BastaBugie n�523 del 13 settembre 2017

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1 DON BOSCO SPIEGA AI GENITORI COME PARLARE DELL'ISLAM AI FIGLI
Ecco la famosa pagina del trattato popolare del 1853 dal titolo ''ll cattolico istruito nella sua religione''
Autore: San Giovanni Bosco - Fonte: Tradizione Famiglia Proprietà
2 GLI ANIMALISTI DI PROFESSIONE SI ARRICCHISCONO... A NOSTRE SPESE
Eppure gli ecologisti sono sempre smentiti dai fatti (ad esempio dicevano che gli orsi polari erano vicini all'estinzione, invece sono in crescita e in ottima forma)
Autore: Massimiliano Filippi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 CRITICA RAGIONATA AI TATUAGGI
Perché rovinare per sempre una pelle candida con un pensierino momentaneo? (VIDEO: Posso farmi un tatuaggio?)
Autore: Camillo Langone - Fonte: Il Foglio
4 SPAVENTO IN FRANCIA E BELGIO: SEMPRE PIU' ALUNNI ISLAMICI MINACCIANO DI SGOZZARE I LORO COMPAGNI CRISTIANI (PERFINO ALL'ASILO)
Intanto un gesuita 86enne vissuto in Egitto scrive al Papa: Santità, l'università di Al Azhar non è moderata, ma anzi è una sorgente di radicalismo musulmano
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi
5 LA CHIESA DEVE RIAPPROPRIARSI DELLA SCUOLA
Ha costruito scuole e inventato le università rispettando la libertà umana (invece lo Stato, sostituendosi alla Chiesa e ai genitori, ha occupato un campo non suo)
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 TRUMP SI PIEGA AL COMPROMESSO: L'AMERICA GREAT AGAIN PUO' ATTENDERE
Nonostante l'ottima partenza, non tutte le promesse elettorali sono state portate a compimento per paura dell'impeachment
Autore: Marcello Foa - Fonte: Il Giornale
7 MISS ITALIA FESTEGGIA LE UNIONI CIVILI CON LA SFILATA GAY-FRIENDLY
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): quando il card. Caffarra mise alla porta un coro omosessuale, liturgia trans per gli anglicani, il vescovo duro con Forza Nuova tenero con l'omoeresia
Autore: Luca Romani - Fonte: Osservatorio Gender
8 COME DEMOLIRE GLI ARGOMENTI PRO ABORTO
Capito il trucco è facile controbattere ai classici argomenti pro-choice: Chi sei tu per giudicare? Perché vuoi controllare il corpo delle donne? Se permetti gli aborti negli ospedali elimini quelli clandestini!
Autore: Lorenza Perfori - Fonte: Libertà e Persona
9 OMELIA XXIV DOMENICA T. ORD. - ANNO A (Mt 18,21-35)
Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello? Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - DON BOSCO SPIEGA AI GENITORI COME PARLARE DELL'ISLAM AI FIGLI
Ecco la famosa pagina del trattato popolare del 1853 dal titolo ''ll cattolico istruito nella sua religione''
Autore: San Giovanni Bosco - Fonte: Tradizione Famiglia Proprietà, Marzo 2016

PADRE: Se vi piace, io vi parlerò delle altre religioni cominciando dall'Islam.
FIGLIO: Si, sì, cominciate a dirci che cosa s'intenda per Islam.
PADRE: Per Islam s'intende una raccolta di massime ricavate da varie religioni, le quali praticate giungono a distruggere ogni principio di moralità.
FIGLIO: L'Islam da chi ebbe principio?
PADRE: L'Islam ebbe principio da Maometto.
FIGLIO: Oh! di questo Maometto abbiamo tanto piacere di sentire a parlare: diteci tutto quello che sapete di lui.
PADRE: Troppo lungo sarebbe il riferirvi tutto quello che le storie raccontano di questo famoso impostore: io procurerò soltanto di farvi conoscere chi egli fosse, e come abbia fondata la sua Religione.
Nacque Maometto da povera famiglia, di padre gentile e di madre ebrea, l'anno 570, nella Mecca, città dell'Arabia, poco distante dal Mar Rosso. Vago di gloria e desideroso di migliorare la sua condizione andò vagando per più paesi, e riuscì a farsi agente di una vedova mercantessa di Damasco, che poscia lo sposò. Egli era così astuto che seppe approfittare delle sue infermità per fondare una religione. Patendo di epilessia, male caduco, affermava che quelle sue frequenti cadute erano altrettanti rapimenti a tener colloquio coll'Angelo Gabriele.
FIGLIO: Avrà egli pure tentato di operar miracoli in conferma della sua predicazione?
PADRE: Maometto non poteva fare alcun miracolo in conferma della sua religione, perché non era mandato da Dio. Dio solo è autore dei miracoli. Siccome però si vantava superiore a Gesù Cristo, subito gli si chiese che al par di lui facesse miracoli. Egli alteramente rispondeva che i miracoli erano stati. Con tutto ciò si vantava di averne operato uno, e diceva che, essendo caduto un pezzo della luna nella sua manica, egli aveva saputo racconciarla; in memoria di questo miracolo gli islamici presero per divisa la mezza luna.
Voi ridete, o miei figli, e ben con ragione, perciocché un uomo di simil fatta non doveva considerarsi predicatore di una nuova religione. Appunto per questo si sparse la fama che egli era un impostore, e come perturbatore della pubblica tranquillità, i suoi concittadini volevano imprigionarlo e porlo a morte. Pel che egli prese la fuga, e si ritirò nella città di Medina con alcuni seguaci che l'aiutarono a rendersene padrone.
FIGLIO: In che cosa propriamente consiste la religione di Maometto?
PADRE: La religione di Maometto consiste in un mescolamento di giudaismo, di paganesimo e di cristianesimo. Il libro della legge islamica è detto Corano, ossia libro per eccellenza. Questa religione dicesi anche Turca perché è molto diffusa nella Turchia; Musulmana da Musul, nome che gli islamici danno al direttore della preghiera; Islamismo, dal nome di alcuni suoi riformatori; ma è sempre la medesima religione fondata da Maometto.
FIGLIO: Perché Maometto fece quel mescolamento di varie religioni?
PADRE: Perché i popoli dell'Arabia essendo parte Giudei, parte Cristiani, ed altri Pagani, egli, per indurli tutti a seguirlo, prese una parte della religione da loro professata e trascelse specialmente quei punti che possono maggiormente favorire i piaceri sensuali.
FIGLIO: Bisognava proprio che Maometto fosse un uomo dotto?
PADRE: Niente affatto, sapeva nemmeno scrivere. Parlando di cose contenute nella Storia Sacra confonde un fatto coll'altro; per esempio, attribuisce a Maria, sorella di Mosè, più fatti che riguardano Maria, madre di Gesù Cristo, con moltissimi altri spropositi.
FIGLIO: Questa mi par bella: se Maometto era ignorante, né fece alcun miracolo, come poté propagare la sua religione?
PADRE: Maometto propagò la sua religione, non con miracoli o colla persuasione delle parole, bensì colla forza delle armi. Religione che, favorendo ogni sorta di libertinaggio, in breve tempo fece diventar Maometto capo di una formidabile truppa di briganti. Insieme con costoro scorreva i paesi dell'Oriente guadagnandosi i popoli, non coll'insinuare la verità, non con miracoli o con profezie; ma per unico argomento egli innalzava la spada sul capo dei vinti gridando: o credere o morire.
FIGLIO: Sono questi gli argomenti da usarsi per convertire la gente? Senza dubbio, essendo Maometto tanto ignorante, avrà disseminato nel Corano molti errori?
PADRE: Il Corano si può dire una serie di errori i più madornali contro la morale e contro il culto del vero Dio. Per esempio, scusa dal peccato chi nega Dio per timore della morte; permette la vendetta; assicura ai suoi seguaci un paradiso, ma pieno di soli piaceri terreni. Insomma la dottrina di questo falso profeta permette cose tanto oscene, che l'animo cristiano ha orrore di nominare.
FIGLIO: Che differenza passa tra la Chiesa Cristiana e l'Islam?
PADRE: La differenza è grandissima. Maometto fondò la sua religione colla violenza e colle armi: Gesù Cristo fondò la sua Chiesa con parole di pace, servendosi dei poveri suoi discepoli.

Nota di BastaBugie: abbiamo sostituito "Maomettismo" con "Islam", "maomettani" con "islamici" e "Alcorano" con "Corano". Ovviamente abbiamo lasciato tutto il resto come era, per gustare meglio il testo originale scritto da don Bosco.

DOSSIER "SAN GIOVANNI BOSCO"
Il santo educatore dei giovani

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VIDEO: 10 MINUTI SULL'ISLAM
Qui sotto proponiamo ancora una volta il video "10 minuti sull'ISLAM" di Luca Donadel, il ragazzo che con un suo precedente video [per vederlo: clicca qui] svelò lo scandaloso comportamento delle ONG che vanno a prendere gli immigrati in Libia facendo aumentare l'immigrazione clandestina e, contemporaneamente, i morti in mare.
Questo suo video sull'islam è veramente incisivo e molto lucido sulla situazione reale. Da non perdere. E da diffondere.


https://www.youtube.com/watch?v=fieiF2D_v_M

LE ONG VANNO A PRENDERE IN LIBIA I CLANDESTINI PER PORTARLI IN ITALIA (E FANNO AUMENTARE I MORTI IN MARE)
Il video di Luca Donadel, rilanciato da Striscia la notizia, è stato visto da mezzo milione di persone, ma ora è attaccato da tv e giornali, anche ''cattolici'' (VIDEO: La verità sui migranti)
di Chiara Giannini
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4684

Fonte: Tradizione Famiglia Proprietà, Marzo 2016

2 - GLI ANIMALISTI DI PROFESSIONE SI ARRICCHISCONO... A NOSTRE SPESE
Eppure gli ecologisti sono sempre smentiti dai fatti (ad esempio dicevano che gli orsi polari erano vicini all'estinzione, invece sono in crescita e in ottima forma)
Autore: Massimiliano Filippi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11/09/2017

Le politiche degli ultimi anni sugli animali incidono negativamente su disoccupazione, tasse, sanità, per alimentare una casta, quella animalista, che ci toglie diritti e si arricchisce alle nostre spalle. È un'affermazione un po' forte, penserà qualcuno, ma reale, purtroppo, e necessaria, visto che il tutto avviene in modo studiato, perché i più non se ne accorgano. Certo, quando parlo di "casta animalista" non intendo le gattare che sopravvivono spendendo la quota maggiore della loro pensione per accudire animali sfortunati; parlo di una lobby potentissima, quella delle grosse associazioni, magari Onlus (?), che negli anni ha consolidato un potere reale ed economico impressionante, tale da condizionare a proprio favore la politica, i media e ovviamente l'opinione pubblica, che alla fine è quella che paga...
Hanno cominciato negli anni '90: sfruttando l'occasione dell'acuirsi del problema del randagismo canino, causato da un certo lassismo delle Amministrazioni nel decennio precedente, sono riusciti ad ottenere dalla politica (con la Legge 281/91) un riconoscimento ed un ruolo, quello di contribuire a risolvere il problema. Ovviamente, lo hanno fatto offrendo le loro soluzioni, che in realtà soluzioni non erano, ma incontravano lo spirito e le aspettative di grandi e positivi cambiamenti dell'epoca: era caduto il muro di Berlino, finita la guerra fredda, perciò offrire un futuro anche ai cani randagi era naturale...
Da quel momento i rapporti tra le associazioni animaliste ed i decisori della Pubblica Amministrazione non hanno fatto che intensificarsi (era la legge stessa a prevederlo); sono sorti canili, anagrafi, progetti informativi/educativi, una parte consistente del personale delle ASL è stato dirottato ad occuparsi di cagnolini... insomma, non hanno fatto che aumentare le spese per gli italiani, per gestire un problema che ancora oggi non è stato risolto.

