BastaBugie n�387 del 04 febbraio 2015

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1 MATTARELLA AL QUIRINALE, PER LIQUIDARE I CATTOLICI
Da un Presidente democristiano (che non vuol dire cristiano) vedremo leggi contro la vita e la famiglia firmate in quanto ''uomo delle istituzioni'' (come accadde con la legge sull'aborto)
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 MARIO ADINOLFI DA' DEL CRETINO A CHI NON ESULTA PER MATTARELLA
Eppure il direttore de ''La Croce'' avrà molte delusioni da Mattarella il quale definì ''cristianamente ispirata'' Rosy Bindi quando da ministro propose i DICO per i diritti delle coppie gay
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 L'EUROPA AIUTA L'ISLAMIZZAZIONE DELLA TURCHIA CON 2 MILIARDI DI EURO
Proibita le pubblicità di bevande alcooliche, abolito il divieto per le bambine di andare a scuola col velo, potenziato l'insegnamento dell'islam nelle scuole... e noi paghiamo
Fonte: No Cristianofobia
4 L'ISPIRAZIONE DIVINA DI COSTANTINO: IN HOC SIGNO VINCES
L'arco trionfale eretto a Roma ricorda l'evento prodigioso che nel 312 portò la vittoria all'imperatore contro il rivale Massenzio
Autore: Alfredo Valvo - Fonte: Il Timone
5 EXODUS: LA STORIA DI MOSE' CON TANTI EFFETTI SPECIALI, MA... MANCA DIO
Nuovo film di Ridley Scott che storpia la storia dell'Esodo facendo di Mosè un eterno titubante che non crede in Dio
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: FilmGarantiti
6 IL DECALOGO DEL BUON PADRE
Il padre è la presenza che dà sicurezza, un modello di amore e perdono che rispecchia l'immagine di Dio
Fonte: Amici di Lazzaro
7 IL MESSAGGERO DI SANT'ANTONIO SI ABBASSA AL POLITICAMENTE CORRETTO
Pubblicato un calendario riportante le festività cattoliche, assieme a quelle musulmane, ebraiche e ortodosse
Fonte: No Cristianofobia
8 L'UOMO E' LA SOLUZIONE, NON IL PROBLEMA
L'ambientalismo è contro l'uomo e spiace che spesso i cristiani non se ne accorgano
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Il Timone
9 OMELIA V DOMENICA T. ORD. - ANNO B - (Mc 1, 29-39)
Si ritirò in un luogo deserto, e là pregava
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - MATTARELLA AL QUIRINALE, PER LIQUIDARE I CATTOLICI
Da un Presidente democristiano (che non vuol dire cristiano) vedremo leggi contro la vita e la famiglia firmate in quanto ''uomo delle istituzioni'' (come accadde con la legge sull'aborto)
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 31/01/2015

Qualche giorno fa La Nuova Bussola aveva pubblicato un articolo sulle elezioni presidenziali dal titolo: "Non un cattolico". Invece è stato eletto proprio un cattolico, Sergio Mattarella. Abbiamo quindi perso? Certo, abbiamo perso, ma questo non significa aver sbagliato. Che un quotidiano come La Nuova Bussola chieda che al Colle non salga un cattolico è già di per sé strano e indicatore di un tempo di confusione. Che poi un Parlamento in cui i cattolici sono una sparuta e scomposta minoranza elegga proprio un cattolico è la cartina al tornasole di una anomalia ormai strutturale e fuori controllo.

COSTITUZIONE SUPERIORE AL VANGELO?
Facciamo un semplice ragionamento. Stanno transitando in Parlamento molti disegni di legge che, se approvati, sconvolgerebbero in profondità - anzi capovolgerebbero - la società italiana, cominciando dalla famiglia e arrivando poi a tutto il resto. Il disegno di legge Scalfarotto, il Cirinnà e il Fedeli - solo per attenersi ai più noti - aprirebbero alla dittatura omosessualista, ai matrimoni gay con adozioni e (domani) filiazione tramite l'eterologa, all'insegnamento gender nelle scuole obbligatorio per tutti. Distruggendo la famiglia si arriva sempre ad un regime dittatoriale. Per il semplice motivo che per negare la natura ci vuole un grande potere, che solo le dittature posseggono. Ammettiamo, quindi, che tutto questo "pacchetto" - nonostante le proteste di piazza - venga approvato: tutte quelle leggi avranno la firma del nuovo Capo dello Stato Sergio Mattarella. La firma di un Presidente cattolico. Del resto, Mattarella, "uomo delle istituzioni", non potrà farci nulla, appunto perché "uomo delle istituzioni".
Copioni di questo genere ne abbiamo già visti molti. L'Italia cattolica non c'è più, ma i cattolici servono ancora perché sono loro che devono – da "adulti" – completare l'esodo del popolo italiano dall'Italia cattolica. Il modo migliore per fare questo è essere "uomini delle istituzioni". Basta pensare che la Costituzione sia superiore al Vangelo e il gioco è fatto.

LA SINISTRA CATTOLICA
Sergio Mattarella è "cattolico", ma, come si sa, di cattolici oggi ne esistono di diversi generi. Quello di Mattarella è il genere della vecchia "sinistra DC" che oggi ha come una rivincita postuma. Postuma perché è morta come corrente, essendo transitata dalla DC alla Margherita e al Partito Democratico ed essendo approdati i suoi uomini residuali al Partito socialista europeo. Mattarella oggi non la rappresenta perché essa non c'è più. Però rappresenta una storia e una cultura, il cui scopo era la propria estinzione, diluendo il cattolicesimo democratico in una laicità accettata nella sua radicalità.
Scopo del dossettismo e di tutte le correnti della sinistra cattolica era di operare per la propria estinzione avendo come scopo la perdita di ogni connotato cattolico per accettare pienamente la completa laicità della politica, nella quale tutto è mediazione. Mattarella appartiene a questa storia e a questa cultura ed è quindi significativo che egli emerga ai massimi livelli quando la sua storia e la sua cultura sono defunte, ormai diluite nel secolarismo generale. Ecco perché si tratta di una vittoria postuma.

GLI STRANI SILENZI DI MATTARELLA
Tutti ricordano le famose dimissioni di Mattarella e di altre tre ministri democristiani quando fu approvata la legge Mammì che regolamentava il mercato televisivo. I tre ministri la consideravano un favore alle tre televisioni di Berlusconi e, quindi, un attentato alla democrazia. È stato un raro caso di dimissioni di politici al governo. Però non risulta che Mattarella abbia fatto lo stesso, e nemmeno che abbia detto una parola, quando il Parlamento ha sfornato leggi ben più gravi dal punto di vista della morale pubblica, come per esempio la legge 40 o, più di recente, il divorzio express. Tuoni e fulmini per la legge Mammì, silenzio e tutti in riga per le leggi contro la vita e la famiglia. Per la cultura di provenienza di Mattarella prendere posizione su questi temi vorrebbe dire essere ideologici, ristabilire delle verità naturali che la moderna democrazia ha ormai superato. La democrazia come metodo ha il sopravvento sulla democrazia come contenuto.
Non si sa quando finirà questa lunga fase nella quale viene affidato a dei nuovi Mosè il compito di esodare l'Italia fuori non solo dal cattolicesimo, da cui si è abbondantemente estraniata, ma anche dai fondamenti naturali della morale pubblica. Nel nostro articolo precedente in cui chiedevamo "non un cattolico" ci si augurava che questa fase fosse finita e che avremmo potuto avere un presidente o decisamente asservito alle logiche del laicismo aggressivo o un laico ma capace di ragionare. Nel primo caso avremmo visto con chiarezza contro chi dobbiamo combattere. Nel secondo caso avremmo approfittato di una pausa di calma ragionevole per far valere alcune verità. Purtroppo, invece, continua la melassa della confusione. Un Parlamento radicale che si nasconde dietro un Presidente cattolico; un Presidente cattolico che dirà di non essere lì in quanto cattolico ma "a servizio delle istituzioni"; un "Prodi digeribile" che garantirà il transito pacifico verso un'Italia postmoderna.

