanto riguarda la fornitura dei libri di testo agli alunni della scuola primaria la Corte Costituzionale con il decreto 454 del 1994 sancisce che la fornitura dei libri di testo è strettamente connessa con l'obbligo scolastico e, poiché tale obbligo per legge può essere adempiuto anche tramite modalità diverse alla frequenza presso scuole statali, paritarie o private, sarebbe discriminatorio e lesivo dell'art. 3 della Costituzione il non fornire gratuitamente libri di testo a tutti coloro che devono assolvere l'obbligo scolastico, indipendentemente dalla modalità con il quale intendono assolverlo.
«Uno dei connotati più belli della nostra esperienza – sostiene Maria Bonaretti – è il coinvolgimento diretto dei genitori, secondo le loro competenze, nella cura della scuola e nel suo funzionamento (c'è chi si dedica alle pulizie, chi si occupa del giardino, ecc., noi lo chiediamo espressamente a tutti i genitori) e nell'istruzione dei loro figli. In prima elementare, trascorrono molte ore con i loro bambini, adoperandosi fattivamente per dare continuità educativa a quella impartita nell'ambito familiare. I bambini percepiscono direttamente quale importanza ha per i loro genitori, l'istruzione scolastica».
Gli insegnanti sono tutti genitori dei bambini? «Molti di loro lo sono. Altri si affiancano ai veri e propri insegnanti, la maggior parte dei quali sono volontari. Tutti tendono all'affermazione di un bene primario: la valorizzazione della personalità individuale». I bambini, alla fine di ogni anno, devono sostenere un esame di ammissione all'anno successivo. Non è un trauma per loro? «Nient'affatto. È una modalità prevista dall'ordinamento, che consente ai nostri alunni di acquisire sin da subito il senso della responsabilità di quel che fanno e che soprattutto favorisce una loro preparazione di alto livello». Qual è la differenza fondamentale con le scuole "normali"? «L'istruzione familiare risponde innanzitutto al convincimento che i primi educatori dei bambini sono i genitori, che hanno un dialogo costante con gli insegnanti o sono loro stessi insegnanti. Il progetto educativo è affidato alla comunità formata da genitori e famiglie, insegnanti, personale ausiliario e da tutti coloro che condividono le sue finalità, che sono quelle di preservare la dignità della persona; la maturazione culturale specifica e organica di ogni disciplina; l'educazione all'amicizia e alla vita comunitaria di ispirazione cristiana».

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14-02-2014

3 - ECCO IN TELEVISIONE IL SUPEREROE TRANSESSUALE PER BAMBINI DAI 6 AGLI 11 ANNI
Il nuovo cartone animato già in onda negli Stati Uniti e in Inghilterra su Sky sarà tra poco anche in Italia
Fonte Lo Sai?, 3 marzo 2014

Si chiama SheZow ed è il nuovo super-eroe... anzi no, è la nuova super-eroina... vabeh, si chiama SheZow ed è il nuovo cartone animato pensato per i bambini dai sei agli undici anni, come si può leggere anche su Wikipedia.
Negli Stati Uniti viene trasmesso da Hub Network mentre in Inghilterra da Sky 1. In Italia ancora non arriva ma è questione di tempo. Gli italiani, lo si sa, sono un po' arretrati, anche a causa della presenza del Vaticano cattivo cattivo.
I fortunati bambini dei paesi protestanti, invece, hanno già la fortuna di seguire le peripezie di Guy Hamdon, il protagonista della serie. Guy, ragazzo come tanti altri, quando indossa un particolare anello, diventa SheZow. Il problema (che in realtà non è un problema, non facciamo gli omofobi) è che l'anello magico è stato concepito per essere utilizzato solo da donne. Quindi Hub, di giorno bravo ragazzo, di notte è SheZow, una supereroina transessuale.
Il cartone animato ruota tutto attorno a questo paradosso. Per il resto ci sono i soliti cattivi che SheZow, alla fine della puntata, riuscirà a fermare.
Abbiamo visto le prime puntate. Interessante è la scena in cui il padre di Guy vede SheZow ma non riconosce il figlio. Allora SheZow dice qualcosa come: "Caspita, io non sto simpatico a mio padre. Anzi, SheZow non sta simpatico a mio padre. Anzi, simpatica..."
Insomma, il povero ragazzo transessuale è confuso e non può che confondere i bambini a casa che vedono un maschietto con gli stivali rosa, la gonnellina, i capelli lunghi, il rimmel e la voce da uomo.
Pensate che il punto debole di SheZow sono proprio i capelli: quando si spettina perde i poteri. Per quello porta sempre con se un flacone di lacca per aggiustare l'acconciatura.
Inoltre SheZow, in pubblico, cerca di sembrare donna e quindi cerca anche di modificare (senza tanto successo) la sua voce da uomo, come i veri trans. Mentre ai genitori, ovviamente, nasconde la sua doppia natura, comportandosi sempre da Guy.
SheZow è un cartone che lascerà il segno. Sui nostri figli. Un po' come Heidi lo ha lasciato su di noi. La differenza è che a modelli come SheZow potranno aspirare sia i bambini che le bambine! Che bello! A proposito, sapete che in realtà Heidi era il nonno che si travestiva da bambina, perché segretamente innamorato di Peter?

Fonte: Lo Sai?, 3 marzo 2014

4 - VAVILOV, MARTIRE DELLA GENETICA NELLA RUSSIA SOVIETICA
Seguire le scoperte di Mendel era reato e gli scienziati che non si piegavano alla volontà del partito venivano condannati a morte
Autore: Andrea Bartelloni - Fonte: Critica scientifica, 30 gennaio 2014

