BastaBugie n�123 del 15 gennaio 2010

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1 TRANSESSUALE FA RIMA CON NORMALE?
Ecco la battaglia culturale in Italia (prima di non finire come l'Inghilterra...)
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: Cultura Cattolica
2 UNA STRATEGIA EFFICACE: ECCO COME L'ISLAM CANCELLA LA PRESENZA DEI CRISTIANI

Autore: Andrea Morig - Fonte: Libero
3 UNA LESBICA SARA' VESCOVO A LOS ANGELES
Protestanti anglicani sempre piu' nel caos
Fonte: CorSera
4 SENTE E CAPISCE DOPO 23 ANNI DI INCOSCIENZA
Urlavo senza che nessuno potesse sentire
Fonte: Corrispondenza Romana
5 NO ALL'ECOCENTRISMO E AL BIOCENTRISMO
L'uomo è il centro del creato
Autore: Benedetto XVI - Fonte: Vatican.va
6 CHI STA DIETRO AL BUSINESS DEI PRESERVATIVI E PERCHE' SONO ORMAI UN DOGMA INTOCCABILE?

Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Antidoti
7 MORTO UN VESCOVO CATTOLICO IN CINA
In prigione 30 anni perche' fedele al Papa
Autore: Zhen Yuan - Fonte: AsiaNews
8 DOVE STA ANDANDO L'ECONOMIA?
Ecco perche' non e' da escludere lo spettro dell’iperinflazione...
Autore: Maurizio d'Orlando - Fonte: AsiaNews
9 OMELIA PER LA SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELL'EPIFANIA DEL SIGNORE

Autore: Benedetto XVI - Fonte: Vatican.va

1 - TRANSESSUALE FA RIMA CON NORMALE?
Ecco la battaglia culturale in Italia (prima di non finire come l'Inghilterra...)
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: Cultura Cattolica, 31 dicembre 2009