Nota di BastaBugie: interessante cosa ha sostenuto Belpietro su Mattarella: "Strana democrazia la nostra. Provate a riflettere su alcune questioni. Un tizio estromesso dal Parlamento perché per troppi anni ha ricoperto l'incarico di onorevole e si vuole dare un po' d'aria alle Camere, viene ripescato e nominato giudice costituzionale. Lo stesso tizio, che nel passato si era distinto come padre di una legge cassata dal Parlamento, una volta divenuto giudice costituzionale decide l'incostituzionalità della legge che ha sostituito la sua e, successivamente, eletto presidente della Repubblica in virtù degli effetti prodotti da quella legge, dovrà decidere se firmare o meno la legge che il Parlamento voterà in sostituzione di quella che lui ha concorso ad abolire. Tutto questo fra gli applausi."

DOSSIER "SERGIO MATTARELLA"
Il presidente catto-comunista

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 31/01/2015

2 - MARIO ADINOLFI DA' DEL CRETINO A CHI NON ESULTA PER MATTARELLA
Eppure il direttore de ''La Croce'' avrà molte delusioni da Mattarella il quale definì ''cristianamente ispirata'' Rosy Bindi quando da ministro propose i DICO per i diritti delle coppie gay
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 03/02/2015

Anche se scritto in modo forse frettoloso, l'intervento di Mario Adinolfi su La Croce di domenica scorsa, merita una risposta organica, nella supposizione – avendo egli omessa l'indicazione del termine polemico – che intendesse rivolgersi a noi e a me in particolare. I cattolici democratici, sodalizio a cui è sempre appartenuto il nuovo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, non esistono quasi più come specifica corrente politica organizzata e con un proprio leader riconosciuto. In questi giorni hanno rifatto capolino Bodrato e Castagnetti, Rosy Bindi si spellava le mani in Parlamento, ma questa storia è finita. Io stesso, nell'articolo incriminato da Adinolfi, avevo scritto che quella di Mattarella è una vittoria "postuma".

IL CATTOLICESIMO DEMOCRATICO
Però il cattolicesimo democratico come cultura è più ampio dei cattolici democratici come configurata corrente politica. Esso si intreccia inoltre con altre correnti teologiche e politiche postconciliari e mentre la pattuglia dei politici cattolico-democratici si estingue quella cultura è molto diffusa, campeggia in intere realtà diocesane e nella cultura cattolica ha ancora la meglio. Non è per niente cretino né superato parlarne. Questa cultura è tale che nessuno che di essa sia convinto scenderà in piazza con Mario Adinolfi e il suo "Voglio la mamma", come nessuno di loro è sceso in piazza né ha sostenuto almeno a parole le Sentinelle in Piedi. Lo impedisce l'ideologia del cattolicesimo democratico, secondo la quale la presenza pubblica dei cattolici deve avvenire solo attraverso la singola coscienza, quindi, come direbbe don Sturzo, alla chetichella. Non ostacolando leggi, non favorendo leggi, il che – secondo loro – trasformerebbe il cristianesimo in ideologia, ma solo tramite il giudizio della singola coscienza, libera da dottrine e insegnamenti magisteriali.  
Io non ho mai visto un cattolico democratico opporsi in consiglio comunale a una delibera che istituisce i registri delle Dat, oppure i registri dei matrimonio omosessuali contratti all'estero. Al referendum sulla legge 40 i cattolici democratici in genere sono andati a votare, magari per votare "no", ma ci sono andati. Ecco perché ritengo che anche il nuovo Presidente Sergio Mattarella nulla farà di nuovo per contrastare, o frenare, o rendere più politicamente ragionevole, l'ondata laicista della raffica legislativa Scalfarotto-Cirinnà-Fedeli che sta presentandosi al nostro orizzonte. Secondo Augusto Del Noce, l'errore fondamentale del progressismo cattolico è stato di pensare che un comunismo democratizzato fosse migliore di quello ideologico.
Il cattolicesimo democratico, specialmente nella sua versione morotea, si è molto impegnato in questa secolarizzazione del comunismo italiano ed è riuscito nel risultato. Ma il comunismo italiano, depurato del suo apparato filosofico e ideologico, si è tradotto in un nemico ancora più pericoloso e insidioso, diventando un partito radicale di massa o, come ora sottolinea Scalfari, un Partito d'Azione di massa. Il progressismo cattolico, però, non poteva arrivare a questo risultato senza secolarizzare nel contempo l'esperienza religiosa dei cattolici italiani: in politica non si giocano più significati assoluti. Ed ecco il cattolicesimo adulto.

MARIO ADINOLFI
Mario Adinolfi intende riportare in politica dei significati assoluti? A questo potrebbe fare pensare la sua battaglia contro i "falsi miti del progresso". Se sì, come può concordare con la cultura di provenienza di Sergio Mattarella? Oppure la vuole negare, sostenendo irrealisticamente che non esiste più? É scioccamente impolitico adoperare in politica valutazione del tipo «è un brav'uomo!», oppure «è un cristiano!» o peggio «è un buon cristiano», come ha fatto Adinolfi a proposito di Mattarella. Anche Obama è un cristiano e le peggiori leggi italiane sono state firmate da cristiani. Questi giudizi non tengono conto dell'importanza fondamentale della cultura politica degli uomini politici. Ma se Adinolfi non vuol fare una nuova proposta di cultura politica, cosa vuole fare? Si legga il riferimento che Mario Adinolfi fa alla Legge 40, considerandola un "buona legge" su cui si sono convogliati i voti dei cattolici.
La Legge 40 non è una buona legge, è una legge sbagliata che contraddice alcuni fondamenti della legge naturale. Secondo Tommaso, Agostino o la Evangelium vitae, non è nemmeno una legge. Essa permette la procreazione fuori della sessualità e l'uccisione, spesso per spappolamento, di embrioni umani che, se lasciati vivere, sarebbero diventati Luigi e Laura, Giuliano e Nicoletta. I cattolici non hanno fatto convergenza su di essa. Si sono mobilitati assieme a tanti altri per impedirne il peggioramento che tuttavia, essendo un fatto culturale, è poi stato realizzato lo stesso dai giudici, nel silenzio di tutti i cattolici democratici di questo mondo, tra cui il silenzio di Sergio Mattarella.
Se il movimento di mobilitazione popolare dal basso di Mario Adinolfi parte da questa visione della Legge 40 avrà vita brevissima, perché ammette il compromesso politico già a monte, figuriamoci poi a valle. Molti potranno fare qualche tratto di strada con lui, ma prima o poi contraddizioni culturali di questa portata sono destinate a deflagrare.

