BastaBugie n�116 del 27 novembre 2009

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1 LA FEDE CATTOLICA AFFONDA LE RADICI NELLA RAGIONE, CIOE' NELL'OGGETTIVO E NEL VERIFICABILE

Fonte: I tre sentieri
2 BENEDETTO XVI: LE CATTEDRALI EUROPEE SONO BIBBIE DI PIETRA

Fonte: Corrispondenza Romana
3 LA REGIONE PIU' POVERA DELLA SPAGNA SPENDE 14MILA EURO PER CORSI GRATUITI DI MASTURBAZIONE PER STUDENTI TRA I 14 E 18 ANNI

Autore: Davide Mattei - Fonte: Il Giornale
4 IL PRESERVATIVO SERVE SOLO AL GAY BUSINESS

Autore: Rodolfo Casadei - Fonte: Tempi
5 BIOETICA: INSIDIE E CONTRADDIZIONI DEL DIBATTITO PARLAMENTARE

Fonte: Corrispondenza Romana
6 NIENTE TV E INTERNET NELLA CAMERA DEI FIGLI
Cresce il dovere di vigilanza dei genitori
Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: Avvenire
7 UN RACCONTO ISTRUTTIVO: PERCHE' DIO PERMETTE LA SOFFERENZA?

Autore: Bruno Ferrero - Fonte: Solo il vento lo sa
8 KARL RAHNER: LO PSEUDO PROFETA DEL CONCILIO TRADITO

Fonte: Corrispondenza Romana
9 OMELIA PER LA I DOMENICA TEMPO DI AVVENTO - C - (Lc 21, 25-28.34-36)

Autore: Padre Antonio Izquierdo - Fonte: Sacerdos

1 - LA FEDE CATTOLICA AFFONDA LE RADICI NELLA RAGIONE, CIOE' NELL'OGGETTIVO E NEL VERIFICABILE

Fonte I tre sentieri, 21 novembre 2009

Vittorio Messori, nel suo libro dedicato alla Resurrezione, racconta che in occasione della Pasqua del 1976, il quotidiano francese Le Monde pubblicò un’intervista a diversi esponenti della chiesa francese. Veniva posta questa domanda: “Che ne sarebbe della vostra fede se il piccone dell’archeologo, in qualche luogo dell’antica Palestina, dissotterrasse le ossa di Gesù di Nazareth?” Molti semplici fedeli dettero una risposta del tutto logica, fra cui uno sconosciuto parroco di periferia: “Sarebbe la prova che la mia fede non era che un’illusione.” Invece molti preti intellettuali risposero in maniera diversa. Uno di loro, sacerdote e psicanalista, disse: “La scoperta dello scheletro di Gesù rafforzerebbe la mia credenza, perché distruggerebbe il mito della rianimazione di un cadavere. La presenza delle ossa del Nazareno mi rafforzerebbe nella fede, che per essere tale, deve essere del tutto indimostrabile.” Un teologo protestante poi aggiunse: “Questo non m’impedirebbe di credere nella Resurrezione. Anzi, un simile ritrovamento sbloccherebbe la fede, obbligandola a non fidarsi più del visibile.” 
 LA DEFINIZIONE CATTOLICA DI FEDE
 Abbiamo voluto iniziare con queste parole per far capire quanto ai nostri tempi ci si è allontanati dal vero e cattolico concetto di fede. Si pensa, insomma, che questa (la fede) possa prescindere totalmente dal dato oggettivo, razionale e sensibile, per divenire pura accettazione di uno straordinario che può benissimo inserirsi nella sfera dell’assurdo.
Invece, la definizione cattolica di fede è ben precisa ed è questa: la fede è assenso dell’intelletto alle verità rivelate. Certamente in questa definizione si sottolinea il protagonismo della volontà (si parla infatti di “assenso”), ma nello stesso tempo si precisa che in questo assenso deve essere anche coinvolto l’intelletto. Teniamo infatti presente che laddove nella teologia cattolica l’intelletto non può dimostrare, esso è comunque chiamato ad indagare gli elementi di credibilità che sono alla base di determinate verità rivelate.
 LA DEFINIZIONE CATTOLICA DI MIRACOLO
Ma non solo la definizione di Fede, anche quella di miracolo ci pone in questa prospettiva. Oggi spesso sentiamo frasi del tipo: è la fede che fa i miracoli. Certamente, se si pensa ai miracoli ottenuti attraverso la fede, ciò è vero; ma questa frase viene detta solitamente per affermare tutt’altro, e cioè che non devono essere i miracoli a fondare la fede ma viceversa. Ciò non solo è sbagliato ma è anche anticattolico. Come conseguenza di una simile affermazione vi è un voler giustificare tanta pigrizia spirituale, del tipo: beato chi ha la fede, io non ce l’ho e quindi non ci posso fare nulla! Ebbene, il Concilio Vaticano I dà una precisa definizione di miracolo che dice: “I miracoli sono segni certissimi della divina Rivelazione adatti all’intelligenza di tutti.” (sess.III, c.3, DB, 1790). Dunque, dinanzi ai miracoli non c’è giustificazione che tenga, perché essi si “adattano all’intelligenza di tutti.” Ed ecco perché il Vangelo di Marco, al capitolo 11, ci racconta: “Allora si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli, perché non si erano convertite: ‘Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida. Perché, se a Tiro e a Sidone fossero stai compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza, ravvolte nel cilicio e nella cenere. Ebbene, io vi dico: Tiro e Sidone nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra.”
L’EPISODIO MAL INTERPRETATO DELL’APOSTOLO TOMMASO
Qualcuno, però, potrebbe fare questa obiezione: i miracoli non sono necessari, perché Gesù loda chi non ha bisogno di essi. Infatti, c’è l’episodio che toccò all’apostolo Tommaso che racconta: ‘Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: Pace a voi!’. Poi disse a Tommaso: ‘Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, emettila nel mio costato; e non essere più incredulo, ma credente!’ Rispose Tommaso: ‘Mio Signore e mio Dio!’. Gesù gli disse: ‘Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!’  (Giovanni 20). Questo episodio viene solitamente utilizzato per affermare che la vera fede è quella che prescinde totalmente dai segni, cioè dal vedere e constatare. E invece le cose non stanno così: Andrea Tornielli, nel suo Inchiesta sulla Resurrezione (Milano 2005), ci dice che questa traduzione non è fondata. Egli riprende l’illustre biblista Ignace de la Potterie, il quale afferma che nell’originale greco il verbo è all’aoristo (pisteusantes) e che anche nella versione latina era messo al passato (crediderunt). Per cui la frase non è: “Beati coloro che senza aver visto, crederanno”, ma deve essere così tradotta: “Beati coloro che senza aver visto (senza aver visto me direttamente), hanno creduto.”
 Dunque, Gesù rimprovera Tommaso non perché vuol vedere, ma perché non si è fidato di coloro che già avevano visto. Gesù non rimprovera il “verificare”, che è insito nel credere, ma l’incapacità di Tommaso di affidarsi ai suoi amici i quali tutti ormai affermavano che il Signore era risorto; e lo affermavano non perché si basavano su una fede nell’astratto, ma perché avevano visto. Insomma, è quello che Gesù oggi ci dice: devi credere nella mia resurrezione non perché essa è assurda e inverificabile, bensì perché essa è stata oggettiva e verificata da molti... e a questi molti ti devi affidare.
 Altro che fede che debba fare a meno del vedere e del toccare.