«Noi andremo al rogo, moriremo bruciati, ma non rinunceremo mai alle nostre convinzioni». Profetiche parole quelle pronunciate nel 1939 dal più grande genetista russo, Nikolaj Ivanovic Vavilov (1887-1943), botanico che ebbe la sorte di entrare in contrasto col più influente Trifin Denisovic Lysenko (1898-1976). Quest'ultimo, che Vavilov aveva inizialmente appoggiato, faceva coincidere gli obbiettivi della scienza con quelli generali della società, e solo ciò che serviva alla rivoluzione era degno di ogni sforzo scientifico. Con queste parole Italo Calvino, sull'Unità del 31 dicembre 1948, elogiava la figura e l'opera di Lysenko e descriveva il dibattito in corso all'epoca, contrapponendo la scienza proletaria a quella borghese.
Le teorie di Lysenko promettevano risultati rapidi contrapposti a quelli di Vavilov che seguiva le teorie di Mendel considerate idealiste e che seguiva rigorosi protocolli con accurati test. Ma proprio le teorie "idealiste" di Vavilov si dimostrarono essere le più praticabili a fronte di quelle di Lysenko, fantasiose e disastrose per l'agricoltura sovietica.
«E' almeno strano il rifiutare Mendel dopo quarant'anni di prove – scriveva Vavilov -. È particolarmente strano per me da quando i miei lavori mi hanno obbligato ad essere ben consapevole della storia della genetica. Ho avuto l'opportunità di studiare a lungo in Inghilterra dove ho osservato le lotte che hanno accompagnato l'affermarsi delle teorie di Mendel».
Ma gli scienziati che non si piegavano alla volontà del partito e che non utilizzavano la scienza a fini ideologici, venivano allontanati o arrestati e condannati a morte. C'era sempre qualcuno pronto a rimpiazzarli piegando le teorie scientifiche alle premesse ideologiche marxiste.
Vavilov fu accusato assieme ad altri, di seguire le idee della genetica classica mendeliana in contrasto con la dottrina Stalin-Lisenko e arrestato il 6 agosto 1940 con l'accusa di spionaggio. Dopo estenuanti interrogatori si dichiarò colpevole di tutto meno che di spionaggio. La condanna a morte fu attesa, secondo quanto racconta A. Solzenicyn nel primo volume di Arcipelago Gulag (pag. 448), in una cella sotterranea priva di finestre e venne commutata, anche grazie a pressioni internazionali, in venti anni di carcere. Vavilov, ormai incapace di camminare, di li a poco morì di fame nel carcere di Saratov. Fu sepolto in una fossa comune e il suo nome rimosso dai Membri dell'Accademia Sovietica delle Scienze nel 1945.
Assieme a lui altri scienziati respingevano le folli tesi di Lysenko e subirono trattamenti simili: Solomon Levit (1894-1943), direttore dell'Istituto Medicogenetico, Nikolai Tulajkov (1873-1937), direttore dell'Istituto dei cereali, Georgiј Dmitrievič Karpečenko (1899-1941), Nikolaj Vladimirovič Timofeev-Resovskij (1900-1981). Le teorie scientifiche piegate all'ideologia portarono a disastri specialmente in campo agricolo e furono causa e concausa di carestie e di milioni di morti ormai ben documentati.
Vavilov può essere considerato a tutti gli effetti il primo martire della genetica (James F. Crowe, N.I. Vavilov, Martyr of genetic truth, Genetics 134: 1-4, Maggio 1993), il suo nome fu riabilitato grazie agli sforzi della moglie, E. I. Barulina. Assieme al figlio Yury soffrì le privazioni per essere la moglie di un "nemico pubblico", ma, dopo la morte di Stalin, si adoperò anche per la pubblicazione di alcune sue opere fondamentali. Barulina morì a Mosca nel 1957 e il loro figlio, laureato in Fisica e Matematica vive a Mosca.

Fonte: Critica scientifica, 30 gennaio 2014

5 - GIOCO D'AZZARDO: QUANDO LO STATO FAVORISCE IL VIZIO
Lo Stato permette il gioco d'azzardo (guadagnandoci) poi avvia un programma di contrasto alla dipendenza dal gioco... con cui controlla la tua coscienza
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 27-12-2013

A dicembre è stato redatto il Piano di azione nazionale 2013-2015 (PAN) per delineare linee strategiche operative in merito al fenomeno del gioco d'azzardo patologico (GAP). Il progetto nasce "su proposta e supervisione tecnico-scientifica del Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri". D'accordo che il gioco d'azzardo può diventare come una droga, ma qui la competenza ratione materiae del Dipartimento Antidroga non è pertinente. Questo dipartimento si occupa di una materia – le sostanze psicotrope - che è considerata illecita secondo il nostro ordinamento giuridico. Il gioco d'azzardo invece è legale. Appare paradossale che un'attività legale riceva attenzione da un organo preposto a combattere attività illegali. Questo è accaduto perché un comportamento di per sé innocuo – giocare due lire al gratta e vinci – è diventato, con la benedizione di quello stesso Stato che ora cerca di tamponare le falle, un fenomeno di massa spesso con profili problematici sia sul piano della salute, provocando non di rado dipendenza, sia sul piano della sicurezza pubblica, il giocatore patologico entra in contatto spesso con usurai e il giro di soldi intorno all'azzardo interessa la malavita organizzata, sia sul piano sociale, sfasciando famiglie.
Da qui una domanda molto ingenua: non era più facile vietare il gioco d'azzardo in radice? Oppure, come accadeva una volta, limitarlo ai pochi casinò presenti in Italia? Lasciamo per ora la domanda in sospeso. Nel PAN vengono predisposte una serie di strategie per aiutare le persone vulnerabili ad uscire dal tunnel del gioco, soprattutto tramite supporto psicologico. Ma il Piano di azione interessa anche i comuni cittadini che mai hanno giocato una schedina nella loro vita, dato che sono previste campagne di sensibilizzazione ed interventi nelle scuole. Tutte cose encomiabili, ben inteso, però ci sono alcune iniziative che odorano di bruciato e che svelano il vero volto del nostro ordinamento giuridico, un volto statalista che tutto vede e tutto vuole controllare.
Nel documento del Dipartimento Antidroga ad esempio viene suggerito, come una delle tante soluzioni al problema della dipendenza da gioco, di "sviluppare una piccola applicazione per smartphone per autovalutazione del rischio a cui collegare anche acquisizione di dati comportamentali per ricerca fattori di vulnerabilità". Una sorta di schedatura. La proposta fa il paio con questa iniziativa: da novembre per giocare alle slot machine e al Vlt (Video lottery terminal) ci vuole la tessera sanitaria. Così ti controllano e vedono se sei maggiorenne e quanto spendi. Da qualche giorno è stato esteso anche ai gratta e vinci. Naturalmente – si badi bene – lo fanno per il tuo bene.
Lo Stato poi non interviene solo a danno avvenuto, ma anche in modo preventivo. Siamo nel pieno dell'educazione statale delle coscienze: "Gli interventi preventivi dovrebbero mirare a creare precocemente consapevolezza dell'esistenza di un eventuale problema nelle persone a rischio in modo da indurre comportamenti di autoregolazione e autodeterminazione". Lodevole orientare al bene, male pilotare le coscienze. Nel primo caso la libertà della persona abbraccia il bene volontariamente, nel secondo siamo nel plagio mentale. Il discrimine è sottile, ce ne rendiamo conto, però esiste.
A suffragare simile timore che vede lo Stato come un controllore della nostra vita c'è anche questa ulteriore iniziativa: si prevede la "realizzazione di  un'unità mobile per laboratorio in vivo [sic] per ricerche comportamentali su slot machine e VLT. All'interno di questi laboratori mobili, oltre al rilevamento di comportamenti di gioco sarà possibile rilevare dati neuro fisiopatologici di base con tecniche non invasive". Siamo trattati ormai come cavie umane.
Certo, è la solita ipocrisia di Stato: questo dà una rivoltella ad un bambino ma avvertendolo che si può far male. E' come se un mafioso ti facesse il pizzo ammettendo che non è proprio cosa da galantuomini. Corri pure sui binari – ti dice la legge - ma nel rispetto di alcune precauzioni. Ipocrisia anche perché, non è un mistero, le casse italiane si rimpinguano e non poco grazie al gioco d'azzardo. Lo ammette pure il PAN: "Non va però dimenticato che le offerte di gioco costituiscono un importante settore produttivo dell'intrattenimento nel nostro paese, nonché parte integrante dell'economia legale dello Stato".
Davvero il nostro Stato è il Big Brother che scruta in modo capillare ogni piega della tua esistenza: non solo ti segue in tabaccheria per vedere quanto spendi al superenalotto e che numeri giochi, ma controlla per via amministrativa ogni tuo respiro quando vuoi aprire un'azienda, ti dice per bocca dell'Unione europea in quali cantine invecchiare i salumi e quanto strette devono essere le maglie delle reti da pesca per il pesce azzurro, pianifica strategie nazionali di ogni tipo per contenere i danni del gioco d'azzardo, per contrastare l'omofobia, etc.
C'è dell'altro poi. Il recente disegno di legge sul gioco d'azzardo prevede l'inserimento della cura dei ludopatici nei livelli essenziali di assistenza sanitaria nazionale (alla faccia della spending review e delle priorità in sanità). Cioè paghiamo noi per i vizi altrui. "Chi è causa del suo male pianga se stesso" non è più di moda dunque. Da una parte pare il trionfo del liberalismo, ma ad un'analisi più attenta è ancora una volta vero e proprio statalismo. Infatti lo Stato ti dice: fai quello che vuoi caro cittadino, tanto poi ci pensa mamma stato a rimettere a posto i cocci del vaso che tu hai rotto. Spendi e spandi alle slot machine, poi ti curiamo noi a spese di tutti. Metti al mondo quanti figli vuoi fuori dal matrimonio che c'è lo Stato che metterà una toppa e li tratterà come figli legittimi. Tu non devi rispondere di nulla, nemmeno degli effetti negativi della tue libere scelte. Come far crescere una cittadinanza irresponsabile.
E allora torniamo alla domanda iniziale: non era preferibile non liberalizzare in questo modo il gioco d'azzardo invece che permetterlo e poi curarne gli effetti negativi? No, perché lo Stato, dando corda alle voglie dell'individuo, in realtà lo lega a filo doppio a se stesso, come aveva intuito... Abbandona dunque il cittadino alle sue passioni e bassezze - aborto, divorzio, figli in provetta, gioco d'azzardo e nel prossimo futuro "matrimoni" gay ed eutanasia - e poi lo obbliga, da una parte, a ricorrere a lui per realizzare questi desideri che hanno bisogno per concretarsi di leggi, enti amministrativi, risorse etc. (Rousseau diceva che lo Stato è una grande industria di desideri). E dall'altra lo spinge a ricorrere sempre a lui se qualcosa va storto e se il paese dei balocchi non era così bello come ce se lo si era immaginato: vedi le infinità di reati che nascono dalla rottura dei matrimoni, compresi i casi di femminicidio (seppur come abbiamo evidenziato da queste colonne non esista una vera e propria emergenza in questo ambito), vedi le risorse pubbliche per assistere ex mariti sul baratro della povertà, vedi le sindromi post-abortive e post fivet a carico del servizio sanitario nazionale.
Illudendo la persona di essere libera di fare quello che vuole in realtà crea in lui una dipendenza dallo Stato. Altro che dipendenza da gioco d'azzardo. Siamo come quei cani che felici escono per l'agognata passeggiatina e relativi bisognini, ma tenuti al guinzaglio dal proprio padrone.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 27-12-2013

