BastaBugie n�477 del 26 ottobre 2016

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1 HALLOWEEN, FESTA CATTOLICA INVENTATA DA CATTOLICI
L'avversione per Halloween nasce tra i protestanti (puritani) per opporsi alla venerazione dei santi (VIDEO: vescovo di Macerata difende le radici cristiane di Halloween, la vigilia di Ognissanti)
Autore: Giovanna Jacob - Fonte: Tempi
2 IL PENSIERO DI DON CAMILLO SU BIKINI E BURKINI
La nipote della Dosolina è la bandiera della liberazione femminile e, con il suo bikini succinto, manda in subbuglio tutta Brescello
Autore: Lorenzo Bertocchi - Fonte: Il Timone
3 IL (SOLITO) TERRORISMO CLIMATICO DEI TELEGIORNALI
Alti livelli di anidride carbonica, ghiacciai che si sciolgono... ma tranquilli, sono i soliti allarmi che precedono una Conferenza internazionale sul clima (la scienza li smentisce: sono bufale)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 DOPO JOSE' SANCHEZ DEL RIO, IL PAPA HA CANONIZZATO IL PRIMO SANTO MARTIRE DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE
Di tutte le rivoluzioni, quella francese è stata il modello: preti assassinati o espulsi, 250mila vandeani massacrati perché fedeli al Papa, scuole e ospedali della Chiesa soppressi
Autore: Cristina Siccardi - Fonte: Corrispondenza Romana
5 VOGUE SOSTIENE LA CLINTON PERCHE' E' GAY FRIENDLY
Altre notizie: Luxuria pretende matrimoni gay in chiesa, unioni civili parificate al matrimonio anche in sede penale, le nozze gay dovranno attendere in Australia, i gay sono intolleranti
Fonte: Osservatorio Gender
6 ECCO PERCHE' GLI ITALIANI NON CREDONO AI GIORNALI
Maggiore fiducia a internet dove notizie e idee circolano libere
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
7 LA FILOSOFIA LA CAPISCONO ANCHE I BAMBINI
Il libro ''Filosofia per tutti'' ripristina il corretto rapporto fra fede e ragione (VIDEO: presentazione del libro di Stefano Fontana)
Autore: Lorenzo Bertocchi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
8 LETTERE ALLA REDAZIONE: I COMPITI A CASA SONO INUTILI?
Vedo insegnanti assegnare fiumi di compiti per il pomeriggio e dare piccole biblioteche da leggere durante le vacanze estive
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
9 OMELIA XXXI DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Lc 19,1-10)
Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
10 OMELIA SOLENNITA' DI TUTTI I SANTI - ANNO C (Mt 5,1-12a)
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - HALLOWEEN, FESTA CATTOLICA INVENTATA DA CATTOLICI
L'avversione per Halloween nasce tra i protestanti (puritani) per opporsi alla venerazione dei santi (VIDEO: vescovo di Macerata difende le radici cristiane di Halloween, la vigilia di Ognissanti)
Autore: Giovanna Jacob - Fonte: Tempi, 30/10/2014

Questa storia inizia a Roma nell'ottavo secolo dopo Cristo. Fra il 731 e il 741, un papa (Gregorio III) decise che ogni 1 novembre si festeggiasse l'anniversario della dedicazione della cappella di San Pietro alle reliquie "dei santi apostoli e di tutti i santi, martiri e confessori, e di tutti i giusti resi perfetti che riposano in pace in tutto il mondo". Era nata la festa di Ognissanti, che un secolo dopo divenne festa ufficiale in tutti i territori dell'impero carolingio. Alle soglie del secondo millennio, precisamente nel 998, S. Odilo, abate del potente monastero di Cluny, decise che ogni 2 novembre i fedeli che abitavano nei dintorni del monastero pregassero per i fedeli defunti. Era nata la festa dei morti, che si diffuse rapidamente in tutta Europa.

DUE NUOVE FESTE
E così due nuove feste si aggiungevano a quelle del calendario liturgico, che nel Medioevo erano molto più numerose di quelle che, a stento, sopravvivono oggi. Infatti, i cristiani amavano fare festa, perché la fede li rendeva ottimisti. Inoltre, non distinguevano fra feste "sacre" e feste "profane": tutte le feste erano infatti allo stesso tempo "sacre" e "profane" in senso buono, in quanto nei giorni di festa non ci si limitava ad andare a messa e fare gesti devozionali ma letteralmente si "faceva festa", ossia si mangiava in compagnia, si ballava, si scherzava e si rideva. Tutt'oggi a Natale e Pasqua non ci limitiamo ad andare a messa. Il fatto che ancora oggi si usi preparare dolci speciali per il giorno dei morti (ad esempio le "ossa dei morti") indica chiaramente che in passato si "faceva festa" anche il 2 novembre.
Si sa che in Francia, a partire dal XIV secolo, si usava inscenare la "danza macabra" ogni 2 novembre: figuranti mascherati da contadini, cavalieri, re, mendicanti, preti, artigiani, dame eccetera (i principali tipi umani della società di quei tempi) venivano condotti alla tomba da un figurante mascherato da morte oppure da diavolo. (Fra parentesi, troviamo una messinscena della danza macabra, che ricorda da vicino quelle tardo-medievali, nella parte finale di un famosissimo film: Il settimo sigillo di Ingmar Bergman). Nella maggior parte degli affreschi e delle miniature sul tema della "danza macabra", molto caro agli artisti del cosiddetto "autunno del Medioevo" (secoli XIV e XV), non mancano, appunto, i particolari macabri: non solo teschi e scheletri ma anche corpi feriti, cadaveri infestati dai vermi, eccetera. D'altra parte, teschi, scheletri e ogni genere di riferimenti alla morte e alle realtà preternaturali abbondano nell'arte di tutto il Medioevo e anche nell'arte barocca. Sulle pareti di certe chiese di epoca barocca troviamo perfino pile di teschi e ossa umane (si veda ad esempio San Bernardino alle ossa a Milano). Nei capitelli e nei bassorilievi delle cattedrali medievali proliferavano diavoli, anime supplizianti e bestie mostruose (simboli, queste ultime, dei vizi capitali). Lungo i canali di scolo che circondano i muri esterni delle cattedrali proliferavano invece i misteriosi gargoyles: creature fantastiche, ibride, polimorfe, spaventose, uscite direttamente fuori dalle profondità dell'inconscio popolare. Esagerando un poco, si potrebbero trovare dunque delle somiglianze fra molta arte cristiana, medievale e barocca, e il moderno cinema horror. D'altra parte, l'Inferno di Dante contiene dettagli che potremmo addirittura definire "splatter": dannati ustionati, squarciati, congelati... Non mancano neppure riferimenti al cannibalismo: il "fiero pasto" del conte Ugolino è degno di Non aprite quella porta.

UNA FUNZIONE SOMMAMENTE EDUCATIVA
A questo punto, una domanda sorge spontanea: ma tutte queste immagini macabre non saranno forse diseducative, non accarezzeranno forse i bassi istinti sadici del pubblico, non desacralizzeranno e non banalizzeranno il tema della morte? La risposta è no. Queste immagini hanno una funzione sommamente educativa: ricordano a grandi e piccini che prima o poi tutti, sia mendicanti che imperatori, dovranno fare i conti con la morte ("memento mori"), insegnano a temere le insidie del tentatore e ammoniscono che, a causa del "principe di questo mondo", il mondo è un posto pericoloso, pieno di "mostri" in forma umana pronti a farti del male. Bisogna sottolineare che i cristiani possono guardare con serenità alla morte e al male perché sono certi che Cristo ha vinto entrambi. E così si capisce perché l'arte cristiana contiene molti riferimenti al male e alla morte, mentre l'arte classica ne contiene ben pochi. Privi del dono della speranza, i pagani antichi si inebriavano con immagini marmoree di corpi splendenti di bellezza e giovinezza proprio per non pensare al triste destino dei corpi.
Ogni festa terrena era per i cristiani immagine della grande festa del paradiso. E poiché di feste non ce ne erano mai troppe, i cristiani festeggiavano regolarmente anche le vigilie delle feste. Di tutte le feste di vigilia, oggi da noi ne sopravvivono solo due: la vigilia di Natale (24 dicembre) e la vigilia del mercoledì delle ceneri (martedì grasso). Gli storici hanno ragione di credere che in Europa nel Medioevo si facesse regolarmente festa anche nella notte del 31 ottobre. Lo prova il fatto che in alcune parti d'Italia e d'Europa sopravvivono ancora oggi feste della vigilia d'Ognissanti che somigliano in maniera singolare alla festa americana di Halloween, ma che hanno origini molto più antiche. E' noto in Irlanda, già in epoca carolingia, durante la vigilia d'Ognissanti i contadini esponessero fuori dalle case rape intagliate e illuminate dall'interno e sfilassero per le strade sbattendo rumorosamente pentole e padelle. Se le rape illuminate servivano ad onorare le anime bloccate nel Purgatorio, invece le pentole e le padelle servivano a "tenere alla larga" le anime dannate.

LA CULTURA DELLA CIVILTÀ CRISTIANA-EUROPEA
Riepilogando, la festa di Ognissanti nacque a Roma, la festa dei morti nacque in Francia ed entrambe si diffusero in tutta Europa. D'altra parte, nel Medioevo persone, merci, opere d'arte e idee circolavano da una parte all'altra d'Europa lungo le rotte dei commerci e dei pellegrinaggi. La cultura di una zona (paese, regione o città) influenzava e si faceva influenzare dalle culture delle altre zone, senza mai perdere la sua identità. Ad esempio, le cattedrali romaniche e gotiche sparse per l'Europa si somigliano fra loro, in quanto si basano su elementi comuni, ma poi ognuna è fortemente impregnata degli umori del luogo. Per citarne solo due a caso, la cattedrale di Chartres e la cattedrale di Monreale sono allo stesso tempo molto simili fra loro (entrambe contengono archi a sesto acuto eccetera) e profondamente diverse fra loro. Insomma, i cristiani dell'era più cristiana non avevano fissazioni nazionaliste: non si preoccupavano di conservare intatte e immutabili, proteggendole dagli influssi stranieri, delle presunte "tradizioni" locali basate su presunte radici etniche. La cultura della civiltà cristiana-europea, che è senza dubbio la civiltà più grande del mondo, è la sintesi originalissima, favorita dalla fede, di tante culture diverse. Da una costola della civiltà europea è nata la civiltà americana, la cui cultura appare come una straordinaria sintesi di molteplici culture europee. Anche gli immigrati italiani, nel loro piccolo, hanno dato qualche contributo alla cultura americana, di cui la festa di Halloween è una delle espressioni più famose.
Si è detto che con ogni probabilità nel Medioevo in Europa, non solo in Irlanda, si celebrava la festa della vigilia d'Ognissanti. Dopo la fine del Medioevo, questa festa cominciava ad estinguersi in Europa mentre rinasceva nel Nuovo Mondo. Nel dettaglio, la festa americana di Halloween (che letteralmente significa "festa della vigilia di Ognissanti") fu elaborata nel secolo XVIII dagli immigrati cattolici irlandesi e dagli immigrati cattolici francesi: i primi ci misero le rape illuminate (presto sostituite con le ben più capienti zucche americane) mentre i secondi ci misero le sfilate in costume sul tema della "danza macabra". Poco tempo dopo, gli immigrati cattolici inglesi ci misero la domanda: "Dolcetto o scherzetto?" Le origini della richiesta scherzosa di dolci in cambio di benevolenza devono essere cercate nella tradizione del Guy Fawkes Day, che tuttora si festeggia in Gran Bretagna ogni 5 novembre, e nell'usanza medievale inglese, ancora viva ai tempi di Shakespeare, di dare ai poveri cibo in cambio di preghiere per i cari defunti proprio nei giorni dei santi e dei morti.