Fonte: I tre sentieri, 21 novembre 2009

2 - BENEDETTO XVI: LE CATTEDRALI EUROPEE SONO BIBBIE DI PIETRA

Fonte Corrispondenza Romana, 28/11/2009

Nell’Europa medioevale fede cristiana e arte sono stati a lungo una cosa sola, come dimostrano le cattedrali europee, vere e proprie «Bibbie di pietra» che indicano anche oggi un «cammino privilegiato», quello della bellezza, per «avvicinarsi a Dio».
Nell’udienza generale del 18 novembre 2009, Papa Benedetto XVI prende spunto dall’architettura per lanciare un nuovo implicito richiamo alle radici cristiane dell’Europa. «La religione cristiana – spiega – ha dato vita non solo a capolavori di letteratura teologica del pensiero e della fede, ma anche ad una delle creazioni artistiche più elevate della civiltà universale: le cattedrali, vera gloria del Medioevo cristiano». Un fervore architettonico che pervase il Continente dall’XI al XIII secolo – ricorda il Pontefice – inducendo vari popoli, soprattutto Italia e Francia, ad una sorta di «gara», «come se il mondo – osservato citando un antico cronista – scuotendosi i vecchi cenci, volesse coprirsi delle bianche vesti di nuove chiese». Imprese titaniche, a cui contribuirono fedeli, architetti e nuove soluzioni tecniche, rese possibili da una certa stabilità politica che favorì lo sviluppo economico e demografico delle città, rendendo necessaria la realizzazione di edifici in grado di contenere un gran numero di fedeli. «Nacquero così – ricorda il Papa – le cattedrali romaniche», dove la «perfezione tecnica» incontra la «finalità educativa». Statue, dipinti e magnifici portali destinati a «suscitare emozioni forti, indurre a respingere il vizio e il male e a praticare il bene».
Da queste esigenze nacquero opere di grande bellezza, e tuttavia non fini a se stesse, porte «che conducono al cielo», e che accompagnano i credenti «in un tempo e in uno spazio differenti da quelli della vita ordinaria». Lo stesso è avvenuto con le cattedrali gotiche – osserva il Santo Padre – ma con diverse modalità, che esaltarono «slancio verticale e luminosità».
Immense e multicolori vetrate attraverso cui «come una cascata di luce si riversava sui fedeli la storia della salvezza». Le cattedrali furono luoghi di incontro ed educazione per religiosi e civili, senza distinzione di censo, una «Bibbia di pietra» fatta «casa comune», non solo destinata a celebrare intense liturgie ma anche, come ricordano alcune rappresentazioni, il lavoro dei campi, le scienze e le arti.

Fonte: Corrispondenza Romana, 28/11/2009

3 - LA REGIONE PIU' POVERA DELLA SPAGNA SPENDE 14MILA EURO PER CORSI GRATUITI DI MASTURBAZIONE PER STUDENTI TRA I 14 E 18 ANNI

