BastaBugie n�476 del 19 ottobre 2016

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1 AMARE GLI ANIMALI... NONOSTANTE GLI ANIMALISTI
Intervista al fondatore di FederFauna, paladino di allevatori, cacciatori, zoo e circhi (lettura sconsigliata a chi condivide foto di gattini su Facebook)
Autore: Pietro Piccinini - Fonte: Tempi
2 EDUCARE I BAMBINI IN UN MONDO ALLA ROVESCIA
Il compito educativo spetta ai genitori: non alla scuola, non allo Stato, non agli esperti, ma ai genitori (che devono creare ambienti educativi in sintonia con i principi cristiani)
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: Notizie Provita
3 LA MORTE DI BERNARDO CAPROTTI PROTAGONISTA DELLA RESISTENZA DELL'ESSELUNGA CONTRO LE COOP ROSSE
Non sopportava né il comunismo in teoria, né l'affarismo della sinistra nella pratica (descritto nel bestseller ''Falce e carrello'')
Autore: Renato Farina - Fonte: Tempi
4 SENZA CRISTO CROLLA LA CIVILTA'... PECCATO CHE L'ABBIANO CAPITO SOLO PUTIN ED ORBAN
Nessuna politica laicista può curare la malattia dell'Occidente che porterà all'autodistruzione: la perdita della fede
Autore: Pat Buchanan - Fonte: Centro Cattolico di Documentazione
5 ROUSSEAU SBAGLIAVA: NON ESISTE IL BUON SELVAGGIO
Schiavisti, torturatori e cannibali: dalle Americhe all'Africa i ''nativi'' furono peggiori dei colonizzatori
Autore: Camillo Langone - Fonte: Il Giornale
6 IL MITO DELL'INDIPENDENZA, CON LA ''TEORIA SVEDESE DELL'AMORE'', HA CREATO MILIONI DI INDIVIDUI DISPERATI
Nel 1972 il partito Socialdemocratico svedese produsse il documento ''La famiglia del futuro'' dove si programmava di liberare le donne dagli uomini, gli anziani dai figli, gli adolescenti dai genitori (oggi si vedono i frutti... socialmente devastanti)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: Corrispondenza Romana
7 L'ESALTAZIONE DEL DEFUNTO DARIO FO NASCONDE IL SUO PASSATO FASCISTA E IL SUO ODIO PER LA CHIESA
E' stato definito un giullare, ma non stava col popolo, bensì col potente di turno: prima con i fascisti, poi con la sinistra (ha anche difeso criminali comunisti ed extraparlamentari)
Autore: Robi Ronza - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
8 OMELIA XXX DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Lc 18,9-14)
Chi si esalta sarà umiliato, chi si umilia sarà esaltato
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - AMARE GLI ANIMALI... NONOSTANTE GLI ANIMALISTI
Intervista al fondatore di FederFauna, paladino di allevatori, cacciatori, zoo e circhi (lettura sconsigliata a chi condivide foto di gattini su Facebook)
Autore: Pietro Piccinini - Fonte: Tempi, 13/06/2016