Sebbene qualcuno tenti di negarlo, è in atto nel nostro Paese una vera e propria operazione culturale per rendere la transessualità un’altra normalissima categoria distintiva degli esseri umani. E’ il tentativo di creare una società aperta e civile in cui dovunque saranno presenti tre toilette per uomini, donne e transessuali.
Alcuni segnali in questo senso sono inequivocabili.
Un noto transessuale, Vladimir Luxuria, – già sdoganato nel mondo della politica –, partecipa ad un seguitissimo reality televisivo (“L’isola dei Famosi”) e, guarda caso, vince pure il premio in palio, grazie al televoto del pubblico. Un altro transessuale viene accolto nella casa virtuale del “Grande Fratello”, altra trasmissione nazionalpopolare. Così ai narcotizzati videodipendenti viene trasmesso un preciso messaggio culturale, non proprio subliminale e non limitato al mondo dello spettacolo e dell’entertainment. Persino seriose e paludate trasmissioni del servizio pubblico RAI vengono coinvolte nell’operazione. Tutti ricordiamo le recenti incursioni sullo schermo, per giorni e giorni dalla mattina alla sera, di transessuali di ogni provenienza – ma quasi tutti del medesimo antico mestiere –, persino in programmi di una certa levatura. Non è stata risparmiata neppure la “terza camera del parlamento” di Bruno Vespa, in cui l’ennesimo trans di turno si è ritagliato un ruolo debordante, con tanto di imbarazzanti dettagli circa il proprio costume “professionale”.
La questione diventa allarmante quando si passa dal tubo catodico al piano istituzionale.
Io che ho l’avventura di vivere nella regione Toscana, sono stato tra quei cittadini italiani che per primi hanno trovato un esplicito riferimento normativo alla transessualità.
Mi riferisco alla Legge regionale 15 novembre 2004, n. 63, ed in particolare all’art.2, terzo comma, il quale testualmente recita che «i transessuali e i “trans gender” sono destinatari di specifiche politiche regionali del lavoro, quali soggetti esposti al rischio di esclusione sociale di cui all’articolo 21, comma 2, lettera c), della l.r. 32/2002».
Non mi sono quindi meravigliato quando l’anno scorso sul sito ufficiale della Regione ho letto dell’iniziativa di «una card prepagata per transessuali e transgender».
L’annuncio recitava testualmente: «Scoprire che il proprio corpo appartiene a un sesso diverso da quello cui si sente di appartenere può creare pesanti difficoltà. Transessuali e transgender rischiano più di altri di perdere il lavoro o non trovare una nuova occupazione, soprattutto nella delicata fase di passaggio da un sesso all’altro. La Regione ha deciso di intervenire con una card che mette a disposizione di ciascuno 2.500 euro, da spendere in due anni: serviranno per attività formative da scegliere liberamente, con l’ausilio di tutor, secondo il proprio personale progetto». I transessuali come i maiali di Orwell: un po’ più uguali degli altri.
La Regione Toscana ha anche finanziato, ovviamente con soldi pubblici (e quindi anche miei), il primo consultorio transgenere che ha, fra i suoi obiettivi, quello della «tutela e affermazione dei diritti di quanti si riconoscono transessuali e transgender».
Meno che mai, quindi, mi sono meravigliato quando, il 21 novembre scorso, ho saputo del congresso formativo tenuto all’Ospedale Versilia di Lido di Camaiore dal titolo «Tra anima e corpo. Percorso attraverso l’identità di genere».
Scopo del congresso era quello di «approfondire il difficile percorso fisico e psichico che i transessuali devono affrontare per accettarsi ed essere accettati, in quanto la non corrispondenza tra sesso biologico e identità di genere può produrre gravi disagi e sofferenze costringendo i transessuali e i transgender a vivere la propria condizione esistenziale con molta difficoltà».
L’iniziativa era, ovviamente, patrocinata dalla Regione Toscana, dall’Ausl12 di Viareggio, dal Comune di Viareggio e dalla Provincia di Lucca. Al termine della kermesse è stato pure consegnato ai partecipanti iscritti un bell’attestato di partecipazione.
Per capire dove andremo a finire di questo passo, basta dare un’occhiata, come sempre, a quello che sta accadendo in Gran Bretagna.
Il ministero dell’istruzione, infatti, ha appena emanato delle linee guida che, con il pretesto di combattere odiose forme di bullismo, impongono ai bambini, fin dall’età di cinque anni, l’insegnamento sui «transsexual rights». Dietro tutto ciò, ovviamente, sta la potentissima lobby gay Stonewall.
Il ministero non è stato in grado di indicare quanti siano i ragazzi transgender (potenziali obiettivi di atti di bullismo da parte dei compagni) che frequentano le scuole, ma ha comunque giustificato l’iniziativa con l’esigenza culturale di prevenire forme di discriminazione nei confronti dei transessuali presenti in famiglia, tra gli amici e nel personale adulto della scuola.
In una dettagliata guida di 46 pagine, il ministero spiega come evitare e punire qualunque tipo di linguaggio o comportamento che possa comunque qualificarsi come «sexist, sexual or transphobic».
Si arriva persino ad incoraggiare gli istituti scolastici ad utilizzare tutta la vasta gamma di punizioni a loro disposizione contro i ragazzi che non si adeguino alla “guideline” ministeriale. Le sanzioni vanno dalla limitazione dell’orario di ricreazione alla restrizione in classe, dalla stretta sorveglianza fino alla sospensione ed espulsione. Nei confronti dei genitori che si rifiutassero di accettare tali sanzioni, potrà essere emesso un provvedimento giudiziario («civil court order») che li costringa a partecipare ad un corso rieducativo per un periodo superiore a tre mesi.
Finché avremo in Italia un ministro dell’Istruzione come Maria Stella Gelmini siamo sicuri che simili assurdità ci verranno risparmiate. Non sappiamo, invece, cosa potrebbe accadere con un governo di sinistra. Magari con un ministro del genere (indefinito) di Vladimir Luxuria. Probabilmente per quest’ultima affermazione, in Gran Bretagna, potrei essere accusato dalla polizia di “hate incident”. Beh, anche per questo sono contento di essere italiano.