Nota di BastaBugie: Robi Ronza ha giustamente notato che Mario Adinolfi ha dato perentoriamente del cretino a chi nel "mondo cattolico" non fa salti di gioia per l'elezione di Mattarella, Adinolfi scrive: «A qualcuno Mattarella non piace perché oltre ad essere cristiano è democristiano o perché ha militato nell'ala sinistra di quel partito o perché è "dossettiano". Cretinate ideologiche, appunto. Mattarella è un presidente cristiano e per noi combattenti, consci che il 2015 sarà l'anno decisivo della battaglia per la difesa della cultura della vita e della famiglia dalle iniziative parlamentari già in corso che puntano a varare le norme sulle unioni gay e sulla legittimazione dell'utero in affitto tramite la "stepchild adoption", è decisivo avere un cristiano non all'acqua di rose al Quirinale». Temiamo che il direttore de La Croce avrà molte delusioni da Mattarella, un uomo della pasta dei tre illustri cattolici che devotamente siglarono l'entrata in vigore della legge che legalizzava l'aborto per "senso delle istituzioni".
Facciamo subito un esempio tratto da Gender Watch News (02/02/2015).
Cosa pensa il neo presidente della Repubblica delle convivenze omosessuali? In un'intervista rilasciata dal Rosy Bindi nel 2006 al Corriere l'allora ministro della famiglia afferma che i diritti delle coppie omosessuali sono «diritti da garantire». Allora, solo nove anni fa, scoppiò il putiferio. Mattarella prese le sue difese e dichiarò che quell'intervista era «equilibrata ed ineccepibile, cristianamente ispirata». Per fugare ogni dubbio in merito all'orientamento gayfriendly di Mattarella ecco una testimonianza non sospetta di partigianeria. Franco Grillini, già presidente dell'Arcigay, fa gli auguri «a Mattarella che solidarizzò nel 2008 con i parlamentari sotto attacco per aver sostenuto una legge sui diritti delle coppie Gay».

DOSSIER "SERGIO MATTARELLA"
Il presidente catto-comunista

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 03/02/2015

3 - L'EUROPA AIUTA L'ISLAMIZZAZIONE DELLA TURCHIA CON 2 MILIARDI DI EURO
Proibita le pubblicità di bevande alcooliche, abolito il divieto per le bambine di andare a scuola col velo, potenziato l'insegnamento dell'islam nelle scuole... e noi paghiamo
Fonte No Cristianofobia, 29/12/2014

L'islamizzazione della Turchia procede e a tappe forzate. Ora nel mirino c'è la scuola: troppo laica, secondo il modello a suo tempo voluto dall'eroe nazionale, Atatürk. Ergo, va cambiata. Con una serie di riforme, contestatissime però da un'ampia fetta della popolazione. Nei giorni scorsi centinaia di manifestanti ad Ankara hanno espresso la propria contrarietà ai cambiamenti voluti dal partito al governo, l'Akp (Giustizia e Sviluppo) del presidente Erdogan, a schiacciante maggioranza presente in Parlamento con 312 seggi su 550. Ma la protesta, organizzata dai sindacati, è stata prontamente imbavagliata dalla Polizia, che ha disperso i manifestanti, arrestandone un centinaio. Tanto perché ciò fosse di esempio e monito anche per tutti gli altri...
Ciò non stupisca: secondo quanto riferito dall'emittente televisiva al-Arabiya, la marcia verso la Mezzaluna è cominciata da lontano. Già nel 1999, con l'ingresso per la prima volta di una deputata velata in Parlamento. L'anno scorso sono state bandite invece tutte le pubblicità di bevande alcooliche. A settembre è stato abolito il divieto di andare a scuola col velo per le bambine di 10 anni. Il mese scorso un docente di Astrofisica dell'Università di Ege è stato condannato per violazione del «diritto costituzionale all'istruzione», "reo" di aver impedito ad una ragazza di entrare nella sua facoltà a capo coperto. Ma è stato potenziato anche l'insegnamento della religione islamica nelle scuole di primo grado, sono stati avviati corsi facoltativi di turco-ottomano e di scrittura in caratteri arabi. Per non parlare dei corsi obbligatori nelle scuole Imam Hatip, il cui numero è nettamente cresciuto nel Paese nel giro di un decennio, a fronte anche delle crescenti iscrizioni. Tanto da spingere il Ministero dell'Istruzione a valutare seriamente di aprirne sedi anche all'estero. Per non parlare dei capitali arabi e persiani, immessi per la sottoscrizione di prestiti.
A fronte di tutto ciò, ancor più sconcerta la decisione assunta dall'Unione Europea di approvare un programma di assistenza per la Turchia da 1,9 miliardi di euro, decisione annunciata dallo stesso Ministero degli Esteri di Ankara nell'ambito dello Strumento di Assistenza Pre-adesione, per avviare entro il 2020 una prima tranche dei progetti concordati. A far problema è anche il fatto che tale Strumento ponga l'istruzione non solo tra i settori specifici di intervento, ma addirittura tra le priorità tematiche per la cooperazione territoriale. E specifici come, tra gli obiettivi, figuri la presenza negli Stati membri dell'Ue di «istituzioni stabili, che garantiscano la democrazia» ed «i diritti dell'uomo, il rispetto delle minoranze e la loro protezione», in piena controtendenza a quanto pare con la riforma scolastica, che si sta cercando di attuare, al punto da rendere la strada ancor più in salita di quanto già non sia. Se solo il governo turco non sapesse di poter contare su di un'Europa, che in certi casi diventa cieca, sorda e muta...
A capire il pericolo derivante da un'operazione d'islamizzazione di massa, invece, secondo quanto pubblicato dal quotidiano El Pais, è stato il Partito Popolare spagnolo, determinato nel voler modificare con procedura d'urgenza il Codice penale, rendendo reato anche solo il fatto di consultare siti legati alla jihad. Un provvedimento, che intende introdurre anche senza consultarsi preventivamente col Partito Socialista. Se approvato, colpirebbe i comportamenti individuali, anziché quelli propri dei gruppi organizzati: ad andare nei guai, cioè, sarebbero gli utenti finali della Rete e non i gestori delle piattaforme on line a monte. Una guerra telematica combattuta senza esclusione di colpi...

Fonte: No Cristianofobia, 29/12/2014

4 - L'ISPIRAZIONE DIVINA DI COSTANTINO: IN HOC SIGNO VINCES
L'arco trionfale eretto a Roma ricorda l'evento prodigioso che nel 312 portò la vittoria all'imperatore contro il rivale Massenzio
Autore: Alfredo Valvo - Fonte: Il Timone, dicembre 2014

L'arco trionfale eretto a Roma in occasione dei dieci anni di regno dell'imperatore Costantino (315) contiene nella parte superiore dell'edificio, su entrambi i lati, un'iscrizione celebrativa ufficiale nella quale si legge che la vittoria di Costantino è da attribuire all'ispirazione della divinità (il testo latino è instinctu divinitatis) e alla grandezza del suo ingegno (mentis magnitudine).
La difficoltà di interpretare correttamente il testo dell'iscrizione, il documento "più ufficiale" di tutti, è dovuta a più di una ragione. L'estensore del testo - solitamente questi documenti uscivano dalla cancelleria imperiale o erano stesi o approvati dall'imperatore stesso - presenta due caratteristiche facilmente riconoscibili: il ricorso a termini latini che traducono un'espressione greca (mentis magnitudo è la traduzione del greco megalopsychia: grandezza d'animo, generosità, ampiezza di vedute, che tuttavia non si addice al contenuto del resto dell'iscrizione, dove predomina il tema della vendetta, sebbene legittima, portata a termine con le armi) e la somiglianza del testo con l'inizio di un'altra iscrizione famosa e altrettanto "ufficiale": le imprese del "divino" Augusto raccontate da lui stesso (Res Gestae I 1). Pare evidente che a Costantino premesse ribadire la legittimità del suo potere attraverso il legame ideale che lo avvicinava al fondatore dell'impero.