Autore: Davide Mattei - Fonte: Il Giornale, 12 novembre 2009

L’Estremadura è una regione spagnola, a guida socialista, che non ha soldi da sprecare. È infatti la terza regione con più disoccupati di Spagna ed è una delle più povere del Paese. Da qualche giorno però l'attenzione mediatica si è rivolta a un corso di “educazione sessuale” itinerante per adolescenti, intitolato «Il piacere è nelle tue mani», comprendente anche un workshop su ‘autoerotismo, masturbazione e gadget erotici’. L'appalto infatti è andato ad un negozio erotico di Madrid, chiamato «I piaceri di Lola»…
Incredibile, ma tristemente vero.
Per l'Estremadura, la regione spagnola attaccata al Portogallo, gira da qualche settimana una comitiva itinerante che, di città in città, dà corsi di educazione sessuale gratuiti per i ragazzi tra i 14 e 18 anni. Da qualche giorno però l'attenzione mediatica si è rivolta a questo seminario voluto dalla regione e dal titolo «Il piacere è nelle tue mani» il cui prossimo appuntamento di venerdì si prevede affollato. A lanciare il primo grido è stato un giornalista che ha messo le mani su un fax diretto a uno dei comuni interessati, dove si dettagliava il contenuto del workshop. Secondo le parole scritte da un tecnico dell'Istituto per la Gioventù dell'Estremadura, il seminario servirà a «facilitare lo sviluppo di autostima, sicurezza e la loro messa in pratica attraverso l'autoesplorazione sessuale e l'autoconoscimento erotico». Il documento elenca anche i temi trattati, come «lo studio del piacere, le carezze, la masturbazione ed i gadget erotici». A vincere l'appalto per il singolare corso è stato infatti un negozio erotico chiamato «I piaceri di Lola», che ha sede a Madrid.
Le prime critiche sono piovute sul corso perché costerà alla regione circa 14mila euro. «Quando la crisi stringe, il piacere è nelle tue mani» ha ironizzato il giornale Abc, citando le critiche del Partito popolare alla regione a guida socialista. I popolari vedono infatti come «uno scandalo e una provocazione» che la terza regione con più disoccupati di Spagna «sperperi i soldi pubblici in corsi del genere». Ma il dibattito sul piacere è andato oltre alla questione pecuniaria. Il partito UPyD ha infatti chiesto alla regione Estremadura di ritirare la «campagna per la masturbazione» perché considera «assolutamente non necessaria una spesa del genere in un tema che riguarda strettamente la sfera personale». Sulla stessa onda si è mossa anche l'Associazione cattolica dei genitori di alunni Concapa che, parafrasando infelicemente il titolo della campagna, ha chiesto di «togliere le mani dall'educazione affettiva e sessuale dei propri figli».
In regione, la direttrice dell'Istituto per la gioventù Laura Garrido si è detta invece «specialmente orgogliosa» di questa campagna diretta a «smontare i falsi miti che sorgono tra i giovani». Raquel Traba, coproprietaria del negozio «I piaceri di Lola» ha detto al Giornale che si sente «esterrefatta» per le reazioni provocate e ha assicurato che il seminario è tenuto da una pedagogista con master in educazione sessuale che lavora da 8 anni con adolescenti. Traba ha spiegato che «la polemica dimostra che c'è bisogno di molta più educazione sessuale», mentre ha voluto minimizzare l'importanza dedicata ai gadget sessuali all'interno del seminario gestito dal suo negozio.
Il workshop itinerante, che ha già visitato Merida e Castuela, arriverà, con tutto il polverone sollevato, alla località di Navalmoral questo venerdì, e la settimana successiva a Trujillo. Questa volta nessuno potrà dire di non averne sentito parlare.