UNA FESTA CATTOLICA INVENTATA DA CATTOLICI IN UNA TERRA DI PURITANI (NON CATTOLICI)
Dunque, la festa di Halloween è una festa cattolica inventata da cattolici in una terra non cattolica. Le colonie del nord America erano in mano ai puritani, i quali, come i luterani e i calvinisti, detestavano la Chiesa di Roma e tutte le sue tradizioni. Quando i primi immigrati cattolici arrivarono nel Nord America, i puritani, che sognavano di fare dell'America un Eden puritano, si affrettarono a vietare tutte le manifestazioni pubbliche della fede cattolica. All'odio verso il Cattolicesimo, i puritani univano anche una sostanziale diffidenza verso tutte le forme di piacere e divertimento. Dal loro punto di vista, era semplicemente intollerabile "fare festa" in occasione delle ricorrenze religiose. Per questa ragione, nel 1647 in Inghilterra i puritani non si erano limitati a sopprimere la festa cattolica di Ognissanti ma avevano anche vietato i festeggiamenti del Natale. Ma nonostante tutti questi divieti, i cattolici riuscirono a tenere viva la tradizione della festa di Halloween, cui al principio del secolo XIX cominciarono a guardare con simpatia anche molti coloni di fede protestante. Irritati dal successo popolare della bizzarra festa "papista", i protestanti più ortodossi misero in giro la voce che si trattasse di una festa pagana. Infatti, ai loro occhi il Cattolicesimo era un Cristianesimo degradato, vicino al paganesimo antico.
E' noto che nell'alto Medioevo i papi usassero sopprimere le vecchie feste pagane e sostituirle con le nuove feste cristiane, facendo coincidere le date delle seconde con le date delle prime. Ebbene, secondo il pregiudizio protestante-puritano i papi non avrebbero sostituito bensì si sarebbero limitati a verniciare appena di cristianesimo le vecchie feste pagane, conservandone i riti e lo spirito.
Alla fine del secolo XIX alcuni storici, impregnati di questo pregiudizio, si misero a cercare le radici pagane di ogni festa cattolica. L'antropologo James Frazer (1854 - 1941) credette di trovare le radici della festa di Ognissanti nella festa di Samhain, dio celtico delle tenebre. Secondo le credenze celtiche, o meglio secondo Frazer, fra la notte del 31 ottobre e l'alba del 1° novembre Samhain avrebbe permesso ai morti, confinati in un luogo paradisiaco, di ritornare sulla Terra per divertirsi a fare scherzi e a spaventare i vivi. In seguito, qualche altro storico avanzò l'ipotesi che durante la notte del 31 ottobre i celti, per ingraziarsi Samhain, facessero sacrifici umani.

LA PROPAGANDA ANTI-HALLOWEEN
Cogliendo la palla al balzo, una trentina di anni fa gruppi di protestanti fondamentalisti, che si erano dati la missione di spazzare via la festa di Halloween dalla faccia della terra, misero in giro la voce che nella notte di Halloween le streghe celebrassero i sabba e i satanisti celebrassero il capodanno di Satana, lanciando potentissimi malefici sulle folle festanti. In effetti, questi crociati anti-Halloween sostengono che basti partecipare ai festeggiamenti di Halloween per cadere inconsapevolmente vittime di questi malefici, che spingerebbero irresistibilmente verso la tossicodipendenza, la promiscuità sessuale, il satanismo e infine il suicidio. Negli ultimi anni, grazie a internet, la propaganda anti-Halloween è giunta in Italia, dove ha potuto infettare rapidamente, non incontrando nessuna resistenza, la maggior parte dei cattolici. Nel corso del mese di ottobre, vescovi, preti e semplici fedeli moltiplicano gli appelli contro Halloween: "Tenete alla larga voi stessi e i vostri bambini da questa festa satanica, nella notte del 31 organizzate le feste di Holyween, dedicate si santi". Sembra che da qualche parte sia perfino volata qualche "scomunica" contro le zucche illuminate.
Ma c'è qualcosa di vero nella propaganda anti-Halloween? L'unica cosa vera è che ogni notte di Halloween, da trenta anni a questa parte, le sedicenti streghe dell'associazione Wicca organizzano i sabba e i satanisti di ogni denominazione celebrano il capodanno satanico. Paradossalmente, è stata proprio la propaganda anti-Halloween a rendere reale ciò che la propaganda stessa denunciava. A forza di dire che la notte di Halloween è la notte delle streghe, queste ultime hanno pensato che forse quella notte i sabba potevano riuscire meglio. E a forza di dire che la festa di Halloween discende dalla festa di un sanguinario dio celtico, i satanisti hanno pensato che forse Satana si lascia contattare più facilmente proprio in quella fatidica notte. Tuttavia, è perlomeno dubbio che i malefici che spargono, se è vero che li spargono, sugli ignari festaioli siano veramente efficaci. Per diventare depressi o tossicodipendenti, promiscui o satanisti o tutte queste cose insieme non c'è certamente bisogno di subire un maleficio: la cultura contemporanea, atea e nichilista, basta e avanza a spingerti nel baratro dei comportamenti autodistruttivi e violenti. Pare che molti depressi e molti tossicodipendenti non abbiano mai partecipato ad una sola festa di Halloween. Infine, è stato il Sessantotto, non Halloween, a fare della promiscuità sessuale una moda di massa.

HANNO RAGIONE I CATTOLICI PRO-HALLOWEEN?
Bisogna segnalare che esiste una consistente minoranza di cattolici italiani che prendono le difese di Halloween. Essi accettano tranquillamente l'idea che la festa di Halloween discenda dalla festa celtica di Samhain, respingono invece con forza l'idea che in quella festa i celti offrissero sacrifici umani al dio delle tenebre. A quanto dicono loro, i festeggiamenti della notte di Samhain non avrebbero avuto nessun aspetto cruento: indossando maschere mostruose e grottesche, grandi e piccini avrebbero fatto festa per tutta la notte attorno ad enormi falò di "fuoco sacro" al fine di onorare i trapassati e tenere alla larga gli spiriti dispettosi. Infine, i cattolici pro-Halloween sottolineano che i cristiani, abituati a trattenere quello che di buono c'era nella cultura pagana ("Vagliate tutto e trattenete ciò che vale"), avrebbero trattenuto dunque questa graziosa festa celtica, che si sarebbe bene accordata con la visione cristiana della morte. Hanno dunque ragione i cattolici pro-Halloween? Non propriamente. E' vero che i cristiani valorizzano tutto ciò che è buono ed è vero anche che in epoca tardo-antica i papi "cristianizzavano" le feste pagane. L'unico problema è che la tesi dello storico James Frazer, cui essi fanno riferimento, si è dimostrata infondata.
Di recente Ronald Hutton, studioso dei fenomeni di neopaganesimo, ha dimostrato che non ci sono prove che Samhain avesse a che fare col culto dei morti. Con ogni evidenza nella notte compresa fra il 31 ottobre e il 1° novembre i celti festeggiavano un capodanno minore, che segnava il passaggio dall'estate all'inverno e quindi la fine del periodo della mietitura. Solo più tardi, quando il Cristianesimo si era pienamente affermato, furono elaborate leggende sugli spiriti dei morti che tornavano a fare visita ai vivi fra la fine di ottobre e l'inizio di novembre. Appare dunque priva di fondamento anche la tesi, sostenuta sempre da Frazer, che il Papa avesse spostato la festa di Ognissanti dal 13 maggio al 1° novembre proprio per sovrapporla alla festa di Samhain. Infatti, non ci sono prove che qualcuno avesse informato il Papa dell'esistenza di questa festa pagana, che oltretutto sembra non si celebrasse più da secoli.

OGGI HALLOWEEN È COMPROMESSA CON IL MATERIALISMO
Abbiamo visto che Halloween è una festa di origine cattolica che non ha nessun legame storico col paganesimo e col satanismo, anche se è vero che di recente i neo-pagani e i satanisti se ne sono appropriati. Ma più che col paganesimo e il satanismo, oggi Halloween è compromessa con il materialismo consumista e nichilista. Non c'è dubbio che oggi Halloween non abbia più nessun significato religioso, che sia solo una festa materialista a scopo commerciale, una carnevalata nichilista in cui ci sia abbandona liberamente ai peggiori vizi ridendo e scherzando della morte. Ma questa è una buona ragione per boicottare la festa di Halloween e per sostituirla con la (francamente stucchevole) festa di Holyween? I cattolici devono rendersi conto che a sparare su Halloween la danno vinta ai puritani, che sono riusciti a strappare dalle loro mani questa bellissima festa, che affonda le sue radici nel Medioevo, e l'hanno consegnata in pacco dono a satanisti, neo-pagani e materialisti atei. Che facciamo, gliela lasciamo a loro? Non è meglio se ce la riprendiamo?

FARE FESTA IN ONORE DEI SANTI E DEI MORTI
Ma per riprendercela, dobbiamo avere chiaro il significato di questa festa, sgombrando il campo dalle due ultime obiezioni. Penultima obiezione: "C'era proprio bisogno di costruire una festa mascherata piena di dolcetti e scherzetti a ridosso della commemorazione dei santi e dei morti? Ha senso ridere e scherzare della vita, della morte e di tutte le cose più serie? E poi tutti quei travestimenti macabri non sono forse diseducativi?"
La risposta è che dal punto di vista cristiano ha senso "fare festa" in onore dei santi e dei morti. Infatti, a differenza del paganesimo antico, il Cristianesimo cattolico romano è una religione ottimista e festosa. Se i pagani facevano di tutto per non pensare al dolore e alla morte, invece i cattolici possono perfino ridere e scherzare, almeno una volta all'anno, anche della morte e del diavolo, perché sanno che Cristo li ha sconfitti. E le maschere macabre e orrorose che vanno in giro per le strade nella notte di Halloween sono discendenti moderne di quel popolo di diavoli, supplizianti, cadaveri, teschi, scheletri, bestie mostruose e gargoyles che vediamo nelle cattedrali medievali e nelle chiese barocche. Sicuramente le leggende popolari irlandesi sulle apparizioni di morti e di demoni nel momento del passaggio dall'estate all'inverno non avevano alcuna seria giustificazione teologica e tuttavia affondano le loro radici proprio nella teologia cattolica. Erano leggende cristiane dotate di un indubitabile valore pedagogico: in primo luogo invitavano i fedeli a pregare per le anime dei defunti, in secondo luogo li aiutavano a non dimenticare che anche loro un giorno sarebbero stati defunti ("memento mori"), in terzo luogo li invitavano a temere gli inganni e le seduzioni del tentatore. In conclusione gli scherzi, le risate, i travestimenti macabri non servo ad "onorare" il demonio, ma al contrario servono per celebrare la vittoria di Cristo sul demonio e ad esorcizzare la paura della morte.

IN EUROPA NEL MEDIOEVO SI FESTEGGIAVA LA VIGILIA DI OGNISSANTI
Ultima obiezione: "Anche se Halloween è una festa cattolica, noi non possiamo festeggiarla, perché non appartiene alle nostre tradizioni nazionali". Rispondere a questa obiezione è fin troppo facile. Come abbiamo visto, con ogni evidenza nel Medioevo si festeggiava ovunque in Europa la festa della vigilia di Ognissanti. In varie località d'Italia sopravvivono feste della vigilia d'Ognissanti che, pure essendo di origine medievale, somigliano in maniera sorprendente alla festa americana di Halloween. In secondo luogo, è ora di affrancarci dalla soggezione nazionalista, tipicamente romantica, un poco idolatra, verso "tradizioni" nazionali su base etnica. Cerchiamo di ridiventare un poco "medievali" in senso buono, cerchiamo di guardare alla globalizzazione economica e culturale con la stessa apertura mentale con cui i cristiani medievali guardavano alla "globalizzazione" economica e culturale dell'Europa alla caduta dell'impero romano, quando tradizioni romane e barbariche si fondevano assieme all'ombra della croce. Non dobbiamo temere che le nostre tradizioni nazionali si contaminino con altre tradizioni. Nessuna cultura a questo mondo è "pura", tutte sono contaminate e tutte sono in continua trasformazione. La cultura italiana è la sintesi originalissima di tante culture diverse (greca, etrusca, romana, gallica, longobarda eccetera). A sua volta la cultura italiana ha influenzato e si è lasciata influenzare dalle altre culture europee, e a sua volta la cultura americana è una straordinaria sintesi di molteplici culture europee. La festa inventata dagli immigrati che un tempo sbarcarono in America, sbarca oggi nel continente da cui provenivano quegli immigrati attraverso i nuovi mezzi di comunicazione. Insomma, la festa di Halloween appare come un dono prezioso che gli Usa fanno all'Europa. E il bello è che esaminando questo dono, interrogandolo, scopriamo anche qualcosa su noi stessi e sulle nostre più antiche tradizioni medievali. Soprattutto, scopriamo che la fede ci fa guardare con gaiezza perfino agli aspetti più oscuri della vita. Altroché "Holyween".
In conclusione, buon Halloween o - se la parola "Halloween" vi pare troppo "esterofila" - buona festa della Vigilia di Ognissanti a tutti.

