BastaBugie n�532 del 15 novembre 2017

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1 ANCHE SENZA LO IUS SOLI, L'ITALIA E' AL PRIMO POSTO IN EUROPA PER NUMERO DI CITTADINANZE CONCESSE
La maggior parte degli islamici non si vuole integrare (ma a dire il vero chiediamoci se sia giusto integrarsi in questa società che ha perso ogni riferimento alla verità)
Autore: Anna Bono - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 DON CAMILLO O FANTOZZI?
Guareschi descrive un mondo fatto di sudore (tanto), dolore (tanto) e gioie (poche, ma grandi), Villaggio invece descrive un mondo fatto di vuoto e snobismo, dove tutto finisce nel rancore e nello scontento
Autore: Silvana De Mari - Fonte: Blog di Silvana De Mari
3 10 MOTIVI PER FAR GIOCARE I BAMBINI A SCACCHI
Un gioco antichissimo che sviluppa le capacità logiche, aumenta la concentrazione, sviluppa la memoria, ecc.
Autore: Maria Cristina Renis - Fonte: Nostro Figlio
4 CHESTERTON E L'IMPORTANZA DELLA FILOSOFIA (MEDIEVALE)
L'uomo non ha alternativa: o si lascia influenzare da un pensiero meditato a fondo, o da uno che non lo è stato
Autore: Fabio Trevisan - Fonte: Riscossa Cristiana
5 DEVI ASSISTERE IL TUO CANE MALATO? ECCO IL PERMESSO RETRIBUITO PER... MOTIVI ''FAMILIARI''!
Se trattiamo l'animale come l'uomo è logico che finiremo per trattare l'uomo da animale
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 LA MISERICORDIA DI DIO NON DEVE DIVENTARE UN PRETESTO PER CONTINUARE A PECCARE
Con l'aiuto della Grazia di Dio non è impossibile osservare i dieci comandamenti perché l'uomo è normalmente capace di intendere e di volere
Autore: Silvio Brachetta - Fonte: Vita Nuova Trieste
7 RISCALDAMENTO GLOBALE: VERITA' SCIENTIFICA O BUFALA?
Il catastrofismo ambientalista è contro l'uomo, considerato il cancro del pianeta, anziché il vertice del creato (VIDEO: le fake news degli ambientalisti)
Fonte: Tradizione Famiglia Proprietà
8 TUTTO QUELLO CHE CI HANNO NASCOSTO SUI GAY
Molti dati non vengono divulgati, come ad esempio che il 99,7% dei casi di violenza su omosessuali viene commessa da altri omosessuali
Autore: Brian Clowes - Fonte: Notizie ProVita
9 OMELIA XXXIII DOM. T. ORD. - ANNO A (Mt 25,14-30)
Il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - ANCHE SENZA LO IUS SOLI, L'ITALIA E' AL PRIMO POSTO IN EUROPA PER NUMERO DI CITTADINANZE CONCESSE
La maggior parte degli islamici non si vuole integrare (ma a dire il vero chiediamoci se sia giusto integrarsi in questa società che ha perso ogni riferimento alla verità)
Autore: Anna Bono - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 26/10/2017

La fondazione Ismu ha appena pubblicato un rapporto sulla situazione degli immigrati residenti in Italia. I dati, forniti Istat, Alto commissariato dell'Onu e Ministero dell'Interno, indicano un forte aumento negli ultimi anni del numero di cittadinanze concesse. Si è passati dalle 12.258 del 2002 alle 201.591 del 2016. L'incremento maggiore si è avuto negli ultimi due anni, con un totale di 380.000 nuove cittadinanze.
È un andamento in controtendenza rispetto agli altri stati dell'UE che a partire dal 2015 pone l'Italia al primo posto per nuovi cittadini, seguita a distanza da Gran Bretagna, Spagna e Francia.
La maggioranza degli stranieri che nel 2016 ha ottenuto cittadinanza italiana ha meno di 30 anni. Per paese d'origine, il primo posto spetta all'Albania seguita dal Marocco. Tuttavia i brasiliani sono al primo posto per tasso di acquisizione della cittadinanza: 130 ogni mille residenti. Per tasso di cittadinanza tra gli ultimi figurano cinesi e filippini, molto numerosi ma più restii a chiedere la cittadinanza perché non possono godere della doppia cittadinanza come invece altri immigrati. Dal 2002 al 2016 sono diventati cittadini italiani 1.068.000 immigrati, 956.000 negli ultimi dieci anni.
In totale gli immigrati residenti in Italia sono quasi sei milioni.