Fonte: Cultura Cattolica, 31 dicembre 2009

2 - UNA STRATEGIA EFFICACE: ECCO COME L'ISLAM CANCELLA LA PRESENZA DEI CRISTIANI

Autore: Andrea Morig - Fonte: Libero, 10/10/09

C’è un sistema perfetto per annientare i cristiani e gli ebrei, senza lasciarne più traccia. Antico quanto basta per affermare che si tratta del metodo di sterminio più efficace, duraturo e sperimentato della storia. Quel meccanismo complesso si mette in moto gradualmente, a mano a mano che si applicano i princìpi della sharia, la legge coranica, e poco a poco soffoca le comunità non islamiche, riducendone inesorabilmente le dimensioni fino al nulla.
Si deve all’opera di Bat Ye’or, di cui esce ora in traduzione italiana un testo edito in francese nel 1991, Il declino della Cristianità sotto l’Islam. Dal jihad alla dhimmitudine (Lindau, pp. 576, euro 32), la descrizione storico-giuridica finora più accurata del processo di islamizzazione delle terre conquistate attraverso il jihad, la guerra santa.
Battaglie e imprese militari delle armate di Maometto e dei califfi suoi successori sono soltanto la premessa per dar vita a un’amministrazione in grado di mettere in ombra qualsiasi potenza colonizzatrice occidentale moderna.
PULIZIA ETNICA
Tutto ruota intorno al termine dhimmitudine, all’incirca traducibile con “apartheid” se quest’ultimo istituto giuridico non fosse che una pallida imitazione sudafricana della colossale operazione di pulizia etnica messa a punto dopo le invasioni dei musulmani nel Medio Oriente, in Africa, in Spagna e in Sicilia.
Dhimmi, letteralmente, significa “protetti”. Nella sostanza, indica le minoranze non islamiche appartenenti alle religioni del Libro, cioè i cristiani e gli ebrei, ai quali immediatamente dopo la loro sconfitta si applica un trattamento da cittadini di serie B.
Si inizia con un’imposizione fiscale discriminatoria che culmina nella jizya, un testatico dovuto dalla comunità degli “infedeli” ai nuovi dominatori. Sono questi ultimi a stabilire l’entità della somma, che rimane tale anche quando la popolazione assoggettata diminuisce numericamente. Così chi rimarrà fedele alla propria religione fatalmente vedrà aumentare la propria quota parte del tributo globale, fino a non poterne più sostenere l’onere. Anche per una ragione di mero calcolo economico, conviene convertirsi all’islam.
I musulmani, infatti, pagano individualmente la zakat, la tassa per il culto. Sono considerati cittadini di serie A. Ai dhimmi non è concessa nemmeno la proprietà fondiaria, ma soltanto la conservazione del possesso della terra, percepirne l’usufrutto ed ereditarla. Ma devono pagare il kharaj, l’imposta fondiaria. Perciò, quelli che un tempo erano imprenditori agricoli, si trasformano improvvisamente in lavoratori dipendenti, ai quali spetta mantenere le truppe d’invasione e rifornire le popolazioni arabe immigrate di cibo, vestiario e manufatti.
Il secondo ingranaggio, che scatta contemporaneamente, è la proibizione dell’apostasia. Si può abbandonare qualsiasi altra religione per convertirsi all’islam, ma il percorso inverso implica la morte. Ugualmente, a un “infedele” non è consentito contrarre matrimonio con una donna musulmana. Ovviamente, un musulmano può tranquillamente sposare (anzi è caldamente invitato a farlo) una donna di altra religione, poiché i figli saranno educati nella religione del padre, l’islam.
Va da sé che la manovra a tenaglia, così congegnata, ottiene lo scopo prefisso, cioè la scomparsa di tutto quanto testimonia l’esistenza di civiltà precedenti. Tutto dipende dall’intensità con cui si decide di azionare la leva del razzismo radicale. Ondate persecutorie, saccheggi sistematici e conversioni forzate si alternano con manifestazioni di tolleranza più o meno durature, sempre intese però a mantenere in vita le galline dalle uova d’oro, le comunità sottomesse che garantiscono il mantenimento gratuito ai dominatori musulmani, che a lavorare non ci pensano nemmeno.
LAVORI FORZATI
Perciò l’autrice, a cui si deve anche il termine “Eurabia”, descrive le dinamiche per le quali, quando abbisognava «l’esperienza dei cristiani in fatto di edilizia, arboricoltura e irrigazione - arti in cui i musulmani non eccellevano di certo, e che peraltro non praticavano - era opportuno farli insediare fra gli islamici per favorire lo sviluppo di quella città e indebolire gli infedeli». Un concetto di flessibilità, mobilità e delocalizzazione moderno, tanto quanto quello dei campi di lavoro organizzati dai nazionalsocialisti tedeschi e poi presi come esempio da comunisti russi e cinesi.
Senza l’opera di Bat Ye’or, che non fornisce soltanto un elenco freddo di date e avvenimenti, ma anche la cornice al cui interno si situano, molti episodi potrebbero apparire indipendenti. La realtà della dhimmitudine, al contrario, è il filo rosso, o meglio verde, che li collega, fino all’epoca contemporanea e ora minaccia l’Occidente dai ghetti dell’immigrazione musulmana. Le varie Dichiarazioni dei Diritti del Musulmano, scritte dai Paesi arabi in alternativa alla Carta dei Diritti dell’uomo approvata a Helsinki nel 1948, risalgono alla cultura della sharia tanto quanto la falsa tolleranza esercitata da 1.400 anni a questa parte dai governanti islamici.
Bat Ye'or, Il declino della cristianità sotto l’Islam. Dal jihad alla dhimmitudine, Ed. Lindau 2009, pp. 576, euro 32
Sconto su: http://www.theseuslibri.it