Fonte: Il Giornale, 12 novembre 2009

4 - IL PRESERVATIVO SERVE SOLO AL GAY BUSINESS

Autore: Rodolfo Casadei - Fonte: Tempi, 3 settembre 2009

«Sudafrica. Coordinerò la promozione di programmi incentrati sulla riduzione del numero dei partner sessuali, la fedeltà di coppia e l’astinenza, rivolti a leader tradizionali e religiosi. Lavorerò sotto l’egida dell’Ubuntu Institute, una Ong presieduta dal genero di Nelson Mandela. Valorizzeremo cerimonie e rituali tradizionali. Sarà un approccio molto indigeno, il contrario del modello top-down internazionale, il contrario della promozione di tecnologie e medicinali americani».
Mancano quattro mesi alla definitiva chiusura del suo programma di ricerca sulla prevenzione dell’infezione da Hiv ad Harvard, ed Edward Green ha già deciso la mèta del suo esilio. Messo alla porta dalla famosa università americana per le sue ultradecennali posizioni troppo controcorrente in materia di lotta all’Aids – culminate nella difesa della dichiarazione papale sulla dannosità del condom in occasione della visita in Camerun e Angola – l’antropologo della medicina (65 anni) ha deciso che non andrà in pensione, e lo fa sapere col consueto accompagnamento di frecciatine polemiche. Al Meeting di Rimini è andato a raccogliere l’applauso solidale di migliaia di partecipanti, che gli hanno espresso la loro gratitudine per aver dimostrato con argomenti di ragione e di buon senso che Benedetto XVI non è affatto un ignorante e un fanatico in materia di Aids africano, e che il pregiudizio semmai sta di casa altrove. Ma che forse hanno notato meno uno dei contenuti cardine della sua relazione: «Il modello dei programmi internazionali contro l’Aids – ha detto Green – è quello dei programmi concepiti negli anni Ottanta negli Stati Uniti: da noi i primi gruppi di popolazione colpiti sono stati gli omosessuali e gli utilizzatori di droga intravena. Gli attivisti gay hanno imposto il punto di vista che chiedere a queste persone di modificare le loro abitudini sessuali equivaleva a esprimere una condanna morale nei loro confronti. Hanno imposto la linea che bisognava combattere l’Aids senza rinunciare alla liberazione sessuale che gli omosessuali avevano appena conquistato. Così è nato e si è imposto in tutto il mondo il costosissimo modello di lotta all’Aids centrato sui condom e sugli antiretrovirali. Ma in Africa questo modello non funziona di sicuro».
«I due gruppi che storicamente hanno modellato le politiche americane, poi quelle internazionali, in materia di Aids», spiega Green a Tempi, «sono stati il movimento gay e le organizzazioni del family planning. Da subito si è realizzata un’alleanza di fatto, basata sulla comunanza di interessi e di visione del mondo: entrambi erano ideologicamente liberal, entrambi antireligiosi e in particolare ostili alla Chiesa cattolica, perché la sua dottrina condanna sia l’uso degli anticoncezionali che i rapporti fra persone dello stesso sesso. Parlo con cognizione di causa, perché a quel tempo io facevo parte del secondo gruppo: ero un esperto di social marketing degli anticoncezionali, mi occupavo di strategie per diffondere la contraccezione moderna nel Terzo mondo. L’Aids era una tragedia, ma per noi rappresentava anche una grande opportunità che avrebbe facilitato il nostro lavoro: pubblicizzavamo i profilattici spiegando che risolvevano due problemi: quello delle gravidanze indesiderate e quello di una gravissima malattia a trasmissione sessuale».
«Nei gay abbiamo trovato dei formidabili alleati nella causa della diffusione del condom: negli Stati Uniti il movimento assunse subito la posizione che i malati di Aids non dovevano essere stigmatizzati, che non era giusto colpevolizzare le persone per i comportamenti che li avevano portati a contrarre l’infezione. I messaggi per la prevenzione dovevano essere gay-friendly e dovevano rispettare gli stili di vita di tutti senza giudicarli. La soluzione stava in una propaganda martellante a favore dell’utilizzo continuativo e perfetto del condom, e nella messa a disposizione di aghi sterili gratuiti ai tossicodipendenti. I gay sono stati molto persuasivi coi politici e li hanno convinti ad applicare questa impostazione ai programmi pubblici finanziati dallo Stato negli Usa. I gay non avevano esperienza di programmi nel Terzo mondo, e a portare nei Caraibi, in Africa, Asia e America latina questa filosofia di lotta all’Aids ci abbiamo pensato noi che lavoravamo nel family planning, e che siamo entrati a far parte massicciamente dei programmi internazionali».
«Si è compiuto così un grande paradosso: dalla California ai paesi musulmani conservatori del Nordafrica e del Medio Oriente, da New York e da Parigi ai villaggi dell’Africa nera tradizionalista, si applica un unico modello di prevenzione dell’Hiv, derivato dall’ideologia della liberazione sessuale per cui si sono battuti i liberal americani. È una vera assurdità antropologica, e infatti in Africa non ha funzionato. Gli unici paesi in cui si segnala una flessione dei tassi di sieropositività sono quelli dove la gente ha ridotto il numero dei partner sessuali e ha praticato la fedeltà di coppia. Queste cose io le ho scoperte sul campo già all’inizio degli anni Novanta e ho cercato di comunicarle a tutti gli attori interessati, ma ho fatto molta fatica a trovare orecchie disposte ad ascoltarmi. I miei primi articoli, scientificamente ineccepibili, sono stati respinti da riviste importanti come Social Science and Medicine e Medical Anthropology. Io mi limitavo ad analizzare separatamente gli interventi condom-based e quelli non condom-based, ma già solo questo linguaggio li mandava in bestia: “È un’utopia, la verità è che tu odi i condom e hai in testa un’agenda religiosa”, mi dicevano. Ma io non sono cristiano e non appartengo ad alcuna chiesa!».
«La verità amico, era ed è anche oggi un’altra: la lotta all’Aids è un’industria multimiliardaria che sarebbe messa in pericolo da una strategia così semplice come quella che dice “non avere tanti partner, sii fedele alla tua compagna, astieniti”. Piuttosto che puntare all’eliminazione del rischio con una strategia che costerebbe molto poco e che molto poco è costata laddove, come in Uganda, è stata applicata, ci si limita alla riduzione del rischio spendendo miliardi di dollari in condom e antiretrovirali sempre più potenti a causa dei ceppi resistenti di Aids che sorgono. Ma è un business che resta molto popolare, perché è agganciato all’idea di “liberazione sessuale”».