L'INTERVENTO DIVINO NELLA VITTORIA SU MASSENZIO
Tutto questo andava nella direzione di una continuità con gli avvenimenti del 312, quando Costantino aveva sconfitto Massenzio (28 ottobre) grazie ad un intervento divino, che nessuno negò e che la fonte principale sulla vita di Costantino, Eusebio di Cesarea, aveva diffuso, corredandolo di numerosi particolari. Tra questi è rilevante quanto è narrato nella Vita di Costantino scritta da Eusebio (I 27 sg.): «Costantino comprese quanto fosse folle vagheggiare dei inesistenti e [...] si convinse che fosse necessario venerare solo il Dio di suo padre. Così prese a invocarlo nella preghiera, chiamandolo in soccorso [...] e mentre l'imperatore formulava queste invocazioni e pregava con fervore, gli si palesò un segno divino assolutamente straordinario, tale che non ci si crederebbe facilmente qualora fosse stato raccontato da altri, ma fu lo stesso imperatore vittorioso, tempo dopo, a riferire l'episodio, confermandolo con giuramenti».
La narrazione del prodigio solare più estesa è ancora di Eusebio (Vita di Costantino, I 28-31): «Intorno all'ora meridiana, quando il giorno comincia a declinare, [Costantino] riferì di aver visto con i propri occhi in mezzo al cielo un trofeo luminoso a forma di croce che sovrastava il sole, e accanto ad esso una scritta che diceva: "vinci con questo!". Di fronte a quello spettacolo uno sbigottimento generale pervase l'imperatore e tutto l'esercito, che l'aveva seguito nei suoi spostamenti e fu spettatore del prodigio. [...] Mentre rifletteva e ponderava a lungo su ciò che era avvenuto; calò rapidamente la notte. Allora in sogno gli si mostrò Cristo, figlio di Dio, con il segno che era apparso nel cielo e gli ordinò di costruire un oggetto a immagine del simbolo che si era palesato in cielo e di servirsene come protezione nei combattimenti contro i nemici»; si trattava del cosiddetto chrismòn, le prime due lettere in lingua greca del nome "Cristo" unite fra loro: XP. Costantino le fece incidere sul proprio elmo e tutti i soldati e gli ufficiali fecero lo stesso.
 
ALLA RICERCA DEL VERO DIO
Il padre di Costantino, Costanzo, venerava una divinità solare vaga e sconosciuta; egli, come il figlio, cercava una divinità più forte degli dei inesistenti alla quale affidare le sorti di Roma e le proprie. Dal racconto di Eusebio emerge l'incertezza di Costantino di fronte alla visione, della quale erano stati testimoni oculari anche i soldati ma che fu narrata nei particolari, come si è detto, dallo stesso imperatore. Nessuno avrebbe potuto negare quell'evento che, tra l'altro, ridimensionava, a favore della divinità sconosciuta, la parte avuta da Costantino nella vittoria contro Massenzio.
C'è da domandarsi a questo punto, ripensando all'espressione instinctu divinitatis dell'iscrizione dell'arco trionfale, se la divinità che ispirò Costantino e ne favorì la vittoria gli era ancora sconosciuta o se invece egli ne aveva una conoscenza più profonda, come lascerebbero pensare la coscienza del prodigio, la vicinanza di Eusebio di Cesarea e la presenza presso di lui del vescovo Osio di Cordoba, influente consigliere. La divinità della quale parla l'iscrizione dell'arco di Costantino è probabilmente lasciata nell'incertezza volutamente. Sappiamo che Costantino ricevette il battesimo al termine della sua vita, ma la sua vigorosa preghiera e il riconoscimento dell'aiuto prestatogli direttamente da una divinità facilmente riconoscibile sia dal nome sia dal simbolo della croce fanno pensare che, dopo l'evento prodigioso, la conversione di Costantino, forse manifestata inizialmente soltanto con l'abbandono delle divinità pagane e col gesto plateale di non rivolgere il ringraziamento a Giove Ottimo Massimo dopo la vittoria di Ponte Milvio, seguendo la tradizione secolare dei generali romani vittoriosi, fosse un fatto ormai compiuto.

COSTRETTO A RIMANERE NEL VAGO
La scelta di Costantino, che potrebbe essere presa come momento immediatamente successivo alla scelta e quindi alla sua conversione, è fortemente sottolineata dal Panegirico del 313, scritto da un autore pagano che ignora gli dei "ufficiali" della Roma pagana. Costantino era costretto a rimanere nel vago per non turbare la pace raggiunta con difficoltà e dopo molti anni di guerre e di persecuzioni; anche se l'intento di Costantino fosse stato un altro, il pericolo di rinnovare un conflitto religioso fra cristiani e pagani confessando apertamente il Dio dei cristiani poteva creare nuove tensioni all'interno dell'impero, soprattutto nelle città, come Alessandria, dove la presenza dei cristiani era più consistente e i membri della comunità cristiana assai irrequieti. Nell'impero coesistevano molte religioni, alcune antiche e pericolosamente attive, come il Giudaismo. L'editto di Milano, che riconosceva la libertà di culto ai fedeli di tutte le religioni, non poteva essere smentito, se si può dir così, da un documento ufficiale che privilegiava implicitamente la religione cristiana. La divinità "misteriosa" poteva identificarsi con una qualsiasi delle religioni e l'autore del Panegirico ricordato sopra afferma che quella divinità ha tanti nomi quante sono le genti e che non è possibile sapere come essa stessa voglia essere chiamata. Un'altra buona ragione che dovette giocare un ruolo importante nella scelta di Costantino in numerose circostanze fu l'attaccamento alle divinità pagane degli esponenti della nobiltà romana. Costantino tenne un atteggiamento di rispetto nei confronti della vecchia nobiltà romana, nelle cui mani lasciava il governo di buona parte dell'amministrazione centrale. Per questa esigenza di mantenere in equilibrio lo stato di cose seguito agli eventi del 312 e 313, Costantino lasciò che ciascuno, leggendo instinctu divinitatis, vi scorgesse un riconoscimento della propria fede.

Fonte: Il Timone, dicembre 2014

5 - EXODUS: LA STORIA DI MOSE' CON TANTI EFFETTI SPECIALI, MA... MANCA DIO
Nuovo film di Ridley Scott che storpia la storia dell'Esodo facendo di Mosè un eterno titubante che non crede in Dio
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: FilmGarantiti, 29/01/2015