A Massimiliano Filippi bisogna riconoscere come minino che ha del coraggio. Veneto, allevatore rampollo di una famiglia di allevatori, nel 2008 davanti alla marea montante animalista ha deciso di suonare una sveglia per l'associazionismo del suo mondo, dando vita «con alcuni amici volenterosi» a una confederazione sindacale un po' più "spinta", per così dire. A guardarli con freddezza sito web e vetrine social di FederFauna sono uno spasso. Oltre ai contenuti da classica battaglia di rappresentanza, Filippi e i suoi pubblicano un sacco di cose politicamente scorrettissime.
Articoli che sembrano barzellette ("Monaco, struzzo del circo liberato dagli animalisti viene investito e ucciso da un'auto"), scherzi da gelo in sala (vedi il disegno fanciullesco della chioccia che mangia becchime con la didascalia "la campagna è quella cosa dove le galline vanno in giro crude", copyright del gruppo Facebook "Vegano stammi lontano"), consigli che rasentano la provocazione ("Mondo barbecue: 10 ricette con l'agnello per Pasqua"), rappresentazioni della realtà abbastanza originali ("Il vento cambia! Nel 2015 in Italia il numero dei cacciatori è cresciuto"). Celeberrimo il Premio Hitler, una targa con il Führer che accarezza due caprioli davanti al cancello di Auschwitz sotto il motto "Animal Reich", assegnato ogni anno da FederFauna a personalità che si distinguono per capacità di «calpestare i Diritti Umani in nome di ideologici diritti degli animali».
FederFauna difende gli allevamenti, le macellerie, la caccia, lo zoo, il circo. Tutto ciò che è diventato indifendibile nell'era dei gattini di Facebook. Ma quel che alimenta l'impegno di Filippi non è la faccia tosta del tale che si diverte a marciare contromano. Sembra tanto una battaglia culturale la sua. E in effetti «lo è», dice lui a Tempi. «Noi difendiamo e promuoviamo quella che io chiamo la "cultura rurale". Sono le nostre radici: la società le sta perdendo e con esse perde un fondamento della nostra umanità».
Perché combattete gli animalisti?
Premetto che noi siamo assolutamente per il benessere animale: per me che faccio l'allevatore è un ottimo investimento. Se la vacca non sta bene, non fa mica il latte. Però, siccome molta gente vivendo nelle città ha perso il contatto con la natura, cioè con la realtà, ecco che si fanno strada le ideologie fuorvianti, prima fra tutte l'animalismo che noi combattiamo a spada tratta. Eravamo stufi di sentirci dire: "Ma dai, sono quattro gatti, che male vi fanno se vanno dietro ai cagnolini?". FederFauna è nata per questo, perché questi quattro gatti, con la tattica del salame, una fetta alla volta sono arrivati a insidiare tutta la filiera zootecnica, tutte le imprese e le professioni connesse.
Sono così fastidiosi?
Sono una lobby potente. Meglio: c'è un gruppetto tutto sommato ristretto di faccendieri che sanno gestire il potere e trarne beneficio. Accusano noi di sfruttare gli animali, ma loro cosa fanno? Pubblicano una fotografia e chiedono i soldi. E mentre la mia vacca deve star bene per fare il latte, il cagnolino della foto più è malconcio e più frutta donazioni. Ma non sfruttano solo gli animali, sfruttano anche tutta una serie di mentecatti (e questi sì che sono tanti) che va da quelli che offendono e minacciano di morte su internet fino a quelli che fanno azioni di ecoterrorismo.
E voi quanti siete?
Sommando tutte le confederate rappresentiamo circa 100 mila persone. Ma quelli che in Italia hanno attività economiche o ludiche con gli animali sono oltre 3 milioni. Saremmo una vera potenza. Purtroppo siamo disorganizzati. Quando si va in piazza si fa sempre una fatica micidiale a mettere insieme le persone.
Non c'è bisogno di arrivare fino in piazza. Basta vedere Facebook: la Lega Antivivisezione vi straccia in quanto a fan.
Lasci perdere i "mi piace", quelli si fa presto a gonfiarli. Comunque io sono il primo a essere convinto che la stragrande maggioranza degli italiani ami gli animali. Però tra gli amanti degli animali ci metto anche me che faccio l'allevatore, mangio la carne e ho le scarpe in pelle.
Quanti episodi di ecoterrorismo si sono registrati in Italia?
Decine e decine, da perdere il conto. Tra i più grossi che mi vengono in mente, uno recente è avvenuto l'anno scorso, quando hanno dato fuoco ai camion di Veronesi. Ha presente, no? Veronesi Mangimi a Ospedaletto, provincia di Padova.
Sinceramente no.
Vede? È perché anche la stampa dedica poco interesse a questo problema. Sappia che a questa azienda hanno dato fuoco a 15 camion. Qualcosa di simile era successo al Centro Latticini di Montelupo Fiorentino nel 2013, stesso anno dell'assalto allo stabulario del dipartimento di Farmacologia dell'Università di Milano. Nel novembre scorso sono entrati nell'allevamento Rossi, nel Modenese. Gli hanno scavalcato il muro in pieno giorno, roba dell'altro mondo. Ti svegli una mattina e trovi distrutto quello per cui hai lavorato anni. E spesso resti lì senza sapere cosa fare.
Si può cominciare dal denunciare questi reati alla magistratura.
Ma finché resteranno catalogati come atti di vandalismo, le forze dell'ordine avranno sempre di meglio da fare. Non per niente sono anni che noi chiediamo una norma contro l'ecoterrorismo come quella che c'è negli Stati Uniti e in altri paesi europei. È l'unico modo di arginare il problema. Non è possibile che questi entrino nelle aziende di notte per rubare gli animali, distruggere le attrezzature, a volte mettendo a repentaglio la vita umana. Per non parlare poi di quella animale, visto che gli animali sgabbiati nove su dieci crepano, e crepano male.
Il Fatto quotidiano poche settimane fa ha riconosciuto che le lobby animaliste sono le più efficaci in Italia. Anche voi fate lobbying?
Abbiamo cominciato, certo. Sottolineo però che noi ci muoviamo cercando di difendere l'esistente, soprattutto le imprese e i lavoratori. Le lobby animaliste invece inventano leggi per far soldi. Credo che la 189 sia l'unica legge al mondo che consente a uno stesso soggetto di denunciare un presunto reato di maltrattamento di animali, di collaborare al sequestro degli animali coinvolti, di diventare affidatario degli stessi, nonché destinatario dell'introito delle sanzioni nel caso in cui il processo porti a una condanna, e infine di costituirsi parte civile e chiedere i danni.
Niente male.
Se il vigile incassasse le multe che fa, ne farebbe centomila.
Lei personalmente ha subìto attacchi?
Sono venuti dentro l'allevamento due o tre anni fa. Non hanno trovato niente da denunciare, hanno solo pubblicato le foto e scritto che ho quattromila visoni. Han contato male: sono seimila.
Le è andata bene che non ci fosse neanche un animale ferito?
Ma sarebbe stata una cosa normale. L'altro giorno ho visto un servizio di Report: una donna è entrata di nascosto in una fattoria per far vedere che c'erano degli animali malati. Ma è andata dentro un locale infermeria, e si vedeva benissimo che era un locale infermeria. Poi mostravano un operaio che faceva pipì dentro un pollaio. Ma i polli lì di fianco mica uscivano per andare al gabinetto… Per scandalizzarsi di certe cose bisogna proprio non aver mai messo piede in una stalla. Lei ce l'ha un cane?
No.
Va bè, se avesse un cane saprebbe che quando un animale sta poco bene si vede innanzitutto dalla pelliccia, che diventa opaca. Perciò è chiaro che chi come me alleva animali da pelliccia deve badare al loro benessere: io vendo pelo, mica posso vendere pelo opaco.
Vuole fare un commento sulla strage degli animali dell'Oasi di Spinea?
Ecco, prima si parlava di mentecatti e faccendieri. I mentecatti sono quelli che devono trovare per forza il nemico nell'uomo. Un sacco di gente si è affrettata a scrivere su internet che voleva uccidere il presunto killer di Spinea. Si dicono animalisti ma non hanno un'idea di cosa sia la natura. Non c'era bisogno neanche di scomodare l'Istituto Zooprofilattico, tutti i contadini dei dintorni che hanno le galline sanno benissimo che in certi periodi dell'anno le volpi insegnano ai cuccioli a cacciare. E quando si è accertato che effettivamente gli autori della strage erano volpi, i mentecatti zitti. Mentre i faccendieri avevano già trovato il sistema di raccogliere soldi [leggi: SIAMO SPIACENTI, LA NATURA NON E' WALT DISNEY... QUALCUNO LO SPIEGHI AGLI ANIMALISTI, clicca qui, N.d.BB].
E sul caso del gorilla abbattuto allo zoo di Cincinnati per salvare il bambino caduto nel suo recinto, con somma rabbia degli animalisti?
Sto con i gestori dello zoo. C'era in gioco una vita umana e uccidere il gorilla era l'unico sistema sicuro per salvarla. Gli animalisti non capiscono che io sarei pronto ad ammazzare il gorilla anche se la vita in pericolo fosse la loro. Tanti di loro con me non farebbero altrettanto probabilmente.
Ma come si fa a schierarsi dalla parte di uno zoo?
Che domande. Lo zoo ha un valore unico, è una delle poche manifestazioni rimaste di cultura materiale degli animali. Lo ha detto anche il grande entomologo Giorgio Celli prima di morire, tanto è vero che gli animalisti lo avevano isolato. Un documentario non ti dà la materialità che ti offre lo zoo, non ti consente di sentire l'odore dell'animale.
Però arrivare a difendere la caccia è paradossale perfino per voi.
No che non lo è. La caccia è una forma di conservazione e-c-c-e-z-i-o-n-a-l-e. I paesi africani dove non sono minacciati i leoni e gli elefanti, sono quelli dove i cacciatori ne ammazzano di più. Io sono stato in Sudafrica e in Namibia: c'è una gestione faunistica straordinaria. Lì certi animali ci sono ancora. In Europa è l'Ungheria che la fa da leader in questo campo.
L'Ungheria?
Non so se lei è cacciatore, ma saprà che quasi tutti i cacciatori almeno una volta nella vita sono andati a caccia in Ungheria. Si vedono animali dappertutto lassù.
Merito della caccia?
Merito della caccia. La caccia non è predazione illimitata, ormai è gestione scientifica: vuol dire fare censimenti, determinare l'incremento utile annuo della popolazione e gestirla. Come si farebbe con un frutteto: gli alberi vanno potati se si vuole che diano frutti anche l'anno successivo.
Per le nutrie invece nessuna pietà. Voi parlate di "eradicazione".
Le nutrie vanno eradicate perché non sono autoctone e dove sono fanno danni. Fanno danni alla fauna autoctona, all'agricoltura, agli argini dei fiumi. Fanno danni a tutti. Mi viene da ridere perché per difenderle gli animalisti dicono che sono stati gli allevatori a liberarle nelle nostre regioni. Ma la nutria è un animale da pelliccia che vale più da morto che da vivo. Io conosco degli ex allevatori di castorini: quando il mercato ha smesso di tirare, li hanno abbattuti per incassare il poco possibile. Se li avessero liberati non avrebbero preso neanche quello.
Vuole dire qualcosa sul Premio Hitler?
Il Premio Hitler è nato come una provocazione ma lo è fino a un certo punto. È stato Hitler, nel 1933, a firmare la prima legge che parlava dei cosiddetti diritti degli animali che non esistono. Il Reich vietava la sperimentazione animale in patria e poi sperimentava sugli ebrei nei lager. Ebbene anche oggi c'è chi propone di fare la sperimentazione sui carcerati. Pensare di salvare un topo sacrificando una persona perché è "cattiva": capisce perché parlo di una perdita di umanità? [leggi: PREMIO HITLER A CHI AMA GLI ANIMALI PIU' DELL'UOMO, clicca qui, N.d.BB]
Perché criticate anche il boom di accessori per animali?
Non siamo contrari agli accessori in generale. Ci sono accessori che sono utilissimi alla gestione dell'animale. Gabbie, trasportine, ciottole e guinzagli servono. Il cappottino coi diamanti un po' meno. Ci siamo capiti? Noi abbiamo fatto degli esposti contro quelli che volevano dare le crocchette vegane ai cani. Siamo contrari a tutto quello che snatura l'animale: è una forma di maltrattamento. Che fa del male all'animale e fa del male a noi, perché aumenta il nostro distacco dalla realtà.
Per questo avete messo il Papa sulla copertina del vostro ultimo bollettino?
Il Papa è stato meraviglioso quando ha detto in piazza San Pietro che non si può avere compassione verso i cani e i gatti e ignorare il vicino che ha bisogno. Tante volte noi abbiamo ripreso il passo del Catechismo che parla dell'utilità della creazione. In quattro righe c'è tutto: allevamento, caccia, pellicce, tutto. Posso leggerglielo?
Prego.
«Dio ha consegnato gli animali a colui che egli ha creato a sua immagine. È dunque legittimo servirsi degli animali per provvedere al nutrimento o per confezionare indumenti. Possono essere addomesticati, perché aiutino l'uomo nei suoi lavori e anche a ricrearsi negli svaghi. Le sperimentazioni mediche e scientifiche sugli animali sono pratiche moralmente accettabili, se rimangono entro limiti ragionevoli e contribuiscono a curare o salvare vite umane. È contrario alla dignità umana far soffrire inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita. È pure indegno dell'uomo spendere per gli animali somme che andrebbero destinate, prioritariamente, a sollevare la miseria degli uomini. Si possono amare gli animali; ma non si devono far oggetto di quell'affetto che è dovuto soltanto alle persone».
Chi sono gli intellettuali di riferimento di Federfauna?
Deve parlare con Massimo Zaratin. È lui il filosofo, io sono un povero contadino.
E i vostri peggiori nemici?
No guardi, noi non abbiamo nemici. Nemica è l'ideologia.
Secondo lei gli animali hanno un'anima?
Domanda complicata, [...] faccio il contadino e non il filosofo [leggi: GLI ANIMALI NON POSSONO ANDARE IN PARADISO PERCHÉ NON HANNO UN'ANIMA SPIRITUALE, clicca qui, N.d.BB].
Non teme di passare per quello cattivo?
Perché mai? Io amo tantissimo i miei animali. Ma veramente. La parte più bella del mio lavoro sono le nascite, la nuova vita. È una cosa che ti riempie il cuore di gioia. Poi però quando è il momento gli animali li macello, li mangio, mi ci vesto, faccio tutte le cose che sono normali. La natura non è né buona né cattiva. È la natura, punto. E in natura qualunque essere vivente vive a spese di altri esseri viventi. Negarlo è negare la realtà.