Fonte: Tempi, 3 settembre 2009

5 - BIOETICA: INSIDIE E CONTRADDIZIONI DEL DIBATTITO PARLAMENTARE

Fonte Corrispondenza Romana, 17/10/2009

Il dibattito in corso sui temi di bioetica necessita una riflessione profonda che vada al di là delle contingenze politiche e storico-sociali. I temi dell’aborto, della fecondazione assistita e del testamento biologico sono stati affrontati dal filosofo e bioeticista Mario Palmaro, nel corso di una conferenza tenuta lo scorso 7 ottobre presso la Fondazione Lepanto.
Docente di filosofia del diritto all’Università Europea di Roma, Palmaro ha esordito ricordando che il principale handicap dell’intera discussione sul tema (fuori e dentro le aule parlamentari) risiede nella mancanza di una «visione d’insieme della realtà» laddove l’opinione pubblica lascia trapelare esclusivamente i metri di giudizio delle singole categorie, dal politico al magistrato, dal medico all’operatore della comunicazione.
In quest’ottica le cosiddette tematiche “eticamente sensibili” non sono altro che la punta più avanzata di un medesimo processo rivoluzionario, che in passato ha avuto connotati per lo più politico-sociali (rivoluzione francese, rivoluzione d’ottobre, ecc.) ma che oggi agisce essenzialmente sul versante antropologico, aggredendo il concetto stesso di uomo. «Si vuole negare – ha affermato il professor Palmaro – che la natura umana abbia un’essenza immutabile nel tempo. Secondo questa concezione l’uomo è ridotto ad un mero dato biologico. La contraddizione di ciò è che tale filosofia va a braccetto con l’ideologia ambientalista secondo la quale siamo tenuti a rispettare la natura, mangiare biologico, ecc., mentre l’essere umano, al contrario, può essere oggetto di manipolazioni, sperimentazioni e selezioni biologiche».
La rivoluzione antropologica in oggetto opera innanzitutto su un piano culturale, pertanto «i mezzi di comunicazione, l’editoria, le accademie contribuiscono a condizionare la mentalità comune e il costume, producendo uno sganciamento dalla concezione classica della natura dell’uomo. Il passaggio successivo consiste nel travaso di tali “idee nuove” nel territorio della norma giuridica, la quale è un prodotto della mentalità corrente ed è a sua volta in grado di plasmare la stessa mentalità. Ne è un esempio l’istituzione del divorzio in Italia, favorita dall’insorgere di una cultura divorzista che la legge non ha fatto altro che rafforzare e consolidare tra le masse», ha osservato Palmaro. «Oggi, tuttavia, specie dopo la caduta delle ideologie, è soprattutto la bioetica (aborto, RU486, fecondazione artificiale, eutanasia, testamento biologico) a segnare l’elemento distintivo delle forze politiche che, su tutti gli altri temi, tendono ad assomigliarsi sempre di più», ha osservato lo studioso.
Il concetto di testamento biologico, in particolare, al di là dei sofistici distinguo rispetto alle cosiddette “dichiarazioni anticipate di trattamento” (DAT), viene di fatto utilizzato come cavallo di troia per l’introduzione surrettizia dell’eutanasia, senza utilizzarne il nomen iuris.
«Il colpo di genio risiede proprio nel legalizzare l’eutanasia dichiarando al mondo intero la propria contrarietà alla stessa», ha sottolineato Palmaro. Il vero nodo critico, ad avviso del filosofo e bioeticista, è però rappresentato dall’ambiguità di una buona parte del mondo cattolico che si manifesta in tre atteggiamenti: 1) la tendenza a difendere, o quantomeno a non criticare, leggi palesemente ingiuste (vedi legge 194) in quanto ci si è rassegnati a considerarle assorbite dalla mentalità comune, quindi impossibili da demolire nell’impianto; 2) la difesa tetragona di leggi imperfette (vedi legge 40) le quali, pur contenendo elementi di ingiustizia, rappresenterebbero un “male minore”, pertanto criticandole si presterebbe il fianco ai sostenitori di leggi più permissive; 3) l’attitudine ad optare per leggi (è sempre il caso della legge 40) secondo un criterio “proporzionalistico”, ovvero mettendo sul piatto della bilancia il bene e il male che possono produrre. Tutti gli atteggiamenti mentali sopra elencati hanno portato ad aberrazioni quali la presunzione di poter statuire normative su temi eticamente sensibili sulla base del «più ampio consenso parlamentare possibile», oppure criticare l’introduzione della pillola RU486 in ragione di una sua possibile incompatibilità con la legge 194.
Quale via d’uscita, allora, quale antidoto rispetto a tale deriva nichilista, in cui anche la cultura cattolica rischia di essere assorbita? «Dobbiamo tornare alla recta ratio – ha dichiarato il professor Palmaro – ovvero alla legge naturale, la quale è conoscibile e immutabile. È bene, inoltre, evitare la trappola del clericalismo in cui cadde, tra gli altri, Giuseppe Lazzati, secondo il quale non era sensato imporre l’illiceità del divorzio a persone non cattoliche. Vanno poi, soprattutto, riscoperti i principi del catechismo della Chiesa Cattolica, autentico deposito della Verità, la quale non dipende affatto dalla nostra capacità di presentarla, in quanto è iscritta in se stessa».

Fonte: Corrispondenza Romana, 17/10/2009

6 - NIENTE TV E INTERNET NELLA CAMERA DEI FIGLI
Cresce il dovere di vigilanza dei genitori
Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: Avvenire

L’agenzia internet Zenit ha riferito i risultati di uno approfondito studio americano, commissionato dalla società Morality in Media di New York, circa le nefaste conseguenze sui bambini, fino allo sfruttamento dei minori, prodotte già dalla pornografia che ha gli adulti per oggetto.
Infatti, secondo molti ricercatori esiste una possibile (anche se non necessaria) progressione diretta dal consumo di pornografia di adulti al consumo di pedopornografia, beninteso quando il consumo della prima è abituale e costante.
  Quando una persona diventa dipendente dalla pornografia avverte il bisogno di materiale sempre più esplicito e 'forte', a volte deviante: un po’ – prosegue il rapporto – come avviene al tossicodipendente che ha progressivamente bisogno di aumentare le dosi o la tipologia delle sostanze stupefacenti. E questa logica psicologica può, beninteso non sempre, portare fino alla pedopornografia. Inoltre, Robert Peters (l’autore del rapporto), osserva che i fruitori di pornografia, a lungo andare – sottolineiamolo di nuovo – tendono a emulare i comportamenti visti nelle immagini: qualche volta arrivano persino alla pedofilia se hanno visto immagini e pratiche riguardanti i bambini. Anche perché – aggiungiamo noi, sulla scorta di un grande della filosofia morale greca come Aristotele – sollecitando e assecondando certi desideri, si finisce per ottundere la propria coscienza morale, a cui sembra bene ciò che invece è male, persino la pedofilia. È un po’ quello che avviene a chi è fisicamente ammalato, per esempio gravemente febbricitante, che percepisce i sapori falsati, e avverte caldo oppure freddo anche quando la temperatura è gradevole.
  Ancora, è vero che è molto difficile che un ragazzino visioni siti pedofili, ma, studiando i casi giunti in tribunale, Peters si è imbattuto in molteplici esempi di sfruttamento sessuale di minori in cui l’adulto aveva fornito pornografia di adulti al minore come 'strategia di preparazione', per desensibilizzare le sue remore morali e psicologiche verso le pratiche erotiche, per stimolarlo a scattarsi e ad inviare delle fotografie oscene, fino a riuscire a convincerlo a concedersi. Come scrive anche il sito della Polizia postale italiana, pedofili e molestatori di bambini approfittano della curiosità verso il sesso dei preadolescenti e degli adolescenti inviando materiale pedopornografico, ma inizialmente anche solo pornografico, per ridurre le loro inibizioni a parlare di sesso e per convincerli della 'naturalezza' dei rapporti sessuali tra adulti e bambini. Il rapporto di Peters contiene un’appendice con più di cento pagine proprio con casi giudiziari e con articoli riguardanti esempi di applicazione di questo metodo di 'preparazione' dei minori. Insomma, bisogna sollecitare i genitori a vigilare moltissimo sull’uso di internet da parte dei figli. Ecco perché bisogna vietare e contrastare con ogni possibile rigore il consumo di pornografia ai minori, perché un’educazione permissiva li espone a grandi rischi, non solo per la loro moralità: come abbiamo detto, essi rischiano di essere adescati da individui infami. Dunque, non bisogna demonizzare uno strumento straordinario e preziosissimo come internet, ma bisogna richiamare energicamente i genitori a un dovere di custodia. In tal senso, può essere utile tenere il computer in un luogo in vista della casa. Inoltre, sono molto utili (anche se non perfetti) diversi filtri, alcuni dei quali scaricabili gratuitamente. (...)