Un tempo chi voleva sentire musica doveva suonarsela o farsela suonare. Poi sono arrivati i sistemi di registrazione e la musica è stata alla portata di tutti. L'elettronica, poi, ha permesso a chicchessia di avere a disposizione un'intera orchestra. Non devi imparare il pentagramma e nemmeno uno strumento perché ci pensa il mouse. Così, basta che ti compri il programma computerizzato adatto e puoi esprimerti: violini, cori, arpe, percussioni eccetera. La possibilità concessa a tutti di dirigere una filarmonica ha però riazzerato le cose: se la musica non l'hai in testa, a nulla varrà la tua orchestra elettronica. Cioè, se non hai fantasia creativa, c'è poco da fare; se sei Mozart, l'orchestra non ti serve, perché saranno gli altri a suonare, e volentieri, le tue creazioni.
La stessa cosa accade per il cinema. Ormai gli effetti speciali li usano tutti, ed è andata a finire, come prevedibile, che hanno stuccato. E anche qui, se non hai la storia, è inutile ogni fantasmagoria e pure il 3D. Nel caso della trilogia del Il Signore degli anelli, per esempio, la storia l'aveva scritta –scusate se è poco- nientemeno che J.R.R.Tolkien. Gli effetti speciali computerizzati l'hanno solo resa visibile (mentre prima non lo era), il regista Peter Jackson non ha dovuto fare altro che trasporla sullo schermo così com'era stata scritta. Anzi, più è stato fedele al testo e più i tre film sono riusciti. Infatti, la valanga di Oscar ricevuti l'ha confermato. Prova del nove: la trilogia de Lo Hobbit è meno efficace, perché il regista, per allungare il brodo, ci ha messo del suo, allontanandosi dall'originale di Tolkien. Risultato, niente premi e minori entrate al botteghino. Sì, perché, ripetiamo, se la storia non "tiene", cercare di compensare quel che manca moltiplicando gli fx finisce per essere quasi fastidioso.
Detto questo, un chiaro esempio di tutto ciò è il film Exodus. Dei e Re di Ridley Scott, già distintosi per non aver nemmeno nominato i cristiani ne Il gladiatore e per l'esaltazione di Saladino ne Le crociate. Non a caso, nel primo le scene più belle sono quelle della battaglia iniziale tra romani e germani. Cioè, la storia così com'è effettivamente andata. Nel secondo, idem: l'assedio di Gerusalemme; il resto è da buttare, perché l'ossessione del regista di mostrare i cristiani cattivi e i musulmani buoni ha creato vere e proprie falle nel soggetto (per esempio: perché Ibelin rifiuta di sposare Sibilla, di cui è pur innamorato?). Insomma, grandi cast e grandi effetti speciali ma al servizio di quel che pensa Ridley Scott. Che è il più trito politically correct. E l'ultimo film lo conferma in pieno.
Già la scelta del protagonista è opinabile: dare a Mosè la faccia di Batman quando si ha a disposizione un budget illimitato è come minimo singolare. Erano tutti impegnati gli altri attori del mondo? Boh. Tanto per dire, quando gli italiani fecero la miniserie di Sandokan scelsero un attore sconosciuto, Kabir Bedi, ma che si rivelò azzeccatissimo. La trovata di rappresentare Dio come un bambino (o era un angelo che parlava al di Lui posto?) può essere interessante se però non trasformi quello stesso bambino in un essere crudele, prepotente e capriccioso con cui Mosè si scontra più volte, finendo con l'apparire –nientemeno- più buono e umano di Dio. Il Dio giudaico-cristiano è un essere di innocenza infinita: è l'Innocenza stessa. Perciò, un bambino andava benissimo, peccato che sia diventato l'opinione che Ridley Scott ha di Dio. Anche qui, come per Il Signore degli Anelli, sarebbe bastato prendere la storia così com'è scritta e sceneggiarla. Infatti, la vicenda di Mosè è spettacolare di suo.
Lo aveva ben compreso Cecil B. De Mille, il cui I Dieci Comandamenti non a caso rimane insuperato. Charlton Heston non era affatto famoso, all'epoca, e fu scelto perché –letteralmente- aveva un naso uguale a quello del Mosè di Michelangelo. Quel regista dovette ricorrere a una piscina piena d'acqua e svuotata al rallentatore, dopo aver proiettato la scena alla rovescia, per descrivere il passaggio del Mar Rosso. Ridley Scott, invece, ha evitato come la peste la verga di Mosè che separa le acque, ha mostrato una spiaggia che, poco spettacolarmente, via via si prosciuga e infine è ricorso allo tsunami per sommergere gli egiziani.
Morale della favola, ancora oggi I Dieci Comandamenti di Cecil B. De Mille, con Charlton Heston e Yul Brinner resta il miglior film sull'argomento. Con i suoi sessant'anni e pure i suoi effetti speciali "fatti in casa". Invece, da quando la sinistra americana si è impadronita di Hollywood, i temi "biblici" sono scesi al livello del vegetariano Noah. [...]

Fonte: FilmGarantiti, 29/01/2015

6 - IL DECALOGO DEL BUON PADRE
Il padre è la presenza che dà sicurezza, un modello di amore e perdono che rispecchia l'immagine di Dio
Fonte Amici di Lazzaro, 15/01/2015

1. IL PRIMO DOVERE DI UN PADRE VERSO I SUOI FIGLI È AMARE LA MADRE
La famiglia è un sistema che si regge sull'amore. Non quello presupposto, ma quello reale, effettivo. Senza amore è impossibile sostenere a lungo le sollecitazioni della vita familiare. Non si può fare i genitori "per dovere". E l'educazione è sempre un "gioco di squadra". Nella coppia, come con i figli che crescono, un accordo profondo, un'intima unione danno piacere e promuovono la crescita, perché rappresentano una base sicura. Un papà può proteggere la mamma dandole in "cambio", il tempo di riprendersi, di riposare e ritrovare un po' di spazio per sé.

2. IL PADRE DEVE SOPRATTUTTO ESSERCI
Una presenza che significa "voi siete il primo interesse della mia vita". Affermano le statistiche che, in media, un papà trascorre meno di cinque minuti al giorno in modo autenticamente educativo con i propri figli. Esistono ricerche che hanno riscontrato un nesso tra l'assenza del padre e lo scarso profitto scolastico, il basso quoziente di intelligenza, la delinquenza e l'aggressività. Non è questione di tempo, ma di effettiva comunicazione. Esserci, per un papà vuol dire parlare con i figli, discorrere del lavoro e dei problemi, farli partecipare il più possibile alla sua vita. E' anche imparare a notare tutti quei piccoli e grandi segnali che i ragazzi inviano continuamente.

3. IL PADRE È UN MODELLO, CHE LO VOGLIA O NO
Oggi la figura del padre ha un enorme importanza come appoggio e guida del figlio. In primo luogo come esempio di comportamenti, come stimolo a scegliere determinate condotte in accordo con i principi di correttezza e civiltà. In breve, come modello di onestà, di lealtà e di benevolenza. Anche se non lo dimostrano, anche se persino lo negano, i ragazzi badano molto di più a ciò che il padre fa, alle ragioni per cui lo fa. La dimostrazione di ciò che chiamiamo "coscienza" ha un notevole peso quando venga fornita dalla figura paterna.

4. UN PADRE DÀ SICUREZZA
Il papà è il custode. Tutti in famiglia si aspettano protezione dal papà. Un papà protegge anche imponendo delle regole e dei limiti di spazio e di tempo, dicendo ogni tanto "no", che è il modo migliore per comunicare: "ho cura di te".

5. IL PADRE INCORAGGIA E DÀ FORZA
Il papà dimostra il suo amore con la stima, il rispetto, l'ascolto, l'accettazione. Ha la vera tenerezza di chi dice: "Qualunque cosa capiti, sono qui per te!". Di qui nasce nei figli quell'atteggiamento vitale che è la fiducia in se stessi. Un papà è sempre pronto ad aiutare i figli, a compensare i punti deboli.