Nota di BastaBugie: nel seguente articolo c'è il bellissimo video di un bambino che gioca con un delfino. Giudicate voi se Gardaland ha fatto bene o no ad abolire i delfini, animali giocosi per natura e assolutamente adattabili a stare con l'uomo, considerando inoltre che a sentirne la mancanza saranno proprio i bambini, le vere vittime degli animalisti.

LETTERE ALLA REDAZIONE: LUCI ED OMBRE DI GARDALAND
Cede agli animalisti ed abolisce i delfini; da non perdere invece lo spettacolo ''Vita'' che parla dell'apertura alla vita, del rapporto maschio-femmina, dei figli nati all'interno del matrimonio (VIDEO: bambini e delfini)
di Giano Colli
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3414

DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE"
Le risposte del direttore ai lettori

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Fonte: Tempi, 13/06/2016

2 - EDUCARE I BAMBINI IN UN MONDO ALLA ROVESCIA
Il compito educativo spetta ai genitori: non alla scuola, non allo Stato, non agli esperti, ma ai genitori (che devono creare ambienti educativi in sintonia con i principi cristiani)
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: Notizie Provita, settembre 2016

Nella nostra società, nella quale i valori cristiani sono sempre meno condivisi, sta emergendo un problema educativo che non è stato previsto. Come è possibile dare ai figli un'educazione fondata sui valori spirituali, sulla modestia, sulla castità in un mondo nel quale l'imperativo è il godimento, l'imbarbarimento la norma, la bruttezza, la sciatteria e la provocazione dei valori?
Quando il modello adolescenziale (con l'adolescenza protratta oltre i trent'anni) impone il tatuaggio, il piercing in luoghi più o meno visibili, i «party» più strani e trasgressivi, la musica più tribale e triviale, ha senso resistere, opporsi? Non si rischia di far sentire il proprio figlio «strano» una mosca bianca, un disadattato (mai parola indica più chiaramente il ribaltamento valoriale al quale stiamo assistendo)?

PARTIAMO DA ALCUNI PUNTI FERMI
Innanzitutto, il compito educativo spetta ai genitori. Non alla scuola, non allo Stato, non agli esperti: ai genitori. La responsabilità educativa dei figli spetta a loro. Sono quindi loro che devono scegliere il tipo di educazione da impartire ai bambini anche se il modello educativo che scelgono è discordante con (o in opposizione a) quello proposto dalla società.
Secondariamente, il tipo di educazione proposto dalla nostra società è assolutamente deprecabile sotto molti punti di vista. Non so se sia mai esistita una società che intenzionalmente abbia cresciuto i propri bambini nell'ignoranza della metafisica, del fatto che esista qualcosa oltre la materia. L'unico imperativo che la nostra società impone a bambini, ragazzi e ragazze è «Godi!». Questo è ciò che insegna MTV. Questo è ciò che chiedono alcuni padri e madri ai loro figli: divertiti, riempi la tua vita di piaceri di ogni tipo, dimentica le responsabilità, il sacrificio, le conseguenze del tuo godimento perpetuo. Ogni privazione, ogni frustrazione, ogni limite è un'ingiustizia intollerabile che alcune mamme e nonne indignate si impegnano ogni giorno a spazzare dalla strada dei loro figli e nipoti, non solo da bambini, ma anche quando si fanno più grandicelli.
Non è una novità, non è una rivoluzione: è semplicemente l'esito di un processo. Date alcune premesse, le conseguenze saranno necessariamente quelle. Se i genitori propongono ai loro bambini un mondo in due dimensioni è perché essi stessi vivono in un mondo piatto, senza profondità metafisica. Non c'è motivo per cui dovrebbero proporre ai loro figli qualcosa che essi stessi non conoscono. E non conoscono altro perché a loro volta sono stati educati così.
L'Italia del secondo dopoguerra, che noi credevamo cattolica, tradizionalista e valoriale, è stata l'Italia che ha creato questa situazione. L'Italia che al posto dello smartphone aveva come status symbol l'autoradio, che viveva tutto l'anno in funzione della vacanza (non in Egitto, dai nonni in Calabria), l'Italia dei divani incellophanati e del servizio di cristallo di dote perennemente chiuso nella vetrinetta in sala (anch'essa rigorosamente chiusa a chiave). L'Italia in cui l'importante era «la roba», era mangiare bene, avere il figlio dottore. Ecco: i selvaggi che si aggirano per le nostre città, con la biancheria in bella mostra, l'esibizione di una pelle marchiata e borchiata, e un linguaggio che farebbe vergognare il proverbiale scaricatore di porto sono il frutto di almeno due generazioni di educazione senza metafisica, senza l'idea che esistano un bene o un male in sé, e non solo per le conseguenze piacevoli o spiacevoli che hanno per me.

LA CRESCITA PERSONALE COSTA
Terzo: la crescita personale, la vocazione, in termini religiosi, costa. Diventare se stessi, realizzare il progetto che ci è stato affidato alla nascita è faticoso, è duro, non è né piacevole né gratuito. Diventare la persona che dovremmo essere, esprimere la nostra personalità, mettere a frutto i nostri talenti implica la solitudine, il pagamento di un prezzo, l'incomprensione o addirittura lo scherno. Essere veramente liberi, essere coerenti con i propri valori, puntare alla realizzazione della propria vocazione esige che ci si senta un «disadattato», una mosca bianca. Tanto più in una società come la nostra, nella quale il conformismo è dittatoriale, e l'espressione di sé non significa esprimere la propria personalità quanto la mancanza di essa.
Bisogna però considerare una cosa importante, almeno dal punto di vista clinico (lo scrivente è, appunto, uno psicologo clinico). Durante la crescita abbiamo bisogno di essere rassicurati, di sapere che «andiamo bene», che siamo adeguati. Questo è un bisogno fondamentale che, se soddisfatto, costituisce la premessa per la costruzione di quella vera personalità, conforme al proprio progetto, di cui dicevamo sopra. La nostra adeguatezza deve però trovare conforto nel mondo dei pari. Non ci sentiamo adeguati confrontandoci con chi è completamente diverso da noi (con gli adulti, nel nostro caso), ma con chi è - o dovrebbe essere - simile a noi: il gruppo dei pari. Per questo gli amici sono così importanti per gli adolescenti: sono i coetanei che possono fare da specchio, non più i genitori. Sentirsi adeguati per gli adulti (genitori, nonni...) ma non per i coetanei non dà quella sicurezza della quale i ragazzi hanno bisogno (a meno di trovarci di fronte a ragazzi particolarmente strutturati, forti e sicuri; cosa sempre più rara anche tra gli adulti, al giorno d'oggi).