Nota di BastaBugie: Roberto Marchesini nell'articolo sottostante dal titolo "I musulmani non si integrano? Neanch'io" parla di un sondaggio che rivela che un terzo degli islamici in Italia non ha alcuna intenzione di integrarsi. Ma a dire il vero chiediamoci se sia giusto integrarsi in questa società che ha perso ogni riferimento alla verità.
Ecco dunque il provocatorio articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 21 settembre 2017:
Sondaggio choc de Il Giorno: un musulmano su tre non vuole integrarsi. Da un sondaggio in esclusiva per Il Giorno condotto da IPR Marketing risulta che il 50-60% degli immigrati non si mantiene grazie ad una attività lavorativa. Ovvio, considerato che l'Italia non riesce a garantire un lavoro a tutti gli italiani occupabili. Come farà, dunque, il nostro paese a garantire l'integrazione a tutti gli immigrati irregolari che sono arrivati (e continuano ad arrivare) in massa sulle nostre coste?
Non è un problema. Un terzo di essi (il 31%, secondo il sondaggio IPR) non ha nessuna intenzione di integrarsi. E allo sconcerto della sinistra («Casa e lavoro per tutti!») si unisce quello dei liberali («Chi viene in Italia è tenuto ad integrarsi!»). Così stanno le cose: buona parte degli immigrati musulmani non hanno nessuna intenzione di integrarsi. Non gliene può fregare di meno. E adesso che si fa?
Ottima domanda, però... pensandoci bene... non hanno tutti i torti.
Non voglio integrarmi in una società dove vige la legge del più forte, nella quale i poveri, i deboli, i fragili e gli ultimi sono merce, oggetti senza valore e sacrificabili.
Non voglio integrarmi in una società nella quale ogni anno vengono abortiti milioni di bambini; che preme perché ci siano più aborti; che considera l'obiezione di coscienza all'aborto un problema da risolvere.
Non voglio integrarmi in una società che considera i disabili, gli anziani, i malati come un peso inutile da sopprimere; che considera «degna» solamente la vita di chi è giovane, sano e autosufficiente (ma chi lo è?).
Non voglio integrarmi in una società che offre, a chi è depresso, il suicidio invece di amore ed accoglienza; che nega ogni dignità alla sofferenza, che rifiuta assistenza e prossimità.
Non voglio integrarmi in una società che impedisce di lavorare a chi non si conforma al mainstream; che affida la propria politica economica (e quindi la vita e la libertà dei propri cittadini) al mercato e ai suoi interessi; che è governata dalle lobby anziché dal popolo.
Non voglio integrarmi in una società nella quale la scuola ha rinunciato ad istruire e mira solamente a diffondere assurde ideologie; che si rifiuta di riconoscere ai genitori il dovere (prima ancora del diritto) di educare i propri figli; e che minaccia di sbattere in galera chi denuncia questo intollerabile sopruso.
Non voglio integrarmi in una società fondata sulla menzogna, nella quale le notizie dissonanti vengono censurate dal governo come «fake news».
Non voglio integrarmi in una società materialista, edonista e consumista, nella quale il valore di una persona dipende da quanto guadagna o da quanto spende; nella quale la dignità, il pudore e i valori sono quotidianamente sacrificati sull'altare della reputazione.
Non voglio integrarmi. Non ne vale la pena. Preferisco essere emarginato, escluso, ghettizzato. Anzi...
Cari musulmani in Italia, avete ragione voi.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 26/10/2017

2 - DON CAMILLO O FANTOZZI?
Guareschi descrive un mondo fatto di sudore (tanto), dolore (tanto) e gioie (poche, ma grandi), Villaggio invece descrive un mondo fatto di vuoto e snobismo, dove tutto finisce nel rancore e nello scontento
Autore: Silvana De Mari - Fonte: Blog di Silvana De Mari, 04/08/2017

Il trasferimento da Trieste a Parma fu un trauma.
A Parma non c'era il mare. Non avevo più la mia maestra: le altre avrebbero fatto la quinta senza di me, mentre io ero da un'altra parte con altre tizie e un'altra maestra: degnissime persone, certo, ma non mi interessavano.
Cominciai ad amare ferocemente Parma a Natale. Faceva un freddo maledetto, raggiungemmo i meno venti. Al mattino ci svegliavamo con i ghirigori alle finestre. Molto romantico, certo, ma tirarsi giù dal letto era una pena.

DON CAMILLO
A Natale mi regalarono Don Camillo. Non ero in grado di cogliere tutte le sfumature, certo, ma l'umorismo sì. Profondamente cattolico, profondamente convinto come ogni persona di elementare buon senso nella profonda bontà di un mondo piccolo basato sulla famiglia, sulla terra, le vacche, l'alternanza delle stagioni, Guareschi è stato uno scrittore straordinario Il primo libro è del 48. Il primo film è del 52.
Il regista era francese in quanto tutti i registi italiani rifiutarono. Fortunatamente francese anche l'attore principale: Fernandel, perché è stato assolutamente perfetto. Guareschi mi permise di innamorarmi di Parma, del fiume, della nebbia, del caldo insopportabile, del freddo porco, della facciata del duomo, della sagoma del battistero che uscivano dalla nebbia a novembre, splendevano di luce a maggio sotto nuvole di rondini.
Don Camillo che parlava col Cristo crocefisso è uno dei personaggi più struggenti della cinematografia mondiale.

FANTOZZI
La figura simmetrica a Guareschi è Villaggio.
Il primo cattolico il secondo ateo, entrambi con uno spettacolare senso dell'umorismo e un'incredibile capacità di analisi antropologica. Sia Guareschi sia Villaggio hanno modificato il linguaggio. Don e Fantozzi sono diventati archetipi. Guareschi descrive un mondo fatto di uomini, donne, sole infuocato e freddo porco, zanzare, filari e vacche. Era un mondo fatto di fatica (tanta), sudore, dolore (tanto) e gioie, poche ma totali. La guerra, il campo, il mitra, il bambino, e, su tutto, il suono delle campane che aleggia sulle acque del l'inondazione come lo Spirito di Dio ha aleggiato su quelle della Genesi. Un mondo condannato a morte che morirà ucciso dalla televisione e dai centri commerciali, con l'ultimo colpo di grazia dato dalla UE con le quote latte.
Il mondo di Fantozzi è un mondo senza vita fatto di vuoto e snobismo, senza caldo porco, freddo, zanzare, vacche e senza le campane. Fantozzi non ama nessuno, nemmeno la figlia. Ha 13 mensilità, una pensione, una casa, una moglie che incredibilmente gli vuole bene, una figlia sana in grado di respirare, e tutto finisce nel marcio livido del rancore e dello scontento.
Facciamo di nuovo suonare le nostre campane.
È l'unica cosa che può salvarci.

Nota di BastaBugie: nel seguente articolo si scopre chi era veramente Paolo Villaggio.