SONO ORMAI DIVENTATI POTENTI
Solo che oggi, anche quando qualcuno se ne accorge e lo fa notare, loro, gli animalisti, sono ormai diventati così potenti da riuscire ad addossare la colpa su qualcun altro. Infatti, proporzionalmente a quanto sono aumentate le uscite per i cittadini, sono aumentate le entrate per le associazioni animaliste, alcune delle quali tra convenzioni, donazioni, 5x1000, ecc. vantano oggi bilanci da spa. E investono con stile e metodi da spa, soprattutto in comunicazione, avendo capito che con l'informazione, si tratti di verità o bugie poco importa, si riescono a condizionare le scelte di chiunque.
Così nel 2004, raccontandoci di voler contrastare il racket dei combattimenti tra cani (ma di quanti casi reali siete mai stati a conoscenza?!...), queste organizzazioni hanno ottenuto un'altra legge, la 189, che consente loro, quando ci siano di mezzo animali, di operare la vigilanza attraverso le loro guardie zoofile, denunciare presunti reati e, soprattutto, una volta ottenuto un sequestro, farsi affidare gli animali sequestrati, divenire destinatarie delle entrate derivanti da eventuali sanzioni, costituirsi parte civile ai processi per chiedere ancora soldi...
Un bel guadagno senza alcun rischio, per loro... E per noi? Ovviamente l'entrata in vigore di una simile norma non ha fatto che aumentare a dismisura il numero di procedimenti giudiziari e quello dei sequestri di cani, gatti, uccelli, ecc. (meglio cuccioli, che fruttano più donazioni e sono più facili da piazzare). La Forestale ha messo in piedi addirittura un nucleo specializzato; magistrati, cancellieri, impiegati, agenti, automobili e mezzi speciali che girano, tutti impegnati a "salvare cagnolini" (così ce la raccontano!) e tutti a spese nostre. In poche parole: spendiamo noi (sono tutti soldi che provengono dalle nostre tasse) e non poco, e se c'è da incassare, incassano loro!

MA NON È TUTTO
allo spreco diretto dei nostri soldi si aggiungono altri danni: le aziende, colpite da accuse che poi spesso si rivelano infondate e che subiscono i sequestri e i procedimenti in tribunale pagati da noi, si fermano, a volte chiudono, non producono più reddito e smettono di pagare la loro parte di tasse. Gente che ieri lavorava rimane disoccupata.
E che dire delle persone, magari padri di famiglia, a cui le associazioni animaliste hanno tolto il lavoro direttamente, forzando il Parlamento ad approvare specifiche leggi? Quando, ad esempio, nel 2014 hanno spinto i nostri governanti a recepire in maniera errata la Direttiva europea 63/2010 sulla sperimentazione animale, di colpo allevare in Italia cani, gatti e primati da laboratorio è diventato vietato, un'azienda ha chiuso e i suoi dipendenti sono rimasti senza lavoro. Non è stata vietata la sperimentazione animale, che gli animalisti continuano a chiamare "vivisezione", ma di fatto si sono obbligati i laboratori italiani a rifornirsi di cavie all'estero, con aggravio di spesa per tutti, visto che in Italia la ricerca è in gran parte pubblica. Inoltre, qualche altra azienda privata ha iniziato a pensare che investire in Italia non sia più tanto sicuro... E come se ciò non bastasse, nel 2016 la Commissione Europea ha avviato una procedura di infrazione contro l'Italia per l'errato recepimento della Direttiva: se per questo ci saranno sanzioni da pagare, le pagheremo sempre noi!
Nel frattempo, nel 2007, è stata vietata in Italia la produzione del foie gras, che hanno inventato i Romani (il gastronomo Marco Gavio Apicio), non i Francesi, e anche quello oggi lo compriamo all'estero. E la lista di attività economiche e posti di lavoro bruciati dalle politiche animaliste, direttamente o indirettamente, si potrebbe continuare a lungo, con un peso per il portafoglio degli italiani che non compensa certo né gli impieghi pubblici creatisi, visto che li paghiamo sempre noi, né il mercato del "vegan", di nicchia e redditizio, ma in mano a ben pochi soggetti, guarda caso spesso legati alle associazioni animaliste stesse.

TASSE, DISOCCUPAZIONE, SANITÀ
Eppure, pare che ancor oggi in pochi se ne siano resi conto. Le statistiche dicono che una delle maggiori preoccupazioni per gli italiani siano le tasse, ma pare non si rendano conto che l'ammontare delle stesse dipende in gran parte da come i soldi raccolti vengono impiegati o che se anche viene abolita la tassa sul cane, non si eliminano certo le spese per le politiche animaliste.
Stessa cosa vale per la disoccupazione: tutti la temono, ma non si rendono conto della gravità del problema fino a che non è il loro posto di lavoro ad essere minacciato. Non capiscono che, ieri gli allevatori di oche da fegato o di cani, gatti e primati da laboratorio, domani magari i circensi o i vetturini delle carrozze trainate da cavalli, senza lavoro, non solo non contribuiscono più al bilancio dello Stato, ma entrano in concorrenza nella ricerca di un posto.
E se parliamo di sanità la situazione assume aspetti addirittura tragicomici. Lasciamo perdere l'organico pubblico dedicato agli animali che le scelte indotte dagli animalisti ci hanno costretto a mantenere, già spropositato e in continua crescita, al contrario delle produzioni zootecniche nazionali, in continuo calo, tutto senza che mai nessuno si sia lamentato; ma pare addirittura che gran parte di quelli che si dicono favorevoli all'istituzione di una eventuale mutua per animali, con tanto di visite e farmaci gratis e quant'altro, siano gli stessi che poi si dicono preoccupati di non ricevere loro un'adeguata assistenza sanitaria oppure la pensione. Non capiranno che sono sempre loro a pagare? Che per ricevere un aiuto a mantenere un cane probabilmente dovranno sobbarcarsi di mantenere un figlio disoccupato?

TECNICHE DI COMUNICAZIONE E MESCHINI STRATAGEMMI
Sembra, purtroppo, di no! Un po' per colpa dell'odierna società, che come dimostra la rana bollita di Chomsky, accetta passivamente il degrado, le vessazioni, la scomparsa dei valori, dell'etica, accettandone di fatto la deriva; un po' per le tecniche di comunicazione e di lobby usate dalle citate associazioni animaliste, che sfruttando appunto la particolare situazione socio-culturale e, con meschini stratagemmi, sottraggono ai cittadini soldi e diritti in maniera sufficientemente lenta e graduale da farlo sfuggire alla loro coscienza e non suscitare in loro nessuna reazione, nessuna opposizione.
Bisogna invece aprire gli occhi: la Lav, forse la più potente tra le associazioni animaliste in Italia, che intesse rapporti un po' con tutte le istituzioni, non fa mistero nel proprio statuto di perseguire "l'abolizione della vivisezione, della pesca, della caccia, delle produzioni animali, dell'allevamento, del commercio, degli spettacoli con gli animali e dell'utilizzo di qualsiasi essere vivente". Stiamo parlando dei farmaci e delle cure di cui tutti prima o dopo abbiamo bisogno, della carne o del pesce che tutti mangiamo e vorremmo continuare a mangiare, dell'abbigliamento, delle scarpe, le cinture, le borse che dovremmo aver diritto di sceglierci come ci pare, dei sedili dell'auto o del divano di casa e persino dei nostri svaghi. E per rinunciare a tutto ciò stiamo pure pagando e profumatamente.
Se un cane scava le buche in giardino trovo sia giusto prima provare ad insegnargli a non farlo, ma se continua bisogna metterlo alla catena! Figuriamoci poi se le buche le scava nel portafoglio...

Nota di BastaBugie: Riccardo Cascioli nell'articolo sottostante dal titolo "Tanti e obesi, gli orsi polari smentiscono le previsioni" mostra come i teorici dei cambiamenti climatici sono continuamente smentiti dai fatti. Ad esempio, secondo loro, gli orsi polari avrebbero dovuto essere vicini all'estinzione, invece la loro popolazione è in continua crescita e in ottima forma. Così gli ecologisti, senza ammettere le previsioni sbagliate, già lanciano la nuova propaganda per dimostrare gli effetti catastrofici del riscaldamento globale.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 26 agosto 2017:
Ricordate le estati passate? A un certo punto partiva il tormentone dell'orso polare affamato e sfinito, a rischio di estinzione a causa della scomparsa dei ghiacci artici. Con tanto di foto di orsi smagriti alla deriva su un pezzo di ghiaccio. Da un po' invece non se ne parla più, anche se anni di propaganda martellante ci garantiscono che Greenpeace e WWF continueranno ad usare ancora per qualche tempo questo argomento per provare la catastrofe provocata dal riscaldamento globale e rimpinguare le loro casse.
Ma ormai il povero orso polare, che poteva venire salvato solo mangiando una certa caramella, è morto come icona del cambiamento climatico. Il perché è semplice: lui, l'orso, è più vivo che mai e anche ben pasciuto. È quello che dimostra l'osservazione in loco. Le foto più recenti degli orsi presenti nella baia di Hudson li mostrano belli grassi ma soprattutto numerosi proprio lì dove - a dare retta alle previsioni di 15-20 anni fa - dovrebbero ormai essere solo estinti, come a Churchill, in territorio canadese, conosciuta come la capitale degli orsi polari. Avevano ragione gli inhuit - la popolazione autoctona - che già dieci anni fa contestavano gli allarmi catastrofisti affermando che la popolazione degli orsi stava aumentando e non diminuendo. In realtà, oltre agli inhuit c'era chi già allora aveva smascherato la bufala dell'estinzione degli orsi polari, ma gli interessi dei gruppi ecologisti sostenuti dai grandi media conquistavano comunque l'opinione pubblica.
Fatto sta che oggi abbiamo dati incontrovertibili sull'aumento della popolazione degli orsi polari, che sono stimati in un numero che va dai 23mila ai 33mila, e questo malgrado si sia raggiunto nel 2016 la minima estensione estiva dei ghiacci artici che - secondo le previsioni dei soliti esperti - avrebbe dovuto far diminuire di almeno 2/3 la popolazione degli orsi polari. Una dettagliata e aggiornata mappa della loro presenza, che invece smentisce quanto sostenuto negli anni scorsi, è contenuta in un corposo rapporto (oltre 600 pagine) pubblicato dal Gruppo di lavoro scientifico (SWG) della Commissione congiunta Groenlandia-Canada sull'orso polare e riferito al 2016. Per fare un raffronto, l'anno precedente le stime andavano dai 22mila ai 31 mila esemplari, ma nel 2005 si parlava di 20-25mila e alla fine degli anni '60 di 8-10mila. Alla faccia dell'estinzione.
Ma non aspettatevi che qualcuno reciti il mea culpa, avverta delle previsioni sbagliate e rassicuri l'opinione pubblica che vive ormai con ansia il destino degli orsi polari. La battaglia sui cambiamenti climatici deve andare avanti, così c'è già la scusa pronta e l'individuazione di altre parole d'ordine. Come si capisce dall'intervento di Michael Mann, uno degli scienziati che deve la sua notorietà al catastrofismo climatico, secondo cui «abbiamo sbagliato a usare orsi polari e pinguini come manifesto del cambiamento climatico perché abbiamo dato l'impressione che questo sia una specie di problema dal sapore esotico e perciò lontano».
Nessuna ammissione di previsioni sbagliate, si passa direttamente alla nuova immagine da usare per la propaganda. Si deve far capire che il riscaldamento globale causato dall'uomo riguarda tutti, perciò ecco l'idea: «l'Artico è l'aria condizionata che rinfresca il pianeta». Chiaro il collegamento: se si sciolgono i ghiacciai moriamo di caldo. E la chiamano scienza.