Fonte: Libero, 10/10/09

3 - UNA LESBICA SARA' VESCOVO A LOS ANGELES
Protestanti anglicani sempre piu' nel caos
Fonte CorSera, 7-12-2009

LOS ANGELES
Nuovo capitolo negli Stati Uniti sulla delicata questione del clero omosessuale. Dopo la nomina di Gene Robinson nel 2003 (che spaccò gli episcopali e favorì lo scisma di alcune congregazioni), una donna gay è stata scelta dalla Chiesa episcopale (il ramo americano della Chiesa anglicana) come vescovo della diocesi di Los Angeles, che conta 70mila fedeli ed è una delle più grandi degli States.
RELAZIONE CON UNA DONNA
La reverenda Mary Glasspool, 55 anni, di Baltimora, è la prima gay dichiarata a diventare vescovo dopo Robinson: nel corso della tradizionale convention annuale ha ottenuto 153 voti tra gli esponenti del clero e 203 voti dagli esponenti laici, ottenendo così la maggioranza dei suffragi. Ora la sua elezione dovrà ora essere convalidata dai vescovi delle 108 diocesi del Paese. Succede nell'incarico a un'altra donna, Diane Jardine Bruce: è la prima volta in 114 anni che questo accade. Figlia di un prete episcopale, la Glasspool indossa l'abito talare da 27 anni e da più di venti ha apertamente una relazione con una donna. Nella lista dei sei candidati, oltre a lei, c'era anche un altro sacerdote omosessuale.
RISCHIO SPACCATURA
Questo è stato possibile in quanto a luglio la Chiesa episcopale, che conta due milioni di fedeli, aveva revocato la moratoria sulla nomina di vescovi gay decisa dopo il caso Robinson, con un'importante apertura verso l'ala progressista. «Sono molto emozionata pensando al futuro di tutta la nostra Chiesa e vedo per la diocesi di Los Angeles un ruolo guida verso il futuro» ha dichiarato con grande ottimismo la Glasspool. Ma il rischio è che la sua elezione possa aggravare ulteriormente la spaccatura con i fedeli più conservatori. Intanto il primo attacco è arrivato dall'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, che si è detto preoccupato: «L'elezione apre questioni molto serie, non solo per la Chiesa episcopale e il suo posto nella comunità anglicana, ma per la comunità tutta» ha scritto in un comunicato pubblicato sul suo sito internet.

Fonte: CorSera, 7-12-2009

4 - SENTE E CAPISCE DOPO 23 ANNI DI INCOSCIENZA
Urlavo senza che nessuno potesse sentire
Fonte Corrispondenza Romana, 12 Dicembre 2009

Quando finalmente ha potuto comunicare, battendo un dito su una speciale tastiera collegata a un personal computer, Rom Houben ha ammesso che negli infiniti giorni passati nella prigione di un incoscienza apparente «aveva cercato di evadere sognando».
Per i medici era in coma, paralizzato da un incidente automobilistico nel 1983. “Stato vegetativo persistente” è la diagnosi che ha accompagnato la sua scheda personale, almeno sino a che i ricercatori hanno trovato una via per capire che il cervello era ancora in attività. Gli hanno insegnato a esprimersi e lui l’ha fatto. «Urlavo senza che nessuno potesse sentire – è riuscito a dire –. Sono stato il testimone della mia sofferenza mentre i dottori cercavano di parlarmi, sino al giorno in cui ci hanno rinunciato».
C’era ancora Ronald Reagan alla Casa Bianca e il Muro di Berlino era in piedi, quando Houben è stato dato per spacciato. Il suo dramma s’è consumato nove anni prima di quello che ha colpito Eluana Englaro, la donna di Lecco ridotta a un vegetale nel 1992 e morta lo scorso febbraio in seguito alla sospensione della nutrizione artificiale.
In medicina è difficile mettere a confronto singoli casi per trarre delle conclusioni esatte, però è chiaro che l’avventura di Rom, che oggi ha 46 anni, è potenzialmente in grado di riaprire il dibattito sul trattamento dei pazienti in stato di incoscienza permanente.