Nota di BastaBugie: Halloween è una festa di origini Cristiane, trasformazione in scozzese di una antica espressione inglese che vuol dire "Vigilia di tutti i Santificati". In origine quindi non c'entrano né maghi né streghe! E' dall'ottavo secolo che la Chiesa festeggia tutti i Santi. Poi nel 1500 il movimento Protestante ha vietato il culto dei Santi. La gente ha continuato a fare questa festa, non più di giorno perchè era vietato, ma di notte e in modo popolare, aggiungendoci scherzi, dolci e mascherandosi per non farsi riconoscere dai Protestanti.

Oggi questa festa ha assunto due scorrette manipolazioni. La prima di carattere commerciale, la seconda di carattere satanista.
Per quanto riguarda il carattere commerciale (negozi, luci colorate, locali di divertimento, ecc.) va detto che anche il Natale ha subito questo snaturamento, ma non per questo va vietato il Natale, bensì occorre viverlo nel senso cristiano, cioè come ricordo della nascita di Gesù.
Per quanto riguarda il carattere satanista, non c'è bisogno di condannare Halloween per mettere in guardia da sedute spiritiche, evocazioni, esoterismo, rituali satanici. Queste cose sono da evitare sempre. Tra l'altro non è dimostrato che il 31 ottobre aumentino queste pratiche perverse che in realtà ci sono tutto l'anno, come sanno bene gli esorcisti.

Nel seguente video il pacato, ma fermo intervento del vescovo di Macerata Mons. Nazzareno Marconi, esperto di lingue antiche, in difesa del recupero del vero senso della festa di Halloween:


https://www.youtube.com/watch?v=pCA-I5vCJgk

DOSSIER "HALLOWEEN"
Festa cattolica inventata da cattolici

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Fonte: Tempi, 30/10/2014

2 - IL PENSIERO DI DON CAMILLO SU BIKINI E BURKINI
La nipote della Dosolina è la bandiera della liberazione femminile e, con il suo bikini succinto, manda in subbuglio tutta Brescello
Autore: Lorenzo Bertocchi - Fonte: Il Timone, settembre-ottobre 2016 (n.156)

Al Bar dei Cacciatori la faccenda si era fatta maledettamente seria. Alle 16, quando la Lucy passava davanti al bar, la pressione saliva.
L'ultima volta gli shorts della Lucy erano così corti, ma così corti, che avrebbe fatto prima a non metterli. E il tacco era così lungo, ma così lungo che sembrava sulle nuvole. Lo Sparalesto e gli arzilli del Tresette si mettevano fuori dal bar apparecchiati come la giuria di Miss Italia.
La venticinquenne nipote della Dosolina, l'emancipata perpetua di don Camillo, veniva sul crinale dalla città al finir dell'estate e gettava scompiglio; non solo al bar. Anche le (poche) giovani autoctone avevano da tempo abbracciato la moda desnuda, ma lei era la bandiera della totale liberazione femminile, frutto maturo del progresso democratico e liberale.
L'Apecar di don Camillo parcheggiava fuori dal bar tutti i pomeriggi dopo il Vespro, perché la chiesa deve essere in uscita e il pastore deve avere l'odore delle pecore.
"Buonasera Reverendo - attaccò lo Sparalesto - ma non le fa un po' mal di testa quel pezzo di ragazza che le gira intorno alla canonica?".
Mentre don Camillo provava a porgere l'altra guancia, entrò lei, la Lucy. Come al solito aveva risparmiato sui centimetri di stoffa e, di ritorno dal fiume, dove andava a prendere il sole con un bikini ristretto, la Lucy passava per un caffè lungo a dare la scossa al bar.
"Ha proprio ragione quel ministro francese - intervenne Gianni da dietro il bancone - che ha vietato la palandrana in spiaggia per le donne musulmane. I nostri valori lo impediscono. Guardate che spettacolo offre la nostra civiltà", disse puntando la Lucy seduta sullo sgabello. Lei ricambiò con un sorriso compiacente alla combriccola, e riservò al parroco uno sguardo che era un programma.
"Semmai lo spettacolo lo offrono il Creatore e la mamma della signorina - rispose don Camillo - però non sapevo che tra i nostri valori non negoziabili ci fosse anche quello delle terga esposte". Punta nel vivo saltò su la Lucy: "L'ho sempre detto alla nonna che lui è un pretaccio integralista e intollerante. Vuole la subalternità del femminile al maschile".
"Va là, va là, che anche al parroco cade l'occhio...", salì una voce dalla sala biliardo. "Ognuno si occupi dei suoi, rispose don Camillo, perché c'è un bel traffico di occhi caduti che circolano qua intorno... ma d'altra parte come si fa a non desiderare la donna d'altri quando ci sono centinaia di donne d'altri che ti passano davanti quasi nude?". La domanda aveva una certa logica stringente, ma don Camillo era rimasto indietro, perché anche il desiderare liberamente la donna d'altri era una conquista della nostra civiltà.
"Per lui, riprese la Lucy, dovremmo stare tutte in burkini".
"No, basterebbe provare un'altra testa, anche se il modello non si trova in boutique. Perché si dovrebbe capire che non è importante far cadere gli occhi degli uomini d'altri, ma custodire e far riconoscere il tuo valore indipendentemente dalla carrozzeria esterna".
"Lui, disse la Lucy con una ghigna da emancipata, parla così perché vuole la repressione e l'oppressione sessuale!".
"No cara, parlo così perché la vera bellezza è quella che gli occhi non possono vedere, e sfida il tempo e la sua inclemenza, e non diventerà come l'altra, terra nella terra".

SANTA MARIA GORETTI E LA PUREZZA OGGI
Non può esistere un serio combattimento contro i nemici della civiltà cristiana se la purezza non è posta a fondamento
di Plinio Corrêa de Oliveira
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=641

DOSSIER "CONSIGLI PER L'ESTATE"
Vacanze, spiaggia e... bikini

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Fonte: Il Timone, settembre-ottobre 2016 (n.156)

3 - IL (SOLITO) TERRORISMO CLIMATICO DEI TELEGIORNALI
Alti livelli di anidride carbonica, ghiacciai che si sciolgono... ma tranquilli, sono i soliti allarmi che precedono una Conferenza internazionale sul clima (la scienza li smentisce: sono bufale)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 26-10-2016

Ghiacciai che si sciolgono e sommergeranno anche l'Italia, concentrazione senza precedenti di anidride carbonica nell'atmosfera e chissà cosa accadrà, anche se certamente qualcosa di terribile. Le notizie sparate da giornali e tg negli ultimi giorni non hanno certo portato più serenità nell'opinione pubblica. Ma niente paura: quando il terrorismo psicologico da cambiamenti climatici si intensifica, significa che c'è una qualche conferenza internazionale sul clima alle porte. Sono un po' come le campane che annunciano la messa. E infatti dal 7 al 18 novembre a Marrakech (Marocco) si svolgerà la Cop 22, ovvero la annuale Conferenza fra le parti che dovrà fare il punto sull'accordo firmato l'anno scorso a Parigi (Cop 21) ed entrato in vigore lo scorso 4 ottobre con la ratifica del Parlamento Europeo.
Mettiamoci perciò tranquilli e aspettiamoci un crescendo di allarmi e di scenari catastrofici, che saranno certi se i governi non agiscono subito, anzi prima. Del resto, siccome gli scenari si spingono avanti 50-100 anni si è abbastanza certi che non ci sarà nessuno di noi a verificare le sciocchezze che oggi vengono spacciate per verità scientifiche. Certo, oggi basterebbe rilevare quanto fossero sbagliate le previsioni date per certe 30-40 anni fa per nutrire seri dubbi sull'attendibilità degli scenari previsti oggi, ma in un clima ideologico come quello attuale è decisamente pretendere troppo da scienziati-opinionisti e giornalisti.

ANTARTIDE A RISCHIO?
Guardiamo ad esempio i due allarmi di questi giorni. Il primo si riferisce all'Antartide. Dice in pratica la notizia: c'è un ghiacciaio che si sta sciogliendo rapidamente, che potrà aumentare il livello del mare di ben tre metri, tanto che un team scientifico anglo-americano è in partenza per controllare quanto sta avvenendo. E tutti già sono portati ad immaginarsi il mare alle porte di Milano nel giro di pochi anni (la nuova Milano Marittima). Ma gli abitanti di Rogoredo e Linate, che già pregustano di poter scendere in spiaggia direttamente dai loro condomini, sono destinati a rimanere delusi. In effetti la partenza della missione scientifica è prevista per il 2018 salvo complicazioni, e non sarà del tipo "Arrivano i nostri", ma si tratterà semplicemente di una missione di studio.
Oggetto dell'osservazione è il ghiacciaio Thwaites, un blocco importante sulla costa occidentale dell'Antartide, che da qualche anno registra una lenta erosione che potrebbe nei prossimi decenni renderlo instabile. Ma non è una questione di riscaldamento globale, tanto è vero - nessuno si preoccupa di dirlo - che l'Antartide nel complesso vede una crescita dei ghiacciai. Tanto è vero che uno studio della NASA pubblicato giusto un anno fa mostra che c'è un accumulo di neve in Antartide iniziato 10mila anni fa e che compensa abbondantemente le perdite registrate in alcuni ghiacciai.
In pratica la superficie ghiacciata dell'Antartide ha conosciuto un incremento di 112 miliardi di tonnellate l'anno dal 1992 al 2001, incremento sceso a 82 miliardi di tonnellate l'anno dal 2003 al 2008. In pratica se il Thwaites e altri ghiacciai della parte occidentale registrano una perdita, la parte orientale e l'interno di quella occidentale crescono molto di più. Quindi, riponete maschera e pinne e rassegnatevi per i decenni a venire a mettervi in coda in auto per raggiungere le attuali coste adriatiche, liguri, tirreniche e ioniche.

L'ANIDRIDE CARBONICA SUPERA QUOTA 400
E veniamo al secondo allarme: dice l'Organizzazione Meteorologica Mondiale che l'anidride carbonica ha ormai superato stabilmente la concentrazione di 400 parti per milione (ppm) nell'atmosfera, cosa che renderà mission impossible mantenere l'aumento della temperatura entro i 2 gradi per il 2100, come previsto dall'Accordo di Parigi. Ovviamente l'opinione pubblica è portata a pensare che 400 ppm sia una cifra abnorme che porterà conseguenze catastrofiche, anche perché l'anidride carbonica viene spacciata comunemente per un inquinante (è invece il mattone della vita, senza CO2 la vita non ci sarebbe). C'è chi, più impressionabile, sente già mancare il respiro per troppa CO2 nell'aria.
Ma anche qui si deve anzitutto tenere presente che sebbene si sia concordi nello stabilire una relazione tra CO2 e temperatura terrestre, nessuno è in grado però di definire un eventuale rapporto causa-effetto e relativo funzionamento. Non solo, mentre nessuno è in grado di dire con certezza che cosa potrà avvenire in futuro, sappiamo però per sicuro che negli ultimi 30 anni, grazie all'aumento della CO2 in atmosfera la superficie forestale sul pianeta è aumentata del 14%, un incremento che interessa tutti i paesi del mondo, dalla foresta equatoriale alla tundra. Del resto molto prima che comparisse l'uomo sulla faccia della terra, la crescita della vegetazione fu favorita da una concentrazione pari a 6mila ppm. E un esperimento fatto negli Stati Uniti (professor Sherwood Idso), ha dimostrato che aumentando da 350 a 650 le ppm di anidride carbonica, il tasso medio di crescita delle 475 varietà di piante studiate aumenta mediamente del 50%. Si potrebbe continuare per molto su questa falsariga.
Ma la questione è già abbastanza chiara: quelli che a ogni attentato terroristico islamico gridano fieri che non cambieremo i nostri stili di vita, sono gli stessi che praticano il terrorismo psico-climatico per imporci di cambiare proprio i nostri stili di vita. Non c'è dubbio che la schizofrenia sia un tratto caratteristico della nostra epoca.