6 - EMMA BONINO ROTTAMATA DA RENZI? E' SOLO UNA TATTICA PER DIVENTARE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Napolitano si dovrà prima o poi dimettere... e allora la paladina dei diritti umani tornerà in pole position grazie ai potenti supporti di cui gode (e con i voti di appena lo 0,2% degli italiani)
Autore: Danilo Quinto - Fonte: Corrispondenza Romana, 26 febbraio 2014

Tutto passa, anche Emma Bonino, si dirà. La più amata dagli italiani, il miglior Ministro del Governo Letta, viene rottamata da Renzi, per far posto ad una sconosciuta. Lei, prima s'indigna ‒ «Non mi ha chiamata nessuno, l'ho appreso dalla tv. Io non sapevo assolutamente nulla» – poi ci ripensa: «Sono rimasta molto sorpresa da articoli di stampa che mi hanno attribuito l'affermazione di aver saputo del mio avvicendamento dai media. In realtà sono stata informata personalmente dal presidente del Consiglio Renzi», soggiunge.
In un comizio, ricorda la madre ‒ «la buona educazione è rivoluzionaria, mi diceva» – mostra commozione, si rammarica di aver lavorato troppo, chiede di essere lasciata da sola e si lancia nel commiato: «le persone passano, le Istituzioni restano». Diciamo la verità: del suo incarico alla Farnesina, non rimarrà nessuna traccia per i posteri. Tranne una: il suo fallimento nella gestione della vicenda dei due soldati italiani da due anni nelle mani di uno Stato straniero.
Solo negli ultimi giorni, con tutta fretta – forse considerando la brutta piega che stava prendendo la vicenda ‒ dopo 26 rinvii del processo e in mancanza di un capo d'imputazione, aveva chiesto al nostro ambasciatore a New Delhi di rientrare in Italia. Mai che nei 10 mesi in cui è stata al Governo abbia convocato l'ambasciatore indiano a Roma per fargli capire che la sua presenza non era gradita o si sia presentata di persona alla farsa messa in piedi dalla giustizia indiana, per testimoniare direttamente la vicinanza del popolo italiano ai suoi soldati.
La ragazza che da 40 anni si è divisa tra Camera dei Deputati, Senato della Repubblica, Parlamento europeo, Commissaria dell'Unione europea, Ministro al Commercio Estero con Prodi e degli Esteri con Letta, è la stessa ragazza che per spiegare la pratica degli aborti clandestini, al settimanale "Oggi" raccontava, nel 1975: «Io uso un barattolo da un chilo che aveva contenuto della marmellata. È un buon motivo per farsi quattro risate» e che si schiera, dopo 40 anni, contro l'obiezione di coscienza prevista dalla 194 e perfino contro la degna sepoltura dei bambini non nati. Il suo partito raccoglie lo 0,19%, ma lei non ha bisogno di un consenso elettorale per affermarsi e veleggia nell'olimpo degli dei e del potere. Sospinta da un consenso molto più ampio, trasversale.
Tra i massimi esponenti di quella "cultura egemone", rispetto alla quale la quasi totalità del cosiddetto mondo cattolico oppone il silenzio e, quindi, la complicità. Non una parola, quando fu nominata Ministro degli Esteri. Tante parole di comprensione e di stupore quando è stata defenestrata. Gli elementi di contesto di quanto accaduto, fanno riflettere. La nomina a Ministro degli Esteri fu in qualche modo la "ricompensa" della sua mancata elezione a Presidente della Repubblica al posto di Giorgio Napolitano.
L'attuale Presidente prima o poi si dovrà dimettere. Si apriranno di nuovo i "giochi", per i quali, tra candidati "trombati" e "improponibili", grandi chance può avere proprio la leader radicale. Questo spiega il suo aplomb nell'accogliere la notizia della sua mancata conferma agli Esteri e addirittura la sua disponibilità a collaborare con chi le è stata preferita. Né si può ritenere che il giovane Renzi abbia fatto uno "sgarbo" di tal fatta al Presidente della Repubblica, da sempre grande sponsor di Emma Bonino.
Può, invece, essere stato "consigliato" a riservarle un ruolo "super partes", gradito a tutti, anche al centrodestra berlusconiano. Nel frattempo, Emma – siamo certi – studierà una nuova lingua straniera o affinerà il suo arabo e raccoglierà in giro per il mondo, aiutata dal suo amico George Soros, gli sponsor necessari per questo traguardo. Il "mondo cattolico" può dormire sonni tranquilli: le speranze del "trionfo" non sono perse.