DILEMMA INSOLUBILE?
Siamo dunque di fronte ad un dilemma insolubile? Veleggiamo tra Scilla (la massificazione edonistica) e Cariddi (il disadattamento)? Una soluzione, forse di difficile applicazione, c'è. Si tratterebbe di costruire attorno ai nostri ragazzi un ambiente di coetanei educati in modo cristiano, metafisico, valoriale; in questo modo la loro domanda di adeguatezza sarebbe soddisfatta, e crescerebbero con punti di riferimento diversi da quelli - deprecabili - proposti dalla nostra società.
Gli oratori si svuotano, gli scout si uniformano al modello sociale, il mondo dello sport veicola messaggi ambigui sul gender e sulla sessualità? Forse è giunto il momento che i genitori si attrezzino per creare ambienti educativi in sintonia con i loro valori. Lo stanno facendo per la scuola: stanno sorgendo sempre più e sempre più belle scuole parentali; perché non creare degli ambienti educativi e ricreativi con gli stessi criteri? Non è facile, ma forse è più facile che istituire una scuola...
Un'ultima riflessione. Tutto questo ci fa capire quanto sia importante, per la salvezza delle persone,una società a misura d'uomo, che permetta o favorisca il raggiungimento dei propri obiettivi vocazionali. Per questo motivo la Chiesa ha una Dottrina Sociale: perché non siamo isole. Se vogliamo che i nostri figli abbiamo meno difficoltà nella nostra società, torniamo ad occuparci della società. Torniamo ad essere il sale della terra, e la lucerna nel lucernaio.

DOSSIER "EDUCAZIONE PARENTALE"
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Fonte: Notizie Provita, settembre 2016

3 - LA MORTE DI BERNARDO CAPROTTI PROTAGONISTA DELLA RESISTENZA DELL'ESSELUNGA CONTRO LE COOP ROSSE
Non sopportava né il comunismo in teoria, né l'affarismo della sinistra nella pratica (descritto nel bestseller ''Falce e carrello'')
Autore: Renato Farina - Fonte: Tempi, 05/10/2016

La morte di Bernardo Caprotti è accaduta come tutti vorremmo capitasse a noi stessi. A tarda età, ma mentre si vive. Al punto che a Boris pare di avere interrotto il suo discorso con lui un attimo prima. Sui giornali ci era finito ancora pochi giorni fa da protagonista, uno che tiene la frusta sul cavallo, non per colpirlo, ma per far vedere chi comanda, indicandogli una strada. C'è qualcosa in lui di molto italiano, e qualcos'altro di diversissimo dai costumi italici, e di molto russo. Mi accorgo di aver usato l'indicativo presente, perché mi sembra impossibile si possa sotterrare uno così.
Caprotti è stato l'uomo che ha inventato il supermercato in Italia. In viale Regina Giovanna trasformò una vecchia autorimessa in un grande negozio, con gli scaffali, dove i clienti potevano scegliersi le merci e posarle in un carrello. Era il 27 novembre 1957. Nasceva così Esselunga, un nome derivato dall'insegna Supermarket con la consonante sibilante che si estendeva sul resto della scritta. I bottegai - ne sono consapevole - non l'hanno amato, ma il passaggio a questa nuova dimensione, alla grande distribuzione, era inevitabile per lo sviluppo delle tecnologie e per l'impulso americano. Alcuni negozi di vicinato hanno saputo resistere, tenere accese le vetrine, altri si sono arresi: in fondo l'innovazione punisce sempre chi non sa estrarre talenti dalla tradizione e si siede su di essa, invece che inventare, consorziarsi con amici e concorrenti, provare il nuovo sul suolo antico ma concimato dal proprio sudore e da quello delle nuove generazioni.
Caprotti è stato italiano in due sensi. La caparbietà dell'inventiva, il reggere alla concorrenza straniera. In un capitalismo italiano bravo solo a farsi sovvenzionare dallo Stato e a trovare accordi nei salotti buoni per non rischiare nulla, Caprotti ha avuto il coraggio di giocarsela. Ha puntato su se stesso e i suoi collaboratori (li chiamava così, non impiegati o dipendenti, e sono più di 22 mila), e cioè sul lavoro, invece che sulla finanza. Non ha venduto per godere plusvalenze miliardarie dalla vendita a francesi o americani del suo business. Di certo non avrebbe mai venduto alla Coop. Non sopportava il comunismo in teoria, ma soprattutto l'affarismo dei comunisti nella pratica. Nove anni fa scrisse Falce e carrello, dove dimostrò i legami ammorbanti tra le amministrazioni delle Regioni rosse (Emilia-Romagna, Toscana in primis) e la proliferazione di supermercati del medesimo colore. A lui, al suo modo di intendere l'imprenditoria, non si lasciava spazio. La sua denuncia fece sapere all'Italia molte cose. Le sanno benissimo anche gli altri imprenditori delle medesime regioni. Ma per quieto vivere e per realismo non hanno potuto permettersi lo stesso coraggio. Negli ultimi tempi, sentendo che l'età gli imponeva delle decisioni, aveva stabilito di vendere tutto. In mani sicure, capaci di non sprecare il suo tesoro, frammentarlo, tradendo il suo spirito. In Italia non vedeva nessuno. Detestava l'ingordigia francese. Pensava piuttosto agli americani. [...]
Non ha fatto a tempo a vendere, Caprotti. Per il bene di questo nostro paese e della sua discendenza, ci auguriamo che le liti ereditarie non portino a tagliare in pezzi questo diamante unico, che è così italiano. Riposi in pace, cavalier Bernardo. Anzi, venga giù a dare una mano.

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DOSSIER "ESSELUNGA"
I soprusi della Coop contro Bernardo Caprotti

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Fonte: Tempi, 05/10/2016

4 - SENZA CRISTO CROLLA LA CIVILTA'... PECCATO CHE L'ABBIANO CAPITO SOLO PUTIN ED ORBAN
Nessuna politica laicista può curare la malattia dell'Occidente che porterà all'autodistruzione: la perdita della fede
Autore: Pat Buchanan - Fonte: Centro Cattolico di Documentazione, 06/10/2016

"In una delle sue ultime colonne, Dennis Prager ha un'acuta osservazione: "La stragrande maggioranza degli intellettuali conservatori ha una visione della vita laica. Essi non si rendono conto del disastro a cui l'ateismo ha portato in Occidente".
Questi conservatori a-religiosi credono che "l'America può sopravvivere alla morte di Dio e della religione", ma - dice Prager - sbagliano. La religione di un popolo, la sua fede, crea la sua cultura, e la sua cultura crea la sua civiltà. E quando una fede muore, muore la cultura, muore la civiltà - e anche quel popolo comincia a morire.
Non è questa la storia attuale dell'Occidente? Oggi nessuna grande nazione dell'Occidente ha una natalità capace di scongiurare l'estinzione dei suoi nativi. Per la fine del secolo, altri popoli ed altre culture avranno in gran parte ripopolato il Vecchio Continente. L'Uomo Europeo pare destinato a finire come le 10 tribù perdute di Israele: superate in numero, assimilate e scomparse. E mentre i popoli europei, Russi, Tedeschi, Britannici, Baltici, calano in numero, la popolazione dell'Africa, stima l'ONU, raddoppierà in 34 anni, giungendo a due miliardi.