MORTO PAOLO VILLAGGIO, UN ATEO SOLITARIO E DISPERATO
Il ragionier Fantozzi nella vita reale non era amato dai figli e invidiava l'amico Monicelli perché si era suicidato
di Elisabetta Broli
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4757

Fonte: Blog di Silvana De Mari, 04/08/2017

3 - 10 MOTIVI PER FAR GIOCARE I BAMBINI A SCACCHI
Un gioco antichissimo che sviluppa le capacità logiche, aumenta la concentrazione, sviluppa la memoria, ecc.
Autore: Maria Cristina Renis - Fonte: Nostro Figlio, 2 Marzo 2015

In Spagna diventeranno presto materia obbligatoria a scuola, ma in Germania, Francia e Gran Bretagna lo sono già da alcuni anni. Stiamo parlando degli scacchi, un gioco antichissimo, pare di origine persiana, che sviluppa l'intelligenza, allena la mente e migliora il rendimento scolastico: che, secondo studi realizzati in Germania, aumenta in media fino al 17 per cento. Non solo. Gli scacchi contribuiscono a prevenire l'invecchiamento cerebrale e quindi a frenare lo sviluppo di malattie come l'Alzheimer. In più, avrebbe anche un impiego proficuo nel trattamento di bambini iperattivi, con autismo, sindrome di Asperger, superdotati, con sindrome di Down e anche nella riabilitazione dei tossicodipendenti. Insomma, un gioco toccasana per la mente.
E in Italia? Per saperne di più ne abbiamo parlato con Renzo Rizzardi, Istruttore di scacchi ed Educatore del Collegio "Setti Carraro" di Milano, dove da più di un decennio sono attivi corsi del "nobile gioco" come materia integrativa o extracurricolare a partire dalla seconda elementare e fino alla terza media.
In Italia nel 2008 c'è stato un protocollo tra il Ministero dell'Istruzione e la Federazione Scacchistica per introdurre gli scacchi come materia scolastica, appoggiato da una risoluzione del 2013 che impegna il nostro governo a promuovere gli scacchi a scuola e a destinare risorse a favore degli istituti che aderiscono a tale programma. Ma attualmente siamo ancora in fase di attività facoltativa e collaterale allo studio. Ciononostante gli scacchi sono uno sport (si tratta infatti di una vera e propria disciplina sportiva riconosciuta dal Coni) molto utile nel percorso pedagogico, che aiuta il bambino di età scolare a raggiungere una serie di fondamentali obiettivi nello sviluppo della mente, della personalità e del comportamento sociale.
I benefici in termini pedagogici che derivano dalla pratica degli scacchi sono lo sviluppo di:

1. CAPACITÀ LOGICHE
Gli scacchi sono un gioco problem solving: si utilizzano infatti le proprie conoscenze per trovare e giustificare soluzioni a problemi reali. Una partita a scacchi può essere assimilata alla programmazione razionale di un progetto logico di cui bisogna mantenere il controllo nel corso del suo sviluppo con la necessità di verificarlo e modificarlo correttamente in dipendenza dell'analogo progetto logico dell'avversario.

2. CONCENTRAZIONE
Le capacità di concentrazione anche prolungata, di pensare ogni decisione (nel gioco, la mossa è irrevocabile), di valutare combinatamente i differenti parametri che determinano la posizione sulla scacchiera in ogni momento della partita cioè: il tempo, lo spazio, il materiale.
 
3. ACCETTAZIONE DELLE REGOLE
Il confronto avviene in condizioni di assoluta parità iniziale, esige per regolamento la massima correttezza, educa alla lealtà nell'agonismo. All'inizio e al termine della partita i giocatori si scambiano la mano come antico gesto cavalleresco.

4. AUTOSTIMA
La capacità di ricercare con calma, con determinazione, con fiducia nelle proprie risorse intellettive la soluzione delle difficoltà, filtrando rigorosamente diverse ipotesi razionali per scegliere la più valida, rifiutando risposte affrettate e superficiali: negli scacchi può giovare la fantasia disciplinata, ma non l'improvvisazione.

5. SENSO DI RESPONSABILITÀ
Ogni mossa è una decisione fondamentale nell'economia della partita, perciò gli scacchi sviluppano la capacità di prendere decisioni, spesso sotto pressione, e di assumersene la responsabilità.

6. AUTOCONTROLLO
Stando seduti concentrati per parecchio tempo è necessario non solo attuare un controllo sul proprio corpo (postura, mani e voce), ma anche stabilire un equilibrio emozionale imparando a gestire al meglio l'ansia.

7. PAZIENZA
In una partita a scacchi la pazienza è indispensabile per la riflessione e la rielaborazione di concetti, in particolare quello che le proprie azioni provocano conseguenze non recuperabili. La pazienza serve anche a migliorare la forza di volontà, perché a volte bisogna cercare la miglior soluzione per parecchio tempo in posizioni difficili o inconsuete.

8. MEMORIA
Negli scacchi è molto utile ricordarsi il più possibile delle varie mosse e delle precedenti situazioni sulla scacchiera per non dover rigiocare da zero ogni volta. In questo modo si migliora la memoria in situazioni via via più complesse, ma si aumenta anche l'elasticità mentale e la capacità di calcolo astratto.

9. COORDINAZIONE
Poiché ogni pezzo si muove in modo diverso sulla scacchiera, gli scacchi consentono di raggiungere anche una sicura abilità spaziale e una coordinazione oculo-motoria. Non a caso il cavallo, l'unico pezzo con un movimento non lineare e che può "saltare" gli altri pezzi, è quello più difficile da utilizzare.

10. CREATIVITÀ
Il giocatore deve trovare continuamente nuove idee per difendersi o attaccare. Ma deve anche sviluppare capacità intuitive per prevedere le mosse dell'avversario. [...]