Riccardo Cascioli nell'articolo sottostante dal titolo "Animalisti, Greenpeace, femministe: tutti in letargo" parla di vari argomenti, come il test nucleare della Corea del Nord, la strage di ovini e caprini per la festa musulmana del Sacrificio; l'aumento delle violenze sessuali degli immigrati. Nonostante la varietà di questi argomenti, alcune domande si possono porre a tutti i professionisti della protesta civile - i difensori degli agnelli a Pasqua, dei diritti delle donne e degli ecosistemi - i quali evidentemente hanno perso la voce. Perché qui rischiano di farsi male e di non guadagnarci nulla.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 4 settembre 2017:
Potrebbe sembrare stucchevole unirci anche noi al gioco di "Dove sono... adesso?". E però gli ultimi giorni ci hanno offerto tre casi eclatanti che meritano una breve riflessione perché si tratta di capire alcuni meccanismi che stanno dietro alle cosiddette battaglie di civiltà.
Il primo caso riguarda la festa islamica "del sacrificio" o "dello sgozzamento", che ricorda la prova di fede superata da Abramo e quindi il sacrificio del montone al posto di Isacco. Per l'occasione, anche in Italia nel fine settimana sono stati sgozzati (senza il previo stordimento previsto dalla legge sulla macellazione) decine di migliaia di capi di ovini, caprini o bovini come previsto dalla tradizione rituale. Silenzio generale.
Il paragone con quello che da anni ormai succede al tempo di Pasqua con le crociate per la salvezza degli agnelli e la promozione della dieta vegana è imbarazzante. Abbiamo ancora negli occhi l'immagine straziante di Silvio Berlusconi che allatta un agnellino e i volantini distribuiti con le accuse alla Chiesa cattolica di essere responsabile di tale strage. Non ci è stato neanche risparmiato, due anni fa, il comunicato del vescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, monsignor Michele Castoro (quando si dice che i nomi indicano un destino), che in risposta a un flash mob animalista ha voluto precisare che la strage di agnellini non c'entra nulla con la Pasqua cristiana, unendosi agli appelli degli animalisti. L'Ente Nazionale Protezione Animali ormai ogni anno promuove una raccolta di firme per chiedere lo stop al maltrattamento degli agnelli.
Per la festa del sacrificio, invece, silenzio. Niente campagna martellante, niente volantinaggi e flash mob davanti alle moschee, niente accuse agli imam, niente titoli sui giornali per i poveri ovini e caprini sacrificati. Solo qualche timido sussurro per lamentare il tipo di macellazione crudele degli animali. La pasionaria Maria Vittoria Brambilla, che ha anche fondato un partito animalista e ha fatto sceneggiate perfino per abolire il Palio di Siena, sul tema islam e animali al massimo dell'indignazione ha assicurato che si impegnerà per far approvare una legge che vieti la macellazione halal, ma solo «quando avremo i numeri in Parlamento». Cioè mai. In ogni caso al massimo si discute sulla modalità, non si prova neanche a mettere in discussione il sacrificio degli animali.
E cambiamo scenario, voliamo fino all'Oceano Pacifico, dove il simpaticone Kim Jong Un l'altra notte ha effettuato un test nucleare di rara potenza, con tanto di forte terremoto come conseguenza. Le reazioni sono quelle ufficiali delle grandi potenze interessate, ma la società civile? Dove sono i "guerrieri dell'arcobaleno" di Greenpeace che nel 1995 diedero l'assalto alle navi francesi che si apprestavano a dirigere il test nucleare nell'atollo di Mururoa (siamo sempre nel Pacifico) su ordine del neo presidente Jacques Chirac? Le proteste per quei test nucleari (furono poi gli ultimi effettuati dalla Francia) occuparono per settimane e mesi le prime pagine dei giornali di tutto il mondo.
Forse che la bomba di Kim è meno dannosa per l'ecosistema di quella di Chirac? Non si direbbe proprio vista la potenza e gli effetti dell'esplosione di ieri. Eppure, oggi nel Pacifico di questi "capitani coraggiosi" non ce ne è neanche uno. Dove saranno? Per pura coincidenza, proprio un mese fa, Repubblica, aveva trovato "capitan Greenpeace", Peter Willcox, un reduce della battaglia di Mururoa. E indovinate? Con un'altra barca è in giro per il Mar Tirreno, impegnato nella "caccia alla plastica".
A questi esempi si potrebbe aggiungere anche il caso di cronaca che ha tenuto banco la settimana scorsa, lo stupro di una turista polacca e di un trans a Rimini da parte di un quartetto di giovani (tre minorenni): due marocchini, un nigerino e un congolese. Anche qui, di fronte al ripetersi di violenze sessuali da parte degli immigrati, ecco il silenzio delle femministe, ma anche dei partiti di sinistra sempre così attenti nella difesa dei diritti delle donne.
Animalisti, ecologisti, femministe: battaglie diverse, in nome di una presunta civiltà, ma le stesse contraddizioni e soprattutto lo stesso interesse al proprio tornaconto ideologico. È anche curioso notare che si tratta di movimenti di pensiero che, nella loro forma radicale, affondano tutti le radici nei movimenti eugenetici di fine '800 e inizio '900 che tanto successo ebbero nel mondo anglosassone. Una stessa radice anti-umana, dunque.
E per quel che riguarda gli esempi citati sono rigidamente e astutamente selettivi, perché da una parte sottostanno al politicamente corretto (guai a rischiare accuse di razzismo o islamofobia) e dall'altra pensano alle loro tasche. Criticare una pratica islamica potrebbe diventare pericoloso, è gente che ha scarso senso dell'umorismo; non è mica come una manifestazione fuori da una chiesa che ti diverti anche a vedere il don Abbondio di turno cedere a qualsiasi ricatto. E non è che ci si guadagna voti in chiave di partito animalista. Anche sfidare Kim - e quindi la Cina - espone a rischi seri, non è mica così accomodante come un presidente francese. Gli assalti di venti anni fa a Mururoa hanno significato pochi giorni di arresto per qualche militante di Greenpeace ma a fronte di un successo mediatico internazionale che ha portato nelle casse di Greenpeace milioni e milioni di dollari. Se qualcuno oggi portasse le barche nella zona dei test nordcoreani rischierebbe di sparire negli abissi dell'Oceano a cavallo di un missile. E senza neanche campagne di opinione a proprio favore, figurarsi parlare di soldi offerti.
Molto più redditizia una campagna per liberare il Mediterraneo dalla plastica, condita da qualche slogan sui cambiamenti climatici. Queste sì che sono le vere emergenze planetarie.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11/09/2017

3 - CRITICA RAGIONATA AI TATUAGGI
Perché rovinare per sempre una pelle candida con un pensierino momentaneo? (VIDEO: Posso farmi un tatuaggio?)
Autore: Camillo Langone - Fonte: Il Foglio, 10/08/2015

I tatuaggi sono come l'abbronzatura, donano alle brutte e tolgono alle belle.
Odio l'estate perché favorendo l'esposizione dei corpi mi ricorda con fastidiosa frequenza che:
1) le donne belle sono spesso stupide;
2) le ragazze cattoliche sono spesso pagane;
3) il mio sguardo è spesso colpevole.
Punto primo: rovinare per sempre una pelle candida con un pensierino momentaneo, ipotecare il futuro a 17 anni (i tatuatori esercitano grande fascino sui minorenni), considerare ribellione o comunque manifestazione della propria personalità uno dei comportamenti più ovini del nostro tempo, è prova di scarsa perspicacia.
Punto secondo: Dio è offeso dai tatuaggi che nella Bibbia sono proibiti in lungo e in largo, dal Vecchio al Nuovo Testamento. Che sedicenti cattolici possano conciarsi come cannibali del Borneo dimostra il degradarsi del cristianesimo a religione privata e autoassolutoria. Solo riferendosi a un "Vangelo secondo me" è possibile immaginarsi vegetariani e cristiani, astemi e cristiani, animalisti e cristiani, tatuati e cristiani. [...] La religione fai-da-te viene predicata dai pulpiti. Per brama di piacere, per sete di applausi o timore di fischi, si benedicono invasioni e ramadan mentre ci si guarda bene dal condannare le esplicite violazioni all'esplicita legge di Dio.
Di un simile collasso educativo sono corresponsabili le famiglie, conosco solo un caso di genitore che ha minacciato (con buon esito) di diserederare la figlia qualora si fosse imbrattata indelebilmente. Eppure è facile: ai figli tatuati si lascia soltanto la legittima mentre agli altri anche la disponibile.
Sul punto tre glisserei volentieri, la parola di Dio non ha bisogno dei miei ghirigori, solo che non sto scrivendo un'omelia bensì un articolo profano e allora mi tocca buttarla sul personale e confessare che il tatuaggio piccolo lo trovo schifosetto come una macchia di sugo sulla camicia, ma la camicia sporca poi te la cambi mentre la caviglia o il polso tatuati te li tieni sporchi per tutta la vita, zozzone che non sei altro; che il tribale sul fondoschiena mi sembra un invito all'accoppiamento more ferarum e perciò sfoggiarlo è un imbestiarsi e un imbestiare pure me che guardo e come faccio a non guardare; che i tatuaggi di grandi dimensioni, le inchiostrate mostrificanti che sequestrano buona parte dell'epidermide, mi fanno pensare all'imminente caduta della civiltà occidentale.
Il piercing è un'altra cosa. Non ho capito se è moralmente migliore o peggiore ma ho capito che in alcuni casi è esteticamente superiore: se una donna tatuata è una schiava, una donna perforata con gioielleria in titanio è una regina degli schiavi. L'amica che ne ha fatto il suo mestiere mi assicura che provoca meno dolore del tatuaggio e al contrario di questo è sempre rimovibile. Tuttavia mi fa male il solo guardarlo, se vedo una donna molto pinzata (e durante l'odiosa estate se ne vedono di più perché gli ombelichi sono più scoperti e i capezzoli meno nascosti) innanzitutto provo raccapriccio. Sì, mi impressiono facilmente. Sì, non avrei potuto fare il chirurgo. Purtroppo le perforazioni corporee altrui, subito dopo aver fatto emergere la mia parte forse migliore, l'uomo sensibile alle sofferenze (Patirà molto? Quanta disperazione ci vuole per massacrarsi così?), risvegliano la mia parte certo peggiore, il sadico eccitato dall'oltraggio che ulteriore oltraggio richiama. Avrei preferito che questo pervertito continuasse a dormire. [...] Ma le mie preferenze non contano nulla, l'estate fa di me quello che vuole, non sono io a decidere i miei turbamenti.