Fonte: Corrispondenza Romana, 26 febbraio 2014

7 - ERO ''DROGATA'' DI FECONDAZIONE ARTIFICIALE, ORA SVELO ORRORI E FALLIMENTI DI UNA SCIENZA CHE VENDE ILLUSIONI
Ecco il libro che racconta la terribile verità sulle cliniche della fertilità da parte di chi l'ha vissuta sulla propria pelle
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi, 26 novembre 2013

Miriam Zoll si è sottoposta a numerosi cicli di fecondazione assistita, provando diverse tecniche, ma tutti i suoi tentativi sono falliti, compreso quello, estremo, dell'eterologa. La sua vana e dolorosa ricerca di un figlio attraverso la tecnica è durata anni, nel corso dei quali la donna è diventata un'esperta di un mondo. Un mondo del quale era diventata «dipendente, drogata». Ora che l'incubo è finito, Zoll ha deciso di raccontare in un libro (Cracked Open: Liberty, Fertility, and the Pursuit of High-Tech Babies) la verità su queste moderne "fabbriche" dei figli (o delle illusioni). Nel volume ricorda l'ostinazione con cui ha percorso un sentiero disumano, ossessionata dalla volontà di avere un bambino. Svela i numeri sui trattamenti che «falliscono quasi sempre». Racconta le angosce nascoste dietro «la vendita di false speranze» da parte di un'industria miliardaria che ha gettato sul lastrico diverse famiglie e che «ha fini eugenetici». Infine racconta la scoperta che la maternità non è la «produzione di un essere secondo le tue idee» ma «qualcuno da amare», fino alla presa di coscienza che «il mistero del concepimento non deve essere manipolabile». Oggi Zoll è finalmente mamma. Grazie all'adozione.
Le pubblicità descrivono spesso le cliniche della fertilità come luoghi felici in grado di realizzare sogni. Qual è la realtà?
Posso parlare della mia esperienza personale e delle informazioni che mi hanno dato le donne e gli uomini che si sono sottoposti allo stesso processo. Era un ambiente asettico, nelle sale d'attesa nessuno parlava, c'era tensione. Ho sentito che alcune cliniche stanno trasformando il loro ambiente facendolo assomigliare a quello dei centri benessere, offrendo "pacchetti weekend della fertilità": massaggi, agopuntura, "vieni e goditi la tua esperienza di fecondazione". Questo tipo di marketing crea l'illusione che i servizi medici saranno gradevoli e tollerabili. Ogni paziente ha una diversa soglia del dolore e nella mia esperienza i trattamenti sono stati invasivi, hanno trasformato la mia vita, fisicamente, emotivamente, sessualmente e spiritualmente. Per molti pazienti la fecondazione assistita è traumatica anche per il fatto che nella grande maggioranza dei casi fallisce: la Società europea della riproduzione e dell'embriologia presenta un tasso percentuale di fallimento globale del 77 per cento.
Perché, allora, l'American Society for Reproductive Medicine (Asrm) ha affermato che il 60 per cento delle donne sotto trattamento riesce ad avere un bambino?
Ho visto le dichiarazioni rilasciate dall'Asrm. Sono molto vaghe, fuorvianti e confuse. I dati citati dall'Asrm sono tratti da uno studio pubblicato nel 2012 sul New England Journal of Medicine, intitolato "Cumulative Birth Rates with Linked Assisted Reproductive Technology (ART) Cycles". Lo studio conferma un tasso di fallimento dei cicli del 70 per cento: il 60 per cento è lo scenario migliore di riuscita su 247 mila donne che non si sono sottoposte a più di sette cicli successivi. In realtà molte donne che scelgono la fecondazione in vitro non riescono neppure a raggiungere la fase della fecondazione vera e propria. Inoltre, un bambino nato vivo non significa necessariamente che le coppie porteranno a casa un figlio sano: più trasferimenti di embrioni possono spesso portare a nascite premature e costose, a soggiorni prolungati nelle unità di terapia intensiva neonatale e in alcuni casi alla morte del bambino. I risultati dello studio parlano anche dei costi crescenti per i clienti, che vanno dai 40 mila dollari per due cicli fino ai 200 mila per dieci o più. Lo studio dimostra poi che le donne più anziane che usano i propri ovuli, registrando il minor successo con la fecondazione in vitro, stanno facendo aumentare la richiesta della pratica controversa della donazione di ovuli. Attraverso cui gli specialisti del campo ottengono ovuli da terzi, iniettando nelle cosiddette "donatrici" farmaci potenti che possono causare gravi effetti collaterali: si va dal gonfiore delle ovaie, molto pericoloso, alla sterilità, agli ictus e in certi casi alla morte.
Perché i media e le autorità non parlano dell'alto tasso di fallimento dei trattamenti? Qual è il loro interesse?
L'industria della fecondazione assistita racconta solo una parte di ciò che avviene al suo interno, mette in evidenza le storie andate a buon fine e non rivela le alte percentuali di insuccesso. Oggi l'industria conta 5 milioni di bambini nati grazie a questi trattamenti medici. Dato che dal 1978 i fallimenti sono cresciuti del 70-80 per cento, significa che negli ultimi trent'anni circa 15 milioni di coppie hanno subìto trattamenti senza successo. Prima che Robert Edwards e Patrick Steptoe (pionieri della fecondazione assistita, ndr) perfezionassero le procedure di fecondazione in vitro che hanno portato alla nascita di Louise Brown, la prima bambina in provetta nata in Gran Bretagna nel 1978, centinaia di donne povere della classe operaia della contea inglese di Lincolnshire avevano subìto procedure sperimentali fallite. Ma anche questo non viene mai detto.
Il silenzio sull'alto tasso di fallimenti ha a che fare con il business di questa industria?