Fonte: Nostro Figlio, 2 Marzo 2015

4 - CHESTERTON E L'IMPORTANZA DELLA FILOSOFIA (MEDIEVALE)
L'uomo non ha alternativa: o si lascia influenzare da un pensiero meditato a fondo, o da uno che non lo è stato
Autore: Fabio Trevisan - Fonte: Riscossa Cristiana, 1° novembre 2017

Nella raccolta di saggi "L'uomo comune", Gilbert Keith Chesterton auspicava il rifiorire di un'autentica filosofia: "La motivazione migliore che giustifica la rifioritura della filosofia è che, se l'uomo non ne ha una, gli capiteranno cose orribili". A distanza di un secolo anche noi possiamo tristemente verificare la lungimiranza di queste considerazioni e amaramente constatare come siamo immersi nell'incapacità di pensare, tipica dell'uomo moderno e post-moderno, in contrapposizione all'uomo medievale, esattamente come pensava Chesterton: "Le relazioni politiche e sociali sono di gran lunga più complicate di qualsiasi pagina di metafisica medievale, con la sola differenza che l'uomo del Medioevo sapeva come sbrogliare la matassa e seguire il filo logico delle complicazioni, mentre i moderni non lo sanno fare".

IL MEDIOEVO E LA FIORITURA DELLA RAGIONE
Il grande scrittore londinese sapeva e credeva che il Medioevo, contro la vulgata corrente, era stata un'epoca di fioritura della ragione, al contrario di quella moderna che, soprattutto con l'eretico Lutero, aveva inaugurato il terribile ingresso della suggestione. Pertanto, contro il modernismo, reputava che il mondo avesse bisogno di ciò di cui si era volgarmente sbarazzato, ossia dell'indispensabilità della metafisica: "Ciò di cui abbiamo bisogno, e gli antichi lo avevano capito, non è di un politico che sia un uomo d'affari, bensì di un re che sia un filosofo". Chesterton desiderava che si ritornasse a coltivare la ragione agganciata al senso comune, contro il pragmatismo avvilente della modernità che aveva abbandonato la fatica del pensare, condensato nello squallido slogan: "Fatti, non parole".
Contro la banalità opprimente di questi facili cortocircuiti del pensiero, Chesterton affermava: "Si tratta di semplici surrogati del pensiero. Ciò significa che, chi si rifiuta di avere una sua filosofia, non godrà nemmeno dei vantaggi della bestia bruta, lasciata ai suoi istinti. Avrà soltanto i logori avanzi della filosofia di qualcun altro…L'idea di essere "pratici" è tutto ciò che resta di un pragmatismo che non può stare in piedi. E' impossibile essere pratici senza un "pragma". L'allusione all'importanza del dogma e della dottrina era testimoniata in tante altre sue opere, ma Chesterton si preoccupava, da buon medievalista qual era, di dedurre le conseguenze drammatiche di tanta confusione moderna.

FATTI, NON PAROLE
Ad esempio, l'espressione "fatti, non parole" aveva come corollario "parole, non pensieri" ed infatti constatava (e possiamo appurarne anche noi la plausibilità) il diluvio di parole futili, senza significato, fatto da uomini rozzi e inconsapevoli, il cui desiderio di verità era stato mortificato o banalizzato. La spinta alla confusione moderna era derivata anche dall'assecondare un desiderio un po' presuntuoso e superficiale di progredire, o di seguire la direzione presa dal mondo: "Se non riesce a fare ordine nella propria testa, men che meno ci riuscirà nell'estrema complessità della sua comunità o civiltà".
Chesterton si interrogava su come avesse fatto una civiltà cristiana a complicarsi tanto, anche se era del tutto consapevole che queste sue riflessioni sarebbero state accolte con sdegno: "Si ribatterà con tono aspro che non è questo il momento per le assurdità e i paradossi e che serve davvero un uomo pratico che prenda in mano la situazione e rimedi alla confusione". Era però altrettanto consapevole che questo "uomo pratico", sganciato dalla tradizione, avrebbe lasciato la confusione ancor più disorientante: "Per qualche strana ragione si usa dire, in riferimento a questi individui "pratici", che "sanno ciò che vogliono". Ovviamente è proprio questo ciò che non sanno". Chesterton intendeva dimostrare che non sanno il perché lo vogliono e che ci si sarebbe dovuto interrogare sul come e i perché, attraverso un pensiero masticato a lungo: "L'uomo non ha alternativa: o si lascia influenzare da un pensiero che è stato meditato a fondo, o da uno che non lo è stato".
Reputo necessario che si ritorni a considerare la portata del pensiero chestertoniano per comprendere quanto la separazione tra dottrina e prassi, tra pensiero e azione abbia costituito l'anticamera della confusione e del disorientamento che stiamo drammaticamente vivendo.

Fonte: Riscossa Cristiana, 1° novembre 2017

5 - DEVI ASSISTERE IL TUO CANE MALATO? ECCO IL PERMESSO RETRIBUITO PER... MOTIVI ''FAMILIARI''!
Se trattiamo l'animale come l'uomo è logico che finiremo per trattare l'uomo da animale
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30/10/2017

Vita da cani? Magari, verrebbe da dire a leggere questa storia. Una impiegata dell'amministrazione dell'Università La Sapienza ha ottenuto un permesso retribuito "per gravi motivi personali e familiari" per assistere il proprio cane malato. Il quadrupede infatti aveva una paralisi alla laringe e necessitava di un intervento chirurgico. Dato che la donna è single, nessuno a suo posto avrebbe potuto assistere il cane durante l'operazione e per la successiva convalescenza. Risultato: due giorni a casa a spese dei contribuenti.
All'inizio l'Università ha negato la richiesta alla dipendente e allora questa si è rivolta alla Lega antivivisezione che ha dipinto subito uno scenario a tinte fosche: munendosi di precedenti giurisprudenziali ha provato che la donna, se non si fosse presa cura del quadrupede, sarebbe stata incriminata per maltrattamento e abbandono di animale. La Sapienza ha ceduto non per timore delle manette. La responsabilità penale è infatti personale, non di certo del datore di lavoro. In altre parole, anche se l'università non avesse concesso il permesso, i guai con la giustizia li avrebbe avuti la donna, non l'ateneo romano.