6. IL PADRE RICORDA E RACCONTA
Paternità è essere l'isola accogliente per i "naufraghi della giornata". E' fare di qualche momento particolare, la cena per esempio, un punto d'incontro per la famiglia, dove si possa conversare in un clima sereno. Un buon papà sa creare la magia dei ricordi, attraverso i piccoli rituali dell'affetto. Nel passato il padre era il portatore dei "valori", e per trasmettere i valori ai figli bastava imporli. Ora bisogna dimostrarli. E la vita moderna ci impedisce di farlo. Come si fa a dimostrare qualcosa ai figli, quando non si ha neppure il tempo di parlare con loro, di stare insieme tranquillamente, di scambiare idee, progetti, opinioni, di palesare speranze, gioie o delusioni?

7. IL PADRE INSEGNA A RISOLVERE I PROBLEMI
Un papà è il miglior passaporto per il mondo " di fuori". Il punto sul quale influisce fortemente il padre è la capacità di dominio della realtà, l'attitudine ad affrontare e controllare il mondo in cui si vive. Elemento anche questo che contribuisce non poco alla strutturazione della personalità del figlio. Il papà è la persona che fornisce ai figli la mappa della vita.

8. IL PADRE PERDONA
Il perdono del papà è la qualità più grande, più attesa, più sentita da un figlio. Un giovane rinchiuso in un carcere minorile confida: "Mio padre con me è sempre stato freddo di amore e di comprensione. Quand'ero piccolo mi voleva un gran bene; ci fu un giorno che commisi uno sbaglio; da allora non ebbe più il coraggio di avvicinarmi e di baciarmi come faceva prima. L'amore che nutriva per me scomparve: ero sui tredici anni… Mi ha tolto l'affetto proprio quando ne avevo estremamente bisogno. Non avevo uno a cui confidare le mie pene. La colpa è anche sua se sono finito così in basso. Se fossi stato al suo posto, mi sarei comportato diversamente. Non avrei abbandonato mio figlio nel momento più delicato della sua vita. Lo avrei incoraggiato a ritornare sulla retta via con la comprensione di un vero padre. A me è mancato tutto questo"

9. IL PADRE È SEMPRE IL PADRE
Anche se vive lontano. Ogni figlio ha il diritto di avere il suo papà. Essere trascurati o abbandonati dal proprio padre è una ferita che non si rimargina mai.

10. IL PADRE È IMMAGINE DI DIO
Essere padre è una vocazione, non solo una scelta personale. Tutte le ricerche psicologiche dicono che i bambini si fanno l'immagine di Dio sul modello del loro papà. La preghiera che Gesù ci ha insegnato è il Padre Nostro. Una mamma che prega con i propri figli è una cosa bella, ma quasi normale. Un papà che prega con i propri figli lascerà in loro un'impronta indelebile.

Fonte: Amici di Lazzaro, 15/01/2015

7 - IL MESSAGGERO DI SANT'ANTONIO SI ABBASSA AL POLITICAMENTE CORRETTO
Pubblicato un calendario riportante le festività cattoliche, assieme a quelle musulmane, ebraiche e ortodosse
Fonte No Cristianofobia, 16/01/2015

Prima la stampa locale, poi quella nazionale: ha suscitato prevedibilmente vivaci reazioni la scelta del Messaggero di Sant'Antonio di pubblicare un calendario riportante le festività cattoliche, assieme a quelle musulmane, ebraiche e ortodosse. Come se fossero tutte uguali. Come se fossero tutte sullo stesso piano. Ma – ha spiegato il direttore, padre Fabio Scarsato – «queste persone vivono in mezzo a noi. Non possiamo più pensare di vivere in Stati a compartimenti stagni». Il che non significa per forza stampare una cosa simile. Non è né cogente, né conseguente. Anzi, non c'entra proprio niente col fatto di vedere indicato, in corrispondenza al 3 gennaio da poco trascorso, il Mawlid al-Nabi ovvero la festa della nascita di Maometto!
Partire da un simile presupposto snobberebbe il Catechismo della Chiesa Cattolica, quando spiega come il depositum fidei, «contenuto nella Sacra Tradizione e nella Sacra Scrittura», sia stato affidato dagli Apostoli solamente alla «Chiesa» (n. 84). Quando spiega come «l'ufficio di interpretare autenticamente la Parola di Dio» sia stato «affidato al solo Magistero vivente della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo» (n. 85). Quando spiega come la Chiesa, «che è 'colonna e sostegno della Verità'» conservi «fedelmente la fede, che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte» e custodisca «la memoria delle parole di Cristo» (n. 171).
Intendiamoci, non è la prima iniziativa del genere in casa cattolica. Né sarà l'ultima. Purtroppo. Sulla stessa falsariga da anni si pubblica il calendario di un'altra testata, Jesus. E poi il Libro Agenda Cattolico. Nel 2010 fece clamore l'edizione addirittura del Messale domenicale per la Francia, senza i Santi Patroni nazionali, ma con tutte le feste musulmane ed ebraiche. Di nuovo, col Messaggero di Sant'Antonio, v'è solo il fatto che l'operazione sia stata assunta da una rivista distribuita in 400 mila copie in Italia, quasi un milione considerando anche il mondo, ove pure viene massicciamente diffusa.
Del resto, da quando circa un anno fa la direzione della rivista è passata a padre Fabio Scarsato, la «linea dialogante», lamentata da un lettore sul sito web del giornale, è divenuta vieppiù dominante, come dimostra la foto pubblicata sul mese di luglio, raffigurante la delegazione islamica in visita al corpo di Sant'Antonio durante l'ostensione del 2010. Oppure l'imminente pubblicazione del Cantico delle Creature di Francesco d'Assisi con i commenti di cattolici, ebraici e buddhisti, esperti e non, persino ragazzi.
Varrebbe forse la pena ricordare ciò che, con estrema chiarezza, già viene formulato nel Catechismo Maggiore di San Pio X al n. 169: «Fuori della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana nessuno può salvarsi» (n. 169). Dichiarazione mai smentita. Né - provvidenzialmente - lo si potrebbe. Piaccia o meno alla redazione del Messaggero.

Fonte: No Cristianofobia, 16/01/2015

8 - L'UOMO E' LA SOLUZIONE, NON IL PROBLEMA
L'ambientalismo è contro l'uomo e spiace che spesso i cristiani non se ne accorgano
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Il Timone, dicembre 2014

Quando si arriva a organizzare una giornata di protesta mondiale contro i cambiamenti climatici - come è accaduto lo scorso settembre - e tutti la prendono drammaticamente sul serio, vuol dire che, almeno dal punto di vista culturale, siamo davvero arrivati al capolinea. Basterebbe infatti ripescare tra i ricordi scolastici per rendersi conto che i cambiamenti climatici sono la normalità, sono parte della natura: non solo ci sono state cinque ere glaciali con relative ere interglaciali, ma anche l'era interglaciale - come quella che stiamo vivendo - è soggetta a variazioni notevoli nel corso dei secoli. Protestare contro i cambiamenti climatici è perciò come fare uno sciopero contro lo scorrere del tempo.
È l'esempio più eclatante del delirio di onnipotenza che si è impossessato dell'uomo moderno (o post-moderno come si ama tanto dire). Proprio mentre si sostiene che l'uomo deve "diminuire" perché con la sua presenza e attività sta bruciando il pianeta - e questa sarebbe la causa del cambiamento del clima -, si afferma in realtà che l'uomo è in grado di controllare il mondo, ad esempio aumentando o diminuendo la temperatura della terra con la stessa facilità con cui si manovra il termostato dei caloriferi in casa. Così si arriva ad esempio a firmare accordi sul clima che prevedono impegni per contenere l'aumento di temperatura di due gradi entro il 2100. È un impegno che implica la conoscenza esatta dei meccanismi di variazione del clima e dello temperature, cosa che invece non è neanche lontanamente possibile per la scienza attuale. Eppure ci sono fior di scienziati e di politici che ci credono (o fanno finta di crederci), e con loro trascinano l'opinione pubblica.