Credo che le cliniche e l'intera industria traggano profitto dalla falsa percezione e dall'illusione che in molti casi questi servizi abbiano successo. In particolare questa industria mette insieme due aspetti incompatibili: uno economico e uno medico. È valutata globalmente miliardi di dollari e i suoi ricavi stanno crescendo, e i suoi farmaci e le sue innovazioni sono sponsorizzate senza sperimentazioni appropriate e sicure. È il caso del congelamento degli ovuli. Per le donne di 30 anni che vogliono un figlio, il tasso di fallimento della tecnica del congelamento lento di un ovulo da impiantare in utero è del 91 per cento; quello della vitrificazione (congelamento veloce, ndr) è del 77. Per le donne di 40 anni i tassi di insuccesso salgono rispettivamente al 96 per cento e al 91. Ancora una volta si ripete lo stesso schema: un tasso di fallimenti di cui nessuno parla. Un altro aspetto dell'espansione globale dell'industria riproduttiva è il business della compravendita di ovuli in paesi dove le donne povere sono reclutate per affittare i loro uteri e vendere i loro ovuli. In prima linea ci sono l'India, la Tailandia e il Messico.
Perché i governi non si impegnano per migliorare il processo delle adozioni, invece che incrementare l'accesso a queste tecniche?
Anche l'adozione spesso non è un percorso semplice. Quello che so è che molte coppie che affrontano il dolore delle diagnosi di infertilità si rivolgono prima all'industria della fecondazione perché credono che supereranno i loro problemi. Credono a tutti i titoli letti sui giornali per anni e anni, che parlano delle gravidanze e dei successi di queste tecniche. So anche che molte coppie non cercano più l'adozione perché ormai sono troppo povere per sopportare altri costi dopo che hanno già speso tutti loro soldi nei trattamenti di fecondazione.
Anche se la fecondazione in vitro avesse successo e non fosse dolorosa, non pensa che ci sia comunque qualcosa di sbagliato in questa volontà ossessiva di avere figli?
Nel mio libro parlo di come, dopo essermi sottoposta ai trattamenti, ho cominciato a sentirmi sempre di più ossessionata dall'avere un bambino. Mi autodefinivo una drogata della fecondazione. Questa ossessione e dipendenza dalla speranza offerta dalla scienza cresceva sempre di più davanti ad ogni tentativo fallito. Ho lottato praticamente ogni giorno con la mia ossessione crescente. Mi sono domandata come mai mio marito e io fossimo così fissati con la procreazione come cammino verso la genitorialità, anche se significava sottoporsi a trattamenti sempre più invasivi e rischiosi. Mi chiedevo se volevo essere un genitore che "crea" un altro essere umano secondo la sua immagine. Mi interrogavo se essere madri non significa invece amare un bambino con tutto il mio cuore e tutta la mia anima, come amo il figlio che poi ho adottato e che ora ha quattro anni. Queste sono le domande esistenziali e spirituali che mi facevo durante quegli anni terribili e dolorosi. Mi sentivo davvero in colpa anche per aver aspettato i quarant'anni di età prima di avere un figlio. Ero arrabbiata con me stessa per aver creduto a tutto quello che avevo letto e sentito sul fatto che rimandare la maternità fosse una pratica innocua per le donne. Per essere chiari, alcune donne rimandano la maternità fino ai quarant'anni, ma si prendono un bel rischio perché la fertilità diminuisce. Io mi credevo una super donna, convinta che avrei potuto superare i limiti delle probabilità perché ero sana e mia madre mi aveva concepita a 39 anni. Ero arrabbiata con me stessa per aver privato mio marito della possibilità di fare esperienza della paternità. Quando ero giovane credevo che avrei potuto sconfiggere ogni statistica. L'esperienza della mia infertilità è stata la più umiliante della mia vita e sono piombata nella depressione, finché sfinita mi arresi.
Attraverso questa esperienza è cambiato il suo modo di guardare alla maternità?
Diventare una madre attraverso l'adozione mi ha confermato che si diventa madri per amare, ascoltare, proteggere, guidare, insegnare. Ci tengo a sottolineare che la maternità non è una questione di connessioni genetiche o di sangue. Nel momento in cui ho preso in braccio mio figlio, quando aveva quattro giorni di vita, un'esplosione di amore e di istinto protettivo è emersa dal profondo del mio essere. L'amore che ho provato per lui è stato spontaneo. Un'esperienza mai fatta prima.
È vero che un bambino nato in laboratorio si sentirà un prodotto della volontà dei genitori?
Non c'è dubbio che l'uso di queste tecnologie e servizi medici trasformano il mistero del concepimento in qualcosa di manipolabile, progettato e realizzato come una macchina. O come la produzione di un certo tipo di uomo: oggi ci sono alcune cliniche specializzate in selezione del sesso, del colore degli occhi e dei capelli del nascituro. Ci sono cause legali in corso in cui coppie di persone sorde hanno chiesto ai medici di manipolare i propri geni. Essere in grado di manipolare il concepimento umano al di fuori del grembo materno è una piattaforma tecnologia necessaria a qualsiasi scopo eugenetico moderno. Robert Edwards aveva implicitamente riconosciuto questo legame nel 1999, quando disse: «Presto diventerà peccato per i genitori avere un figlio che porta il fardello pesante di una malattia genetica. Stiamo entrando in un mondo in cui dobbiamo preoccuparci della qualità dei nostri figli». Edwards ha accennato al legame tra fecondazione in vitro e eugenetica quando, riflettendo sul venticinquesimo anniversario della nascita di Louise Brown, nel 1993 disse: «È più che combattere l'infertilità (…) volevo sapere esattamente chi era a guidare, se Dio stesso, oppure gli scienziati in laboratorio». La conclusione di Edwards fu: «Siamo stati noi». Edwards supportò pienamente l'uso di tecniche di selezione del sesso per ragioni sociali e non solo mediche.
Esistono dati sui problemi fisici o psicologici dei bambini nati tramite fecondazione assistita?
Queste tecniche sono relativamente recenti e gli studi di lungo periodo sono pochi. Fra questi nel 2012 ne sono stati pubblicati due importanti. Uno proveniente dall'università di Adelaide in Australia e uno dall'Ucla negli Stati Uniti. A maggio del 2012, la rivista New England Journal of Medicine ha pubblicato lo studio più completo del mondo da cui è emerso un altro rischio di malattie fra i bambini nati dalle tecnologie riproduttive assistite. Mettendo insieme tutti gli studi si vede che i bambini nati tramite fecondazione in vitro hanno il 28 per cento di probabilità in più di contrarre malattie cardiache, muscolari, urogenitali, gastrointestinali e paralisi cerebrali.