CHE COSA È AVVENUTO ALL'OCCIDENTE?
Come ha scritto G.K. Chesterton, quando gli uomini cessano di credere in Dio, non è che di allora non credono in nulla; è che credono a qualunque cosa. Le elites europee, cessato di credere nel Cristianesimo, cominciarono a convertirsi alle ideologie, quelle che Russel Kirk chiamava "religioni secolari". Per un certo tempo, queste religioni laiche - Marx-leninismo fascismo, nazismo – hanno conquistato i cuori e le menti di milioni. Ma sono oggi tra gli dèi che hanno fallito nel 20 secolo.
Adesso l'Occidente abbraccia le fedi più nuove: egualitarismo, democratismo, capitalismo, femminismo, ambientalismo, mondialismo. Anche queste danno significato alle vite di milioni; ma anche queste sono sostituti inadeguati della fede che ha creato l'Occidente. Ciò, perché manca a loro la cosa che il cristianesimo ha dato all'uomo: una causa non solo per la quale vivere, e per la quale morire, ma un codice morale con cui vivere tutti i giorni - con la promessa che, termine di una vita vissuta secondo quel codice, viene la vita eterna.
L'Islam fornisce questa promessa. Il secolarismo, non ha niente da offrire che eguagli una simile speranza.

LA STORIA PUÒ INSEGNARCI QUALCOSA
Se guardiamo ai secoli passati, vediamo quel che ha fatto la fede. Quando, dopo la caduta dell'impero romano, l'Occidente abbracciò il cristianesimo come fede superiore a tutte le altre - in quanto il suo fondatore era il Figlio di Dio - l'Occidente è andato avanti a creare la civiltà moderna, e poi è uscito alla conquista del mondo conosciuto.
Le verità che l'America ha insegnato al mondo, l'inerente dignità e valore dell'uomo, e l'inviolabilità dei diritti umani, risalgono alla cristianità, che insegna che ogni persona è figlia di Dio. Oggi però, con il cristianesimo morto in Europa, e lentamente morente in America, la cultura occidentale diventa sempre più corrotta e decadente, e la civiltà occidentale è visibilmente in declino. Rudyard Kipling ha previsto tutto ciò in "Recessional": "Le nostre flotte inviate lontano si son dissolte, su dune e promontori affonda il fuoco: ecco, tutta la grandiosità di ieri ha avuto lo stesso destino di Ninive e Tiro".
Tutti gli imperi dell'Occidente sono svaniti, e i figli dei popoli un tempo soggetti attraversano il Mediterraneo per ripopolare i paesi materni, i cui abitanti nativi invecchiano, calano e muoiono. Dal 1975, due sole nazioni europee hanno mantenuto un tasso di natalità sufficiente a tener vivi i loro popoli: l'Albania musulmana e l'Islanda. Date le popolazioni che rimpiccioliscono e le ondate di immigrati che arrivano dall'Africa e dal Medio Oriente, prima della fine del secolo si può prevedere un'Europa islamica.

PUTIN ED ORBAN HANNO CAPITO L'IMPORTANZA CRUCIALE DEL CRISTIANESIMO
Vladimir Putin, che ha visto da vicino la morte del marxismo-leninismo, sembra capire l'importanza cruciale del cristianesimo per Madre Russia; cerca di far rivivere la Chiesa ortodossa e di iscrivere il suo codice morale nella legislazione della Russia [ci permettiamo di aggiungere anche Viktor Orban, il presidente dell'Ungheria, difensore della centralità della famiglia, della tradizione e della religione cattolica, N.d.BB].
E che dire dell'America, il "Paese di Dio"? Il cristianesimo è stato scomunicato dalle scuole e dalla vita pubblica da due generazioni; l'insegnamento del Vecchio e Nuovo Testamento rigettato per legge; e da allora abbiamo assistito a un declino sociale sorprendentemente ripido. Dagli anni '60 l'America ha toccato nuovi record in fatto di aborti, delitti violenti, carcerazioni, consumo di stupefacenti. Lo Aids non è comparso che dopo gli anni '80, ma centinaia di migliaia ne sono già morti, e milioni soffrono di questa e delle patologie connesse.
Il 40 per cento delle nascite in Usa avvengono fuori dal matrimonio. Per gli ispanici, il tasso di nascite illegittime è oltre i 50%; per i neri, oltre il 70. Nelle scuole superiori americane i punteggi degli studenti scendono di anno in anno, e si avvicinano ai dati del Terzo Mondo. Il suicidio sta crescendo come causa di morte fra i bianchi di mezza età; e le visioni laiche non hanno risposta alla domanda: 'perché non farlo?".
Come ha scritto Samuel Johnson: "E' piccolissima la parte di sofferenze del cuore umano che leggi e re possono curare". I conservatori secolaristi forse hanno dei rimedi per alcune delle malattie dell'America. Ma, come ha visto Johnson, nessuna politica laica può curare la malattia dell'anima dell'Occidente: la perdita della fede, perdita che appare irrecuperabile".

Fonte: Centro Cattolico di Documentazione, 06/10/2016

5 - ROUSSEAU SBAGLIAVA: NON ESISTE IL BUON SELVAGGIO
Schiavisti, torturatori e cannibali: dalle Americhe all'Africa i ''nativi'' furono peggiori dei colonizzatori
Autore: Camillo Langone - Fonte: Il Giornale, 17/08/2016

Come si chiama la piattaforma digitale del Movimento Cinque Stelle? Rousseau. E quale mito il filosofo svizzero-francese è riuscito a radicare nella mente porosa degli europei moderni? Il buon selvaggio.
Quindi Incontri coi selvaggi di Jean Talon (Quodlibet, pagg. 204, euro 15) non è solo una piacevole lettura, è anche un libro involontariamente politico. L'autore (bolognese, a dispetto del nome) fa parte del giro Celati-Cavazzoni e racconta secoli di contatti fra l'uomo bianco e gli indigeni con lo svagato distacco tipico di quell'ambiente letterario, senza prendere posizione, senza tesi da dimostrare. Eppure dopo pochi capitoli diventa inevitabile tifare per l'esploratore, che magari è un pazzo, un uomo animato da manie di grandezza, da sogni insensati, ma che immancabilmente si imbatte in un soggetto peggiore di lui: il Cattivo Selvaggio.

AVVENTURE O DISAVVENTURE?
Ovvio che le avventure siano quasi sempre disavventure. Nelle prime pagine, dedicate allo spagnolo del sedicesimo secolo Cabeza de Vaca, nome da protagonista di film di Herzog, troviamo aztechi che compiono sacrifici umani, indiani dei Caraibi che dopo aver catturato i bianchi li affogano in mare, indiani del Nordamerica che dopo aver catturato i bianchi li riducono in schiavitù trasformandoli in bestie da soma...
Son forse meglio gli indigeni africani? Ma per carità. All'inizio dell'Ottocento il francese René Caillié si mise in testa l'assurda idea di raggiungere Timbuctù, la leggendaria porta del Sahara, e mal gliene incolse. L'unico modo era spacciarsi per arabo (e il razzismo sarebbe un'invenzione occidentale?) oltre che (c'era bisogno di dirlo?) per musulmano. Lo spericolato e purtroppo per lui disarmato esploratore si prestò al travestimento ma non fu sufficiente, visto che fra Senegal e Mauritania i bambini dei villaggi lo accoglievano con lanci di pietre gridando: «Venite a vedere il cristiano!».
Rispettare un ramadan rigidissimo è un problema ovunque, figuriamoci nel deserto: «A un certo punto il caldo e la sete si fanno così insopportabili che viene consentito sciacquarsi la faccia e la bocca con un po' d'acqua, a condizione ovviamente di non ingerirne. Durante queste operazioni Caillié è osservato con particolare attenzione, sa benissimo che qualora fosse colto a ingerire un solo sorso d'acqua sarebbe massacrato seduta stante».