DUE MOTIVI TRA LORO CONNESSI
Ha ceduto molto probabilmente per due motivi tra loro connessi.
Il primo: una condotta omissiva che configura reato rappresenta certamente un grave motivo personale. C'è però da aggiungere che la proprietaria assai difficilmente si sarebbe resa colpevole di quei reati, dato che aveva portato in cura l'animale più volte e lo stesso poteva essere lasciato nelle mani sicure del veterinario per l'intervento. Un secondo motivo per cui La Sapienza ha concesso il permesso è da individuarsi molto probabilmente nella volontà di non finire nell'occhio del ciclone mediatico. Passare per nemici degli animali è un attimo oggigiorno. Ora l'Università ha accordato il permesso per motivi personali, non familiari. Sta alla discrezione del datore di lavoro ovviamente concedere tali permessi. Che poi i motivi fossero "gravi" è assai sindacabile. Comunque la donna avrebbe potuto usufruire delle ferie per stare vicino al cane, opzione che la padrona di Fido ha rifiutato di netto.
Fin qui, volendo non ci sarebbe notizia alcuna. Il fatto invece che merita attenzione riguarda come la LAV in prima battuta e poi i media hanno cucinato la vicenda: la donna ha chiesto un permesso familiare per assistere il cane malato. Ma così non è stato. Infatti il permesso riguardava motivi personali. Il caso è quindi servito per lanciare un messaggio chiaro: gli animali domestici fanno parte del nucleo familiare. I tuoi parenti possono avere anche il pelo, le piume e le squame. La donna intervistata dai giornali e dalla trasmissione Porta a Porta ha infatti affermato che il cane è uno di famiglia. In modo analogo Gianluca Felicetti, presidente LAV che ha fornito supporto legale alla signora, ha spiegato che "ora, con le dovute certificazioni medico-veterinarie, chi si troverà nella stessa situazione potrà citare questo importante precedente un altro significativo passo in avanti che prende atto di come gli animali non tenuti a fini di lucro o di produzione sono a tutti gli effetti componenti della famiglia, è un altro passo avanti verso un'organica riforma del Codice Civile".

EQUIPARARE GLI ANIMALI AGLI ESSERI UMANI
Sostenere che cani, gatti, pesci, criceti e canarini sono membri della famiglia è l'anticamera per equiparare gli animali agli esseri umani, qualificando così i primi come persone. Nelle università è da anni che si svolgono convegni sugli inesistenti diritti degli animali, che si organizzano tavole rotonde sugli esseri animali non umani, espressione che vuole ricordare agli irriducibili non darwinisti che l'essere umano è solo una delle tante specie animali che popolano la Terra al pari del paguro e dello scarabeo stercorario.
Ora l'etica potremmo definirla come un sistema chiuso necessariamente autocompensativo: se togli importanza ad un elemento del sistema un altro deve compensare, acquistando quel valore sottratto al primo elemento. E così se oggi tratti da animale l'uomo - uccidendolo nel ventre materno con l'aborto o su un letto di ospedale con l'eutanasia o fabbricandolo in provetta con tecniche che vengono dalla zootecnia o usandolo come cavia quando è ancora embrione - è naturale che domani si tratterà l'animale come l'uomo, considerandolo alla stregua di un figlio e a breve riconoscendogli soggettività giuridica. E' una legge di compensazione ineludibile che ci ricorda che l'animale mai potrà essere persona, ma che l'uomo a volte può comportarsi da bestia.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30/10/2017

6 - LA MISERICORDIA DI DIO NON DEVE DIVENTARE UN PRETESTO PER CONTINUARE A PECCARE
Con l'aiuto della Grazia di Dio non è impossibile osservare i dieci comandamenti perché l'uomo è normalmente capace di intendere e di volere
Autore: Silvio Brachetta - Fonte: Vita Nuova Trieste, 31.10.17

Si sta trascinando, da diverso tempo, un malinteso evidente sull'opera di Dio e sulla missione della Chiesa. Si tratta di questo: è vero che per avere il peccato mortale ci vuole la materia grave, la piena avvertenza (ragione) e il deliberato consenso (volontà), ma non è affatto vero che ragione e volontà siano danneggiate a tal punto dal peccato originale, da rendere impossibile l'osservanza del Decalogo. In altre parole, nella maggior parte dei casi, un fedele ha sempre integre ragione e volontà. O, almeno, non corrotte al punto da non potere, con l'aiuto della grazia, evitare il peccato mortale.

NON UN PRETESTO PER CONTINUARE A PECCARE
A questo proposito, il Dottore della Chiesa Sant'Alfonso Maria de' Liguori, nel suo libro Regole di spirito scrive che, «col divino aiuto, ben può ciascuno sfuggire qualunque colpa deliberata, cioè commessa con piena avvertenza e consenso». E aggiunge: «e così han fatto i santi». Non è lecito a nessuno trasformare la sovrabbondanza di misericordia di Dio nel pretesto per continuare a peccare, soprattutto dopo l'ammonimento che il fedele (chierico o laico) è tenuto a dare al fratello peccatore.
L'opera di Dio e la missione della Chiesa è - com'è noto - la restaurazione della natura umana ferita dal peccato originale, per cui l'uomo possa salvarsi e conoscere la verità. Così, infatti, San Paolo descrive la volontà divina: Dio vuole che «tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità» (1Tim 2, 4). Non ha significato, dunque, in presenza della materia grave, aspettare che il peccatore giunga, dopo breve o lungo tempo, alla piena avvertenza del male e alla revoca conseguente del proprio consenso. La Chiesa, infatti, esiste per avvertire immediatamente del pericolo di dannazione e non solo per attendere il discernimento futuro del peccatore.
La dottrina sulla piena avvertenza e sul deliberato consenso è un'ancora di salvezza a posteriori - e su questo poggia il malinteso - non una condizione da accettare a priori, di cui la Chiesa dovrebbe solo prendere atto. L'opera di Dio, cioè, poggia fiduciosa (Dio ha stima dell'uomo) sulla ragione e sulla volontà umane e, in quanto corrotte, sulla loro riparazione. L'opera di Dio non può essere quella di lasciare le facoltà umane corrotte o inutilizzabili. Se Dio dà una mano, questo non significa che all'uomo sia lecito prendersi tutto il braccio.