Fonte: Corrispondenza Romana, 12 Dicembre 2009

5 - NO ALL'ECOCENTRISMO E AL BIOCENTRISMO
L'uomo è il centro del creato
Autore: Benedetto XVI - Fonte: Vatican.va, 8 dicembre 2009

La Chiesa ha una responsabilità per il creato e sente di doverla esercitare, anche in ambito pubblico, per difendere la terra, l’acqua e l’aria, doni di Dio Creatore per tutti, e, anzitutto, per proteggere l’uomo contro il pericolo della distruzione di se stesso. Il degrado della natura è, infatti, strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana, per cui «quando l’«ecologia umana» è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio». Non si può domandare ai giovani di rispettare l’ambiente, se non vengono aiutati in famiglia e nella società a rispettare se stessi: il libro della natura è unico, sia sul versante dell’ambiente come su quello dell’etica personale, familiare e sociale. I doveri verso l’ambiente derivano da quelli verso la persona considerata in se stessa e in relazione agli altri. Volentieri, pertanto, incoraggio l’educazione ad una responsabilità ecologica, che, come ho indicato nell’Enciclica Caritas in veritate, salvaguardi un’autentica «ecologia umana» e, quindi, affermi con rinnovata convinzione l’inviolabilità della vita umana in ogni sua fase e in ogni sua condizione, la dignità della persona e l’insostituibile missione della famiglia, nella quale si educa all’amore per il prossimo e al rispetto della natura. Occorre salvaguardare il patrimonio umano della società. Questo patrimonio di valori ha la sua origine ed è iscritto nella legge morale naturale, che è fondamento del rispetto della persona umana e del creato.
Non va infine dimenticato il fatto, altamente indicativo, che tanti trovano tranquillità e pace, si sentono rinnovati e rinvigoriti quando sono a stretto contatto con la bellezza e l’armonia della natura. Vi è pertanto una sorta di reciprocità: nel prenderci cura del creato, noi constatiamo che Dio, tramite il creato, si prende cura di noi. D’altra parte, una corretta concezione del rapporto dell’uomo con l’ambiente non porta ad assolutizzare la natura né a ritenerla più importante della stessa persona. Se il Magistero della Chiesa esprime perplessità dinanzi ad una concezione dell’ambiente ispirata all’ecocentrismo e al biocentrismo, lo fa perché tale concezione elimina la differenza ontologica e assiologica tra la persona umana e gli altri esseri viventi. In tal modo, si viene di fatto ad eliminare l’identità e il ruolo superiore dell’uomo, favorendo una visione egualitaristica della «dignità» di tutti gli esseri viventi. Si dà adito, così, ad un nuovo panteismo con accenti neopagani che fanno derivare dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, la salvezza per l’uomo. La Chiesa invita, invece, ad impostare la questione in modo equilibrato, nel rispetto della «grammatica» che il Creatore ha inscritto nella sua opera, affidando all’uomo il ruolo di custode e amministratore responsabile del creato, ruolo di cui non deve certo abusare, ma da cui non può nemmeno abdicare. Infatti, anche la posizione contraria di assolutizzazione della tecnica e del potere umano, finisce per essere un grave attentato non solo alla natura, ma anche alla stessa dignità umana.

Estratto dal messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la celebrazione della XLIII giornata mondiale della pace 1° gennaio 2010, nn. 12-13

Fonte: Vatican.va, 8 dicembre 2009

6 - CHI STA DIETRO AL BUSINESS DEI PRESERVATIVI E PERCHE' SONO ORMAI UN DOGMA INTOCCABILE?

Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Antidoti, 5 gennaio 2010

Il 3 settembre 2009, sul settimanale «Tempi», Rodolfo Casadei ha intervistato Edwad Green, già professore ad Harvard e messo alla porta per le sue posizioni a proposito di Aids. Estraggo alcune frasi. «Il modello dei programmi internazionali contro l’Aids è quello dei programmi concepiti negli anni Ottanta negli Stati Uniti: da noi i primi gruppi di popolazione colpiti sono stati gli omosessuali e gli utilizzatori di droga intravena. Gli attivisti gay hanno imposto il punto di vista che chiedere a queste persone di modificare le loro abitudini sessuali equivaleva a esprimere una condanna morale nei loro confronti. Hanno imposto la linea che bisognava combattere l’Aids senza rinunciare alla liberazione sessuale». Ancora: «I due gruppi che storicamente hanno modellato le politiche americane, poi quelle internazionali, in materia di Aids sono stati il movimento gay e le organizzazioni del family planning. (…): entrambi erano ideologicamente liberal, entrambi antireligiosi e in particolare ostili alla Chiesa cattolica, perché la sua dottrina condanna sia l’uso degli anticoncezionali che i rapporti fra persone dello stesso sesso. Parlo con cognizione di causa, perché a quel tempo io facevo parte del secondo gruppo: ero un esperto di social marketing degli anticoncezionali, mi occupavo di strategie per diffondere la contraccezione moderna nel Terzo mondo». Poi, «negli Stati Uniti il movimento assunse subito la posizione che i malati di Aids non dovevano essere stigmatizzati, che non era giusto colpevolizzare le persone per i comportamenti che li avevano portati a contrarre l’infezione». Green parla di «propaganda martellante a favore dell’utilizzo continuativo e perfetto del condom, e nella messa a disposizione di aghi sterili gratuiti ai tossicodipendenti». A portare «nei Caraibi, in Africa, Asia e America latina questa filosofia di lotta all’Aids ci abbiamo pensato noi che lavoravamo nel family planning, e che siamo entrati a far parte massicciamente dei programmi internazionali». Così, anche in Africa «si applica un unico modello di prevenzione dell’Hiv, derivato dall’ideologia della liberazione sessuale per cui si sono battuti i liberal americani. È una vera assurdità antropologica, e infatti in Africa non ha funzionato. Gli unici paesi in cui si segnala una flessione dei tassi di sieropositività sono quelli dove la gente ha ridotto il numero dei partner sessuali e ha praticato la fedeltà di coppia». Green, però, a un certo punto se ne accorse: «I miei primi articoli, scientificamente ineccepibili, sono stati respinti da riviste importanti come Social Science and Medicine e Medical Anthropology. (…) “la verità è che tu odi i condom e hai in testa un’agenda religiosa”, mi dicevano. Ma io non sono cristiano e non appartengo ad alcuna chiesa!». La verità è che «la lotta all’Aids è un’industria multimiliardaria che sarebbe messa in pericolo da una strategia così semplice (…); ci si limita alla riduzione del rischio spendendo miliardi di dollari in condom e antiretrovirali sempre più potenti a causa dei ceppi resistenti di Aids che sorgono. Ma è un business che resta molto popolare, perché è agganciato all’idea di “liberazione sessuale”». V, il celebre film Philadelphia.

Fonte: Antidoti, 5 gennaio 2010

7 - MORTO UN VESCOVO CATTOLICO IN CINA
In prigione 30 anni perche' fedele al Papa
Autore: Zhen Yuan - Fonte: AsiaNews, 7 gennaio 2010