Nota di BastaBugie: Posso farmi un tatuaggio? Domanda con risposte a volte contrastanti e dei no categorici. Non sarebbe bello approfondire tale argomento e magari trovare una giusta risposta? Padre Mike a te l'onore!


https://rumble.com/vhyb99-posso-farmi-un-tatuaggio-cosa-dice-la-bibbia.html

Fonte: Il Foglio, 10/08/2015

4 - SPAVENTO IN FRANCIA E BELGIO: SEMPRE PIU' ALUNNI ISLAMICI MINACCIANO DI SGOZZARE I LORO COMPAGNI CRISTIANI (PERFINO ALL'ASILO)
Intanto un gesuita 86enne vissuto in Egitto scrive al Papa: Santità, l'università di Al Azhar non è moderata, ma anzi è una sorgente di radicalismo musulmano
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi, 01/09/2017

La radicalizzazione dei minori è sempre più diffusa in Francia. A giugno erano 2.200 i minori segnalati nel registro per la prevenzione della radicalizzazione a carattere terroristico (Fsprt), che contiene solamente le persone segnalate dalle scuole e dalle prefetture. Ad essi, infatti, si dovrebbero anche aggiungere le persone che sono già radicalizzate e in quanto tali oggetto di indagine da parte dei servizi. I minori, dunque, sono il 16% del totale delle persone a rischio radicalizzazione.

ANCHE LE RAGAZZE
Secondo il Figaro, le autorità francesi hanno anche notato una «femminilizzazione della radicalizzazione» dal momento che le ragazzine «rappresentano ormai la maggioranza dei minori a rischio e la metà dei casi seguiti dall'ufficio Protezione giudiziaria dei giovani (Pjj) è costituita da ragazze». Sono tanti anche coloro che in un modo o nell'altro sono già passati all'azione. Al 27 giugno, sono 58 i minori accusati a vario titolo di terrorismo (di cui 25 detenuti) e altri 9 che hanno già ricevuto un mandato di arresto. Secondo gli esperti citati dal quotidiano francese, «questi individui, sempre più giovani, sono il nuovo obiettivo dei reclutatori dello Stato islamico».
I minori non vengono adescati solo su internet, se è vero che decine di insegnanti sono stati sospesi dopo che erano stati denunciati dal ministero dell'Interno come «pericolosi» o radicalizzati. E secondo Thibault de Montbrial, presidente del Centro di riflessione sulla sicurezza interna, «al ministero dell'Educazione sono molto preoccupati da questa nuova doppia tendenza: la crescita significativa della radicalizzazione tra gli studenti e il fascino che le idee estremiste esercitano su persone sempre più giovani, anche di 11 anni».

ESTREMISMO ALL'ASILO
Il fenomeno non riguarda solo la Francia. Ha fatto scalpore in Belgio il rapporto interno sulla radicalizzazione di alcuni alunni musulmani tra i 3 e i 5 anni stilato da una scuola materna di Renaix e pubblicato senza permesso da Het Laatste Nieuws. Nel rapporto si parla di sei bambini musulmani che hanno ripetutamente insultato i loro compagni di classe cristiani chiamandoli «infedeli», mimando il gesto dello sgozzamento e minacciandoli di morte. Secondo gli esperti in questo caso non si può parlare di vera e propria radicalizzazione perché i bambini non fanno che «imitare quello che vedono e sentono a casa». Le tre famiglie islamiche coinvolte sono già state segnalate alla polizia.

Nota di BastaBugie: Rino Cammilleri nell'articolo sottostante dal titolo "Il gesuita, l'islam jihadista e quel silenzio del Papa" parla di Padre Boulard, gesuita 86enne, tutta una vita in Egitto, il quale punta il dito contro l'università di Al Azhar, una delle massime istituzioni sunniti, a torto ritenuta moderata. In realtà è una fucina di radicalismo. Intervistato in Tv, scrive al Papa la sua denuncia. Ma non riceve alcuna risposta.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 4 settembre 2017:
Sul sito CulturaCattolica.it del 25 luglio 2017 è apparsa la traduzione di un'intervista (a cura di Luca Costa) così intrigante che val la pena riprenderla. Sono le parole di un anziano gesuita, p. Henri Boulad, pronunciate a briglia sciolta alla tivù francese Liberté la settimana prima.
Il p. Boulad (86 anni, gesuita da quando ne aveva 19), ha trascorso tutta la sua vita in Egitto e se c'è una cosa che conosce bene è l'islam. La sua è stata una vera filippica a cui lui stesso ha dato il titolo J'accuse!, che volutamente imita la famosa lettera-manifesto con cui lo scrittore Emile Zola prendeva posizione nel celebre «caso Dreyfus». Senza peli sulla lingua, il gesuita dichiara che «il primo centro di radicalizzazione islamica del mondo intero è l'università al-Azhar del Cairo», e lo dice proprio all'indomani della visita-abbraccio (col Gran Mufti) di papa Francesco. Questa università (in realtà solo una moschea generalista, anche se la più importante del mondo sunnita) «è presentata in tutto l'Occidente come un'istituzione moderata e tollerante, ma non è così». Il presidente egiziano Al-Sisi «ha a più riprese richiesto ufficialmente ed espressamente ai vertici dell'al-Azhar di sopprimere ogni insegnamento facente riferimento alle fonti islamiche che incitano all'odio e alla violenza contro ebrei e cristiani. Tali richieste sono sempre cadute nel vuoto». Infatti, «sono proprio gli imam formati ad al-Azhar che in molte, troppo moschee d'Europa vanificano ogni speranza di integrazione alla società occidentale della nuove generazioni di musulmani. L'università al-Azhar del Cairo è il primo destinatario del mio J'accuse! perché è la prima responsabile del radicalismo che si diffonde in tutto il mondo».
Il bello è che la maggioranza dei musulmani «professa e vive una fede edulcorata, soft, limitandosi a rispettare la preghiera, il ramadan e parte dell'ortoprassi riguardante l'abbigliamento femminile o le regole alimentari, niente di più». Questo perché l'islam, il vero islam del Corano, degli hadith, l'islam dell'al-Azhar è semplicemente invivibile per la gente normale. Invivibile perché non lascia vivere. L'uomo è fatto per vivere tranquillo, non per fare la jihad o per odiare». Da parte cattolica? «Dal Concilio Vaticano II la Chiesa ha deciso di iniziare un cammino di dialogo con l'islam. Quali sono i risultati di questo mezzo secolo di dialogo? Quei Paesi che un tempo erano le roccheforti della cristianità sono pieni di moschee, mentre il mondo musulmano non conosce altro che discriminazioni, minacce e persecuzioni ai danni dei cristiani. Uccisi, cacciati! Che bel dialogo! Non mancano i testi, i congressi, le conferenze, i caffè insieme, le dichiarazioni congiunte con i musulmani. Abbiamo visto il papa recentemente al Cairo. E poi? Risultati concreti? Zero assoluto».
Il p. Boulad ha messo tutto ciò nero su bianco e l'ha spedito al papa. Ma «a questa mia lettera il papa non ha mai risposto». E «so con certezza che il cardinale Schönborn gliel'ha consegnata personalmente». Il gesuita, allora, l'ha fatta tradurre in spagnolo e consegnare direttamente, in occasione della visita papale al Cairo, tramite un vescovo egiziano. «Quindi l'ha ricevuta anche questa volta. E anche questa volta non mi ha risposto». Forse non ha avuto tempo di leggere sia la prima che la seconda? «Ovunque trovo persone che mi confermano che il papa risponde, o fa rispondere ai suoi segretari, anche ai biglietti di auguri di Natale. Eppure a me, suo confratello, più anziano per giunta...». E su uno dei temi più scottanti della nostra epoca. «Sono francamente sorpreso, e un po' amareggiato». Be', da parte nostra possiamo solo dirgli: si consoli, caro p. Boulad, è in buona compagnia.

Fonte: Tempi, 01/09/2017

5 - LA CHIESA DEVE RIAPPROPRIARSI DELLA SCUOLA
Ha costruito scuole e inventato le università rispettando la libertà umana (invece lo Stato, sostituendosi alla Chiesa e ai genitori, ha occupato un campo non suo)
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 06/09/2017

Ad ogni inizio di anno scolastico non posso evitare di farmi due domande. Come è stato possibile che la Chiesa si sia ritirata dal compito educativo nella scuola? Come è stato possibile che essa lo abbia affidato in via pressoché esclusiva allo Stato?
Nei secoli la Chiesa ha sempre rivendicato un suo ruolo essenziale nell'educazione dei bambini e dei giovani nella scuola. Le università le ha inventate lei, una miriade di ordini religiosi si sono occupati dell'educazione dei giovani, delle giovani, dei principi, dei lavoratori, degli orfani, dei sordomuti, dei ciechi. La Chiesa non ha mai pensato di fare tutto questo per supplenza a qualcun altro, bensì di esercitare non solo un suo diritto in base al principio di sussidiarietà, ma di esprimere la volontà di Gesù Cristo che ha detto "Euntes docete!", Andate e insegnate!. La Chiesa insegna per sua natura e sa che il vero Maestro è Gesù.

IL RUOLO DELLA CHIESA
Questo ruolo che la Chiesa ha sempre rivendicato per sé non riguardava solo l'educazione religiosa (come il catechismo che si fa nelle parrocchie) ma l'educazione nella sua totalità, dato che la fede è in stretto rapporto con la ragione e, quindi, con le discipline che vengono insegnate a scuola. Se c'è uno scollamento tra fede e cultura lo si deve prima di tutto al fatto che l'educazione scolastica va da una parte e l'educazione religiosa dall'altra. Il bambino e il giovane a scuola sentono una campana e a catechismo un'altra. Alla Chiesa si riconosce solo un ruolo educativo da società privata che parla ai propri adepti e non un ruolo pubblico ed essenziale per tutta la società. In questo caso si è al massimo disposti a riconoscere alla Chiesa un insegnamento generico di fenomenologia religiosa, come spesso avviene di fatto con l'Insegnamento della Religione Cattolica (IRC), ma niente di più. La conseguenza è che laddove il giovane dovrebbe incontrarsi con la verità, Gesù Cristo non c'è. Tutta la formazione culturale dei nostri giovani viene fatta come se Dio non fosse. Questo progetto di espulsione di Dio dalla scuola avviene dopo aver espulso dalla scuola la verità. In quale POF si legge che una delle finalità dell'educazione e dell'istruzione è di formare il giovane a riconoscere la verità delle cose? Tolta la verità e tolto anche il suo Fondamento.