DOVE INIZIA IL PECCATO MORTALE
Quanto all'adulterio, ad esempio, la materia grave non comincia dal tradimento della propria moglie, ma da un semplice sguardo sconveniente: «chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore», dice Gesù in Mt 5, 28. È certamente vero che il peccato mortale si consuma solo se c'è l'avvertenza e il consenso, ma il penitente non è tale se non fugge subito la tentazione. Il penitente cioè non deve aspettare che gli venga svelato il mistero del sesso per fuggire dalla tentazione. È proprio la Chiesa che dovrebbe insistere su questo punto.
Ma oggi la Chiesa spesso non insiste, poiché sembra quasi persuasa che la maggior parte degli uomini sia affetta da ignoranza invincibile. Non è proprio così. San Tommaso d'Aquino, nella Summa, paragona l'ignoranza invincibile a quella di un pazzo o di un demente che, se fornicasse, non commetterebbe né peccato veniale, né mortale (I-II, q. 88, a. 6). Se però - dice il Dottore - «l'ignoranza non è invincibile, allora essa stessa è un peccato e implica una mancanza di amore verso Dio». Il credente, infatti, è tenuto a «imparare le cose atte a conservarlo nell'amicizia di Dio».
Non è invece tenuto a temporeggiare, come pure la Chiesa non è stata istituita per l'inerzia, ma per la predicazione attiva della verità.

Fonte: Vita Nuova Trieste, 31.10.17

7 - RISCALDAMENTO GLOBALE: VERITA' SCIENTIFICA O BUFALA?
Il catastrofismo ambientalista è contro l'uomo, considerato il cancro del pianeta, anziché il vertice del creato (VIDEO: le fake news degli ambientalisti)
Fonte Tradizione Famiglia Proprietà, ottobre 2017 (n.75)

Gli scienziati australiani John Abbot e Jennifer Marohasy hanno pubblicato su Geo-ResJ i risultati di un'approfondita analisi dei dati climatici degli ultimi venti secoli in varie regioni geografiche: «The application of machine learning for evaluating anthropogenic versus natural climate change».
L'équipe scientifica coordinata da Abbot e Marohasy ha esaminato i segni lasciati dai cambiamenti climatici negli anelli di crescita degli alberi, nel polline, nei sedimenti dei laghi, nelle stalagmiti e via dicendo, misurando quindi le tendenze della temperatura globale prima della comparsa dei termometri.
Le prove raccolte suggeriscono che il Pianeta è oggi appena un grado più caldo rispetto al picco di temperatura registrato durante il periodo caldo medievale (MWP, nella sigla inglese). Gli autori concludono, perciò, che non vi è nulla di innaturale o senza precedenti nel cosiddetto "cambiamento climatico" della fine del XX secolo e l'inizio del XXI.
I risultati contraddicono le affermazioni allarmistiche degli scienziati riuniti Intergovernmental Panel on Climate Change - IPCC, organo politico delle Nazioni Unite, secondo cui è in corso un "pericoloso riscaldamento globale causato dall'uomo". Questo studio mostra, invece, che i cambiamenti in corso sono nella norma storica.
Un tipico esempio di oscillazione naturale è la sequenza che va dal periodo caldo medievale (MWP), con un picco intorno al 1200, alla piccola era glaciale (LIA, in inglese), con un picco intorno al 1650, all'attuale riscaldamento, il cui picco è stato identificato nel 1980.
In Inghilterra, il periodo caldo medievale favorì grandi raccolti e un arricchimento generale, mentre la piccola era glaciale produsse carestie che portarono alla morte di 75 mila persone.
Lo studio mostra, per esempio, che un eventuale raddoppiamento di CO2 nell'atmosfera, aumenterebbe la temperatura globale di solo 0,6°.
Confermando le posizioni degli scienziati "scettici", lo studio costituisce invece un appello a quegli "allarmisti" affinché non escludano ideologicamente certi dati scientifici. E' scandaloso, per esempio, che i grafici ufficiali utilizzati per redigere l'Accordo di Parigi sul clima abbiano omesso di menzionare i cicli storici, attribuendoli a un "pensiero scorretto", senza entrare nel merito scientifico.

Nota di BastaBugie: nel seguente video della durata di tre minuti Riccardo Cascioli, direttore de La nuova Bussola Quotidiana parla del catastrofismo ambientalista contro l'uomo


https://www.youtube.com/watch?v=GY_k5iGW82U

Fonte: Tradizione Famiglia Proprietà, ottobre 2017 (n.75)

8 - TUTTO QUELLO CHE CI HANNO NASCOSTO SUI GAY
Molti dati non vengono divulgati, come ad esempio che il 99,7% dei casi di violenza su omosessuali viene commessa da altri omosessuali
Autore: Brian Clowes - Fonte: Notizie ProVita, maggio 2015

«Love is love»? Ma di quale amore stiamo parlando?
Quando gli omosessualisti parlano di adozione, immancabilmente parlano del loro bisogno, del loro desiderio, del loro "diritto" ad adottare. Ignorano i diritti e il benessere dei bambini: e se gli adulti trattano i ragazzini come meri accessori, finisce sempre che i bambini soffrono.
Il diritto dei bambini a un padre e una madre è un vero diritto, un interesse protetto dalla legge. L'interesse degli adulti ad avere un bambino è un desiderio legittimo, ma non un diritto.
Ci sono centinaia di studi sugli effetti della genitorialità omosessuale sui bambini. Quelli che dicono che non c'è differenza o che anzi i bambini crescono meglio con due mamme o due papà, sono condotti su pochi intervistati, tutti volontari presi tra gli attivisti LGBT, e ignorano le regole basilari della scienza statistica.
I soli studi che sono stati condotti con criteri scientifici rigorosi hanno mostrato che la genitorialità omosessuale confonde - se non danneggia - la psiche dei ragazzini.
Tra l'altro è provato che i figli cresciuti con genitori omosessuali sono tre o quattro volte più propensi a diventare essi stessi omosessuali o bisessuali, da grandi.