IL TRIONFO DELLA SECOLARIZZAZIONE
È il dramma di un mondo secolarizzato, dove avendo voluto allontanare Dio dall'orizzonte si è ormai incapaci di guardare alla realtà per quello che è. L'equilibrio che si è rotto non è quello della natura, ma quello dell'uomo. E nello stesso tempo anche nella Chiesa si è persa la capacità di generare cultura, con un drammatico cedimento alla mentalità dominante. Ecco così che oggi singoli e comunità cattoliche pensano di affrontare periodi di nubifragi o di siccità diminuendo le emissioni di anidride carbonica (il "mattone della vita" oggi trasformato in sostanza killer) quando per secoli i cattolici - riconoscendo che Gesù è il Signore della natura - pregavano Dio e magari istituivano processioni penitenziali. Ed ecco anche autorevoli esponenti cattolici parlare come un qualsiasi leader del WWF o di Greenpeace.
Tale cedimento culturale è ben rappresentato dalla confusione che si fa intorno ai termini. Da qualche anno, infatti, è diventato di uso comune nella Chiesa parlare o educare alla "salvaguardia (o custodia) del Creato". Giusto, per carità, ma si usa questo concetto come se fosse l'equivalente cristiano di "difesa dell'ambiente". Insomma, l'unico tratto originale del cristianesimo è ridotto a un uso di diversi termini, ma che in fondo significano la stessa cosa.
Invece, "salvaguardia del Creato" e "difesa dell'ambiente" hanno significati diametralmente opposti e, casomai, dovrebbero mettere in risalto la visione anti-umana dell'ecologismo oggi imperante.

DUE CONCEZIONI OPPOSTE
Cosa si intende infatti oggi per ambiente? È la natura che circonda l'uomo, ma dove l'uomo tende a creare problemi con la sua presenza e attività. Si immagina cioè la natura come un meccanismo di per sé in perfetto equilibrio, per quanto delicato. Così l'uomo dovrebbe rispettare questo equilibrio "muovendosi" il meno possibile, cosa che però non fa. Ed è qui allora che si invoca la mano dura dello Stato che imponga leggi ferree al riguardo (le politiche energetiche legate al clima vanno in questa direzione, ma anche il controllo delle nascite nei Paesi poveri). L'ambiente è perciò qualcosa di sostanzialmente estraneo all'uomo, qualcosa che lo circonda, con cui deve convivere ma che starebbe molto meglio senza presenza umana. Il culmine di questa cultura sta nella famosa "Ipotesi Gaia", teoria dello scienziato britannico James Lovelock, che si rifà all'antica divinità greca. "Gaia" significa che la Terra è vista come un organismo vivente, che ha in sé tutti gli strumenti per autoregolarsi. In questo meccanismo perfetto si inserisce l'uomo che la attacca come un virus. Ed ecco allora che la Terra reagisce esattamente come il nostro organismo quando viene attaccato da virus e batteri: con l'aumento della temperatura. Non è un caso che nel linguaggio comune, riferendosi al fenomeno del riscaldamento globale, si usi parlare di "febbre del pianeta": si indica esattamente questa realtà di un organismo vivente attaccato da un virus.
L'uomo dunque è il nemico, e non per niente si usa correntemente l'espressione «difesa dell'ambiente». Ci si difende perché qualcuno attacca o minaccia. In questa concezione dunque c'è un rapporto conflittuale tra l'uomo e l'ambiente, in cui l'uomo è ovviamente il cattivo. Prevale una visione prettamente negativa della persona umana, che molto deve anche all'eredità del protestantesimo. Non a caso, i primi movimenti dichiaratamente ecologisti nascono alla fine dell'800 negli Stati Uniti e nell'Europa del Nord, derivanti dalle Società di Eugenetica, con lo scopo di "conservare" la natura. Creano cioè le riserve naturali, i parchi, aree protette dove l'uomo non può entrare (se non coloro che si autoinvestono del potere di decidere cosa è naturale e cosa no) e hanno lo scopo di guadagnare quanta più natura è possibile, strappandola agli insediamenti umani.
In questa visione entrano anche chiari elementi neo-pagani: così che l'idea di "conservare" si estende all'insieme dell'attività umana, al punto che ai nostri giorni viene ormai considerato un ideale «lasciare il mondo ai nostri figli così come l'abbiamo ricevuto dai nostri genitori». È una visione statica, immobilistica, peraltro tipica anche di tante culture tribali che vedono nel cambiamento - sia esso sociale o della natura - una minaccia, con relativi colpevoli (il malato, il diverso) che devono essere sacrificati per salvare la comunità, la tribù. In questa prospettiva si comprende meglio il perché della paura attuale davanti ai cambiamenti climatici, e i "sacrifici" che vengono chiesti.

LA NOVITÀ CRISTIANA
Nulla di più lontano da una vera concezione cristiana. I1 Creato non ha nulla a che spartire con la concezione di ambiente così come l'abbiamo descritta. Parlare di Creato vuoi dire anzitutto riconoscere che c'è un Creatore, che ha dunque stabilito un ordine e un fine. E l'uomo è il vertice della creazione, tutto ciò che lo circonda è a lui finalizzato. Tanto che Gesù si è incarnato per salvare l'uomo, non per redimere le anatre o salvare le piante di insalata. Non c'è dunque estraneità o conflitto tra l'uomo e la natura che lo circonda, anche se il peccato originale fa sì che l'uomo possa eventualmente ferire il Creato. Soltanto la memoria dell'appartenenza a Dio rende l'uomo responsabile nell'uso di tutto ciò che lo circonda e che per lui è stato creato. Per questo, una volta papa Benedetto XVI ebbe a dire che la minaccia più grave per l'ambiente è l'ateismo.
L'equilibrio dunque non sta né nell'immobilismo né in una "scomparsa" dell'uomo, ma nella coscienza che l'uomo ha di appartenere a Dio. Dalla Dottrina sociale della Chiesa si ricava una formuletta che sintetizza questa visione: la natura è per l'uomo, ma l'uomo è per Dio. Il Cantico delle Creature di san Francesco, lungi dall'essere un testo anche lontanamente ecologista, è la perfetta traduzione dell'approccio cristiano: la lode a Dio per tutti i doni ricevuti è proprio il riconoscimento di una Signorìa più grande che spinge l'uomo a usare responsabilmente di tutto ciò che lo circonda. Non serve uno Stato che terrorizzi sulle terribili conseguenze - perlopiù inventate - dello spreco di risorse, basta riconoscere che dipendiamo da Dio.
C'è dunque una visione positiva, realistica, sia dell'uomo sia della natura, lontana sia dallo sfruttamento selvaggio delle risorse sia dalla divinizzazione della natura stessa, che sono i due estremi (entrambi ben presenti nella nostra società) tra cui oscilla l'uomo quando perde il riferimento a Dio.
Non prevale perciò la necessità di "difendere" l'ambiente ma di custodirlo, come farebbe un bravo giardiniere con il terreno che gli è affidato. La Creazione non è infatti un dato acquisito all'origine, è un qualcosa a cui l'uomo è chiamato a collaborare con il suo lavoro. In fondo la storia ce lo dimostra: se è vero che gli uomini hanno provocato anche catastrofi ambientali, non è meno vero che nel corso dei secoli la presenza umana ha reso belli e umanamente godibili tantissimi territori che erano malsani e inospitali. Il giardiniere non "conserva", ma "sviluppa", migliora ciò che gli è affidato: mette delle piante, inserisce nuove specie che meglio si adattano a quel particolare terreno, si preoccupa di alimentare il terreno, studia delle possibilità di disposizioni che valorizzino quell'ambiente anche con i colori delle diverse varietà di fiori, e così via.