Fonte: Avvenire

7 - UN RACCONTO ISTRUTTIVO: PERCHE' DIO PERMETTE LA SOFFERENZA?

Autore: Bruno Ferrero - Fonte: Solo il vento lo sa, ed. Elledici, 1995

Alla fine dei tempi, miliardi di persone furono portate su di una grande pianura davanti al trono di Dio. Tutto era pronto per il Giudizio Universale.
Molti indietreggiarono davanti a quel bagliore, ma alcuni in prima fila parlavano in modo concitato. Non con timore reverenziale, ma con fare provocatorio.
"Può Dio giudicarci? Ma cosa ne sa lui della sofferenza?", sbottò una giovane donna. Si tirò su una manica per mostrare il numero tatuato di un campo di concentramento nazista. "Abbiamo subito il terrore, le bastonature, la tortura e la morte!".
In un altro gruppo un giovane nero fece vedere il collo. "E che mi dici di questo?", domandò mostrando i segni di una fune. "Linciato. Per nessun altro crimine se non per quello di essere un nero!".
In un altro schieramento c'era una studentessa in stato di gravidanza con gli occhi consumati dal pianto. "Perché dovrei soffrire?, mormorò. "Non fu colpa mia".
Più in là nella pianura c'erano centinaia di questi gruppi. Ciascuno di essi aveva dei rimproveri da fare a Dio per il male e la sofferenza che egli aveva permesso in questo mondo.
Come era fortunato Dio a vivere in un luogo dove tutto era dolcezza e splendore, dove non c'era né pianto, né dolore, né fame, né odio o ingiustizie! Che ne sapeva Dio di tutto ciò che l'uomo aveva dovuto sopportare in questo mondo? Dio conduce una vita molto comoda, dicevano.
Ciascun gruppo mandò avanti il proprio rappresentante, scelto per aver sofferto in misura maggiore.
Un ebreo, un nero, una vittima di Hiroshima, un artritico orribilmente deformato, un bimbo cerebroleso. Si radunarono al centro della pianura per consultarsi tra loro. Alla fine erano pronti a presentare il loro caso. Era una mossa intelligente. Prima di poter essere in grado di giudicarli, Dio avrebbe dovuto sopportare tutto quello che essi avevano sopportato. Dio doveva essere condannato a vivere sulla terra.
"Fatelo nascere ebreo. Fate che la legittimità della sua nascita venga posta in dubbio. Dategli un compito, una missione tanto difficile che, quando la intraprenderà, persino la sua famiglia pensi che debba essere impazzito. Fate che venga tradito dai suoi amici più intimi. Fate che debba affrontare accuse, che venga giudicato da una giuria fasulla e che venga condannato da un giudice codardo. Fate che sia torturato. Infine, fategli capire che cosa significa sentirsi terribilmente soli. Poi fatelo morire. Fatelo morire in un modo che non possa esserci dubbio sulla sua morte. Fate che ci siano dei testimoni a verifica di ciò".
Mentre ogni singolo rappresentante annunciava la sua parte di discorso, mormorii di approvazione si levavano dalla moltitudine delle persone riunite.
Quando l’ultimo ebbe finito ci fu un lungo silenzio. Nessuno osò dire una sola parola. Perché improvvisamente tutti si resero conto che Dio aveva già rispettato tutte le condizioni.
"Venite con me, tutti voi che siete affaticati e oppressi: io vi farò riposare”.