Fonte: Tempi, 26 novembre 2013

8 - I DIVORZIATI RISPOSATI NON POSSONO FARE LA COMUNIONE PERCHE' IL MATRIMONIO E' INDISSOLUBILE
Il matrimonio fra battezzati validamente contratto e consumato non può essere sciolto da nessuna potestà sulla terra, nemmeno dal Papa (tantomeno dal cardinale Kasper)
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Il Foglio, 01/03/2014

"La dottrina non cambia, la novità riguarda solo la prassi pastorale". Lo slogan, ormai ripetuto da un anno, da una parte tranquillizza quei conservatori che misurano tutto in termini di enunciazioni dottrinali, dall'altra incoraggia quei progressisti che alla dottrina attribuiscono scarso valore e tutto confidano nel primato della prassi. Un clamoroso esempio di rivoluzione culturale proposta in nome della prassi ci viene offerto dalla relazione dedicata a Il Vangelo della famiglia con cui il cardinale Walter Kasper ha aperto il 20 febbraio i lavori del Concistoro straordinario sulla famiglia. Il testo, definito da padre Federico Lombardi come "in grande sintonia" con il pensiero di Papa Francesco, merita anche per questo di essere valutato in tutta la sua portata.
Punto di partenza del cardinale Kasper è la constatazione che "tra la dottrina della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia e le convinzioni vissute di molti cristiani si è creato un abisso". Il cardinale evita però di formulare un giudizio negativo su queste "convinzioni", antitetiche alla fede cristiana, eludendo la domanda di fondo: perché esiste questo abisso tra la dottrina della Chiesa e la filosofia di vita dei cristiani contemporanei? Qual è la natura, quali sono le cause del processo di dissoluzione della famiglia? In nessuna parte della sua relazione si dice che la crisi della famiglia è la conseguenza di un attacco programmato alla famiglia, frutto di una concezione del mondo laicista che ad essa si oppone. E questo malgrado il recente documento sugli Standard per l'educazione sessuale dell'"Organizzazione Mondiale della Sanità" (OMS), l'approvazione del "rapporto Lunacek" da parte del Parlamento europeo, la legalizzazione dei matrimoni omosessuali e del reato di omofobia da parte di tanti governi occidentali. Ma ci si chiede ancora: è possibile nel 2014 dedicare 25 pagine al tema della famiglia, ignorando l'oggettiva aggressione che la famiglia, non soltanto cristiana, ma naturale, subisce in tutto il mondo? Quali possono essere le ragioni di questo silenzio se non una subordinazione psicologica e culturale a quei poteri mondani che dell'attacco alla famiglia sono i promotori?
Nella parte fondamentale della sua relazione, dedicata al problema dei divorziati risposati, il cardinale Kasper non esprime una sola parola di condanna sul divorzio e sulle sue disastrose conseguenze sulla società occidentale. Ma non è giunto il momento di dire che gran parte della crisi della famiglia risale proprio all'introduzione del divorzio e che i fatti dimostrano come la Chiesa avesse ragione a combatterlo? Chi dovrebbe dirlo se non un cardinale di Santa Romana Chiesa? Ma al cardinale sembra interessare solo il "cambiamento di paradigma" che la situazione dei divorziati risposati oggi esige.
Quasi a prevenire le immediate obiezioni, il cardinale mette subito le mani avanti: la Chiesa "non può proporre una soluzione diversa o contraria alle parole di Gesù". L'indissolubilità di un matrimonio sacramentale e l'impossibilità di un nuovo matrimonio durante la vita dell'altro partner "fa parte della tradizione di fede vincolante della Chiesa che non può essere abbandonata o sciolta richiamandosi a una comprensione superficiale della misericordia a basso prezzo". Ma immediatamente dopo aver proclamato la necessità di rimanere fedeli alla Tradizione, il cardinale Kasper avanza due devastanti proposte per aggirare il perenne Magistero della Chiesa in materia di famiglia e di matrimonio.
Il metodo da adottare, secondo Kasper, è quello seguito dal Concilio Vaticano II sulla questione dell'ecumenismo o della libertà religiosa: cambiare la dottrina, senza mostrare di modificarla. "Il Concilio – afferma – senza violare la tradizione dogmatica vincolante ha aperto delle porte". Aperto delle porte a che cosa? Alla violazione sistematica, sul piano della prassi, di quella tradizione dogmatica di cui a parole si afferma la cogenza.
La prima strada per vanificare la Tradizione prende spunto dalla esortazione apostolica Familiaris consortio di Giovanni Paolo II, laddove dice che alcuni divorziati risposati "sono soggettivamente certi in coscienza che il loro precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido" (n. 84). La Familiaris consortio precisa però che la decisione della validità del matrimonio non può essere lasciata alla valutazione soggettiva della persona, ma ai tribunali ecclesiastici, istituiti dalla Chiesa per difendere il sacramento del matrimonio. Proprio riferendosi a questi tribunali, il cardinale affonda il colpo: "Poiché essi non sono iure divino, ma si sono sviluppati storicamente, ci si domanda talvolta se la via giudiziaria debba essere l'unica via per risolvere il problema o se non sarebbero possibili altre procedure più pastorali e spirituali, In alternativa si potrebbe pensare che il vescovo possa affidare questo compito a un sacerdote con esperienza spirituale e pastorale quale penitenziere o vicario episcopale".
La proposta è dirompente. I tribunali ecclesiastici sono gli organi a cui è normalmente affidato l'esercizio della potestà giudiziaria della Chiesa. I tre principali tribunali sono la Penitenzieria apostolica, che giudica i casi del foro interno, la Rota Romana, che riceve in appello le sentenze da qualsiasi altro tribunale ecclesiastico e la Segnatura Apostolica, che è il supremo organo giudiziario, con qualche analogia con la Corte di Cassazione nei confronti dei tribunali italiani. Benedetto XIV, con la sua celebre costituzione Dei Miseratione, introdusse nel giudizio matrimoniale il principio della duplice decisione giudiziaria conforme. Questa prassi tutela la ricerca della verità, garantisce un risultato processuale giusto, e dimostra l'importanza che la Chiesa attribuisce al sacramento del matrimonio e alla sua indissolubilità. La proposta di Kasper mette in causa il giudizio oggettivo del tribunale ecclesiastico, che verrebbe sostituito da un semplice sacerdote, chiamato non più a salvaguardare il bene del matrimonio, ma a soddisfare le esigenze della coscienza dei singoli.
Richiamandosi al discorso del 24 gennaio 2014 agli officiali del Tribunale della Rota Romana nel quale papa Francesco afferma che l'attività giudiziaria ecclesiale ha una connotazione profondamente pastorale, Kasper assorbe la dimensione giudiziaria in quella pastorale, affermando la necessità di una nuova "ermeneutica giuridica e pastorale", che veda, dietro ogni causa, la "persona umana". "Davvero è possibile – si chiede – che si decida del bene e del male delle persone in seconda e terza istanza solo sulla base di atti, vale a dire di carte, ma senza conoscere la persona e la sua situazione?". Queste parole sono offensive verso i tribunali ecclesiastici e per la Chiesa stessa, i cui atti di governo e di magistero sono fondati su carte, dichiarazioni, atti giuridici e dottrinali, tutti finalizzati alla "salus animarum". Si può facilmente immaginare come le nullità matrimoniali dilagherebbero, introducendo il divorzio cattolico di fatto, se non di diritto, con un danno devastante proprio per il bene delle persone umane.
Il cardinale Kasper ne sembra consapevole, perché aggiunge: "Sarebbe sbagliato cercare la soluzione del problema solo in un generoso allargamento della procedura di nullità del matrimonio". Bisogna "prendere in considerazione anche la questione più difficile della situazione del matrimonio rato e consumato tra battezzati, dove la comunione di vita matrimoniale si è irrimediabilmente spezzata e uno o entrambi i coniugi hanno contratto un secondo matrimonio civile". Kasper cita a questo punto una dichiarazione per la Dottrina della Fede del 1994 secondo cui i divorziati risposati non possono ricevere la comunione sacramentale, ma possono ricevere quella spirituale. Si tratta di una dichiarazione in linea con la Tradizione della Chiesa. Ma il cardinale fa un balzo in avanti, ponendo questa domanda: "Chi riceve la comunione spirituale è una cosa sola con Gesù Cristo; come può quindi essere in contraddizione con il comandamento di Cristo? Perché, quindi, non può ricevere anche la comunione sacramentale? Se escludiamo dai sacramenti i cristiani divorziati risposati (…) non mettiamo forse in discussione la struttura fondamentale sacramentale della Chiesa?".