Nota di BastaBugie: per approfondire l'argomento del terrorismo climatico dei mezzi di comunicazione di massa che di scientifico non ha nulla, clicca nel link qui sotto per vedere il video sottotitolato in Italiano del documentario di Channel 4 che smonta la teoria del riscaldamento globale causato dall'uomo
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4296

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 26-10-2016

4 - DOPO JOSE' SANCHEZ DEL RIO, IL PAPA HA CANONIZZATO IL PRIMO SANTO MARTIRE DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE
Di tutte le rivoluzioni, quella francese è stata il modello: preti assassinati o espulsi, 250mila vandeani massacrati perché fedeli al Papa, scuole e ospedali della Chiesa soppressi
Autore: Cristina Siccardi - Fonte: Corrispondenza Romana, 19/10/2016

Il 16 ottobre scorso sono stati canonizzati da Papa Francesco (insieme al martire José Sánchez del Río, a don José Gabriel del Rosario Brochero, al Vescovo Manuel González García, a don Lodovico Pavoni, a don Alfonso Maria Fusco) due francesi: fratel Salomone (Guillaume-Nicolas-Louis) Leclerq (1745-1792), primo santo martire della Rivoluzione francese, e suor Elisabetta (Elisabeth Catez) della Santissima Trinità (1880-1906).
Il 12 luglio 1790 l'Assemblea nazionale costituente francese approvò la Costituzione civile del clero al fine di modificare i rapporti fra Stato e Chiesa e da questa iniziativa non solo si diede legittimità alla feroce persecuzione ai danni della Chiesa e dei suoi membri, ma biforcò, a livello ecclesiastico, l'appartenenza: da un lato chi resistette, pagando di persona, talvolta anche con la vita; dall'altro chi scelse l'apostasia per ottenere la protezione dello Stato. San Salomone Leclerq, che non giurò fedeltà alla Costituzione, scelse di continuare ad appartenere a Cristo.

I CRIMINI DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE
La persecuzione della Rivoluzione francese si abbatté anche sull'Istituto delle Scuole Cristiane, fondato da san Giovanni Battista de La Salle: la maggior parte dei membri rifiutò il giuramento allo Stato e pertanto furono cacciati dalle scuole, le loro comunità furono disperse e i Fratelli costretti alla clandestinità. Guillaume-Nicolas-Louis Leclercq, nato a Boulogne-sur-Mer il 15 novembre 1745, era entrato fra i Lassaliani il 25 marzo 1767.
Insegnante ed economo, al momento dello scoppio della rivoluzione era segretario di fratel Agathopn, Superiore Generale. La sua clandestinità, dopo il rifiuto al giuramento della Costituzione civile del clero, si consumò a Parigi. Venne comunque scoperto e catturato: era il giorno dell'Assunta del 1792. Rinchiuso, con molti altri sacerdoti diocesani e religiosi, nel convento dei carmelitani di Parigi, trasformato in carcere, il 2 settembre fu massacrato a colpi di spada insieme ad altri 94 compagni di prigionia.
Pio XI lo beatificò il 17 ottobre 1926 congiuntamente ad altri 191 martiri di quel macabro settembre quando, in nome della libertà, dell'uguaglianza e della fraternità si compirono efferati eccidi, ben documentati nel libro di Frédéric Bluche, Settembre 1792, logica di un massacro (Septembre 1792. Logiques d'un massacre, Laffont 1986).

LA PERSECUZIONE SUBITA DAI FRANCESI CATTOLICI
Ha dichiarato lo storiografo Pierre Chaunu, sotto la cui direzione lo storico Raymond Secher documentò scientificamente il genocidio vandeano: «La persecuzione religiosa subita dai francesi cattolici durante questo periodo non ha equivalenti nella storia se non le grandi persecuzioni del XX secolo. Di tutte la Rivoluzione francese è stata il modello. La persecuzione religiosa non fu solo persecuzione contro i religiosi, ma una rivolta contro il cristianesimo con il preciso intento di decristianizzare la nazione. La maggioranza dei preti è stata assassinata od espulsa (...) 250 mila vandeani sono stati massacrati perché volevano andare alla messa e restare fedeli a Roma. Le scuole, gli ospedali, tutte le opere sociali della Chiesa vennero soppresse e non furono rimpiazzate che sulla carta. In Vandea tutte le famiglie, tutte le persone presso le quali si trovasse una cappella, un crocifisso o altro furono fucilate, le loro case incendiate (...) Quello che non capisco è perché i cattolici francesi di oggi non siano al fianco dei cattolici perseguitati nella storia e soprattutto sotto la Rivoluzione francese. Il perdono non implica l'oblio e nemmeno la collaborazione con i criminali. Non capisco proprio perché e in nome di cosa si neghi la realtà: in Francia ci sono stati centinaia e migliaia di morti, vittime delle loro convinzioni religiose. Hanno lottato, si sono organizzati, ma sono stati massacrati nella maniera più indegna».

Nota di BastaBugie: Paolo Gulisano nell'articolo sottostante dal titolo "Un bimbo martire ci mostra che le ideologie anti umane sono il nemico" parla di san Josè del Rio canonizzato insieme a san Salomone Leclerq.  Il 14enne protagonista del film ''Cristiada'' insegna ai cristiani di oggi come comportarsi con la nuova ondata di laicismo e anticlericalismo che minacciano, ora come allora, la libertà dei cristiani.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 16 ottobre 2016:
Questa mattina in Piazza San Pietro sarà proclamato santo Josè Sanchez del Rio, il piccolo martire della spaventosa persecuzione anti-cattolica che si scatenò in Messico negli anni Venti del secolo scorso. La Canonizzazione ha luogo proprio mentre ricorre infatti il 90° anniversario della rivolta dei cattolici messicani, i quali - perseguitati da un feroce regime massonico e anti-religioso - insorsero in difesa della fede e della libertà. La rivolta finì in un martirio di popolo, in un bagno di sangue che vide barbaramente uccisi migliaia di uomini, donne, bambini, religiosi, vittime di un atroce quanto lucido progetto di scristianizzazione del Paese.
Fu una delle conseguenze della presa di potere di un'ideologiafortemente anti-cristiana, che si era insediata al governo sull'onda lunga delle vicende della Rivoluzione Messicana del 1910. Una classe dirigente giacobina (con forti legami con la massoneria e con centri di potere economico-finanziari internazionali) che, liquidata la fase 'populista' della Rivoluzione, quella appunto che aveva visto come protagonisti Villa e Zapata e che è stata resa celebre da tanta cinematografia hollywoodiana, venne meno a gran parte delle promesse di giustizia sociale, in particolare nei confronti dei contadini, e instaurò una forma di governo fortemente autoritaria, che, preservando gli interessi economici di pochi oligarchi (molti dei quali statunitensi), si attirò comunque il consenso dei 'progressisti' attraverso l'attuazione di una politica culturale ferocemente avversa alla Chiesa, o meglio: ad ogni espressione sociale del cristianesimo.

SOPPRESSA OGNI MANIFESTAZIONE PUBBLICA DELLA CHIESA
A partire dalla Costituzione del 1917 (tuttora in vigore, con qualche piccolo aggiustamento) veniva tolta alla Chiesa personalità giuridica. Vennero chiusi tutti gli ospedali, le cliniche, gli orfanotrofi, gli istituti di accoglienza, le scuole e tutti gli istituti educativi e di ospitalità retti dai cattolici. In poche parole, venne soppressa ogni realizzazione sociale, pubblica, che la fede e la carità avevano realizzato nel corso di quattro secoli in Messico. Veniva lasciata - ma solo per poco tempo - la libertà di celebrare il culto. Un cristianesimo confinato nella sagrestie e allontanato dalla società.
Questa strategia era analoga ad altre messe in atto dalla Rivoluzione Francese in poi: relegare Dio in cielo e i credenti nelle chiese (una sorta di 'riserve' per chi si ostinasse ancora, dopo l'emancipazione dalla religione, a voler seguire le 'superstizioni religiose'). La finalità era la stessa di tutti i totalitarismi che pretendono di costruire l'uomo nuovo, violentando quella che è la natura dell'uomo stesso, la sua realtà concreta, in forza delle pretese dell'utopia. Come disse Lenin in uno dei più significativi esempi di questa forma mentis, «se la realtà non corrisponde alle teorie, tanto peggio per la realtà».
Così avvenne per il Messico, che subì il furore ideologico di chi stabilì che il paese andava purgato da ogni segno visibile del cristianesimo, a cominciare dalla società per finire alla coscienza dei singoli. Un'immane opera di scristianizzazione compiuta con la forza. Infatti si procedette con gli arresti, con le violenze fisiche, con le minacce, con la perdita del lavoro, con le uccisioni.
Di fronte a questa aggressione, i cattolici percorsero ogni via pacifica di opposizione: dalla raccolta di più di un milione di firme di protesta, al boicottaggio dei prodotti governativi, ad altre forme di resistenza civile e non violenta. La risposta del governo fu un ulteriore giro di vite: arresti, torture, fucilazioni senza nemmeno la parvenza di un processo. Ne fecero le spese tutti, anche se particolare fu l'accanimento nei confronti di religiose e sacerdoti. Alla fine, davanti alla spietata mattanza che devastava il paese, non restò che la scelta della legittima difesa in armi, allo scopo di salvaguardare i propri cari. Scoppiò la rivolta dei 'Cristeros' (così venivano definiti sprezzantemente dai governativi i fedeli, a motivo della loro devozione a Cristo Re).
Non fu esattamente una guerra civile, almeno per l'idea che comunemente si ha di guerra civile, come di contrapposizione fra due fazioni politiche. Nel caso del Messico c'era invece da una parte un partito, una lobby al potere dotata di mezzi economici e di un esercito di leva obbligato a combattere contro i propri compatrioti e fratelli, e dall'altra un popolo intero che combatteva unicamente per difendere le libertà fondamentali: la libertà religiosa, la libertà di educazione per i propri figli, la libertà di vivere secondo i propri princìpi e non secondo l'ideologia imposta dallo stato. Fu una autentica guerra contro la religione, contro ogni segno della fede incarnata che pure costituiva la più autentica identità del Messico [leggi: L'EPOPEA DEI CRISTEROS MESSICANI, clicca qui, N.d.BB].

SAN JOSÈ SANCHEZ DEL RIO
Tra i martiri che sfidarono questo potere e diedero la vita per testimoniare il loro amore alla Verità ci fu Josè Sanchez del Rio, un ragazzo che aveva appena tredici anni, appartenente alla Gioventù Cattolica, sezione aspiranti. Quando Callés diede inizio alla carneficina, volle far parte dell'Armata, andandosi a presentare ad uno dei suoi capi, il generale Mendoza. «Se io non sono in grado di portare il fucile - disse - potrà servirsi di me in molti modi, come custodire i cavalli, lavorare in cucina, portare l'acqua e le munizioni».
Volle essere un Soldato di Cristo Re. Scrisse alla madre: «Mamma, non lasciarmi perdere la bella occasione di guadagnarmi il Paradiso con così poca fatica e molto presto». Josè è ricordato come un bambino vivace, un amico per tutti pronto al gioco e allo scherzo, ma che non tralasciava mai di partecipare ogni giorno alla Messa e di accostarsi ai Sacramenti. Nell'accampamento era il beniamino. Pochi mesi dopo il suo arruolamento fu ammesso a fare parte del corpo di spedizione che si impegnò a fondo nella battaglia di Cotija il 5 febbraio 1928. Sanchez si trovava presso il generale Mendoza. Quando il cavallo del suo superiore cadde ucciso al suolo, il piccolo soldato saltò a terra, offrendo al generale la sua cavalcatura. Il suo gesto non servì: vennero fatti entrambi prigionieri. I nemici si stupirono per la presenza di un bambino tra le fila dei cristeros: lo minacciarono di fucilazione se non avesse dato notizie sui ribelli. Josè si oppose, sdegnato.
Venne rinchiuso nella Chiesa del villaggio, che era stata trasformata in pollaio. Josè passò la notte pregando, ma quando si accorse, alle prime luci dell'alba, della presenza di galli e galline nella chiesa, preso dall'indignazione tirò il collo a tutti gli animali. Quando i carcerieri se ne resero conto, lo picchiarono selvaggiamente. Alle botte Josè rispose: «Lasciatemi vivo per la fucilazione, per morire martire». Per fargli paura lo fecero assistere alle impiccagioni di altri prigionieri, ma Josè non si fece prendere dalla disperazione, e pregava per loro. Gli fu permesso di scrivere alla mamma: «Cara mamma, mi hanno catturato e stanotte mi fucileranno. E' venuta l'ora che io ho atteso tanto. Io ti saluto insieme ai miei fratelli, e ti prometto che in Paradiso preparerò un buon posto anche per voi tutti».
Si firmò Josè Sanchez del Rio, «che muore in difesa della Fede, per amore di Cristo Re e della Regina di Guadalupe». Fu ucciso, in odio alla Fede, il 10 Febbraio 1928.