LO STATO USURPATORE
E qui scatta la seconda domanda. Ad un certo punto della storia lo Stato ha assunto su di sé in toto l'educazione dei giovani, togliendola dalle mani della Chiesa. Ha impostato quindi l'istruzione su base laica o, al massimo, di tolleranza di tutte le religioni. Nella scuola "di Stato" la prospettiva di Dio in generale e del Dio cristiano in particolare, è di solito presentata come antiscientifica e quindi irrazionale. Parlare di Dio in un'aula scolastica non si può, è tuttalpiù compito dell'insegnante di religione, quando costui decide di farlo. Dio è discriminato ed escluso dalla scuola di Stato. Senza poi dire che molti programmi scolastici e libri di testo negano esplicitamente la dignità culturale della fede cattolica ed è ritenuto scientificamente normale celebrare la grandezza di Kant e l'arretratezza di San Tommaso, secondo un criterio storicistico e cronolatrico: le cose più recenti sono migliori di quelle del passato. Lo Stato Educatore, così, manifesta di non essere né neutro né scientifico ma ideologico. Oggi molti genitori si lamentano per la perversa educazione al gender fatta dalle cattedre statali. Ma anche se questo non fosse, il monopolio statale dell'educazione, con la sua esclusione di Dio, sarebbe lo stesso da rifiutare.

UNA SCUOLA SENZA DIO
A stupire di più, però, non sono tanto questi processi che, per molti versi, avvengono per conto loro, ma l'adesione convinta degli stessi uomini di Chiesa e dei cattolici: il fatto che l'esclusione di Dio dall'educazione dei giovani sia considerata normale e perfino opportuna. Per lungo tempo la Chiesa ha combattuto questo monopolio statale, ma ormai sembra decisa a non fare battaglie di sorta, a convivere con lo Stato Educatore anche se esso demolisce le basi culturali su cui si può innestare la consapevolezza della fede, a considerare l'ambito della scuola statale come il più opportuno per il dialogo e il confronto, senza tenere conto che non è un ambito neutro, ma ideologicamente orientato. Il giovane studente non sente mai la parola "Dio", della Chiesa gli viene presentata una visione deformata, del trascendente nessuno gliene parla mai, viene celebrato il valore di uno spirito critico senza basi che non siano soggettive. Come stupirci se poi la proposta cristiana non viene nemmeno compresa?
Benedetto XVI aveva detto una volta: "Un mondo senza Dio non è un mondo neutro, è un mondo senza Dio". Non riesco a darmi ragione di come la Chiesa ormai si sia rassegnata ad accettare una scuola così, una scuola senza Dio.

Nota di BastaBugie: ecco alcuni link ad articoli già pubblicati che approfondiscono il tema della responsabilità educativa secondo i principi della Dottrina Sociale della Chiesa.

LA CENTRALITA' DI DIO NELL'EDUCAZIONE SCOLASTICA
Se l'educazione è l'incontro della persona con il vero, il bello e il buono, in ogni materia non può mancare Gesù Cristo
di Stefano Fontana
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4393

LA SCUOLA DI STATO E' UN ABUSO! LA RESPONSABILITA' DELL'EDUCAZIONE E' DEI GENITORI (E DELLA CHIESA)
Tramite la centralità della famiglia, la Chiesa riconduce il tema dell'educazione al suo vero cuore: la centralità di Dio
di Stefano Fontana
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4394

EDUCARE I BAMBINI IN UN MONDO ALLA ROVESCIA
Il compito educativo spetta ai genitori: non alla scuola, non allo Stato, non agli esperti, ma ai genitori (che devono creare ambienti educativi in sintonia con i principi cristiani)
di Roberto Marchesini
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4424

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 06/09/2017

6 - TRUMP SI PIEGA AL COMPROMESSO: L'AMERICA GREAT AGAIN PUO' ATTENDERE
Nonostante l'ottima partenza, non tutte le promesse elettorali sono state portate a compimento per paura dell'impeachment
Autore: Marcello Foa - Fonte: Il Giornale, 02/09/2017

Sono bastati 8 mesi per trasformare Donald Trump in Donald Clinton o, se preferite, in Hillary Trump. Ovvero nella negazione del programma e delle aspettative che avevano accompagnato e reso possibile la sua elezione alla Casa Bianca. Quel che contava non era l'uomo Trump - che non aveva certo la cultura e il carisma del grande leader politico - quanto le idee che interpretava e che traslava dai suoi più stretti collaboratori.
Quali idee? Un'agenda sovranista, intesa come il desiderio di contrastare le derive di una globalizzazione che si è tradotta negli ultimi 20 in una continua sottrazione di sovranità e di ricchezza, di cui la stessa America, quella profonda, è stata vittima; la voglia di un nuovo ruolo degli Stati Uniti, meno caoticamente e distruttivamente interventista e fonte, piuttosto, di stabilità; il desiderio di preservare gli interessi geopolitici non attraverso un pericoloso confronto con la Russia, volto chiaramente a provocare la rimozione di Putin dal Cremlino, quanto a una nuova era di collaborazione con Mosca.
E poi: il desiderio di ridurre l'influenza della finanza, che per sua natura è apolide, con programmi di investimenti economici che rimettessero al centro l'interesse nazionale, una nuova etica del capitalismo, più ancorata al territorio e al senso di responsabilità anche sociale del capitalismo.

TRUMP NON HA SAPUTO RESISTERE ALLE PRESSIONI
Oggi di quel programma non è rimasto più nulla, perché Trump non ha saputo resistere alle pressioni furibonde del cosiddetto Deep State ovvero di quell'establishment che da Reagan in poi - e soprattutto con Bush junior e con Obama - ha governato davvero l'America, senza soluzione di continuità. Che il presidente fosse democratico o repubblicano nulla cambiava in realtà a Washington, il potere - quello vero - non passava mai di mano, cambiava semplicemente interprete.
Trump e i suoi collaboratori non appartenevano a quell'establishment e per questo la reazione contro di loro è stata così furibonda, usando uno scandalo per ora molto presunto, il Russiagate, come ariete mediatico e congressuale. Diciamolo chiaramente: oggi il Deep State ha vinto e Donald Trump, di cui già in aprile avevo segnalato la normalizzazione, si è adeguato, abbandonando tutti i suoi più stretti collaboratori. Il più famoso è Steve Bannon, l'ultimo in ordine di tempo è Sebastian Gorka. Come osserva Giuseppe Germinario alla Casa Bianca resta solo uno dei fedelissimi: Peter Navarro. Gorka nella sua lettera di addio lo dice: "E' chiaro che le forze che non sostengono la promessa Make America Great Again (Facciamo di nuovo grande l'America) sono - per ora - in ascesa nella Casa Bianca".

LA MARCIA INDIETRO
Trump, temendo l'impeachment, si è consegnato a chi spera possa difenderlo ovvero ai generali, creando un ulteriore pericoloso paradosso. Oggi la Casa Bianca è retta - in almeno 3 settori chiave (difesa, esteri, sicurezza) - direttamente da uomini del Pentagono, che stanno riportando l'America sulla vecchia rotta.
L'escalation con la Russia, colpita da nuove sanzioni e costretta a chiudere tre consolati, lo dimostra. Non è affatto una buona notizia per noi europei.
Che Trump resti al potere e o che venga rimosso poco cambia: ha rinnegato se stesso. Ma la vittoria del Deep State non risolve i problemi di fondo del popolo americano e non deflette la determinazione di chi vuole cambiare davvero il Paese; anche perché per spezzare le reni a Trump hanno dovuto ricorrere a metodi socialmente destabilizzanti e mettere a nudo le ipocrisie del potere come osserva con molta lucidità Gianfranco Campa. Il velo della propaganda e dello spin in parte è caduto, ma la rabbia degli americani i cui livelli di reddito non crescono da decenni, che sono sempre più indebitati (siamo tornati ai livelli pre 2008!), i cui giovani si laureano ma non trovano lavoro (eh sì, come in Italia); quella rabbia resta intatta. E cercherà nuovi interpreti.
Quel "per ora" nella lettera di Gorka è significativo. Come dire: non finisce qui...

Nota di BastaBugie: per sapere chi era Stephen Bannon e perché Trump è stato "costretto" a farlo fuori, clicca nel seguente link

GIORNALI E TV CONTRO L'OTTIMO STRATEGA DI TRUMP
Ce l'hanno con Stephen Bannon perché dice che dobbiamo recuperare i fondamenti spirituali e morali del cristianesimo
di Antonio Socci
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4576

TUTTI GLI ARTICOLI SU TRUMP
Per leggere altri articoli da noi rilanciati su Trump e le buone cose che comunque ha iniziato a realizzare, clicca qui sotto:
https://www.bastabugie.it/it/ricerca.php?testo_ricerca=Trump

Fonte: Il Giornale, 02/09/2017

7 - MISS ITALIA FESTEGGIA LE UNIONI CIVILI CON LA SFILATA GAY-FRIENDLY
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): quando il card. Caffarra mise alla porta un coro omosessuale, liturgia trans per gli anglicani, il vescovo duro con Forza Nuova tenero con l'omoeresia
Autore: Luca Romani - Fonte: Osservatorio Gender, 09/09/2017

Anche la manifestazione nazional-popolare Miss Italia dà il suo contributo alla normalizzazione LGBT+. Dopo il bacio saffico andato in onda in prima serata su Rai1, oramai quindici anni fa, nel 2002, nel film di Dino Risi "Le ragazze di Miss Italia", oggi a Jesolo l'omosessualità non fa più scandalo, tanto che alle prefinali due miss si sono baciate, come se nulla fosse, sulla bocca ed oggi, nel giorno della gran finale, è prevista una sfilata matrimoniale aperta a tutti i generi.
Il bacio tra Sara Croce e Francesca Valenti sulle note di "Kissing strangers", andato in scena nel corso delle prefinali, è stato un gesto allo stesso tempo provocatorio e simbolico, volto a lanciare un messaggio ben preciso, come spiegato poi dalle stesse ragazze: "una dimostrazione di quanto ci vogliamo bene e del fatto che non abbiamo problemi a lanciare questo messaggio".
Nel corso della finale, in programma il 9 settembre a Jesolo, in diretta su La7 in prima serata con la conduzione di Francesco Facchinetti, si terrà invece una sfilata con gli abiti da sposa creati da Maria Celli in cui le ragazze in gara saranno affiancate da un, volutamente misterioso, partner in tight con indosso una maschera a celarne il volto.
L'organizzatrice del concorso Patrizia Mirigliani ha spiegato come tale momento scenografico voglia essere un tributo alle unioni civili approvate in Italia quest'anno, "Un vero inno alle nozze e alle unioni civili", al fine di sottolineare il concetto che ogni Miss, sebbene femmina per eccellenza, possa un giorno convolare a nozze con chi crede, al di là di ogni "irrilevante" distinzione di genere.
La sfilata gay-friendly ha raccolto l'applauso entusiasta anche del sindaco di Jesolo Valerio Zoggia che ha così commentato l'iniziativa in conferenza stampa: "Ho celebrato l'unione tra due donne poche settimane fa e partecipo all'inno all'amore oltre i generi".
Anche "Miss Italia", manifestazione femminile per definizione, si piega dunque al diktat di genere politicamente corretto che vorrebbe abolire i confini sessuali di maschio e femmina. Tuttavia, a questo punto, per coerenza, lo storico concorso di bellezza italiano dovrebbe rivedere pure il suo stesso nome, divenuto anch'esso oggi inadatto e discriminante, optando per un più rassicurante ed inclusivo "Mx Italia" per identificare e rappresentare anche coloro che rifiutano le normali ma, ahinoi, "superate" categorie di maschio e femmina.