In realtà non c'è nessuna contraddizione nella prassi plurisecolare della Chiesa. I divorziati risposati non sono dispensati dai loro doveri religiosi. Come cristiani battezzati sono sempre tenuti ad osservare i comandamenti di Dio e della Chiesa. Essi hanno dunque non solo il diritto, ma il dovere di andare a Messa, di osservare i precetti della Chiesa e di educare cristianamente i figli. Non possono ricevere la comunione sacramentale perché si trovano in peccato mortale, ma possono fare la comunione spirituale, perché anche chi si trova in condizione di peccato grave deve pregare, per ottenere la grazia di uscire dal peccato. Ma la parola peccato non rientra nel vocabolario del cardinale Kasper e mai affiora nella sua relazione al Concistoro. Come meravigliarsi se, come lo stesso papa Francesco ha dichiarato lo scorso 31 gennaio, oggi "si è perso il senso del peccato"?
La Chiesa dei primordi, secondo il cardinale Kasper, "ci dà un'indicazione che può servire come via d'uscita" a quello che egli definisce "il dilemma". Il cardinale afferma che nei primi secoli esisteva la prassi per cui alcuni cristiani, pur essendo ancora in vita il primo partner, dopo un tempo di penitenza, vivevano un secondo legame. "Origene – afferma – parla di questa consuetudine, definendola 'non irragionevole'. Anche Basilio il grande e Gregorio Nazianzeno – due padri della Chiesa ancora indivisa! – fanno riferimento a tale pratica. Lo stesso Agostino, altrimenti piuttosto severo sulla questione, almeno in un punto sembra non aver escluso ogni soluzione pastorale. Questi Padri volevano, per ragioni pastorali, al fine di "evitare il peggio", tollerare ciò che di per sé è impossibile accettare".
E' un peccato che il cardinale non dia i suoi riferimenti patristici, perché la realtà storica è tutt'altra da come la descrive. Il padre George H. Joyce, nel suo studio storico-dottrinale sul Matrimonio cristiano (1948) ha dimostrato che durante i primi cinque secoli dell'era cristiana non si può incontrare nessun decreto di un Concilio, né alcuna dichiarazione di un Padre della Chiesa che sostenga la possibilità di scioglimento del vincolo matrimoniale. Quando, nel secondo secolo, Giustino, Atenagora, Teofilo di Antiochia, accennano alla proibizione evangelica del divorzio, non danno alcuna indicazione di eccezione. Clemente di Alesandria e Tertulliano sono ancora più espliciti. E Origene, pur cercando qualche giustificazione per la prassi adottata da alcuni vescovi, precisa che essa contraddice la Scrittura e la Tradizione della Chiesa (Comment. In Matt., XIV, c. 23, in Patrologia Greca, vol. 13, col. 1245). Due tra i primi concili della Chiesa, quello di Elvira (306) e quello di Arles (314), lo ribadiscono chiaramente. In tutte le parti del mondo la Chiesa riteneva lo scioglimento del vincolo come impossibile e il divorzio con diritto a seconde nozze era del tutto sconosciuto. Quello, tra i Padri, che trattò la questione dell'indissolubilità più ampiamente fu sant'Agostino, in molte sue opere, dal De diversis Quaestionibus (390) al De Coniugijs adulterinis (419). Egli confuta chi si lamentava della severità della Chiesa in materia matrimoniale ed è sempre incrollabilmente fermo sull'indissolubilità del matrimonio, dimostrando che esso, una volta contratto non si può più rompere per qualunque ragione o circostanza. E' a lui che si deve la celebre distinzione tra i tre beni del matrimonio: proles, fides e sacramentum.
Altrettanto falsa è la tesi di una duplice posizione, latina e orientale, di fronte al divorzio, nei primi secoli della Chiesa. Fu solo dopo Giustiniano che la Chiesa di Oriente iniziò a cedere al cesaropapismo, adeguandosi alle leggi bizantine che tolleravano il divorzio, mentre la Chiesa di Roma affermava la verità e l'indipendenza della sua dottrina di fronte al potere civile. Per quanto riguarda san Basilio invitiamo il cardinale Kasper a leggere le sue lettere e a trovare in esse un passo che autorizzi esplicitamente il secondo matrimonio. Il suo pensiero è riassunto da quanto scrive nell'Ethica: "Non è lecito ad un uomo rimandare la sua moglie e sposarne un'altra. Né è permesso ad un uomo sposare una donna che sia stata divorziata da suo marito" (Ethica, Regula 73, c. 2, in Patrologia Greca, vol. 31, col. 852). Lo stesso si dica dell'altro autore citato dal cardinale, san Gregorio Nazianzeno, che con chiarezza scrive: "il divorzio è assolutamente contrario alle nostre leggi, sebbene le leggi dei Romani giudichino diversamente" (Epistola 144, in Patrologia Greca, vol. 37, col. 248).
La "pratica penitenziale canonica" che il cardinale Kasper propone come via di uscita dal "dilemma", aveva nei primi secoli un significato esattamente opposto a quello che egli sembra volergli attribuire. Essa non veniva compiuta per espiare il primo matrimonio, ma per riparare il peccato del secondo, ed esigeva ovviamente il pentimento di questo peccato. L'undicesimo concilio di Cartagine (407), ad esempio, emanò un canone così concepito: "Decretiamo che, secondo la disciplina evangelica ed apostolica, la legge non permette né ad un uomo divorziato dalla moglie, né a una donna ripudiata dal marito, di passare ad altre nozze; ma che tali persone devono rimanere sole, oppure si riconcilino a vicenda, e che se violano questa legge, essi debbono fare penitenza" (Hefele-Leclercq, Histoire des Conciles, vol. II (I), p. 158).
La posizione del cardinale si fa qui paradossale. Invece di pentirsi della situazione di peccato in cui si trova, il cristiano risposato si dovrebbe pentire del primo matrimonio, o quanto meno del suo fallimento, di cui magari egli è totalmente incolpevole. Inoltre, una volta ammessa la legittimità delle convivenze postmatrimoniali, non si vede perché non dovrebbero essere consentite le convivenze prematrimoniali, se stabili e sincere. Cadono gli "assoluti morali", che l'enciclica di Giovanni Paolo II Veritatis splendor aveva con tanta forza ribadito. Ma il cardinale Kasper prosegue tranquillo nel suo ragionamento.
"Se un divorziato risposato -1. Si pente del suo fallimento nel primo matrimonio, 2. Se ha chiarito gli obblighi del primo matrimonio, se è definitivamente escluso che torni indietro, 3. Se non può abbandonare senza altre colpe gli impegni assunti con il nuovo matrimonio civile, 4. Se però si sforza di vivere al meglio delle sue possibilità il secondo matrimonio a partire dalla fede e di educare i propri figli nella fede, 5. Se ha desiderio dei sacramenti quale fonte di forza nella sua situazione, dobbiamo o possiamo negargli, dopo un tempo di nuovo orientamento (metanoia), il sacramento della penitenza e poi della comunione?".
A queste domande ha già risposto il cardinale Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (La forza della grazia, "L'Osservatore Romano", 23 ottobre 2013) richiamando la Familiaris consortio, che al n. 84 fornisce delle precise indicazioni di carattere pastorale coerenti con l'insegnamento dogmatico della Chiesa sul matrimonio: "Insieme col Sinodo, esorto caldamente i pastori e l'intera comunità dei fedeli affinché aiutino i divorziati procurando con sollecita carità che non si considerino separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita. Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio. La Chiesa preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e nella speranza. La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia".
La posizione della Chiesa è inequivocabile. La comunione ai divorziati risposati viene negata perché il matrimonio è indissolubile e nessuna delle ragioni addotte dal cardinale Kasper permette la celebrazione di un nuovo matrimonio o la benedizione di un'unione pseudo-matrimoniale. La Chiesa non lo permise ad Enrico VIII, perdendo il Regno di Inghilterra, e non lo permetterà mai perché, come ha ricordato Pio XII ai parroci di Roma il 16 marzo 1946: "Il matrimonio fra battezzati validamente contratto e consumato non può essere sciolto da nessuna potestà sulla terra, nemmeno dalla Suprema Autorità ecclesiastica". Ovvero nemmeno dal Papa e tantomeno del cardinale Kasper.