Almeno 5000 fedeli, sotto la neve e a temperature polari (-30°), hanno partecipato ieri mattina al funerale di mons. Leo Yao Liang, vescovo coadiutore di Xiwanzi, morto lo scorso 30 dicembre. Mons. Yao ha speso 30 anni in prigione per non aver aderito all’Associazione patriottica. Dal 2006 al 2009 è stato di nuovo sequestrato dalla polizia per la stessa ragione.
La gente ha partecipato in massa nonostante i divieti e i freni della pubblica sicurezza che da giorni non permetteva alle persone fuori della contea di arrivare in città e prendere parte alle esequie. Poiché il vescovo era un pastore sotterraneo, non riconosciuto dal governo, le autorità locali hanno obbligato a non usare alcuna insegna episcopale nel rito in chiesa e a riferirsi al defunto prelato solo come “pastore Yao” e non “vescovo Yao”. Ma al momento della sepoltura nel cimitero di Xiwanzi, e nei giorni precedenti, i fedeli hanno sempre pregato per “il vescovo Yao”. Secondo alcuni testimoni, alla sepoltura i fedeli hanno potuto anche inserire nella bara le insegne episcopali del vescovo.
Il vescovo ordinario di Xiwanzi, mons. Hou Jinli, 93 anni, essendo molto malato, non ha potuto partecipare al funerale. Su 15 sacerdoti della diocesi, solo 3 hanno avuto il permesso di concelebrare alla messa.
Una donna che ha partecipato ai funerali del vescovo, racconta ad AsiaNews: “Tutti i fedeli hanno amato mons. Yao per la sua dedizione a Dio e alla Chiesa. Spesso ci diceva che il suo più grande dolore nei lunghi anni di prigionia non erano le fatiche fisiche, ma la sofferenza per non poter guidare il suo gregge”.
Singhiozzando per la commozione, la donna afferma: “Mons. Yao è stato davvero una grande personalità. Tutti noi vogliamo seguire le sue orme e continuare il suo lavoro, in particolare terminare la costruzione della chiesa”. Mesi fa mons. Yao aveva benedetto la prima pietra di una chiesa nella città di Xiwanzi e il suo completamento era uno dei suoi più grandi desideri.
Per facilitare il percorso dalla chiesa al cimitero (10 minuti di cammino), molti fedeli locali hanno spalato tutta la strada dalla neve abbondante caduta in questi giorni, per rendere facile il percorso al feretro.
Ai fedeli non risulta che dal Vaticano sia giunto un messaggio di condoglianze. Finora l’Osservatore romano non ha pubblicato alcun necrologio sul vescovo defunto.
Mons. Yao è nato nel 1923; è stato ordinato sacerdote nel 1948 e dal 1958 al 1984 è stato imprigionato per il suo rifiuto ad entrare nell’Associazione patriottica. L’Ap è un organismo di controllo del Partito comunista, che vuole costruire una Chiesa indipendente dalla Santa Sede. Mons. Yao è divenuto vescovo coadiutore sotterraneo nel 2002. É stato sequestrato dalla polizia nel luglio 2006 ed ha potuto ritornare alla sua chiesa il 25 gennaio 2009, dopo 30 mesi di prigionia. La salma è stata tumulata nel cimitero per i sacerdoti a Xiwanzi.

Fonte: AsiaNews, 7 gennaio 2010

8 - DOVE STA ANDANDO L'ECONOMIA?
Ecco perche' non e' da escludere lo spettro dell’iperinflazione...
Autore: Maurizio d'Orlando - Fonte: AsiaNews, 29/12/2009