Fonte: Solo il vento lo sa, ed. Elledici, 1995

8 - KARL RAHNER: LO PSEUDO PROFETA DEL CONCILIO TRADITO

Fonte Corrispondenza Romana, 21/11/2009

A 25 anni dalla morte, la figura dello studioso gesuita Karl Rahner (+ 1984) è ancora e sempre più oggetto di disputa e di controversia.
Gli uni, in genere di orientamento progressista, gli attribuiscono meriti teologici tali da dichiararsi volentieri suoi discepoli e da paragonarlo nientemeno che a san Tommaso d’Aquino, già definito Dottore Comune della Chiesa; gli altri (tra i quali spiccano i nomi di Cornelio Fabro, Giuseppe Siri, Julio Meinvielle e Antonio Galli), lo vedono al contrario come una delle cause prossime dell’attuale sbandamento teologico, filosofico, etico e politico del mondo cattolico.
In un’opera profondamente meditata e ben scritta (Giovanni Cavalcoli, Karl Rahner. Il Concilio tradito, Fede e Cultura, 2009, 24 €), il domenicano padre Cavalcoli – forte di una ricerca in materia di almeno 20 anni e di tante pubblicazioni sul tema – affronta di petto il difficile pensiero rahneriano, scovandone, con sottile analisi, tutte le ragioni di perplessità e di riserva.
Senza negarne gli aspetti positivi (cfr. in tal senso le pp. 11-12), i quali in definitiva attengono alla sua notevole capacità speculativa e alla sua vastissima cultura, Karl Rahner è sicuramente uno dei principali responsabili della cosiddetta “svolta antropologica” (Fabro), e cioè, in definitiva, della riduzione della teologia ad antropologia (a seguito di quanto già vanamente tentò Feuerbach), come conseguenza, stavolta, dell’assunzione della modernità come categoria filosofica di riferimento.
L’opera, che merita di essere letta dai fedeli consapevoli dell’immane crisi in atto a dai pastori che vogliano liberarsi dalla velenosa eredità rahneriana, è divisa in 5 parti. La prima, la più ardua e la più importante, analizza e confuta passo dopo passo la gnoseologia del gesuita, mostrandone le dipendenze da Fichte, Kant, Hegel e Heidegger, e la chiara congruenza con l’impostazione immanentistica condannata dalla Chiesa nell’enciclica Pascendi. 
Le altre parti del volume sono dedicate alla teologia, all’antropologia e alla cristologia del gesuita, concludendo con il confronto, tra Rahner e il Magistero cattolico, su tanti elementi della dottrina cristiana, come la grazia, il peccato, i sacramenti, il libero arbitrio, etc. etc. In tutti questi punti, la visione rahneriana del cristianesimo, si distacca, ove più ove meno, dalla dottrina dogmaticamente definita: anche quando il gesuita usa il Concilio, a cui partecipò come perito, lo fa in modo assolutamente strumentale, con lo scopo di insinuare virtualità ermeneutiche in esso chiaramente non presenti. Nondimeno secondo il domenicano, «il linguaggio del Concilio, che si è sforzato di tenere un tono modernamente pastorale, manca a volte, su punti importanti di dottrina, della desiderata chiarezza ed univocità» (p. 8): proprio questo ha permesso e forse favorito l’ondata neo-modernista che ha travolto il pensiero cattolico già durante lo svolgimento dell’assise ecumenica.
Come risolvere il problema, scongiurando quella che Augusto del Noce definì «l’auto-eutanasia del cattolicesimo»?
Secondo Cavalcoli, le autorità cattoliche dovrebbero «intervenire con coraggio e chiarezza» (p. 344), per confutare gli errori presenti e indicare vie alternative: «Un’opera utile da compiere a questo proposito […], è, come auspica Mons. Gherardini nel suo recente libro, quella di mettere in luce con chiarezza quali sono le dottrine nuove del Concilio non secondo un’esegesi di rottura, ma come esplicitazioni della Tradizione, lasciando così una giusta libertà di critica nei confronti invece di quelle disposizioni pastorali che sembrano o si sono verificate meno opportune e magari rivedibili o abrogabili per assicurare il bene e il progresso della Chiesa nella Verità» (p. 345).
Conclude il poderoso volume di oltre 350 pagine (e quasi 700 note) una fondamentale bibliografia ragionata e critica verso il rahnersimo: auspichiamo vivamente che questo testo, come quello prima citato del Gherardini, siano segni propizi di una nuova stagione teologica “post-conciliare”, stavolta però tutta centrata su Dio e il culto (anche intellettuale…) che Gli è dovuto.

Fonte: Corrispondenza Romana, 21/11/2009

9 - OMELIA PER LA I DOMENICA TEMPO DI AVVENTO - C - (Lc 21, 25-28.34-36)

Autore: Padre Antonio Izquierdo - Fonte: Sacerdos, (omelia per il 29 novembre 2009)