Fonte: Il Foglio, 01/03/2014

9 - OMELIA I DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO A - (Mt 4,1-11)
Vàttene, satana!
Fonte Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 9 marzo 2014)

Oggi è la prima Domenica di Quaresima e il Vangelo ci ricorda una realtà tante volte dimenticata, la verità che riguarda l'esistenza del diavolo e del fatto che il diavolo fa di tutto per rovinarci e, per questo, ci tenta in tanti modi.
Nel corso di questi ultimi decenni, molti sono stati quelli che hanno messo in dubbio l'esistenza del demonio, pensando che essa fosse solo un modo per esprimere la presenza del male. Il diavolo esiste, eccome, e il Vangelo ne parla in diverse occasioni. Il diavolo era stato creato buono da Dio ed era l'angelo più perfetto. Il suo nome era lucifero, che tradotto, significa "portatore di luce". Per orgoglio, si ribellò a Dio e trascinò in questa caduta una moltitudine di angeli che sono detti "demoni".
Per invidia contro l'uomo, il diavolo e tutti gli altri spiriti decaduti non cessano di tentare l'uomo per trascinarlo nella stessa caduta. Per tentarci, il diavolo studia quello che è il nostro lato debole e fa leva su quello per condurci alla perdizione. Dio permette queste tentazioni perché, superata la prova, noi possiamo avere un merito maggiore e una corona di gloria più bella. Santo non è colui che non ha tentazioni – cosa impossibile – ma chi riesce a superarle.
Il demonio ha tentato persino Gesù. Parlando di queste tentazioni, bisogna dire subito che ci sono due tipi di tentazioni. Ci sono quelle che provengono dall'esterno di noi (come quelle che vengono direttamente dal demonio) e quelle che vengono da dentro di noi (quelle che vengono dalla nostra concupiscenza, ovvero dalla nostra inclinazione al male). Quelle di Gesù, chiaramente, erano solo del primo tipo, per il fatto che Lui è la santità stessa e non può avere nessuna inclinazione al male. Il demonio tentò Gesù, e Gesù riuscì facilmente ad opporsi a tali tentazioni. Gesù continua a vincere sul demonio tentatore; e noi, se rimarremo uniti a Gesù, riporteremo vittoria su tutte le tentazioni.
Nella prima tentazione, il demonio disse a Gesù: «Se tu sei il figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane» (Mt 4,3). Gesù rispose: «Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). Anche noi veniamo tentati molte volte di preoccuparci per le cose materiali. Gesù ci insegna a cercare innanzitutto il Regno di Dio e tutto il resto, ovvero tutto ciò che ci serve, ci sarà dato in sovrappiù. Il segreto per sperimentare la Provvidenza di Dio è quello di mettere le esigenze di Dio al primo posto. Se noi penseremo a Lui, Lui penserà a noi.
Nella seconda tentazione, il demonio disse al Signore di buttarsi giù dal punto più alto del tempio; gli angeli certamente lo avrebbero soccorso (cf Mt 4,5-6). Gesù rispose: «Non metterai alla prova il Signore Dio tuo» (Mt 4,7). È questa la tentazione di avere Dio a nostro capriccio che faccia sempre la nostra volontà. Quando preghiamo il "Padre nostro", diciamo: «Sia fatta la tua volontà» e non viceversa. Purtroppo, tante volte, scambiamo per Volontà di Dio ciò che passa per la nostra testa, e ci scandalizziamo poi se non veniamo esauditi. Questa tentazione è diffusa più di quanto possiamo immaginare, anche tra cristiani che si dicono ferventi.
Con la terza tentazione, il demonio sarebbe stato disposto a dare tutto a Gesù, tutti i regni del mondo e la loro gloria, se Gesù lo avesse adorato (cf Mt 4,8-9). Gesù rispose: «Vattene, satana! Sta scritto infatti: "Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto"» (Mt 4,10). È questa la tentazione di idolatria, la tentazione di mettere qualcosa al di sopra o anche alla pari di Dio. Tante volte cadiamo in questo peccato, quando idolatriamo il piacere, il benessere, il denaro e li mettiamo al primo posto nella nostra vita. Chiaramente, è un peccato contro il primo Comandamento.
Dobbiamo dunque difenderci. Ci difenderemo con il lavoro e la preghiera. Il lavoro ci consentirà di fuggire l'ozio che è il padre di tutti i vizi. E la preghiera ci inonderà di grazia. Proponiamoci dei piccoli impegni: quello di trascorrere maggiore tempo davanti al Tabernacolo e quello di recitare con fervore il Rosario. Cresciamo in queste forme di preghiera, allora riusciremo a mettere sempre in fuga il demonio tentatore. Si racconta che San Pio da Pietrelcina chiamava "arma" la Corona del Rosario e insegnava che il demonio teme questa preghiera più di tutte le altre.
Il Rosario è una autentica arma contro le tentazioni. "Adoperiamolo" ogni giorno.

Nota di BastaBugie: consigliamo ai parroci il foglietto per la Messa ad uso dei fedeli per seguire le letture "Il Giorno del Signore". Oltre alle letture, ci sono solo commenti dei Padri della Chiesa. Non contiene altre informazioni che possono distrarre dalla celebrazione. Inoltre le letture sono sempre integrali (anche per la Veglia Pasquale!). Il colore adeguato al tempo liturgico e le preghiere dei fedeli ben fatte rendono questo essenziale foglietto veramente il migliore. Per ulteriori informazioni e per riceverlo in parrocchia, visitare il sito
www.ilgiornodelsignore.it

Fonte: Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 9 marzo 2014)

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