TESTIMONIARE LA PROPRIA FEDE
Il grande intellettuale francese Andre Frossard scriveva anni fa «il mondo vuole un cristianesimo smorto e pusillanime, ansioso di ottenere il diritto di cittadinanza in una società che lo disprezza». Josè e i Cristeros ci insegnano ancora oggi che il cristiano non deve avere paura di fronte al mondo di testimoniare la propria fede. Ma la sua canonizzazione avviene in un contesto storico sia locale che globale che non può non interrogarci e riattualizza quel sacrificio. Ancora oggi, come 87 anni fa, il Messico sta vivendo una nuova ondata di persecuzioni e politiche totalitarie. L'imponente manifestazione del Frente Nacional por la Familianasce proprio come reazione alla decisione del presidente del Messico di impedire la libertà di educazione e quella religiosa, attraverso i vessilli della teoria gender che si vuole introdurre in tutte le scuole oltre all'introduzione del matrimonio omosessuale.
Vescovi messicani iniziano ad essere denunciati e molte scuole sono chiamate al sacrificio della perdita dell'accreditamento, come mostrato anche in Spagna.
A queste politiche distruttive per l'uomo, non meno anticlericali di quelle delle lobby massoniche al governo nel Paese centr'americano, si si oppone, oggi come ieri, con le armi della preghiera, della testimonianza pubblica e della fede e non è un caso che nel corso dei tanti cortei di piazza, gli oltre 2 milioni di camisetas blancas abbiano issato l'effige di Sanchez Del Rio che al grido di que viva Cristo rey ha fatto risplendere la sua gloria in un campo di battaglia che lo vedeva martire.
Il suo sacrificio ci arriva ancor oggi in un mondo ostile alla proposta cristiana e alla verità ultima sull'uomo, un mondo che attraverso nuove forme di ideologia vuole tappare la bocca alla libertà.

Fonte: Corrispondenza Romana, 19/10/2016

5 - VOGUE SOSTIENE LA CLINTON PERCHE' E' GAY FRIENDLY
Altre notizie: Luxuria pretende matrimoni gay in chiesa, unioni civili parificate al matrimonio anche in sede penale, le nozze gay dovranno attendere in Australia, i gay sono intolleranti
Fonte Osservatorio Gender, 19/10/2016

Che la stampa americana sia tutta dalla parte dei progressisti Dem, e quindi della candidata Hilary Clinton, è un dato ormai consolidato. Ora però dalla parte di quella che i sondaggi danno faziosamente in vantaggio, ci si mette pure il mondo delle moda e dei pettegolezzi. Anche Vogue infatti, la rivista americana guidata da Anna Wintour, appoggia spudoratamente Hillary Clinton: "Sappiamo che Clinton non è sempre stata una candidata perfetta, ma la sua intelligenza e la sua considerevole esperienza sono riflesse nelle sue politiche e nelle sue posizioni, che sono chiare e solide" - afferma accoratamente la rivista - sottolineando che le "due parole che danno speranza sono: Madame President. Vogue non ha una storia di sostegni politici concessi a candidati, ma data l'alta posta in gioco in questa elezione - continua - ci sentiamo di dover cambiare. Vogue appoggia Hillary Clinton. Abbiamo seguito la carriera di Hillary Clinton, la sua ascesa da Yale a First Lady e segretario di stato."
Ma quali sono le vere ed importanti motivazioni per cui Vogue sostiene spudoratamente la candidata Dem? "Hilary sostiene un'ampia riforma dell'immigrazione. Sostiene i diritti Lgbt, inclusa la fine delle discriminazioni contro i transgender".
Ecco dunque spiegata la questione che, come volevasi dimostrare, è giustificata dai due temi oggi giorno più in auge, e a cui evidentemente i fautori della dissoluzione tengono molto. Una cosa è certa: per attuarli hanno scelto la candidata migliore!

Nota di BastaBugie: ecco altre notizie dal gaio mondo gay (sempre meno gaio).

LUXURIA: LA VERA UGUAGLIANZA CI SARÀ QUANDO LE CHIESE APRIRANNO ALLE UNIONI OMO
Questa mattina Vladimir Luxuria - già Vladimiro Guadagno - è stato intervistato da Radio Cusano Campus, l'emittente dell'Università degli Studi Niccolò Cusano. In merito alle unioni civili così si è espresso: "Sono contenta per tutti quei sindaci che celebrano le unioni civili come tutte le altre, è giusto che sia così. Non abbiamo preteso la Chiesa, ma vogliamo che tutto avvenga civilmente, nel miglior modo possibile. Io sono una abituata ad essere lungimirante, credo che la vera uguaglianza, comunque, ci sarà quando le Chiese apriranno le porte a questo tipo di unione".
Il teorema dell'egualitarismo impone non possibilità, ma obblighi in capo ai recalcitranti nemici dell'ideologia omosessualista. Ogni spazio, sia del foro interno che di quello esterno, deve essere occupato dal pensiero delle oligarchie culturali che così diventa pensiero unico.
(Gender Watch News, 20/10/2016)

UNIONI CIVILI: PARIFICAZIONE CON IL MATRIMONIO ANCHE IN SEDE PENALE
Il 4 ottobre scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato tre schemi attuativi della legge sulle Unioni civili. che poi ha presentato al Parlamento. Si tratta di armonizzare nel concreto questa legge con tutte le altre norme dell'ordinamento giuridico.
Uno di questi schemi riguarda la materia penale. Da una parte si prevede che l'unito civilmente sia ricompreso nella figura del "prossimo congiunto", dall'altra si introduce un nuovo articolo, il 574 ter, in cui si equipara il matrimonio all'unione civile e il coniuge all'unito civilmente.
Questo comporta, tanto per esemplificare, che all'unito civilmente verranno estesi non solo particolari aggravanti o attenuanti che prima erano riservati al coniuge, ma anche alcuni reati specifici: la bigamia, violazione degli obblighi di assistenza familiare, maltrattamenti, etc.
(Gender Watch News, 23/10/2016)

LE NOZZE GAY DOVRANNO ATTENDERE IN AUSTRALIA
Il premier australiano Malcom Turnbull aveva intenzione di sottoporre a referendum popolare la disciplina del matrimonio, ma ieri il Senato, a maggioranza laburista, ha respinto la proposta referendaria. Il quesito sarebbe stato il seguente: "La legge deve essere cambiata, per permettere alle coppie dello stesso sesso di sposarsi?"
I laburisti sono a favore delle "nozze" gay ma ritengono che il referendum non sia la strada migliore per rendere legali i "matrimoni" omosex, anche per i costi esorbitanti promessi (7 milioni di dollari). L'appuntamento è quindi solo rimandato.
La maggioranza degli stati che compongono l'Australia riconosce già le unioni civili. Quindi sarebbe stato semplicemente un passaggio quasi formale: dalle unioni civili al "matrimonio" omosessuale.
Ciò a dimostrazione che le unioni civili sono sempre l'anticamera delle "nozze" gay.
(Gender Watch News, 12/10/2016)

QUANDO I GAY DIVENTANO ETEROFOBI E INTOLLERANTI
Licenziata perché eterosessuale. É accaduto in Australia. Ogni anno ad Adelaide si organizza un festival omonimo che - come si legge sul sito ufficiale - «celebra le diversità sessuali e di genere». Una mega festa gay, tanto per intenderci. Cassandra Liebeknecht, responsabile del Festival nonché eterosessuale dichiarata, è finita sotto inchiesta per condotta non professionale.
La Liebeknecht ha replicato che le accuse sono false e che invece èlei ad essere la vittima tanto che i colleghi le avevano affibbiato come nomignolo, quella di "allevatrice", termine dispregiativo in uso in una parte del mondo gay per indicare le donne eterosessuali, che appunto amano mettere al mondo i figli senza far ricorso alla fecondazione eterologa, strada obbligata per le coppie lesbiche. Morale della favola, la Liebeknecht è stata licenziata, non prima di aver ricevuto minacce del tipo «so dove i tuoi bambini vanno a scuola».
Secondo caso di discriminazione eterofoba sempre proveniente dalla terra dei canguri. Catherine McGregor capitano militare dell'Australian Air Force, transessuale, nonché finalista del premio Australiano dell'anno, è stata/o cacciata/o dall'organizzazione Kaleidoscope, associazione che si batte per le rivendicazioni dei gay. Il motivo dell'ostracismo? McGregor aveva osato criticare il progetto "Scuole sicure" che con il pretesto di combattere le discriminazioni sessuali invece - a suo dire - porta «i giovani trans in un vicolo cieco». Programma che il capitano ha bollato poi come «trotskista». Poco importa poi che McGregor fosse stato nominato inizialmente come ambasciatore di questa iniziativa. Al tradimento non c'è rimedio.
Ma non finisce qui. La scorsa settimana il Mercure Hotel di Sydney ha annullato un incontro di ungruppo cristiano organizzato per discutere sul referendum sul "matrimonio" gay. La pagina Facebook del Mercure è stata, infatti, bombardata da recensioni a una stella e da commenti che hanno lasciato il personale dell'hotel "scosso". Da qui la decisione di annullare la pacifica riunione. L'Australia non è nuova a questi attacchi contro chi è contrario all'omosessualità, ma non si mostra di certo bellicoso verso le persone omosessuali. La cantante lirica georgiana Tamar Iveri nel 2014 aveva usato su Facebook toni pesanti sul Gay Pride svoltosi a Tiblisi. La Iveri aveva poi chiarito che quelle frasi erano state scritte dal marito, non da lei. La cantante doveva esibirsi all'Opera di Sidney nell'Otello. La direzione dell'Opera le diede il ben servito e la cancellò dal cartellone.
Infine, c'è il caso dell'arcidiocesi di Sidney che aveva pubblicato l'opuscolo "Non si scherza con ilmatrimonio" a difesa della famiglia e contro le unioni gay e para-matrimoni omosessuali. Sono partiti dai social media con riflesso pavloviano le critiche all'opuscolo giudicato «offensivo, insultante e umiliante» tanto che l'arcidiocesi è stata trascinata davanti alla Commissione anti-discriminazione.
Il giornalista Brendan O'Neill, a commento di queste vicende che discriminano le persone eterosessuali, cita il romanzo di Anthony Burgess - autore di Arancia meccanica - A Wanting Seed in cui le autorità politiche vogliono diffondere l'omosessualità nella società e confinare gli eterosessuali, perché questi ultimi favorirebbero la sovrappopolazione. Le "allevatrici" e gli "allevatori" con i loro rapporti fecondi sono da mettere all'angolo, da destinare all'estinzione. E così lo stereotipo della discriminazione verso i gay si tramuta in una vera e propria discriminazione a danno di chi la pensa in modo diverso. E, come in ogni apparato ideologico, i veri nemici sono soprattutto i membri dell'apparato stesso che non sono in perfettamente in linea con i diktat che vengono dall'alto, che osano criticare, alzare sopracciglia e persino gridare che il re è nudo.
Ecco perché mettere al bando la responsabile del Festival di Adelaide e la transessuale McGregor:perché se le censure al mondo gay vengono da loro non potranno essere sospetti di partigianeria da parte dei media, ma saranno testimoni assai attendibili. Da oggi ti tirano le pietre non se sei brutto, ma se sei etero.
(Tommaso Scandroglio, La nuova Bussola Quotidiana, 26-09-2016)