ISLAM RELIGIONE DI PACE?
Fa un certo effetto leggere queste righe nel tempo in cui da tutti i pulpiti, specie ecclesiastici ma non solo, si parla di islam religione di pace, Corano libro di pace, Maometto uomo di pace, musulmani popolo di pace... La violenza che si respira nel capitolo sul disgraziato Caillié non sembra avere motivazioni che non siano religiose. Oggi ci sono preti sedicenti cattolici secondo i quali il terrorismo islamico è motivato dalle passate umiliazioni coloniali ma, a prescindere dalla stomachevole giustificazione della vendetta da parte di coloro che dovrebbero insegnare a porgere l'altra guancia, e non a tirare l'altra bomba, l'esploratore francese arrivò nell'odierno Mali mezzo secolo prima della colonizzazione: in molte località non avevano mai visto un europeo, pertanto l'ostilità verso lo straniero non aveva motivazioni storiche, ma era già scritta nei codici di quelle popolazioni.
Si noti infine che i mauri, i nomadi berberi a cui piaceva seviziare Caillié, di mestiere facevano i mercanti di schiavi: africani che schiavizzavano altri africani, tutto un contesto di brutalità e sopraffazione in cui il colonialismo non c'entrava niente, l'Europa non c'entrava niente.

E I SUDAMERICANI?
L'esploratore inglese che nel 1741 visitò i fuegini, gli antichi abitanti della Terra del Fuoco, vide «un uomo uccidere il figlio, colpevole di aver lasciato cadere una cesta piena di ricci in mare, scaraventandolo contro le rocce di una scogliera». Un perfetto esemplare di Cattivo Selvaggio.
Il navigatore Robert FitzRoy quasi un secolo dopo non rilevò miglioramenti, anzi scoprì che quando l'arcipelago veniva colpito dalla carestia, e probabilmente succedeva spesso, gli indigeni, affamati, prima dei cani uccidevano e mangiavano la donna più anziana della famiglia. Spiegandolo così all'europeo perplesso: «Perché i cani catturano le lontre, mentre le vecchie no».
Che i tropici siano tristi lo sappiamo almeno dai libri di Lévi-Strauss, ma questi selvaggi esageravano. Quelle che Talon con sprezzatura definisce «storie minori in gran parte ricavate dalla letteratura etnografica» sono invece tragicomiche smentite del mito di Rousseau che, lungi dall'essere un'impolverata idea filosofica del diciottesimo secolo, è ancora vivissimo e capace di alimentare le ideologie dominanti del ventunesimo secolo, dal grillismo all'ecologismo fino all'immigrazionismo.

Fonte: Il Giornale, 17/08/2016

6 - IL MITO DELL'INDIPENDENZA, CON LA ''TEORIA SVEDESE DELL'AMORE'', HA CREATO MILIONI DI INDIVIDUI DISPERATI
Nel 1972 il partito Socialdemocratico svedese produsse il documento ''La famiglia del futuro'' dove si programmava di liberare le donne dagli uomini, gli anziani dai figli, gli adolescenti dai genitori (oggi si vedono i frutti... socialmente devastanti)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: Corrispondenza Romana, 12/10/2016

Il futuro è svedese, freddo e senza luce come quel Paese. Nell'inverno del '72 il partito Socialdemocratico produsse un documento chiamato La famiglia del futuro. In esso si elaborò la Teoria svedese dell'amore la quale prevedeva che «tutte le relazioni umane autentiche devono basarsi su una fondamentale indipendenza delle persone. Ogni individuo dovrà essere considerato come autonomo, non come l'appendice di qualcun altro. È dunque necessario creare le condizioni economiche e sociali che ci renderanno finalmente individui indipendenti».
Il regista Erik Gandini, metà svedese e metà italiano, ha raccontato nel suo docu-film La teoria svedese dell'amore, uscito nelle sale italiane il 22 settembre scorso, a quali indici di felicità collettiva ha portato questa teoria. Gandini spiega che il partito Socialdemocratico «ebbe una visione rivoluzionaria del futuro: era giunto il momento di liberare le donne dagli uomini, gli anziani dai figli, gli adolescenti dai genitori». Profezia azzeccata addirittura a livello mondiale. Solo per esemplificare, la liberazione delle donne dagli uomini è avvenuta con il femminismo, il divorzio, il sequestro della donna dal focolare domestico ad opera del lavoro H24, le relazioni lesbiche, la fecondazione artificiale eterologa dove il maschio non è più nemmeno partner sessuale ma solo produttore di liquido seminale.

LA CANCELLAZIONE DEL PRINCIPIO DI AUTORITÀ
La liberazione degli anziani dai figli è avvenuta con la globalizzazione che ha portato a sradicare molti giovani dal luogo dove sono nati per cercare lavoro lontano da casa e dai parenti, con l'individualismo che relega l'anziano nella casa di riposo perché non più utile. La liberazione degli adolescenti dai genitori è avvenuta con la cancellazione del principio di autorità e la sostituzione di questo con altre false autorità: dalla televisione ad internet, fino ad arrivare ai divi del calcio e della musica. Il minimo comun denominatore di queste spinte centrifughe che tendono a spezzare ogni legame interpersonale è la morte della famiglia.
Ma torniamo in Svezia. Gandini a distanza di più di 40 anni tira una riga per verificare quali siano stati i frutti di quella politica sociale che voleva legare welfare ad indipendenza personale. Più del 50% delle persone in Svezia vivono da sole, con punte del 65% a Stoccolma. Circa il 25% delle persone muore in completa solitudine a casa propria e spesso il cadavere viene scoperto solo a distanza di anni. I casi non sono sporadici, ma sono diventati un vero e proprio fenomeno sociale. Tanto che esiste anche un'agenzia specializzata per il recupero delle salme nonché dei parenti per regolare le questioni successorie. Soli anche da morti. E guai a dire che il tal Tizio è mancato, perché non mancherà a nessuno.

LA SOCIETÀ COME UN MONDO DI ESTRANEI
Una percentuale considerevole di donne poi concepisce un figlio senza partner ricorrendo alla fecondazione artificiale eterologa. C'è anche la possibilità di scegliere il donatore tramite un catalogo on line e così avere la speranza di avere un bambino con quel colore di capelli, con quel taglio d'occhi e magari con la stessa intelligenza del padre. Speranza rafforzata dal fatto che on line ci sono anche le foto dei bambini di ogni donatore, una sorta di certificato di garanzia. Insomma c'è la possibilità di verificare se "il prodotto finito" corrisponde ai desideri della futura mamma single. Terminato l'ordine on line, viene spedito a casa della donna il kit per l'autoinseminazione, come su Amazon. Poi occorre scaldare il contenitore contenente lo sperma con le mani, caricare la siringa, posizionare le gambe all'insù, iniettarsi il liquido in vagina e rimanere in posizione per mezz'ora. Meno complicato che farsi la ceretta.
Il sesso non serve più, tanto che - secondo alcune ricerche - i rapporti sessuali sarebbero diminuiti di un quarto. Le donne svedesi intonano l'elegia della solitudine elevata a sistema esistenziale: «Che cosa ce ne facciamo di un uomo? Ci tocca sobbarcarci di altri compiti, sono cose d'altri tempi, vogliamo creare una famiglia da sole». E laddove i rapporti sessuali ci sono, vengono vissuti in modo solipsistico. Infatti è ormai costume diffuso che lui e lei si frequentino, escano magari alla sera a cena o per andare al cinema, poi possono avere anche rapporti sessuali, ma alla fine ognuno torna a casa propria. E ovviamente non perché siano contrari alla convivenza, ma perché vogliono celebrare fino in fondo il culto dell'individualismo. L'altro esiste in funzione di me, del mio benessere. È un utilitarismo biunivoco: le persone si sfruttano a vicenda in modo consensuale. La relazione esiste solo in funzione di un tornaconto personale. L'altro da me è strumento del mio piacere e della mia realizzazione. La società diventa un mondo di estranei.