I BAMBINI HANNO BISOGNO DI UN PADRE E UNA MADRE UNITI STABILMENTE IN MATRIMONIO
Questo - oltre a dimostrare che nelle famiglie omoparentali i bambini crescono sessualmente confusi - significa che lo slogan «Si nasce così» è bugiardo: se si nascesse così la percentuale di omosessuali tra figli di coppie etero e figli di coppie omo sarebbe uguale.
Insomma, i bambini hanno bisogno di un padre e una madre uniti stabilmente in matrimonio. La differenza e complementarietà di una madre e un padre sono necessari alla crescita psicologica, fisica, sociale del bambino. Due madri possono essere ottime madri, ma non saranno mai un padre (e viceversa): non basta l'amore. I bambini hanno bisogno di molto di più. Di ciò che predispone la natura, da sempre, per i cuccioli d'uomo: un padre e una madre.
Statisticamente poi è dimostrato che le relazioni omosessuali sono più violente di quelle normali. Nelle relazioni omosessuali c'è maggior tendenza all'abuso di alcol, all'uso di droga, alla depressione e al suicidio. È chiaro che tutto questo può manifestarsi anche in famiglie normali, ma nelle famiglie omo avviene più facilmente. Nelle famiglie normali i bambini "ci nascono", nelle famiglie omo i bambini "ce li mettiamo" deliberatamente, esponendoli scientemente a un maggior rischio.
C'è anche chi cerca di normalizzare il "matrimonio" gay sostenendo che esso è stabile e monogamico come quello etero.
Costoro mentono sapendo di mentire, perché è sempre stato un vanto degli omosessualisti l'essere liberi da schemi e costrizioni e quindi intrattenere rapporti promiscui. Solo negli ultimi tempi, proprio nel contesto del dibattito sulla legalizzazione del matrimo- nio gay, hanno imparato a essere più prudenti.

I "MATRIMONI" GAY DURANO IN MEDIA 18 MESI
Comunque le statistiche olandesi (paese "libero" e gay friendly) dicono che in media i "matrimoni" gay durano 18 mesi. In questo breve lasso di tempo, in media, la coppia ha circa 8 relazioni "adulterine". Nelle coppie olandesi eterosessuali il 70 - 80% dei coniugi dichiara di essere fedele e di credere nella fedeltà, mentre tra gli omosessuali solo il 5% esprime le stesse convinzioni.
Un altro studio ha rilevato che TUTTI gli intervistati, che hanno intrattenuto un rapporto di convivenza durato più di 5 anni, hanno dichiarato che nei "patti" la coppia era "libera": la fedeltà è intesa solo dal punto di vista affettivo, dal punto di vista dei rapporti sessuali no (bel contesto in cui far crescere dei bambini...).
Altrove si è calcolato che in media un omosessuale anziano ha avuto nella vita da 100 a 500 amanti. Un 10% degli intervistati si vanta di essere arrivato a 1.000.
A proposito della violenza, c'è da dire che - in barba ai piagnistei diffusi e bugiardi sull'omofobia e la violenza omofobica che mieterebbe vittime innumerevoli - i dati statistici dimostrano che nella stragrande maggioranza dei casi di violenza in cui è vittima un omosessuale, l'autore della violenza è un altro omosessuale. La cosa - fino a qualche anno fa - era riconosciuta come un problema dalla stessa comunità gay.
David Island e Patrick Letellier, due attivisti gay, hanno scritto un libro intitolato Men Who Beat the Men Who Love Them (Uomini che picchiano uomini che li amano). Dalle loro ricerche si desume che il 99,7% dei casi di violenza su omosessuali è stata commessa da altri omosessuali: le lesbiche subiscono 44 volte di più delle donne sposate, i gay 300 volte di più.
Allora, forse, non è vero che «love is love» e che l'amore è tutto uguale. E non è vero che l'amore gay - che sarebbe uguale all'amore etero - per il principio di uguaglianza merita uguale trattamento legale. Non è vero che la legge debba essere "uguale per tutti". Essa deve trattare in modo uguale i casi uguali, ma in modo diverso i casi diversi: questa è l'uguaglianza sostanziale, quella che fa vera democrazia, quella che va a beneficio di tutta la società.
Sarebbe come dire che "tutti" hanno diritto alla patente, e che tutti quelli che hanno la patente hanno diritto di guidare, anche se ubriachi, anche se ipovedenti. Sarebbe pretendere che tutti hanno diritto a essere tutto (poliziotti, ballerine, cantanti, ingegneri, giocatori di basket) a prescindere dalle qualità psico-fisiche di ciascuno.