Fonte: Osservatorio Gender, 19/10/2016

6 - ECCO PERCHE' GLI ITALIANI NON CREDONO AI GIORNALI
Maggiore fiducia a internet dove notizie e idee circolano libere
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 20/10/2016

"Se non hai letto il giornale, sei disinformato. Se l'hai letto, sei male informato". Questa di Mark Twain è solo una delle tante battute che circolano sulla stampa e sui giornalisti. A tutte le latitudini i media sono guardati con diffidenza, ma in Italia pare che i giornali godano di un discredito tutto speciale.
Hanno provato a studiare il fenomeno e a cercarne le cause Luigi Curini, professore di Scienza politica all'Università di Milano, e Sergio Splendore, ricercatore della stessa Università dove insegna "Communication Research" e "Comunicazione pubblica.
Su un sito autorevole, lavoce.info, che certo non è sospettabile di simpatie per il centrodestra (ci scrivono - per dire - Tito Boeri, Francesco Giavazzi e Tommaso Nannicini, docente della Bocconi e attualmente membro del Nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica presso la Presidenza del Consiglio), i due professori, Curini e Splendore, hanno pubblicato uno studio dal titolo provocatorio: "Ma i giornalisti sono troppo di sinistra?"
Il punto di partenza si trova nei dati dei sondaggi periodici di Eurobarometro, dove si rileva la scarsa fiducia degli italiani verso la stampa: negli ultimi 15 anni un cittadino su due dà un giudizio negativo. Il livello di fiducia verso la stampa si attesta sul 43 per cento ovvero quattro punti percentuali meno del resto d'Europa, nel medesimo periodo.
Perché? Le ragioni possono essere tante. Ma ce n'è una particolare che Curini e Splendore hanno voluto indagare, riprendendo un'ipotesi formulata venti anni fa da Thomas E. Patterson e Wolfgang Donsbagh, nel saggio "New decisione: Journalists as partisan actors", uscito su "Political Communication".

ESKIMO IN REDAZIONE
In quello studio si evidenziavano "le conseguenze relative alla possibile 'discrasia' tra credenze politiche e ideologiche dei giornalisti rispetto ai loro lettori".
Ebbene, Curini e Splendore sono andati a verificare i dati relativi al nostro Paese per capire se questa "discrasia" poteva essere la causa della sfiducia degli italiani nei confronti della stampa.
In effetti - utilizzando fonti omogenee sul posizionamento politico dei giornalisti rispetto ai cittadini - hanno scoperto che l'autocollocazione ideologica "dei giornalisti italiani appare marcatamente posizionata più a sinistra rispetto a quella degli italiani in generale".
Del resto lo si è sempre empiricamente saputo, già dagli anni Settanta: bastava confrontare il panorama della stampa con il voto degli elettori. Praticamente "l'eskimo in redazione" continua a dominare anche oggi, pur standosene sotto abiti più borghesi.
Diciamo che quel capo d'abbigliamento sessantottardo non avvolge più i corpi invecchiati, ma le menti dei giornalisti e dei direttori.
Ecco perché - di conseguenza - la "narrazione" dei giornali italiani è così lontana dai veri sentimenti e dai veri interessi della gente comune ed ecco perché i nostri concittadini in media hanno meno fiducia nella stampa degli altri europei.
Ma allora perché i giornali, in tempi altamente competitivi come questi, non cercano di avvicinare la loro "narrazione" e i loro "narratori" al famoso Paese reale?
La risposta dei due studiosi è questa: "i dati dell'Eurobarometro ci mostrano che i lettori più assidui dei giornali sono anche quelli che hanno una posizione ideologica in media più prossima ai giornalisti. Il che potrebbe condurre a un circolo che si auto-riproduce e si auto-rinforza: ovvero lo iato ideologico con gli italiani in senso lato (e la conseguente crisi di fiducia) non risulta alla fin fine davvero rilevante per il mondo editoriale, perché dopotutto chi legge (e compra) i giornali ha la stessa visione del mondo che ha chi ci scrive, e così via. Un apparente paradosso, con esiti complessivi facilmente prevedibili".
Si potrebbe aggiungere anche un'altra spiegazione: i giornali non vogliono raccontare ed esprimere la "pancia" del Paese reale perché lo disprezzano, perché la casta intellettuale italiana ha sempre considerato il nostro popolo come "minorenne", immaturo, volgare, a volte corrotto e perfino razzista.
Quindi il ceto che fa i giornali ha sempre altezzosamente pensato di avere un ruolo pedagogico, di "riforma" della mentalità di questo popolo di levantini e ignoranti.
Lo si vede ancora oggi su certi temi sensibili: l'abissale distanza tra l'indottrinamento della stampa e il pensiero popolare è risultata clamorosa, per esempio, nella lunga diatriba sulle "unioni gay" così come sul tema degli immigrati.

L'ALTERNATIVA
Oggi però i cittadini che non si sentono rappresentati dalla stampa hanno un modo straordinario per mandare al diavolo i tromboni dei giornali ed è quello che probabilmente sta assestando il colpo di maglio alla carta stampata: internet.
Sempre sulla voce.info, Luigi Curini ha pubblicato, con Andrea Ceron (ricercatore all'Università di Milano), un altro studio dove si fotografa questa svolta. Titolo: "L'informazione attendibile? Per gli italiani è in rete".
Ancora dai dati Eurobarometro relativi all'opinione pubblica di 34 paesi, i due studiosi sottolineano che "con un 58,2 per cento di cittadini che considerano il web come una credibile fonte di informazione, l'Italia si colloca in cima (sesto posto complessivo) alla classifica europea di chi esprime fiducia nei confronti della rete, addirittura prima tra i grandi paesi. Il dato è considerevole ed è di quasi 10 punti superiore alla media europea (49,1 per cento), di 18 punti rispetto alla Spagna, di 23 rispetto alla Germania e di quasi 30 rispetto a Gran Bretagna e Francia".
Peraltro la ricerca mette in rilievo che si tratta in prevalenza di uomini in età attiva, interessati alla politica e di ceto medio-alto. Spesso anche lettori di giornali, ma con un giudizio negativo sulla stampa.
Quindi il dato sulla fiducia nella rete e sulla poca credibilità della carta stampata, non fotografa le idee degli outsider, delle fasce marginali, ma evidenzia il giudizio dell'opinione pubblica.

L'INQUISIZIONE DI OGGI
Un caso recentissimo ha messo in luce questo fenomeno. Riguarda la figura di papa Bergoglio che la quasi totalità dei giornali ormai celebra in maniera acritica fino a sfiorare il culto della personalità.
Nella società, invece, nei suoi confronti è andato crescendo un dissenso che è diventato forte opposizione, anzitutto sui temi dell'emigrazione e dell'Islam, ma anche (per i cattolici) sui temi più attinenti alla fede.
Questo fenomeno è dilagato quasi totalmente nella rete, perché i giornali non hanno mai voluto dar voce alle perplessità e ai dissensi. E' stato un fenomeno fino ad ora ignorato dalla stampa, che non riconosce legittimità ad altre posizioni.
Ma essendosi fatto oggi troppo vasto è entrato nel mirino dei media che non sono interessati a esplorarlo giornalisticamente e a raccontarne le ragioni, ma pretendono di delegittimarlo, come se fosse "a priori" inammissibile avere un punto di vista critico su Bergoglio.
E' il caso clamoroso di un lunghissimo servizio uscito domenica scorsa sulla "Stampa" (due pagine intere con partenza in prima): più che un'inchiesta è parso una messa all'indice dei dissidenti, una specie di lista di proscrizione, quasi a far pensare a un'inquisizione bergogliana.
Peraltro i vaticanisti che hanno firmato il servizio sono due dei tanti giornalisti del portale "Vatican Insider" che la "Stampa" di Torino ha totalmente dedicato al Vaticano e che, però, non sembra godere della fiducia di molti lettori.
Se infatti si fa una visita alla pagina facebook di Vatican Insider si ha la sensazione di un villaggio abbandonato, con articoli che hanno 10 oppure 15 "mi piace", senza commenti.
Mentre sui blog e sulle pagine facebook dei "dissidenti", dei critici di Bergoglio, i frequentatori sono decine di migliaia e ogni giorno cliccano migliaia di "mi piace" sugli articoli e in tantissimi lasciano commenti.
E' un caso esemplare di informazione negata, che trova nella rete il suo spazio di libera circolazione di notizie e idee.

Fonte: Libero, 20/10/2016

7 - LA FILOSOFIA LA CAPISCONO ANCHE I BAMBINI
Il libro ''Filosofia per tutti'' ripristina il corretto rapporto fra fede e ragione (VIDEO: presentazione del libro di Stefano Fontana)
Autore: Lorenzo Bertocchi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23/10/2016

La capacità di attenzione di uno scolaro medio, dicono gli insegnanti, è sempre più scarsa. Lo è anche quella degli adulti, che al massimo riescono ad approfondire fugacemente le notizie di sport, quelle di gossip e, se va bene, guardare un Tg. E' febbre da social network, dove a fatica si supera il limite dei 140 caratteri; tutto il resto è distrazione di massa.
Se a qualcuno venisse in mente di scrivere di filosofia con l'ardire di rivolgersi a tutti, sarebbe da considerare una specie di "visionario". Eppure Stefano Fontana, direttore dell'Osservatorio Card. Van Thuan sulla Dottrina Sociale della Chiesa, nonché collaboratore della Nuova Bussola quotidiana, ha dato alle stampe una Filosofia per tutti (Fede&Cultura).

LA FILOSOFIA E' SEMPLICE
«La verità», scrive, «è semplice e umile, non si nega a nessuno, si mostra a tutti e non è difficile raggiungerla se riusciamo a non fasciarci la testa di tante complicazioni di nostra invenzione». La filosofia dunque sarebbe una faccenda per bambini, «perché le verità filosofiche», dice, «sono semplici». Una cosa è certa: con questo punto di vista Stefano Fontana ha scarse possibilità di partecipare ai Festival della filosofia organizzati qua e là. Ma, forse, a lui non interessa. Perché il suo non è un amabile discettare salottiero, ma offre un'arma puntuta con cui provare a scalfire il continuo divenire e trovare un senso al tutto che si squaderna davanti a noi.
Come dargli torto? E' stata la coraggiosa ricerca dell'essere che permane la radice del domandare greco che è all'origine della filosofia. «Davanti al tutto», scrive Fontana nelle primissime pagine del libro, «l'uomo si meraviglia che esso ci sia, mentre potrebbe non esserci». La filosofia che non perde la strada è quella per cui «l'essere si presenta, ma non si spiega», semplicemente è.
La realtà c'è e ci precede, meraviglia, ci "parla" e conduce. Se viene perso questo contatto iniziale con la realtà, se l'uomo si chiude in sé, allora «all'inizio c'è solo l'io e attorno a sé il nulla». Siamo così al dogma centrale della modernità che possiamo attribuire in prima battuta a Renato Cartesio (1596-1650), il quale apre la prospettiva idealistica: «all'inizio non sta la realtà, ma le mie rappresentazioni». Alla meraviglia del reale si sostituisce un dubbio sistematico, se ne fa un problema di metodo. «Sul piano strettamente filosofico», puntualizza Fontana, «il cambiamento interruppe una impostazione che in San Tommaso aveva trovato un equilibrio impareggiabile: il problema della conoscenza [per Tommaso, nda] si risolve in concomitanza con quello dell'essere. E' conoscendo l'essere che io capisco che posso conoscere, cosa posso conoscere e come conosco».

LA CRISI DELLA FILOSOFIA
Da Cartesio in poi le cose cambiano. Quando arriverà Immanuel Kant (1724-1804) l'oggettività dovrà passare dalle categorie a priori dell'intelletto, per lui «non esiste nulla di oggettivo (...) tutte le conoscenze dipendono dal soggetto che conosce (...) un soggetto che viene prima di me e di te e che consiste nelle categorie interpretative universali e necessarie dei fenomeni». Non c'è più un accesso a una realtà oggettiva esistente in sé e indipendente. Sarà poi la volta di Karl Marx (1818-1883) e Georg Hegel (1770-1831) in cui l'apriori viene portato sul contesto storico in cui il soggetto vive, e quindi Martin Heidegger (1889-1976) per cui conoscere è sempre un interpretare.
Con questo principio di immanenza che impera si arriverà fino al positivismo di Auguste Comte (1798-1857) in cui alla fine non esistono che fatti materiali, il resto è nulla. Il Cielo è vuoto e il vivere uno show tragicomico. Siamo ad un avanzato stadio post-religioso in cui Dio sparisce definitivamente dall'orizzonte umano, anche il deismo illuminista viene spazzato via. «Forse», chiosa Fontana, «si tratta anche di uno stadio post-umano», oltre che «post-filosofico». Lo scivolamento verso il nulla è vertiginoso, il nichilismo di Friedrich Nietzche (1844-1900) è un traguardo spontaneo.