LA DEFINIZIONE DI RISORSA
Il modo di affrontare i temi ambientali, dunque, dipende in realtà dalla concezione di uomo che abbiamo, e questa a sua volta dipende dal riconoscere o meno il Creatore.
Non è una differenza da poco; le conseguenze, anche politiche, sono enormi. Basti pensare all'attuale ossessione per le risorse naturali, del cui rapido esaurimento è ovviamente accusato l'uomo. Stando all'ecologismo, che oggi domina anche nei testi scolastici, è la Terra che produce risorse che l'uomo starebbe saccheggiando ben oltre il limite che la stessa Terra impone. In questa concezione, dunque, le risorse sarebbero un dato conosciuto, fisso e immutabile, di cui l'uomo può solo prendere atto. Ma la realtà non è così: nel corso della storia, infatti, le risorse sono andate crescendo e diversificandosi. L'età della pietra non è finita per l'esaurirsi di pietre, ma perché l'uomo ha scoperto i metalli, con cui poteva rispondere in modo più efficiente ed economico ai bisogni che prima soddisfaceva attraverso l'uso della pietra. Così è per tutto: il petrolio, due secoli fa, non era una risorsa ma casomai un problema; per i vestiti si fa sempre meno ricorso a fibre naturali perché nel frattempo sono stati creati nuovi tessuti in laboratorio, più efficienti ed economici. E gli esempi si potrebbero moltiplicare all'infinito.
Questo vuol dire che non è la natura a definire le risorse, ma l'uomo con la sua creatività e intelligenza. Per cui la prima e vera risorsa è l'uomo, e la possibilità che questa risorsa dia il massimo, a servizio di tutti, sta nell'educazione.
Ma è esattamente il contrario di quello che ci si prefigge con le attuali politiche globali. Convinti che le risorse siano definite dalla natura e perciò "limitate", si persegue una politica di contenimento dell'uomo: sia quantitativo, con il controllo delle nascite, sia qualitativo, con il freno della crescita e dei consumi. Così la contraccezione e l'aborto, e presto anche l'eutanasia, tanto per fare un esempio, diventano misure necessarie per salvare pianeta (meno persone = meno inquinamento = meno sfruttamento della natura). Ma è proprio in questo modo - eliminando cioè la prima e fondamentale risorsa - che si distruggerà l'uomo e con lui la natura.

Fonte: Il Timone, dicembre 2014

9 - OMELIA V DOMENICA T. ORD. - ANNO B - (Mc 1, 29-39)
Si ritirò in un luogo deserto, e là pregava
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 8 febbraio 2015)

Il Vangelo di oggi è ricco di insegnamenti per la nostra vita cristiana. Prima di tutto impariamo ad essere sempre riconoscenti al Signore, il quale continuamente ci benefica con la sua grazia. Nel brano che abbiamo appena ascoltato è riportato il commovente episodio della guarigione della suocera di Simone. Non può sfuggirci un particolare: appena quella donna fu guarita si mise a servire Gesù e i suoi discepoli. Immaginiamoci con quanto amore e riconoscenza ella si mise a contraccambiare la grazia ricevuta.
Anche noi siamo stati beneficati tante e tante volte dal Signore. Ogni giorno veniamo visitati dalla sua grazia. E anche noi, come quella sconosciuta donna del Vangelo, dobbiamo sentire la necessità di ringraziare Dio e di servirlo generosamente ogni giorno della nostra vita.
Tante volte, purtroppo, ci dimentichiamo di questo doveroso ringraziamento e, così facendo, siamo noi stessi, con le nostre mani, che chiudiamo il "rubinetto" della grazia divina. Al contrario, se ci abitueremo alla riconoscenza, continueremo a ricevere molte grazie, e sempre più grandi. Impariamo a vedere i numerosi benefici di cui Dio ci circonda, e ringraziamo dal profondo del nostro cuore.
Un secondo insegnamento riguarda la carità. Gesù si mise a guarire malati e indemoniati, al punto che «tutta la città era riunita davanti alla porta» (Mc 1,33). Sull'esempio del nostro Maestro Divino, anche noi dobbiamo sentire la necessità di andare incontro ai nostri fratelli che vivono nell'indigenza. A volte sono poveri che non sanno come giungere a fine mese, altre volte sono anziani e malati che non sanno come riempire il vuoto delle loro giornate.
Come siamo stati beneficati tante e tante volte da Dio, così dobbiamo sentire la necessità di beneficare i fratelli che sono nel bisogno, ciascuno secondo le proprie capacità.
Un terzo insegnamento riguarda la preghiera. «Al mattino presto [Gesù] si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava» (Mc 1,35). Tutti lo cercavano, e Gesù era appartato in preghiera. Il nostro Redentore, con la sua parola e con il suo esempio ci insegna la necessità della preghiera. Se importante è la carità da svolgere, ancora più importante è la preghiera. Gesù ci ha insegnato questa necessità sottraendosi alle ricerche affannose della folla.
La preghiera è il respiro dell'anima e dobbiamo fare attenzione a non farci travolgere dalle molte cose da fare. La più grande tentazione sarà sempre quella di trascurare la devota orazione. L'esempio di Gesù ci insegna ad alzarsi presto alla mattina, per iniziare la giornata nel modo migliore, nell'incontro con Dio. Il segreto per trascorrere una giornata fruttuosa e serena è proprio quello di alzarsi presto e di pregare. In questo modo, il Signore ci donerà la grazia di affrontare serenamente le difficoltà che incontreremo sul nostro cammino.
Un quarto insegnamento riguarda invece la missione. Gesù disse: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto» (Mc 1,38). Dalla preghiera ben fatta scaturirà il desiderio di far conoscere il Signore a tutti quelli che vivono attorno a noi e a quelli che incontreremo. La Chiesa è missionaria per sua natura e lo è anche ogni cristiano.
Questa era l'ansia di san Paolo apostolo, il quale così scrive nella seconda lettura di oggi: «Fratelli, annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1Cor 9,16). E, così, poteva anche dire: «Tutto io faccio per il Vangelo» (1Cor 9, 23).
Ogni cristiano dovrebbe sentire questa ansia missionaria. Se non sentiamo questo desiderio, il motivo è che, forse, si è raffreddato il nostro amore al Signore. Se si ama Dio si parlerà volentieri di Lui alla gente che ci circonda, cercando di illuminarla. I primi cristiani lo facevano con il rischio del martirio, e consideravano una grazia ed un onore poter dare la vita per Cristo. Noi, invece, preferiamo vivere tranquilli e non aver problemi di questo genere. Se cerchiamo di comprendere il motivo per il quale san Paolo viaggiò per tutto il mondo allora conosciuto allo scopo di predicare il Vangelo, fino a morire martire, troviamo solo una risposta: l'amore a Dio e l'amore al prossimo. Chiediamo anche noi questo bene, il solo che potrà trasformare la nostra vita. Quando l'amore prenderà il posto dell'egoismo anche noi, come san Paolo, faremo tutto per il Vangelo.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 8 febbraio 2015)

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