Nota di BastaBugie: ecco altre notizie dal gaio mondo gay (sempre meno gaio).

QUANDO IL CARD. CAFFARRA MISE ALLA PORTA UN CORO OMOSESSUALE
Era il 2009 e il coro Komos, composto da persone omosessuali, trovò ospitalità per le prove in un locale della parrocchia di San Bartolomeo della Beverara (Bologna).
In agosto arrivò una lettera dell'arcivescovo Carlo Caffarra che ricordò al parroco l'esistenza di un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede sulle persone omosessuali del 1986 in cui simili iniziative erano vietate.
Il coro sloggiò dagli ambienti della parrocchia.
(Gender Watch News, 07/09/2017)


LITURGIA TRANS PER GLI ANGLICANI
Il Sinodo Generale della Chiesa di Inghilterra ha approvato una mozione sulle persone transessuali proposta da mons. Chris Newlands, vicario della diocesi di Lancaster. La mozione prevede la redazione di linee guida per includere le persone transessuali nella vita della Chiesa e una nuova liturgia a loro dedicata: "Si tratta di una meravigliosa opportunità - ha affermato mons. Newlands - per creare una liturgia che parla con forza alle specificità del popolo trans e contribuisca significativamente al loro benessere e sia per loro di supporto". Verrebbe da chiedersi perché, per evitare atteggiamenti discriminatori, non inventarsi una liturgia anche per anziani, disabili e senza tetto, dato che anche loro sono categorie di persone socialmente fragili ed emarginate.
Mons Newlands ha poi commentato: "Spero che potremo arrivare a redigere una dichiarazione forte per affermare che noi crediamo che le persone trans sono accolte e amate da Dio, che le ha create ed è presente in tutti momenti della loro vita". Poi ha aggiunto: "Il Sinodo è cambiato - abbiamo svoltato l'angolo. [...] i vescovi hanno capito che non possono continuare a fare quello che hanno sempre fatto."
Bene accogliere le persone transessuali, male invece accogliere la transessualità.
(Gender Watch News, 10/08/2017)


IL VESCOVO DURO CON FORZA NUOVA TENERO CON L'OMOERESIA
Con gli immigrati ha avuto gioco facile. Don Massimo Biancalani, il parroco di Vicofaro di Pistoia finito sui giornali per lo scontro con Forza Nuova aveva incassato il sostegno del suo vescovo in occasione della sortita dei militanti di estrema destra in chiesa. Una vicinanza, quella del pastore toscano, certificata dalla presenza a messa del vicario della diocesi di Pistoia che ha di fatto messo il prete pro immigrati in una botte di ferro.
Tutto facile insomma. Peccato che la solerzia del vescovo nel difendere un suo sacerdote non ci sia stata in altri casi, come accaduto ad esempio a don Massimiliano Pusceddu, umiliato per aver citato San Paolo dall'ambone circa i comportamenti omosessuali. Perché se si parla di immigrazionismo il buonismo e il conformismo prendono il sopravvento, ma se l'argomento sono i cosiddetti rapporti contro natura, ecco che la solerzia di certi vescovi nel ribadire quel che è loro compito, cioè la dottrina, si fa di nebbia.
Don Massimo Biancalani infatti non ha mai nascosto non solo un tifo da ultras per l'immigrazionismo fino a spingersi a dare del fascista a chiunque non la pensi come lui, ma è particolarmente attivo anche nel seguire i cristiani Lgbt secondo logiche e metodologie di accettazione dell'omosessualità che sono in netto contrasto con la dottrina della Chiesa.
Il sacerdote infatti negli anni scorsi era finito sui giornali proprio per un percorso di accompagnamento pastorale per persone omosessuali. Tutto bene, d'altra parte lo dice il Catechismo. Ma in che modo? Ovviamente utilizzando il manifesto dello sdoganamento dell'ideologia omosessualista nella Chiesa. Si tratta de "L'amore omosessuale interroga la Chiesa", scritto da Damiano Migliorini e Beatrice Brogliato, che si propone una riflessione teologica e morale e visione nuova sulla persona omosessuale.
"Riteniamo doveroso - aveva detto - chiedere che le nostre comunità si aprano a una pastorale rivolta agli omosessuali e ai transessuali: ciò aiuterebbe molte persone a sentirsi finalmente accolte, per quello che sono, nella chiesa, abbattendo quel muro di diffidenza e incomprensione".
Insomma, come è stato già detto, uno sdoganamento tout court dell'omoeresia, cioè quella corrente lobbistica infiltratasi nella Chiesa che sostiene l'omosessualità come variante normale della sessualità umana. Solo che la Chiesa contrasta questa visione e lo fa nei suoi atti più impegnativi. Il Catechismo della Chiesa cattolica è uno di questi. "Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati». Sono contrari alla legge naturale. In nessun caso possono essere approvati". (2357). Insomma: accettarli tout court e promuoverli come è stato fatto in questi anni in molte parrocchie è contrario al Magistero.
C'è poi un altro documento imprescindibile per la cura pastorale delle persone omosessuali, che tra le altre cose è l'atto principale su cui si fonda l'esperienza di Courage. E' la Nota della Congregazione per la Dottrina della fede che nel 1986 pubblicò un documento rivolto ai vescovi. Fra le altre cose vi si legge: "Questa Congregazione desidera chiedere ai Vescovi di essere particolarmente vigilanti nei confronti di quei programmi che di fatto tentano di esercitare una pressione sulla Chiesa perché essa cambi la sua dottrina, anche se a parole talvolta si nega che sia così. Un attento studio delle dichiarazioni pubbliche in essi contenute e delle attività che promuovono rivela una calcolata ambiguità, attraverso cui cercano di fuorviare i pastori e i fedeli. Per esempio, essi presentano talvolta l'insegnamento del Magistero, ma solo come una fonte facoltativa in ordine alla formazione della coscienza. La sua autorità peculiare non è riconosciuta. Alcuni gruppi usano perfino qualificare come «cattoliche» le loro organizzazioni o le persone a cui intendono rivolgersi, ma in realtà essi non difendono e non promuovono l'insegnamento del Magistero, anzi talvolta lo attaccano apertamente. Per quanto i loro membri rivendichino di voler conformare la loro vita all'insegnamento di Gesù, di fatto essi abbandonano l'insegnamento della sua Chiesa. Questo comportamento contraddittorio non può avere in nessun modo l'appoggio dei Vescovi".
Più chiaro di così. Eppure molti vescovi e il pastore di Pistoia sembra tra questi, in questi anni hanno fatto come se questo documento non fosse mai esistito. Per comodità forse, ma anche per paura, perché il solo azzardarsi a proporre la visione cristiana della sessualità umana, è ormai diventato uno sport estremo, gravido tra l'altro di rogne incalcolabili. Meglio fare finta di niente e lasciare che i parroci si organizzino con adeguato coinvolgimento di associazioni Lgbt.
Eppure il documento parlava chiaro: "Questa Congregazione incoraggia pertanto i Vescovi a promuovere, nella loro diocesi, una pastorale verso le persone omosessuali in pieno accordo con l'insegnamento della Chiesa. Nessun programma pastorale autentico potrà includere organizzazioni, nelle quali persone omosessuali si associno tra loro, senza che sia chiaramente stabilito che l'attività omosessuale è immorale. Un atteggiamento veramente pastorale comprenderà la necessità di evitare alle persone omosessuali le occasioni prossime di peccato" e "dovrà essere ritirato ogni appoggio a qualunque organizzazione che cerchi di sovvertire l'insegnamento della Chiesa, che sia ambigua nei suoi confronti, o che lo trascuri completamente. Un tale appoggio, o anche l'apparenza di esso, può dare origine a gravi fraintendimenti. Speciale attenzione dovrebbe essere rivolta alla pratica della programmazione di celebrazioni religiose e all'uso di edifici appartenenti alla Chiesa da parte di questi gruppi, compresa la possibilità di disporre delle scuole e degli istituti cattolici di studi superiori. A qualcuno tale permesso di far uso di una proprietà della Chiesa può sembrare solo un gesto di giustizia e di carità, ma in realtà esso è in contraddizione con gli scopi stessi per i quali queste istituzioni sono state fondate, e può essere fonte di malintesi e di scandalo".
Don Biancalani è in buona compagnia con altri parroci che ormai prestano le parrocchie per questi incontri in aperto contrasto col Magistero. Ma in questi casi, chissà perché le puntualizzazioni dei vescovi non avvengono mai.
 (Andrea Zambrano, La Nuova Bussola Quotidiana, 30-08-2017)

Fonte: Osservatorio Gender, 09/09/2017

8 - COME DEMOLIRE GLI ARGOMENTI PRO ABORTO
Capito il trucco è facile controbattere ai classici argomenti pro-choice: Chi sei tu per giudicare? Perché vuoi controllare il corpo delle donne? Se permetti gli aborti negli ospedali elimini quelli clandestini!
Autore: Lorenza Perfori - Fonte: Libertà e Persona, 08/09/2017