La venuta del Signore è presente nei testi della liturgia attuale; mediante questa espressione la liturgia vuole mostrarci il senso cristiano del tempo e della storia. Verranno giorni, ci viene detto nella prima lettura, in cui farò germogliare per Davide un Germoglio di giustizia. Gesù, nel discorso escatologico di san Luca, dice che gli uomini vedranno venire il Figlio dell'uomo in una nube, con grande potere e gloria. Nella prima lettera ai Tessalonicesi, san Paolo li esorta ad essere preparati per la Venuta di nostro Signore Gesù Cristo, con tutti i suoi santi.
MESSAGGIO DOTTRINALE
Memoria e profezia. In queste due parole si sintetizza tutta la concezione cristiana del tempo. Quando parla del tempo, il cristiano pensa al tempo presente con le sue vicissitudini e circostanze. È il presente del tempo di Geremia (anno 587 a.C.), in cui Gerusalemme giaceva sotto l'assedio di Nabucodonosor; è il presente della comunità cristiana di Tessalonica o dei destinatari del vangelo secondo san Luca. Da questo presente si lancia lo sguardo all'indietro e si fa memoria: la promessa di Dio a Davide circa un regno ereditario, che adesso si trova in pericolo; la venuta storica di Gesù Cristo, che con la sua passione, morte e resurrezione ha inaugurato la fine del tempo, della quale i cristiani già in una certa maniera partecipano. Ma i cristiani non sono uomini del passato. Dalla loro vita presente lanciano anche uno sguardo verso il futuro, questo futuro racchiuso nel reliquiario della profezia, nel libro sigillato con sette sigilli, e che soltanto l'Agnello ritto in piedi (resurrezione) e "come immolato" (passione e morte) può aprire e leggere (cf Ap c.5). La profezia ha a che vedere con la seconda venuta di Gesù Cristo, con la sua parusia trionfante, circondato da tutti i santi, venuta per proclamare definitivamente la giustizia e la salvezza; una profezia che scuoterà le fondamenta dell'orbe e farà sorgere un mondo nuovo. Il cristiano vive dentro la memoria e la profezia, tra la prima venuta di Cristo e la sua futura venuta al termine della storia. Natività e Giudizio finale di salvezza sono le due colonne sulle quali gli uomini costruiscono il ponte della decisione e della responsabilità. Con codesto ponte, la seconda venuta non è che il prolungamento e il coronamento della prima, dell'Incarnazione e del Mistero Pasquale.
Fisionomia di colui che viene. Chi è colui che viene? Innanzitutto, è un Rampollo, un Germoglio di giustizia. Cioè, un discendente del tronco di Davide, che praticherà il diritto e la giustizia (virtù proprie di un buon re). In una lettura cristiana, tale Germoglio è Gesù Cristo, che è venuto al mondo per trarre la giustizia di Dio, cioè, la salvezza per mezzo dell'amore (prima lettura). Colui che viene è il Figlio dell'uomo in una nube con grande potere e gloria. È una persona, pertanto, che abita nel mondo di Dio e che partecipa del suo potere e della sua gloria. Colui che viene a Natale e colui che verrà nel giudizio finale è il Verbo incarnato nel seno di Maria (vangelo). Colui che viene è Nostro Signore Gesù Cristo, cioè Cristo glorioso, vincitore della morte e del peccato, che vive nell'eternità ma che si fa presente nel tempo storico (seconda lettura).
Atteggiamento del cristiano. Il vangelo ci indica due atteggiamenti: vegliare e pregare. La vigilanza è molto opportuna, affinché, quando giungerà a noi il Verbo nella carne di un bambino, sappiamo accettare e vivere il mistero. La preghiera è ancora più opportuna e necessaria, perché soltanto mediante la preghiera si apre alla mente e al cuore umano il mistero delle azioni di Dio. Da parte sua, san Paolo segnala ai tessalonicesi altri due atteggiamenti: crescere e abbondare nell'amore gli uni verso gli altri, e nell'amore nei confronti di tutti; comportarsi in modo che si sia graditi a Dio. Quale migliore maniera di prepararsi alla venuta dell'Amore, se non mediante la crescita nell'amore? Gesù Cristo, nella sua vita terrena, non cercò altro se non di fare ciò che era gradito a suo Padre, per questo, una maniera stupenda di prepararsi per il Natale è cercando di esser graditi a Dio in tutto.
SUGGERIMENTI PASTORALI
Il significato del tempo. Per noi, cristiani, non c'è significato del tempo se non in Gesù Cristo. Egli è il centro della storia e dei cuori. La storia ha in lui il suo punto di partenza (Cristo è l'alfa) e il suo punto di arrivo (Cristo è l'omega). Il tempo e la storia culminano in lui, raggiungono in lui la loro pienezza assoluta e il loro senso supremo. Senza Gesù Cristo, il tempo e la storia sono soltanto un puro accidente. Con Cristo, sono un disegno di Dio, una storia di salvezza, un'incudine sulla quale forgiare la nostra decisione nella libertà e responsabilità. Per noi, il tempo non è una semplice successione di secondi, minuti ed ore; una catena di giorni, mesi ed anni; una successione e una catena senza meta precisa, alla deriva, sotto la spinta di forze impersonali dominatrici che portano al caos. Per noi, il tempo, con i suoi secoli e millenni, è una storia, diretta e governata al timone da Dio; per noi, il tempo ha un principio di unità e di armonia, di coerenza e di coesione, non negli imperi o nelle ideologie, tanto caduchi come gli stessi uomini, ma in Gesù Cristo, che è di ieri, di oggi e di sempre. La nostra vita quotidiana, con i suoi luoghi comuni, la sua monotonia, le sue stesse volgarità, fa parte di un progetto divino, è una tessera entro il grande mosaico della storia della salvezza pianificata da Dio. Nel senso del tempo è incluso inseparabilmente il senso del mio tempo. Non dà forse, questa realtà della nostra fede, un grande valore alla vita di ogni cristiano, alla tua vita?
Crescere ed abbondare nell'amore. San Giovanni della Croce concludeva così una delle sue poesie: "solo nell'amore è il mio destino". La prima venuta di Cristo, nel Natale, è una venuta di amore e, allo stesso modo, è venuta di amore pure il suo ritorno alla fine dei secoli, la sua parusia. Tra l'amore di Cristo che viene e che verrà si intercala la vita umana che, come in una sinfonia, svilupperà il tema dell'amore con cui comincia e si conclude il pezzo musicale. Crescere mette in risalto l'aspetto dinamico dell'amore: crescere nell'amore di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo; nell'amore a Maria e ai santi. Crescere nell'amore alla propria famiglia, ai parenti, agli amici, agli sconosciuti, ai bisognosi, ai malati, ai peccatori... Come? Rifletti su ciò che ti viene in mente: senza dubbio saranno molte cose. Abbondare mette in risalto la generosità nell'amore, questo tratto tipico dell'esistenza cristiana. Sei generoso nell'amore, o lo vai misurando con il metro del tuo egoismo? Beati i generosi nell'amore, perché essi prenderanno parte al suo corteo, al momento della parusia di Gesù Cristo.´

Fonte: Sacerdos, (omelia per il 29 novembre 2009)

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