IL MITO DELL'INDIPENDENZA SVEDESE
Neeba, profuga siriana e mediatrice culturale, spiega che gli svedesi «vivono da soli, il centro di tutto è l'individuo. Se hai bisogno di qualcosa, compili un modulo. E lo Stato ti fornirà ciò di cui hai bisogno». Le relazioni umane scompaiono per far posto all'unica relazione accettata: quello con lo Stato. L'individuo solo davanti al Leviatano. Tanto che nel docu-film si racconta di un uomo, morto suicida, che ha lasciato in una busta dei soldi per pagare le tasse all'erario, unico compagno di vita. Fedeli statalisti fino alla morte. Il documentario racconta anche di giovani che si incontrano nei boschi per ritrovare - novelli uomini della preistoria che vivono nella post-modernità - un poco di calore umano: «La nostra società ha per obiettivo la sicurezza - racconta uno di loro - ma la sicurezza non ti rende felice: al contrario, è causa di infelicità».
Il mito dell'indipendenza svedese non ha smarcato la dipendenza di senso che ogni uomo porta in sé. Pare scontato che in una società così individualista la famiglia non trovi terreno fertile per crescere. Ma vi sono interessanti paradossi. Gandini infatti, intervistato dalla Nuova Bussola Quotidiana, ricorda che «la natalità in Svezia è a 1,9 figli a coppia mentre Italia è a 1,3». Ma ecco spiegato il paradosso: «Nascono più figli proprio perché si è più distaccati dalla famiglia e procreare non è visto come un progetto da pianificare per anni». Insomma è sempre l'egoismo e l'individualismo a dettare legge anche nella procreazione.

Nota di BastaBugie: Ecco il trailer del docufilm nel quale Erik Gandini, regista nato in Italia da padre italiano e madre svedese, racconta (in italiano) una storia che inizia in Svezia e finisce a Zygmunt Bauman, passando per l'Etiopia.
È noto che la società svedese è perfettamente organizzata, tanto da essere spesso presa a modello e simbolo delle più alte conquiste del progresso. Erik Gandini, in La teoria svedese dell'amore analizza con attenzione entomologica la società a cui oggi appartiene e nella sua ricerca scopre che la ricetta per lo stile di vita nordico era stata preparata a tavolino dall’illuminata elite politica, che in un manifesto pubblicato negli anni settanta dello scorso secolo aveva decretato l'indipendenza assoluta degli abitanti come necessità e obiettivo per l'intero popolo svedese. Indipendenza dei figli dai padri, delle mogli dai mariti, eccetera. Gli svedesi, capaci di accettare immediatamente le proposte ritenute giuste dalla maggioranza, si sono subito adeguati e da allora l’indipendenza del singolo è favorita a ogni livello sociale.


https://www.youtube.com/watch?v=PQI2Yls4uuw

Fonte: Corrispondenza Romana, 12/10/2016

7 - L'ESALTAZIONE DEL DEFUNTO DARIO FO NASCONDE IL SUO PASSATO FASCISTA E IL SUO ODIO PER LA CHIESA
E' stato definito un giullare, ma non stava col popolo, bensì col potente di turno: prima con i fascisti, poi con la sinistra (ha anche difeso criminali comunisti ed extraparlamentari)
Autore: Robi Ronza - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14/10/2016

In un mondo in cui la comunicazione di massa punta sempre meno a informare e sempre più a fare spettacolo, la morte di un celebre uomo di teatro come Dario Fo, spentosi ieri a Milano all'età di novant'anni, ha dato inevitabilmente il via a un grande processo istantaneo di santificazione "laica". Un coro in cui ancora una volta alle voci degli aventi titolo si è aggiunto anche quello del mondo cattolico più subalterno alla cultura dominante.
Dario Fo era un famoso autore e attore di teatro per meriti che è giusto e doveroso riconoscergli. Non c'è però per questo bisogno di ribattezzarlo post mortem facendo di lui il cristiano inconsapevole o involontario che comunque non è mai stato. Non sappiamo beninteso che cosa abbia pensato e voluto alla fine della sua vita terrena, e anche per simpatia per la sua arte speriamo il meglio per lui. Restando però alla memoria e all'opera che lascia su questa terra mancheremmo di rispetto alla sua persona e alla sua libertà se dicessimo che è stato ciò che non fu affatto.

L'ODIO PER LA CHIESA
Al di là dei suoi molti ondeggiamenti, l'odio per la Chiesa e per la sua presenza nella storia fu sempre la vera stabile stella polare del suo pensiero e del suo teatro. Anche quando gli faceva gioco indulgere a simpatie per modi e fatti della religiosità popolare, o per singole grandi personalità religiose, non dimenticava mai di ribadire, con gesti e parole da par suo, che ai suoi occhi si trattava comunque di fiori sbocciati nel letame. C'è sempre qualcosa di patetico, ma non per questo di meno irritante, nel costante desiderio di un certo mondo cattolico di scovare dappertutto e a tutti i costi dei cristiani per così dire loro malgrado. Non ne hanno bisogno loro, e non ne abbiamo bisogno nemmeno noi.
Dire, come ahimè è stato detto nientemeno che da Assisi, che la sua era una "voce francescana" fa accapponare la pelle. Forse era in certo modo erede dei "poveri" o "poverelli", gli eretici contemporanei di san Francesco, ma di lui no di certo. E in più con la differenza che la scelta per la povertà di quegli eretici era reale, mentre quella di Fo, persona cui il grande successo aveva anche dato grande ricchezza, risultava del tutto teorica. D'altra parte nella sua opera l'intreccio fra l'arte, la realtà e l'ideologia è inestricabile.

UN GIULLARE SCHIERATO NON CON IL POPOLO MA CON IL RE
Senza dimenticare che era sì un giullare come egli stesso con grande snobbbismo rivendicava di essere, ma in effetti, diversamente da quanto pretendeva, un giullare schierato non con il popolo ma con il re. Beninteso non con i re di una volta ma con il re di oggi, ovvero con l'alta borghesia e l'intellighenzija progressiste, le vere "razze padrone" del nostro tempo. Ci riusciva alla perfezione, al punto da trarne come si vede pure grandi frutti postumi. Grande era poi la sua capacità di riraccontarsi fino a far credere vero il passato che s'inventava non solo agli altri ma persino a se stesso. Come antifascista la sua era per così dire una... vocazione tardiva.
Aveva tra l'altro prestato servizio in un reparto di paracadutisti della Repubblica Sociale Italiana per la quale si era schierato. Questo non gli aveva impedito di diventare poi a guerra finita un campione dell'antifascismo, sempre pronto a mettere alla berlina da par suo il vecchio regime e i fascisti ormai sconfitti. Con la protezione dei partiti e della cultura di sinistra che, in cambio di alcune sue indulgenze, impedivano che quel voltafaccia fosse generalmente noto.
Grazie alla sua ben controllata anarchia e al suo tendenziale protestantesimo, riuscì a raccogliere non solo in patria ma anche altrove tutte le simpatie che gli valsero un riconoscimento internazionale tanto prestigioso quanto sorprendente: il Nobel per la letteratura, che al momento parve a molti fuori luogo ma che oggi, alla notizia che Bob Dylan riceverà quest'anno il medesimo premio, appare profetico se non altro dell'ormai mutato carattere di tale prestigioso riconoscimento.