FILOSOFIA & TEOLOGIA
Guardando in casa cattolica, secondo Fontana, il dogma della modernità nelle sua varie accezioni, è penetrato fin dentro la teologia. Nonostante un Magistero che ha fatto sentire la sua voce in varie occasioni, il carattere irreligioso della filosofia moderna ha fatto strada. Il cuore del realismo tomista è stato ferito.
L'incontro dell'avvenimento cristiano con la filosofia greca, e il lavoro dei Padri e dei dottori medioevali, avevano trovato una sistemazione adeguata alla fede, ma ora «la fede è soprattutto domanda e non risposta (...), Dio non si rivela nella Chiesa ma nelle vicende del mondo (...), la Chiesa non ha nessuna primogenitura (...), anche i dogmi della fede sono storici e diversamente interpretabili». L'uomo stesso perde di consistenza, il male e il peccato non hanno significato per «la morte dell'anima, perché l'anima non esiste, esiste la persona nella sua dimensione esistenziale, dentro la maglia complicata e mai perfettamente conoscibile delle sue relazioni: chi fa il bene e chi fa il male non è possibile stabilirlo». Fede e ragione hanno perso il loro rapporto virtuoso.
Non resta che una Babele liquida che sembrerebbe una conquista di libertà, ma a ben vedere è una libertà fondata sulla mera possibilità di scegliere. Guardandoci intorno ci accorgiamo che una libertà così finisce in balia del potere e dell'idolo di turno: «La laicità come neutralità non esiste», osa Stefano Fontana. Perché «il mondo che rifiuta il Dio vero ne assume altri di falsi».

Nota di BastaBugie: Ecco qui sotto la stupenda conferenza del Prof. Stefano Fontana dal titolo "Ricostruire su solide fondamenta". Le verità della filosofia, comuni a tutti gli uomini, i trabocchetti del pensiero, l'antivirus per evitare le ideologie. "Filosofia per tutti", un libro semplice, breve, piacevole, utilissimo. In questa conferenza Fontana spiega i rischi dell'ideologia quando entra nella chiesa, soprattutto se dovesse arrivare ai più alti livelli. "Può capitarci un papa heideggeriano?" è la prima domanda da cui si parte. (fonte: Fede & Cultura)
La conferenza di Stefano Fontana inizia al minuto 5' 53"


https://youtu.be/kPnEHVliBlQ?t=5m58s

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23/10/2016

8 - LETTERE ALLA REDAZIONE: I COMPITI A CASA SONO INUTILI?
Vedo insegnanti assegnare fiumi di compiti per il pomeriggio e dare piccole biblioteche da leggere durante le vacanze estive
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 26/10/2016

Spettabile redazione di BastaBugie,
non riesco proprio a star zitta ma l'articolo sui compiti a casa [leggi: I COMPITI A CASA PER I BAMBINI SONO INUTILI, clicca qui, N.d.BB] è veramente una ridicolaggine! Insegno da 15 anni in scuole sia a tempo pieno (40 ore) e in altre a tempo normale (27 ore). La differenza di rendimento (migliore in quelle normali) è palese e la fa il fatto che quelli del tempo normale, che hanno più compiti rispetto a quelli a 40, sono più rilassati e si esercitano di più in un luogo diverso dal contesto classe. Che la si faccia finita con questa grandissima ipocrisia dei compiti a casa che sono inutili, dite la verità che è solo quella che i genitori non hanno più tempo per seguirli e che il fine settimana vuol essere dedicato allo svago. Non date la colpa ai compiti, datela al fatto che oggi tutti i genitori lavorano e/o devono lavorare, il che è anche comprensibilissimo, ma girar la frittata no!
Confermo, straconfermo e riconfermo che i compiti a casa aiutano ad assumere responsabilità, sottolineo l'importanza del potersi confrontare con qualcuno (che di solito è il genitore) su ciò che si è fatto e non fatto in mattinata, sforzare (verbum orribilis) la memoria a ripescare ciò che si è sentito in classe.
Non si vogliono più i compiti? Siate onesti e non si ci azzardi poi a far critiche perché "il programma non va avanti" "perché ai miei tempi si era già fatto questo e quell'altro" (frasi mantra sempre in bocca in almeno la metà dei genitori).
Si dovrebbe parlare poi dell'ossessione dei genitori che vogliono il figlio perfetto con i compiti perfetti. Un bambino normale (sì uso quest'aggettivo) inoltre, dovrebbe esser seguito da vicino nei compiti fino in 2a massimo 3a primaria; se poi lo si deve ancora seguire è perché o ci sono dei problemi o i genitori hanno l'ansia di farli andar con i compiti assolutamente esatti (cosa che a mio parere non è necessaria, in quanto cartina di tornasole per noi insegnanti). Per quanto mi riguarda dopo la 3a ci si dovrebbe invece limitare a controllare se sono stati fatti. Mi chiedo poi come mai dalle medie in avanti tutte queste lamentale inizino miracolosamente a sparire...
Lo ripeto: trovo veramente disonesto intraprendere una campagna contro i compiti a casa, andando a screditare ulteriormente il corpo insegnante già ormai considerato agli ultimi anelli della catena evolutiva, quando invece il problema ha radici e motivazioni ben differenti.
Non c'è più tempo, questo è il vero problema.
Mi scuso per la fretta che si paleserà sicuramente dalle mie parole, nonché per la veemenza... spero che diate la possibilità ai lettori di BastaBugie di leggere pareri anche di coloro che la pensano in maniera diametralmente opposta su questo argomento.
Per il resto... vi ringrazio per il lavoro che fate!
Giulia

Gentile redazione di BastaBugie,
premesso che leggo sempre i vostri articoli apprezzando molto il vostro lavoro, che sono stato abbonato del Timone e ho la medaglietta del Beato Marco d'Aviano, in merito all'articolo di cui in oggetto vorrei apportare una breve riflessione.
Come insegnante (lingua spagnola, prima alle "medie" ed ora alle "superiori") mi trovo in disaccordo circa il risultato finale di Harris Cooper. Non ho effettuato decennali studi di ricerca in merito, ma sto in mezzo ai ragazzi quotidianamente da anni, e parlo con i loro genitori.
Come spesso la vita ci insegna, gli estremismi colgono solo l'estremo, appunto, del bersaglio. Non sono i compiti in sé, ad essere dannosi, ma i troppi compiti. La mia intelligenza si rifiuta di credere che qualche lettura o qualche conticino, di tanto in tanto, possano essere dannosi. Aiutano invece a sviluppare autonomia, oltre che rinforzare qualche concetto. Chiaro, tutto in proporzione all'età. Anche le mie maestre mi lasciavano dei compiti, magari non tutti i giorni, cose semplici; eppure, vi assicuro, ho avuto un'infanzia giocosa (mia madre, quando tornavo a casa mi dava del "selvatico") e andavo a scuola volentieri.
Andrebbe invece posta l'attenzione sulla quantità di compiti assegnata, questo è il vero, reale problema. Come insegnante, ho visto e vedo tutt'oggi, colleghi assegnare fiumi di compiti per i pomeriggi a casa e dare piccole biblioteche da leggere durante le vacanze estive. Questo sì, porta agli effetti dannosi descritti nell'articolo, non un compito di per sé. Sono infatti convintissimo che, rispetto ai decenni passati, ci sia stato un inasprimento scellerato nella pratica dell'assegnazione dei compiti a casa, e che questo sia dannoso. Il problema è però la quantità dei compiti assegnati, non nei compiti in sé. Non è dannosa una bistecca, è dannoso mangiare una mucca intera in una settimana.
Insomma, è vero che esiste un problema "compiti a casa", che molti insegnanti hanno perso il senso dell'equilibrio in merito, e non si ricordino più i tempi in cui studiavano loro (ricordo la frase di una collega, mentre correggeva i compiti della vacanze assegnati: "mio padre mi ha detto di smetterla, di dare tutto questi compiti ai miei alunni, e che io non ne avevo così tanti), è altresì vero che, se la reazione a questo problema sfocia nel "niente compiti", si passa dalla padella alla brace. Dal morire di troppi compiti, al morire per mancanza di compiti. Un po' come curare l'indigestione con l'inedia.
Non facciamo danni, per favore, e restiamo razionali. I compiti servono. Oggi, tuttavia, c'è un'emergenza compiti perché se ne assegnano troppi. Parliamo di questo, allora. Si organizzino corsi di formazione per docenti, che insegnino l'equilibrio in tal senso. Non facciamo i talebani, però.
Chistian