"Chi sei tu per giudicare?", "Perché vuoi controllare il corpo delle donne?", "Sono a favore dell'aborto perché ho compassione per le donne che si trovano in condizioni difficili", "Se rendi illegale l'aborto, migliaia di donne moriranno a causa degli aborti clandestini". Queste quattro frasi costituiscono il classico leitmotiv espresso dalle persone pro-choice per giustificare l'aborto legale, ma si tratta di argomenti guidati da una retorica scorretta e ingannevole.
In un articolo uscito su lifenews.com, il prof. Timothy Brahm ha smascherato l'inganno, mostrando come i pro-life possono argomentare per demolire questi quattro ragionamenti pro-choice. Brahm è laureato in filosofia ed è Direttore della Formazione all'Equal Rights Institute (ERI), di Clovis in California, un'organizzazione no-profit che ha l'obiettivo di "formare i sostenitori pro-life a pensare con chiarezza, ragionare con onestà e argomentare in modo efficace". A tale scopo l'ERI ha recentemente pubblicato anche un manuale intitolato "Equipped for Life" ("Equipaggiati per la vita") per "addestrare i gruppi pro-life a dialogare con abilità e argomentare in modo persuasivo in modo da poter far cambiare idea alle persone e salvare più vite".
La tecnica oratoria utilizzata da Brahm consiste nel "to turn the table" (letteralmente: "ruotare il tavolo"), ovvero nel ribaltare la situazione, rovesciare la prospettiva, cambiare il punto di vista, al fine di spingere la persona pro-choice a mettersi nei panni di qualcun altro in modo da giudicare la situazione osservandola da un'angolazione diversa.
Per spiegare il funzionamento di questa tecnica, il filosofo ricorre all'esempio della partita a scacchi. Immagina che tu e un tuo amico decidiate di giocare a scacchi – spiega -, ma mentre ti stai per sedere lui prende la tua regina dalla scacchiera e la rimette nella scatola senza dare spiegazioni. Tu gli chiedi: "Cosa stai facendo?" e lui candidamente risponde: "Solo a me è permesso di avere la regina, perché tu stai giocando con i bianchi e io con i neri; tu sei avvantaggiato perché inizi per primo. Così siamo pari". Il tuo amico crede in tutta sincerità che dare alla sua parte della scacchiera un vantaggio incredibilmente iniquo sia legittimo, ed è riuscito a razionalizzare a se stesso che è giusto così. Come puoi fare per convincerlo che sta dando ai pezzi neri un enorme vantaggio? In modo molto semplice: ruotando il tavolo di 180 gradi e dicendogli: "Va bene, se pensi che sia giusto per entrambi i giocatori che chiunque inizi per primo non debba avere la regina, ora sarò io a giocare con i neri. A te la prima mossa".
Brahm chiama questo modo di procedere "empatia forzata". Il tuo amico - osserva -, non sta facendo una buona valutazione sui vantaggi relativi all'iniziare per primo avendo la regina. Girando il tavolo lo costringerai a mettersi nei tuoi panni e a rispondere alle sue argomentazioni. Potresti dirgli: "Eh, so che potrebbe sembrare difficile non avere la regina, ma sta a te iniziare. Tu hai l'iniziativa, quindi fanne buon uso e potrai superare il problema di non avere la regina".
In sostanza, Brahm osserva che costringere qualcuno a discutere contro i suoi argomenti ingiusti è il modo più efficace per aiutare costui a rendersi conto che i suoi argomenti sono effettivamente ingiusti. Questo è esattamente ciò che si verifica con molti argomenti pro-choice: molti di essi sono effettivamente argomenti ingiusti, stanno imbrogliando, danno alla persona pro-choice un vantaggio ingiusto nella conversazione. Il problema e che costoro spesso non si rendono nemmeno conto di stare imbrogliando: si tratta frequentemente di argomenti guidati da una retorica scorretta a cui le persone pro-choice credono per davvero. Loro pensano che sia giusto così. Affinché possano cambiare idea, hanno bisogno di qualcosa di più di un semplice contro-argomento. Hanno bisogno di capire che la loro retorica è vuota, e il modo migliore per farlo è quello di ruotare il tavolo di 180 gradi facendoli mettere nei tuoi panni.
A questo punto il filosofo entra nel dettaglio dei quattro esempi di retorica pro-choice ingannevole visti all'inizio, spiegando per ciascuno di essi come si deve argomentare per "ruotare i tavoli".

1) CHI SEI TU PER GIUDICARE?
Questa frase, nota Brahm, è la perfetta candidata a diventare la frase più abusata di questo secolo. Non sarebbe così frustrante se l'avessi sentita pronunciare solo dai relativisti morali, invece la sento affermare anche da persone di ogni genere di fede. Ogni persona ha un certo grado di impulso libertario. Non vogliamo che lo Stato ci costringa a fare le cose, inoltre ciascuno conosce la propria situazione personale meglio di chiunque altro, vi è perciò qualcosa di naturalmente intuitivo nell'idea che gli altri non dovrebbero giudicarti.
Disputare con le persone che dicono di non avere la prerogativa per emettere un giudizio su qualcuno è assai allettante e retoricamente efficace. Potresti rispondere dicendo qualcosa come: "Sono una persona con dei principi morali che è in grado di fare riflessioni morali", ma una frase del genere rappresenta una vera strada in salita nei confronti delle argomentazioni pro-choice. Ecco perché è molto meglio "ruotare il tavolo". Per questo dirò: "Supponi che io voglia uccidere mia moglie. So che potrebbe essere contro i tuoi valori personali o qualcosa del genere, ma amico, non sai quanto sia difficile essere sposati con lei. Non sai cosa sto passando. Chi sei tu per giudicarmi?".
Quando le persone ti rispondono con la domanda ugualmente irritante: "Chi può dirlo?", io rispondo più o meno allo stesso modo, sempre cambiando il punto di vista. "Chi può dirlo?" non è mai una domanda corretta, perché ci sono cose che sono naturalmente comprensibili. E se una cosa è comprensibile, ognuno può essere qualificato a dire qualcosa su di essa. Solo perché alcune persone pro-choice non hanno familiarità con la biologia di base della riproduzione umana, non significa che qualcun'altro non possa dire niente di significativo, per esempio a quale specie appartenga un embrione alla prima settimana di vita.
Avrò lo stesso approccio nei confronti di affermazioni del tipo:
a) "Fatti gli affari tuoi".
b) "Non sta a te decidere cosa gli altri dovrebbero fare".
c) "Credo nel libero arbitrio".
Rispondendo:
a) "Se l'aborto sta togliendo la vita a un essere umano innocente, allora non dovremmo fare gli affari nostri".
b) "Nessuno affermerebbe: non sta a te decidere se qualcuno possa o no abusare dei propri figli".
c) "Anch'io credo nel libero arbitrio e sono grato di averlo, ma nessuno ha la faccia tosta di difendere il traffico di esseri umani facendo appello al valore del libero arbitrio. È un bene che non siamo dei robot incapaci di fare delle scelte, ed è altrettanto un bene che la società abbia delle leggi per scoraggiare il male".
Affermazioni relativistiche come quelle che abbiamo visto non lasciano spazio a rivendicazioni morali di nessun tipo, cioè non ammettono eccezioni. Se ti opponi a tutte le affermazioni morali solo per evitare di dover fare un'affermazione morale sull'aborto, allora hai un problema serio con la tua visione del mondo e una determinazione sospetta a difendere l'aborto a ogni costo.
Aggiungo, infine, che la frase "Chi sei tu per giudicare?" è anche un argomento che si auto-confuta da sé, perché si può semplicemente rispondere, chiedendo: "Chi sei tu per giudicarmi se io giudico gli altri?".

2) SONO PRO-CHOICE PERCHÉ HO COMPASSIONE PER LE DONNE. ALCUNE SI TROVANO IN CONDIZIONI DAVVERO DIFFICILI
Quando incontriamo chi è favorevole all'aborto a motivo delle circostanze difficili in cui versano alcune donne - scrive Brahm -, la risposta pro-life standard è quella di "tirare in ballo un bambino". Con le persone pro-choice che argomentano a favore dell'aborto senza considerare lo status del bambino non nato o l'importanza dell'autonomia corporea, noi spesso "tiriamo in ballo un bambino" per aiutarli gentilmente a capire l'importanza di questa questione. In sostanza, al loro argomento a favore dell'aborto legale noi contrapponiamo un argomento a favore dell'uccisione legale di un bambino.
Quella di "tirare in ballo un bambino" è una tattica sviluppata da Scott Klusendorf e può essere utilizzata in vari modi. L'ERI e il prof. Brahm si avvalgono di un particolare approccio articolato in quattro passi. Per esempio, se qualcuno ci dice che è favorevole all'aborto perché "alcune donne sono troppo povere per prendersi cura di un bambino", quello che noi faremo è:
a) Confermare le sue preoccupazioni: "Hai ragione, alcune donne si trovano in condizioni di grave indigenza e noi dobbiamo aiutarle come possiamo".
b) Rilanciare con una domanda insolita: "Posso farti una sorta di strana domanda, hai un minuto? Supponendo che risponda sì...
c) Creare una situazione parallela: "Immagina che una donna molto povera abbia un figlio. Ha appena perso il lavoro e riesce a malapena a sfamare se stessa e lui. Dovrebbe avere il diritto giuridico di uccidere il figlio per il fatto di essere così povera?". La risposta, di solito, è no.
d) Esporre la logica: "Consentimi di spiegare perché ti faccio questa domanda insolita. So che alcuni la possono trovare strana, ma ho delle prove valide per porla. Io penso che sin dal concepimento l'embrione sia prezioso come te e me in quanto persona umana. Poiché sono estremamente convinto di questo, ogni volta che qualcuno appoggia l'aborto devo chiedermi: 'È questo un buon motivo per uccidere un bambino?' e non ci sono assolutamente buone ragioni per uccidere un bambino. Quindi, se io ho ragione sul fatto che l'embrione sia una persona umana, allora non possiamo ucciderlo a motivo della povertà della madre, proprio come non avremmo ucciso un bambino a causa della povertà. Cosa ne pensi?".
In definitiva, "tirare in ballo un bambino" ribalta la logica di molti argomenti pro-choice. La persona pro-choice cerca di giustificare l'aborto puntualizzando che alcune donne sono in condizione di povertà, la persona pro-life chiede se le donne in stato di povertà dovrebbero avere il diritto di uccidere i loro figli per il fatto di non essere in grado di mantenerli. Poi la persona pro-choice deve dimostrare la differenza tra un bambino e un bambino non nato.
Vi è un altro modo per "tirare in ballo un bambino", un po' più diretto, per costringere la persona pro-choice a mettersi nei tuoi panni. L'ho sperimentato nel 2013 con uno studente universitario che non riusciva a distaccarsi dall'uso della parola "scelta", come se la sua vita dipendesse da essa. Alla fine gli ho detto: "Va bene, farò finta di essere qualcun altro. Non sono più Tim, ora sono Tom e credo che l'infanticidio dovrebbe essere legale. Il Governo dovrebbe lasciare che le persone facciano le loro scelte quando si tratta di uccidere i propri figli. Come replicherebbe al mio punto di vista?". È seguita una pausa di silenzio incredibilmente lunga, mentre lo studente cercava di trovare un modo per farlo, e alla fine ha risposto: "Ho capito dove vuole arrivare...". A conti fatti sono riuscito a farmi capire da lui perché in realtà aveva solo bisogno di argomentare contro la sua scelta ostinata di linguaggio.
Un'altra maniera di "ruotare il tavolo" chiamando in causa un bambino, si può applicare facendo leva sulla parola "compassionevole". Il fatto che i pro-choice definiscano le persone pro-life "senza compassione" non è una coincidenza, ma un indizio della loro psicologia: in genere costoro pensano veramente di essere compassionevoli e, cosa ancor più importante, vogliono pensare a se stessi come a persone davvero compassionevoli. Quando alla domanda insolita (3° passo esposto sopra) mi rispondono che no, non dovrebbe essere legale uccidere un figlio se la madre si trova in una situazione difficile, a volte li sollecito replicando (senza sarcasmo!): "Davvero? Perché no? Non vogliamo essere compassionevoli verso le donne che si trovano in difficoltà?".
Faccio appello alla compassione anche se a volte la persona pro-choice non ce l'ha, perché presumo faccia solo parte della visione che ha di sé: ha in testa un'immagine di sé come di persona compassionevole. Insisto su questo punto perché voglio che capisca che desiderare di essere compassionevole non significa dover essere pro-choice.