Nota di BastaBugie: Gianandrea de Antonellis nell'articolo sottostante dal titolo "Dario Fo, le sue opere sono armi di propaganda" ricorda Fo come autore mediocre che deve tutta la sua fama al suo attivismo politico nell'estrema sinistra. Non c'è una sola sua opera che tenga, se si toglie il suo connotato propagandistico. Le sue opere, oggi applaudite anche da critici cattolici, non sono comprensibili se non come opere anticlericali.
Ecco dunque l'articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 15-10-2016:
È morto Dario Fo, ed ora ci aspetta un profluvio di lacrime istituzionali ed una santificazione laica dell'attore lombardo. Ho scritto attore e non autore, perché Fo fu essenzialmente un interprete, le cui capacità di muoversi sul palcoscenico superano di gran lunga quelle di drammaturgo. [...]
La designazione di Dario Fo da parte dell'Accademia svedese fu dovuta a "meriti" più politici che letterari: non a caso, Alessandro Zaccuri, nel suo ricordo odierno sul sito di Avvenire, sostiene che «Nel 1997, per una volta, il Nobel andò non a uno scrittore in senso tradizionale, ma quello che tecnicamente si potrebbe definire un performer». Infatti, sicuramente Fo era un grande uomo di teatro, un vero mattatore del palcoscenico (che però si confrontava quasi esclusivamente con propri testi), ma se andiamo a leggere i suoi drammi ci troviamo obbiettivamente di fronte a lavori tutto sommato modesti.
Cosa è, anzi, cosa diventa, ad esempio, Mistero buffo, senza la sua interpretazione (e a parte i plagi che sono stati evidenziati nella stesura)? Che cosa rimane di Morte accidentale di un anarchico, la cui lettura è a dir poco estenuante - oltre che fastidiosa, se si pensa che contribuì a rinfocolare il clima d'odio nei confronti del commissario Luigi Calabresi, che finì assassinato da un commando di Lotta continua?
La politica è il filo rosso che attraversa la produzione di Fo: se togliamo questa, di puramente artistico resta ben poco. Anche nelle farse come Settimo: ruba un po' meno, le battute migliori vengono da una satira politica di grana grossa, che ai nostri tempi potrebbe essere degna più di uno spettacolo da cabaret (alla Zelig, per intenderci) che di una rappresentazione teatrale.
Coerentemente, appena ricevuto il Nobel, Fo dichiarò che avrebbe usato il denaro del premio per allestire uno spettacolo in difesa di Sofri e compagni (Marino libero! Marino è innocente!), attaccando vergognosamente Leonardo Marino, l'unico vero "pentito" della storia giudiziaria italiana (nel senso che si pentì ed andò a confessare la propria partecipazione all'omicidio Calabresi da un prete, il quale gli impose come penitenza di costituirsi) e dandogli del bugiardo e prezzolato. Nonostante l'immediata trasmissione televisiva e la pubblicazione presso Einaudi, la rappresentazione non ebbe il successo sperato (memorabile fu l'interruzione delle prove da parte di alcuni punk-bestia, che rivolsero all'attore e alla sua compagna di vita e di palcoscenico Franca Rame l'epiteto di "fascisti", forse edotti della giovanile militanza nella Repubblica Sociale, che Fo ha cercato inutilmente di nascondere).
Da sempre dichiaratosi di estrema sinistra - naturalmente una sinistra al caviale, tanto che si diceva che in casa venisse servito da un maggiordomo in guanti bianchi -, attivista di Soccorso Rosso Militante in difesa di criminali comunisti ed extraparlamentari (come Achille Lollo, l'autore del rogo di Primavalle), Dario Fo ha utilizzato le proprie opere come arma di propaganda. Una propaganda molto ben riuscita, visto che anche molti cattolici sembrano dimenticare la furia anticattolica del suo Mistero buffo. [...]
Tra le sue ultime "opere" troviamo Lu santo jullare Francesco (1999), un "omaggio" al preteso carattere rivoluzionario della santità francescana, visto quasi come una continuazione del più noto Mistero buffo, scritto nel 1969 e sul quale obbiettivamente Fo ha campato di rendita per quasi cinquant'anni. Ormai, dati i tempi ed il cambiamento della società, lo scandalo che aveva potuto suscitare una pièce come Mistero buffo non era più pensabile, ma anche nell'ultimo lavoro venivano ripetuti luoghi comuni molto utili alla propaganda anticattolica: far passare San Francesco come un rivoluzionario, evidenziandone solamente il lato materiale e nascondendo totalmente quello spirituale, come se il poverello di Assisi non avesse ricevuto le stimmate e non avesse parlato con Dio, ma fosse stato un qualsiasi prete operaio o teologo della liberazione ante litteram.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14/10/2016

8 - OMELIA XXX DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Lc 18,9-14)
Chi si esalta sarà umiliato, chi si umilia sarà esaltato
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 23 ottobre 2016)

La scorsa domenica abbiamo riflettuto sulla necessità di pregare sempre senza stancarci mai. Ora meditiamo su come dovrà essere la nostra preghiera per risultare particolarmente gradita al Cuore di Gesù. Le letture di oggi ci insegnano che, prima di tutto, la nostra preghiera dovrà essere umile. Il Libro del Siracide afferma con chiarezza: «La preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l'Altissimo non sia intervenuto» (35,17-18). Per povero si intende l'umile di cuore che ripone la sua speranza non in se stesso ma in Dio.
Oltre a questa povertà di spirito, la prima lettura ci insegna che dobbiamo usare la carità verso il prossimo per trovare la benevolenza di Dio. Il testo, infatti, afferma: «Chi [...] soccorre [la vedova] è accolto con benevolenza, la sua preghiera arriva fino alle nubi» (Sir 35,20). A quei tempi la condizione della vedova, come pure quella dell'orfano, era molto difficile. Per questo motivo, aiutare l'orfano e la vedova era considerato un grande gesto di carità. Queste parole ci insegnano che se vogliamo essere esauditi da Dio, a nostra volta, dobbiamo esaudire la supplica di chi è nel bisogno. Se, al contrario, chiudiamo il nostro cuore di fronte a queste situazioni, come possiamo pretendere di essere ascoltati da Dio?
Si racconta che sant'Anselmo era sempre molto caritatevole verso i poveri e, a chi gli diceva che era fin troppo buono, egli rispondeva: «Ascolto sempre quelli che mi domandano qualcosa, nella speranza che anche Dio esaudisca sempre le mie preghiere».
Ecco dunque un modo molto concreto per migliorare nella nostra preghiera e per essere esauditi facilmente da Dio: essere umili e caritatevoli.
Ma è soprattutto il Vangelo che ci insegna la necessità di essere umili. Il brano di oggi ci presenta la scena di due uomini che andavano a pregare al tempio. Uno era fariseo, l'altro pubblicano. Il fariseo era molto superbo, era pieno di sé, come diremmo noi. Si sentiva perfetto nell'osservanza della legge mosaica e guardava con disprezzo gli altri uomini che, secondo lui, erano ladri, ingiusti e adulteri. Soprattutto disprezzava quel pubblicano che era salito con lui al tempio. I pubblicani erano considerati peccatori della più infima specie. Essi erano scesi a compromesso con l'odiato potere straniero e riscuotevano per esso le tasse, ricorrendo a raggiri e frodi per estorcere denaro a suo favore. Come minimo, si diceva che un pubblicano era un uomo senza onore e senza morale.
Il pubblicano della parabola si sentiva fortemente peccatore di fronte a Dio, rimaneva in fondo al tempio, non osava neppure alzare lo sguardo e ripeteva: «O Dio, abbi pietà di me peccatore» (Lc 18,13). Ebbene, conclude Gesù: «Questi, a differenza dell'altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato» (Lc 18,14).
Per essere ascoltati da Dio, la preghiera del pubblicano – «O Dio, abbi pietà di me peccatore» – deve diventare anche la nostra preghiera. Purtroppo lo spirito farisaico è ancora oggi più vivo che mai. Tante volte ci si sente a posto, ci si ritiene dei buoni cristiani per il solo fatto di andare alla Messa di domenica e di fare un po' di volontariato. Ma non ci si accorge, o meglio, non ci si vuole accorgere, dei molti peccati che gravano sulla nostra coscienza. Non si pensa che, agli occhi di Dio, buon cristiano è colui che riconosce le proprie colpe e le confessa con dolore. Senza questa umiltà nulla piace a Dio.
Chiediamo alla Vergine Maria, l'umile Ancella del Signore, che ci doni questa disposizione interiore così importante. Preghiamola che ci stia sempre vicina e che non ci lasci neppure un istante. Con il suo aiuto riusciremo ad essere dei buoni cristiani.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 23 ottobre 2016)

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