È LA NATURA CHE DISCRIMINA
È indispensabile che la legge (la società) selezioni ciò che già la natura ha discriminato. Quindi è socialmente indispensabile che la legge "discrimini" le persone in base alle loro attitudini e capacità di soddisfare i requisiti necessari a ricoprire un certo ruolo sociale, che richiede certe competenze e certe prestazioni.
Gli omosessuali non sono esclusi dal matrimonio più degli eterosessuali a cui è vietato sposare più persone o sposare parenti stretti (ancora...). E che un rapporto omosessuale non sia procreativo, quindi manchi del presupposto fondamentale del matrimonio, è biologia non bigottismo. E' scienza, non teologia. Negare ai gay il matrimonio è come negare ai padri il diritto di allattare al seno i figli: è la natura che glielo nega, non la legge. La natura è ingiusta? Allora sbarazziamoci della natura. Ed è proprio questo che l'ideologia gender, che sottende l'omosessualismo, cerca di fare. Non è vero quindi che tutti gli amori sono uguali. Quelli eterosessuali sono naturalmente atti a perpetuare la specie umana, quelli omosessuali no. E' la lussuria che può essere simile, nei rapporti omo o etero. E non bisogna confondere la lussuria con l'amore, cose che invece vengono ormai equiparate generalmente e diffusamente da qualche decina d'anni in qua. L'amore vero non è violento, è una promessa razionale esclusiva e per sempre. E' oblativo.
La lussuria è desiderare per sé e per il proprio piacere e ottenerlo usando l'altro (e il proprio corpo) immediatamente e direttamente: l'amore è allocentrico, la lussuria è egocentrica.
Due uomini o due donne non possono sposarsi, perché non sono "qualificati" per procreare. Esattamente come il cieco che non può avere la patente, perché non è qualificato per guidare.
E l'infertilità di una coppia gay non ha niente a che vedere con l'infertilità di una coppia normale: questa è accidentale, eccezionale, quella è necessaria, totale. Non ha neanche senso parlare di infertilità, a proposito di una coppia gay: sarebbe come definire infertili delle pietre. Un non senso. Perché neanche astrattamente due pietre possono riprodursi. Così due persone dello stesso sesso.

Fonte: Notizie ProVita, maggio 2015

9 - OMELIA XXXIII DOM. T. ORD. - ANNO A (Mt 25,14-30)
Il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 19 novembre 2017)

La parabola dei talenti ci presenta due categorie di cristiani: quella di tutti coloro che, con diligenza, fanno fruttare ciò che hanno ricevuto dal Signore; e quella composta da coloro che, invece, non pongono alcun impegno e vanificano tutte quelle belle qualità che Dio aveva loro dato. Ad ognuno di noi Dio ha dato delle grazie, delle capacità, o, per adoperare le parole del Vangelo, dei talenti, che devono essere utilizzati per la gloria di Dio, per la propria santificazione, e per il bene del prossimo.
Ciò che Dio vuole vedere in noi è l'impegno, la buona volontà, non tanto la riuscita. Spetterà poi a Lui premiare i nostri sforzi e le nostre iniziative con un buon risultato. Se manca l'impegno nostro, non possiamo presumere di avere l'aiuto di Dio; se, al contrario, abbiamo riposto ogni impegno e, malgrado ciò, i risultati sono scarsi, possiamo restare tranquilli in coscienza: abbiamo fatto ciò che potevamo.
Nessuno può addormentarsi e rimanere ozioso; tutti devono lavorare nella vigna del Signore, secondo i talenti ricevuti. Tocca a noi scuoterci dal nostro torpore e prendere coscienza di tutte le possibilità di cui Dio ci ha arricchiti per contribuire al bene. Se faremo così, un giorno ci sentiremo dire dal nostro Signore: «Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone» (Mt 25,21). Se, al contrario, ci faremo prendere dalla negligenza e "nasconderemo il nostro talento sottoterra" (cf Mt 25,25) come quel «servo malvagio e pigro» (Mt 25,26) di cui parla il Vangelo, saremo gettati fuori, ove «sarà pianto e stridore di denti» (Mt 25,30). Queste parole ci fanno comprendere la gravità di alcuni peccati a cui raramente si pensa, la gravità dei peccati di omissione. Non siamo manchevoli davanti a Dio solamente per il male che facciamo, ma anche per il bene che trascuriamo di compiere. All'inizio della Messa, abbiamo detto di aver molto peccato in pensieri, parole, opere ed omissioni. Lo diciamo ogni domenica, ma ci pensiamo poche volte. Il Vangelo di oggi ci serva di stimolo per rivedere la nostra vita e per mettere ogni impegno nel compiere il bene.
Quasi sicuramente, è molto più grande il bene che non abbiamo compiuto, piuttosto che il male commesso. E, anche quando compiamo il bene, la nostra diligenza lascia molto a desiderare. Tante volte viene da dire che i figli delle tenebre pongono ogni impegno nel compiere il male, mentre noi, che vogliamo servire il Signore, ci accontentiamo di mezze misure. Se li imitassimo nel loro impegno, quanto grande sarebbe il bene che riusciremmo a compiere, quanto grande sarebbe la gloria che riusciremmo a dare a Dio, e quanto maggiore sarebbe il bene che riusciremmo ad arrecare al prossimo!
San Paolo, nella seconda lettura, esorta i cristiani ad essere vigilanti perché «il giorno del Signore verrà come un ladro di notte» (1Ts 5,2). I «figli della luce» (1Ts 5,5) – così li chiama san Paolo – devono rimanere desti e non devono farsi trovare impreparati. Soprattutto, i cristiani non devono farsi trovare addormentati nel sonno della pigrizia. L'Apostolo delle genti dice infatti: «Noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri» (1Ts 5,6). Dobbiamo essere trovati desti nella preghiera e nel compimento delle opere buone. Un esempio molto bello di questa santa operosità ci è offerto dalla prima lettura di oggi. L'autore del libro dei Proverbi elogia la donna saggia che mette Dio al primo posto nella sua vita e che riempie le sue giornate di tante opere buone: «Illusorio è il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare. Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani e le sue opere la lodino alle porte della città» (Prv 31,30-31). Questa lettura elogia le opere buone di questa donna. Ella dà al suo sposo «felicità e non dispiaceri per tutti i giorni della sua vita» (Prv 31,12); ella lavora nella sua casa e «stende la mano al povero» (Prv 31,20); lo scrittore sacro afferma che «ben superiore alle perle è il suo valore» (Prv 31,10).
Le parole che abbiamo meditato ci fanno comprendere che un cristiano vale per l'amore che porta a Dio e al prossimo, e non di più. Il mondo segue le vanità e ricerca solo i piaceri; la Parola di Dio ci insegna invece il valore supremo che è quello della carità.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 19 novembre 2017)

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