3) PERCHÉ VUOI CONTROLLARE IL CORPO DELLE DONNE?
Prima di spiegare questo punto, il prof. Brahm puntualizza che domande come "quale genere di diritti dovrebbero avere le donne sui loro corpi?" e "dovrebbe essere incluso anche il diritto di uccidere una persona umana dentro di loro?", siano domande ragionevoli e legittime. Tuttavia, aggiunge, non intendo criticare le persone pro-choice perché sostengono che il diritto all'autodeterminazione sul proprio corpo dovrebbe giustificare l'aborto, ma confuterò l'odiosa retorica che spesso accompagna gli argomenti sui diritti corporei, e vi consiglio di rispondere gentilmente con una "rotazione del tavolo".
Come ho spiegato altre volte, gli argomenti sui diritti corporei e l'aborto sono sempre estremisti, almeno nel modo in cui i pro-choice li presentano. Nessun argomento sui diritti corporei che abbia mai visto (o anche ascoltato da qualche sostenitore pro-choice) lascia spazio a eccezioni, tuttavia, molte persone a favore dell'aborto pensano che delle eccezioni vi siano, come quelle degli aborti nel terzo trimestre di gravidanza.
Quando le persone pro-choice insistono con i loro argomenti sui diritti corporei, rispondo chiedendo: "Questa è una questione importante. Lascia che ti rivolga una domanda di chiarimento prima di rispondere: pensi che dovrebbero esserci restrizioni all'aborto, come nel terzo trimestre?". Se dicono di essere contrari agli aborti nel terzo trimestre, come di solito fanno, io molto gentilmente domando: "Ascolta, non ti sto prendendo in giro, ma ti chiedo: perché vuoi controllare il corpo delle donne nel terzo trimestre?". Questo li aiuta a vedere che è retoricamente ingiusto incolpare qualcuno di controllare le persone solo perché è moralmente contrario a qualcosa.

4) SE RENDI ILLEGALE L'ABORTO, POI LE DONNE MORIRANNO A MIGLIAIA NEGLI ABORTI FAI-DA-TE E CLANDESTINI
Questo è uno degli argomenti pro-choice più retoricamente potenti - osserva Brahm -: nessuno vuole che le donne si facciano male con gli aborti clandestini e fai-da-te, ed è difficile negare che questo è ciò che accadrebbe se l'aborto fosse dichiarato illegale (il fatto che poi sarebbero migliaia è un'altra questione). Per quanto non vogliamo che nessuna si faccia male con l'aborto illegale, non applichiamo mai questa logica pro-choice a nessun'altra questione. Non ci sogneremmo mai, per esempio, di legalizzare la rapina in banca, lo stupro o l'infanticidio al fine di renderli più sicuri per i colpevoli.
In questo caso, il modo più semplice per "ruotare il tavolo" è quello di far perno sulla stessa logica che abbiamo esaminato nell'esempio dell'autodeterminazione del corpo: anche in questo caso, infatti, la retorica pro-choice non consente eccezioni. Pertanto chiederò: "Pensi che dovrebbero esserci restrizioni all'aborto, come nel caso del terzo trimestre?". Se mi rispondono che sono contrari, come di solito fanno, io molto gentilmente replico: "Cosa succede se una donna vuole abortire durante il terzo trimestre di gravidanza e dice che se non glielo lascerai fare, lei cercherà un medico che praticherà l'aborto illegalmente? Supponi che conosca un ex medico abortista che ha perso la licenza perché i suoi interventi provocavano spesso complicazioni, ma lei ti dice che è disposta a prendersi il rischio perché non vuole avere il bambino nella maniera più assoluta. L'aborto al terzo trimestre dovrebbe essere legale, solo perché lei farebbe l'aborto comunque?"
Questa domanda costringe la persona pro-choice a combattere con la stessa logica pro-life che abbiamo già visto: è una situazione terribile. Non vogliamo che le donne disperate si facciano male, ma ovviamente è folle legalizzare qualcosa di sbagliato solo perché c'è la possibilità che qualcuno si faccia del male. Non possiamo permettere che la legge sia tenuta in ostaggio da un cittadino che minacciasse di farsi del male. Non possiamo di certo legalizzare l'infanticidio, anche se la madre dice che brucerà la casa con dentro lei e suo figlio, se non lo farai diventare legale.

IMPORTANTI CONSIGLI PER L'USO
Il prof. Brahm conclude l'articolo con alcuni consigli. Forzare l'empatia mediante la tattica del "ruotare i tavoli" è una risposta molto efficace, ma rischiosa, perché può infiammare gli animi. Devi essere gentile nel modo in cui lo fai. Prima di "ruotare il tavolo" non inserire mai parole come "Ah sì?!". Brevi frasi amichevoli come: "Non ti sto prendendo in giro, abbi pazienza, ma..." vanno bene. Non vogliamo solo vincere i dibattiti, vogliamo che capiscano che la loro retorica è un imbroglio. E ricordatevi di essere pazienti. Non interrompete se si mettono a riflettere dopo che avete "ruotato il tavolo".

Nota di BastaBugie: per affrontare dibattiti e discussioni sono utili anche le seguenti raccomandazioni

LE 12 REGOLE DEL BUON POLEMISTA
Come affrontare un dibattito televisivo... ma anche più semplicemente il collega ateo o l'amico a favore del gender (se ad ascoltare ci sono anche altre persone)
di Cesare Cavalleri
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4841

Fonte: Libertà e Persona, 08/09/2017

9 - OMELIA XXIV DOMENICA T. ORD. - ANNO A (Mt 18,21-35)
Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello? Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 17 settembre 2017)

Dopo aver meditato domenica scorsa sulla correzione fraterna, la Liturgia odierna mette in luce un altro aspetto della carità cristiana: il perdono. Gesù, conoscendo quanto ciò sia difficile alla natura umana, propone, come misura del nostro perdono, l'esempio stesso di Dio: questi perdona sempre e con generosità al peccatore che si pente. Il cristiano è chiamato ad imitare la condotta divina, per essere simile a Dio in ciò che costituisce la vera grandezza dell'amore.
Gli ebrei dell'Antico Testamento già conoscevano il dovere del perdono. Nella prima lettura del giorno è riportato uno dei testi più significativi in cui viene indicata al popolo la necessità di perdonare i propri fratelli come condizione per poter ricevere il perdono di Dio: «Perdona l'offesa al tuo prossimo e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. Se qualcuno conserva la collera verso un altro uomo, come oserà chiedere la guarigione al Signore?» (Sir 28,2-3). Ciò che non era chiaro ai Giudei era la misura del perdono: quante volte bisognava perdonare al prossimo? Su questa base possiamo comprendere la domanda di san Pietro al Maestro. L'Apostolo propone di perdonare un numero di volte che a lui sembra già grande: fino a sette volte. La risposta del Maestro, invece, va oltre ogni limite e misura: bisogna perdonare «settanta volte sette» (Mt 18,22), ossia sempre.
Per rendere più comprensibile il suo insegnamento, il Salvatore lo illustra con la parabola dei due debitori, riportata dal Vangelo di oggi. Un servo era debitore verso il suo padrone di una somma ingente (decine di migliaia di euro!). Non avendo come pagare il debito, supplica il padrone di aver pazienza, di dargli tempo, pur sapendo che la vita intera non sarebbe bastata per risarcire il debito. Il padrone, mosso a compassione, non si limita a concedere una proroga al pagamento, ma condona totalmente il debito. La lezione è chiara: se Dio non interviene a perdonarci ogni cosa, da soli non riusciremo mai a pagare i nostri debiti, ossia a conquistare la salvezza eterna.
Continuando, la parabola racconta che all'uscita il servo trova un collega che gli deve solo una piccola somma. Dimenticando la grazia insperata ricevuta dal padrone, lo afferra per la gola e gli dice: «Paga quel che devi!». Ma, nonostante questi lo supplicasse di avere pazienza, «non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito» (ivi, 30). L'incredibile durezza di cuore del servo che, per una esigua somma di denaro, fa gettare in prigione un suo collega, fa intuire una verità assai profonda: l'uomo non sa perdonare i piccoli torti ricevuti dal suo simile e dimentica facilmente i grandi debiti che Dio gli ha condonato.
La lezione fondamentale della parabola la troviamo nelle parole proferite dal padrone al servo malvagio: «Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?» (ivi, 33). La motivazione profonda, dunque, per cui dobbiamo perdonare il prossimo è che Dio ha perdonato noi; e dobbiamo farlo allo stesso modo e nella stessa misura di Dio. Il perdono di Dio non conosce condizioni, non si ferma davanti a nessun peccato e non esclude nessun peccatore. Per questo anche il nostro perdono deve estendersi a tutti, perfino ai nostri nemici e a coloro che ci odiano. Dobbiamo perdonare imitando Gesù che, mentre sulla croce soffre il tremendo martirio dell'umana ingratitudine, si rivolge al Padre e lo supplica di concedere il perdono ai suoi crocifissori, perché non sanno quello che fanno. Quali insondabili abissi di amore e di perdono!
Il perdono è il frutto più bello dell'amore ed è, allo stesso tempo, la base della vera civiltà. Cosa sarebbe, infatti, la società senza il perdono? Una spirale di violenza e di odio votata alla distruzione. E che cosa sarebbe la famiglia, se i membri di essa non trovassero la forza di perdonarsi le piccole, inevitabili incomprensioni? Purtroppo noi spesso accampiamo ogni scusa per non perdonare, per non aver a che fare con "quella persona", per non rivolgerle più la parola, pur costatando che Dio è sempre pronto a perdonare noi.
Si racconta che una volta un giovane andò a confessarsi da Padre Pio. Dopo aver fatto la sua lunga confessione generale, tra lacrime di compunzione e di gioia, il Santo cappuccino gli disse: «Figlio mio, il Signore ti vuol bene, un gran bene: nella sua infinita misericordia, ti ha perdonato tutti i peccati della tua vita passata. Ricordati sempre di questa grazia. Ora va' e fai anche tu lo stesso: sii generoso con il Signore e con gli altri». Seguiamo l'invito del nostro Santo: promettiamo all'Immacolata di perdonare sempre chi ci offende, per imitare Gesù che, con la sua orrenda morte sulla Croce, ha pagato tutto il nostro debito e ci ha perdonati.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 17 settembre 2017)

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