Cari Giulia e Chistian,
l'articolo sui compiti a casa ha sollevato molte voci contrarie, ed abbiamo ricevuto tante mail ricche e ben argomentate di cui le vostre due sono solo un esempio.
In generale possiamo essere d'accordo con i lettori, sulla necessità di sviluppare l'autonomia nello studio e approfondire gli argomenti svolti in classe.
L'articolo che abbiamo pubblicato però non è una voce isolata, ma una delle tante, autorevoli, che a nostro avviso partendo dalla realtà osservata hanno il giusto merito di invitare a riflettere.
A tutti piacerebbe che i compiti fossero un esercizio equilibrato che consolida quanto appreso, che dà modo alle famiglie di seguire i progressi e agli alunni di imparare l'autonomia...ma non è così.
La realtà è che la prassi dei compiti ormai è indiscussa e diffusa nel tempo breve come nel tempo pieno, nei fine settimana e nelle vacanze, senza rispetto del tempo del riposo cui i bambini, come chiunque altro, hanno bisogno.
Nessun adulto sano di mente pensa che lavorare tutti i giorni della settimana per più di otto ore al giorno sia un modo bello di vivere il lavoro, ma dai bambini si pretende spesso questo.
I bambini vanno a scuola per molte ore (nel tempo pieno sono 8, quanto un impegno lavorativo di un adulto, molte scuole a tempo breve hanno dei rientri pomeridiani), escono stanchi, a volte (spesso) hanno attività extrascolastiche da portare avanti come sport o lo studio di lingue straniere.
Nel momento in cui si siedono alla scrivania essi non sono nello stato d'animo migliore per esercitarsi, né per crescere nella propria autonomia, anzi collegano allo studio questo stress negativo che resta l'impressione più forte nella propria esperienza scolastica.
I compiti svolti così sono pressoché inutili: non permettono il consolidamento e la riflessione, perché si impara davvero solo quando si è ben disposti, fisicamente ed emotivamente. Anzi, soprattutto a chi è meno "bravo", instillano la certezza di non essere tagliati per la scuola, e generano odio per lo studio.
L'autonomia e la maturità nella gestione del proprio tempo libero scaturiscono dalla graduale crescita della volontà di mettersi alla prova e di impegnarsi per qualcosa che appassiona e piace... È la motivazione intrinseca che può portarli lontano, non l'imposizione di qualcosa di troppo pesante per la loro età.
E' importante ricordare questa gradualità, perché nessuno dice che alle superiori i ragazzi non debbano studiare e fare i compiti a casa, richiesti per l'impegno importante dei loro studi. Però per raggiungere questo obiettivo (e sono ancora tanti quelli che non ce la fanno, abbandonano prima oppure - forse peggio - continuano a trascinarsi odiando tutto quello che fanno a scuola) occorre educare i piccoli a vivere bene il proprio tempo libero.
Tutte le schede di lettura compilate per imposizione, per presentare il compito alla maestra, non hanno mai aggiunto un lettore appassionato alla schiera dei pochissimi che amano leggere... Quanto sarebbe più affascinante guidare i ragazzi a "scegliere" un libro da leggere nel proprio tempo libero!
Ma il tempo libero per far sbocciare le passioni e l'impegno deve essere davvero libero!
Forse abbiamo paura a lasciare tempo libero ai nostri bambini e ragazzi? Pensiamo che lo utilizzerebbero davanti alla tv o allo smartphone? Allora dobbiamo essere onesti e ripensare al nocciolo del problema senza cercare di risolverlo con i compiti.
La verità è che i bambini hanno bisogno di noi!
A scuola, hanno bisogno di maestre che siano messe in condizioni di dedicarsi a loro completamente, e che non abbiano il tarlo del "tempo che manca". Se le maestre avessero classi meno numerose, meno burocrazia, meno cose da fare (che si moltiplicano a discapito dell'approfondimento) probabilmente riuscirebbero a far esercitare i bambini in classe, seguendoli mentre fanno bene e mentre sbagliano, rendendosi meglio conto delle lacune e dei problemi.
A casa hanno bisogno di genitori con cui confrontarsi serenamente nel tempo libero, con cui vivere, sperimentare, mettere in pratica quello che hanno imparato, senza che essi si trasformino impropriamente in docenti (cosa che mette in difficoltà anche loro).
Si possono ripassare le divisioni su una scheda alla scrivania ma anche aiutando la mamma a calcolare le dosi per una torta.
O meglio ancora, si può riscoprire l'importanza di una vita trascorsa un po' di più all'aria aperta (pediatri e medici denunciano da tempo questo problema, e i rischi anche sulla salute che ne derivano: obesità infantile e mancanza di vitamina d).
I bambini in età di scuola primaria non hanno ancora sufficiente autonomia per fare i compiti da soli. Forse alcuni ne sono capaci, ma si tratta in genere dei bambini più dotati che magari non ne hanno neanche bisogno, o quelli con famiglie più attente e presenti.
I bambini in difficoltà invece da soli non ce la fanno, e si trovano frustrati dal compito assegnato. Quando poi le difficoltà dell'alunno derivano da una situazione famigliare svantaggiata, i compiti diventano anche discriminanti: chi è bravo perché seguito continuerà ad essere seguito a casa e il divario anziché diminuire, aumenterà.
Invece il compito della famiglia è ben altro, in termini di educazione e guida, molto più alto, e alla portata di ciascuna famiglia perché è un compito naturale alla portata di ogni padre e ogni madre che non debbano atteggiarsi a insegnanti.
Compito della scuola, e della società è piuttosto quello di lasciare intatto lo spazio della famiglia, affinché questo compito possa esplicarsi, e non tentare di controllare anche il tempo libero attraverso i compiti.
Qualcuno ci ha scritto ironizzando come se fosse una follia il lasciare libero da compiti addirittura il sabato e la domenica... ma non comprendiamo davvero perché ai bambini dovrebbe essere negato il riposo settimanale che per gli adulti è un diritto ma anche - ci si permetta - spazio da dedicare alla famiglia a Dio anche cristianamente parlando (e quante famiglie ci raccontano di dover mettere alla scrivania il bambino di domenica perché magari si è andati al mare, o dai nonni!).
Per concludere, quello che resta sono i risultati dei test internazionali che pongono l'Italia ai primi posti quanto a tempo dedicato ai compiti a casa e agli ultimi per risultati scolastici.
Sotto gli occhi abbiamo adolescenti che fuggono la lettura e assimilano ogni apprendimento a fatica e disinteresse invece che all'entusiasmo e alla curiosità. Moli di compiti alla primaria e alle medie non ci hanno risparmiato lo spettacolo di laureati che ai concorsi fanno grossolani errori di ortografia.
Forse è il momento di porsi sinceramente delle domande.

DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE"
Le risposte del direttore ai lettori

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Fonte: Redazione di BastaBugie, 26/10/2016

9 - OMELIA XXXI DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Lc 19,1-10)
Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 30 ottobre 2016)

Il viaggio di Gesù verso Gerusalemme, che occupa gran parte del Vangelo di san Luca, è ormai quasi al termine. Il Signore si trova a Gerico, che allora era una importante città commerciale, centro di transito per tanti mercanti dell'epoca. Qui si inserisce la vicenda di Zaccheo che era un pubblicano, ovvero un funzionario che riscuoteva le tasse per conto degli odiati dominatori stranieri, e che, in quella città di fiorente commercio, aveva molti interessi. Si sa che i pubblicani erano considerati dei grandi peccatori, sia perché erano scesi a compromesso con i dominatori, sia perché angariavano il popolo con molte ingiustizie e soprusi.
Gesù era a Gerico e la folla accorreva da ogni parte per vederlo e per essere testimone o beneficiaria di qualche suo miracolo. In mezzo alla folla vi era pure Zaccheo, il quale, piccolo di statura, salì su di un sicomòro per poter vedere il Maestro che passava. Tutti si aspettavano che Gesù fulminasse quell'uomo con qualche parola di fuoco, che gli rinfacciasse davanti a tutti le sue grandi ingiustizie. Invece Gesù si rivolse a lui con parole di amicizia, dicendogli: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua» (Lc 19,5).
Immaginiamoci la delusione e la rabbia di tanta gente che si aspettava delle parole di tutt'altro genere! Anche noi, molto probabilmente saremmo rimasti delusi, attendendoci una pronta e spietata giustizia. Ma non la pensava così Gesù, il quale, con la bontà e la misericordia, cerca sempre di guadagnarsi il cuore delle sue creature. A ciascun peccatore Dio rivolge questi inviti di misericordia; ma, se facciamo i sordi e abusiamo della sua Bontà, non tarda a venire il momento della giustizia.
Zaccheo coglie al volo quell'invito di Gesù e si precipita ai suoi piedi. Il testo del Vangelo dice: «Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia» (Lc 19,6). Era la prima volta che Zaccheo incontrò chi lo stimasse e l'amasse al punto da voler essere suo ospite. Secondo la legge di Israele non si poteva assolutamente entrare nella casa dei pubblicani. E così Gesù andò a casa di Zaccheo e questo suscitò ancora di più la rabbia e la mormorazione di molti, anzi di tutti, come dice l'evangelista Luca. Essi dicevano: «è entrato in casa di un peccatore» (Lc 19,7). Forse i più benevoli avranno pensato che Gesù ignorava chi fosse veramente Zaccheo; al contrario, Gesù andò da Zaccheo appunto perché lo conosceva nel profondo e lo voleva redimere.
Zaccheo si converte, si sente perdonato da Gesù, e sente impellente il desiderio di riparare a tutto il male compiuto, non soltanto restituendo quattro volte tanto quello che aveva rubato, ma addirittura dando ai poveri la metà di tutte le altre ricchezze da lui possedute (cf Lc 19,8). Rivolgendosi poi a Zaccheo e, tramite lui, a tutta la folla, Gesù dice: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch'egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (Lc 19,9-10).
Dio ci ha perdonato tante e tante volte. Anche noi dobbiamo sentire nascere in cuore il desiderio di riparare il male fatto. è questa una esigenza d'amore. Soprattutto il furto esige la restituzione. E, ricordiamolo sempre, non si ruba solamente estorcendo del denaro, ma anche compiendo svogliatamente il proprio lavoro. Inoltre, si ruba la buona fama al nostro prossimo sparlando di lui. Anche questo è un peccato che dobbiamo riparare, impegnandoci d'oggi in poi a dire bene di chi abbiamo danneggiato.
Anche a noi Gesù rivolge le parole: «Scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Egli non viene dentro le nostre abitazioni materiali, ma viene dentro di noi nella Santa Comunione. Quando lo riceveremo, chiediamogli la grazia di una profonda conversione, di vivere sempre nella sua amicizia, la grazia di non danneggiare mai il prossimo, ma di beneficarlo sia nelle azioni come pure nelle parole.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 30 ottobre 2016)

10 - OMELIA SOLENNITA' DI TUTTI I SANTI - ANNO C (Mt 5,1-12a)
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 1° novembre 2016)

Oggi è la solennità di Tutti i Santi, una delle più belle feste dell'Anno liturgico. Con questa celebrazione noi commemoriamo tutti i nostri fratelli e sorelle che ci hanno preceduto nel pellegrinaggio della fede e ora godono la visione beatifica in Paradiso. Essi ci indicano la meta da raggiungere, ci ricordano che non siamo stati creati per questa povera terra e che la nostra vera Patria è il Paradiso, ove non ci saranno più lacrime, ma tutti saremo come angeli e vedremo Dio faccia a faccia.
La prima lettura, tratta dal libro dell'Apocalisse, parla di «una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua» (7,9). Questa moltitudine è costituita da tutti i fedeli che, lungo i secoli, hanno raggiunto l'eterna Beatitudine. Questa visione dell'apostolo Giovanni è molto consolante. Facciamo di tutto per essere anche noi in questa moltitudine.
Tutti erano avvolti in vesti candide. Il candore delle loro vesti simboleggia la purezza della loro anima, purificatasi qui in terra e, per molti di loro, anche in Purgatorio. Poco dopo, infatti, il Testo sacro dice che essi, i redenti, «sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell'Agnello» (Ap 7,14). La grande tribolazione è la vita di questa terra, di questa valle di lacrime, contrassegnata da tante prove e, a volte, anche da persecuzioni contro i servi di Dio. Dio permette queste prove per la nostra purificazione e per donarci una grande gloria in Paradiso. Ma è soprattutto per mezzo del Sangue preziosissimo di Gesù che noi veniamo purificati e questo si verifica ogni volta che noi, con cuore contrito, riceviamo l'assoluzione del sacerdote nel sacramento della Confessione. In quel momento il Sangue di Gesù scorre nella nostra anima e la rende bianca come la neve. Proponiamoci anche noi di purificare spesso le nostre anime per mezzo di questo grande Sacramento. La condizione è però quella di essere veramente pentiti, di avere un fermo proposito di non offendere più il Signore e di confessare sinceramente i nostri peccati.
Santi non si nasce, ma si diventa. Lo si diventa impegnandosi ogni giorno nella lotta contro il peccato, cercando di diventare sempre migliori. Uno dei più grandi malintesi della nostra epoca è quello secondo cui la santità è solo per pochi eletti. Niente di più sbagliato: la santità è per tutti e ce lo dimostrano le parole di Gesù: «Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Queste parole Gesù le rivolge a tutti indistintamente. La santità, inoltre, non consiste nel fare cose straordinarie, come i miracoli, ma nel compiere il nostro dovere quotidiano, ordinario, straordinariamente bene. La santità consiste nell'amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come se stessi.
La santità consiste nel mettere in pratica la pagina del Vangelo che abbiamo da poco ascoltato, ovvero nel vivere le Beatitudini evangeliche. Gesù ci dice: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3). Chi sono questi poveri in spirito? Sono tutti quelli che ripongono in Dio la loro fiducia e che non attaccano il loro cuore ai beni di questo mondo. Essi si sanno servire dei beni materiali, senza diventarne schiavi. Poi Gesù ci dice: «Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati» (Mt 5,4). Di chi parla Gesù con queste parole? Parla di tutti quelli che soffrono a causa delle molte ingiustizie che ci sono in questo mondo senza Dio. Dio conta ciascuna delle loro lacrime e le ricompenserà al centuplo.
Subito dopo Gesù parla dei miti, ovvero di quelli che non rispondono al male con il male, ma con bontà e perdono. Poi parla di quelli che hanno fame e sete della giustizia, ossia di quelli che desiderano vivamente la santità, che la ricercano al di sopra di tutti i beni materiali; di tutti quelli che mettono Dio al primo posto nella loro vita. Gesù proclama beati i puri di cuore, ovvero quelli che non si infangano nelle volgarità di questo mondo, e gli operatori di pace. Infine, il nostro Maestro divino proclama beati i perseguitati per la giustizia. Quest'ultima è la più grande beatitudine, quella che ci procurerà maggior gaudio in Paradiso.
Con la celebrazione di oggi, vogliamo accendere anche nel nostro cuore un vivo desiderio di santità.
Guardiamo ai Santi che sono i nostri modelli: come hanno fatto loro, cerchiamo di fare anche noi. Per diventare santi bisogna innanzitutto volerlo, al resto penserà il Signore. Affidiamoci infine all'intercessione della Madonna e di tutti i Santi, affinché riusciamo a raggiungerli in Cielo e unirci alla grande moltitudine contemplata dall'apostolo Giovanni.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 1° novembre 2016)

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