Il settimanale statunitense Time ha eletto “Uomo dell’anno” Ben Shlomo Bernanke, il governatore della Federal Reserve americana. A prima vista la scelta può avere diversi livelli di lettura. Si potrebbe infatti attribuire la scelta al ritorno dei mercati azionari ed obbligazionari mondiali verso livelli di quasi normalità: fenomenale in particolare è stato il rimbalzo della borsa americana, risalita quasi del 60 % negli ultimi nove mesi.
In tale ottica, dedicando la propria copertina a Bernanke, il Time avrebbe una motivazione ben chiara, proprio quella in effetti dichiarata. Sarebbe cioè un riconoscimento all’uomo che, dopo il quasi fallimento di Bear Stearns, il salvataggio di Fannie Mae e Freddie Mac, GMAC e di AIG, e dopo l’isolato, ma traumatico fallimento della banca d’affari Lehman Brothers, ha salvato – con fondi pubblici  – il grosso del sistema bancario americano (Citibank, Bank of America, ecc.) e mondiale dal rischio di un’imminente sbriciolamento (o meglio dalla certezza di un’inarrestabile evaporazione). Non vi potrebbe essere impresa e risultato maggiore nel curriculum – non punteggiato da altri specifici e notevoli contributi teorici e pubblicazioni – di un comune professore di Princeton diventato il governatore della maggiore banca centrale del mondo. Bernanke, dunque, sarebbe, come Ettore o Achille in tempi epici, un eroe della finanza, un eroe della nostra epoca, che epica certo non è, dato che tutto basa sul calcolo economico e sul predominio della pecunia.
La ripresa economica è stentata, forse inesistente
Se questa è l’ipotesi corretta, si può dire come minimo che il riconoscimento da parte del Time è un po’ troppo precoce. La ripresa della borsa americana non ha molto senso perché, tranne pochissime eccezioni, la ripresa economica delle imprese è a dir poco stentata, se non inesistente, negli Usa come nel resto del mondo. Non sono ancora disponibili i bilanci delle imprese, ma di certo non saranno a tal punto brillanti da giustificare un così deciso rimbalzo borsistico.
In particolare, nei paesi più sviluppati, quei settori industriali che non hanno beneficiato di sussidi statali hanno registrato forti cali di fatturato, in media anche del 20 - 30 % – ed in certi casi anche del 50 %.  Pur con ogni possibile acrobazia contabile, è difficile supporre perciò che nell’economia reale vi siano grossi utili, tali da giustificare le attuali quotazioni dei mercati finanziari. Laddove le imprese, in casi specifici, avranno pur potuto contenere in qualche modo i danni, nella maggior parte dei casi il risultato è stato ottenuto non grazie ad un aumento delle vendite, ma comprimendo i costi. Infatti la domanda aggregata – cioè delle famiglie, delle imprese e della pubblica amministrazione – è diminuita e negli Usa si stima un calo del 20 % dei consumi per le classi di reddito medio ed inferiore.
Disoccupazione negli Usa e in Cina.
Ridurre i costi significa che le imprese hanno potuto contenere le perdite riducendo gli investimenti per la ricerca e l’innovazione di prodotto e di processo, ma non solo. Spesso il contenimento delle “spese” è stato ottenuto soprattutto con riduzioni del personale. Di fatti, nonostante il pacchetto di stimolo senza precedenti storici, voluto con tanta enfasi da Obama, la disoccupazione americana è ancora in forte crescita: è oltre il 9 % secondo i dati ufficiali, oltre il 20 % se si adottano i più realistici criteri econometrici in vigore prima dell’era Clinton.
Non diversa è la situazione in molti altri Paesi. In Cina, ad esempio, i lavoratori migranti, che più di chiunque altro nel Paese hanno subito il peso della crisi, non ne hanno tratto beneficio nemmeno in termini di livelli di occupazione. Il loro impiego era e resta legato all’esportazione drogata dal tasso di cambio dello yuan renminbi –  la valuta cinese  –  fortemente sottovalutato rispetto al dollaro ed alle altre valute convertibili.
Si può dire che i due maggiori pacchetti di stimolo economici del 2009, quello americano e quello cinese, non hanno sortito alcun effetto reale, per lo meno in termini di occupazione, che era l’obbiettivo preannunciato.
Era logico che così fosse perché i due Paesi vivono di una simbiosi speculare: uno produce, è la “fabbrica del mondo” grazie al cambio arbitrariamente fissato dal Partito Comunista Cinese; l’altro consuma: il 70 % del Pil Usa è dato dai consumi in deficit da vari decenni, fra cui deficit del commercio estero, del bilancio pubblico, del risparmio delle famiglie e del debito estero delle imprese americane.
Era logico che così fosse perché, al di là delle apparenze  superficiali – il colore della pelle del nuovo presidente americano o i grattacieli e la “modernizzazione” del regime cinese  – e delle speranze, o meglio delle illusioni generate dalle rispettive propagande, nessuno aveva ed ha intenzione di cambiare le distorsioni di fondo del sistema.
Era logico che così fosse perché la globalizzazione non poteva che produrre un sistema di interdipendenze squilibrate: è la sintesi hegeliana di due “moderne” contrapposizioni del secolo scorso, eredità ancora dell’ottocento, di due opposti, ma in pari misura strutturalmente squilibrati materialismi.
LO SPETTRO DELL’IPERINFLAZIONE
Se la ripresa della borsa americana da un lato non ha molto senso, dall’altro lato un senso ce l’ha. Purtroppo però è un senso davvero sinistro perché ci indica che i mercati finanziari si attendono e scontano il sopraggiungere dell’iperinflazione. Per chiarirci, il valore di un’azienda non è dato solo dalla sua capacità di produrre utili futuri, ma anche da quello intrinseco del suo patrimonio tangibile, ad esempio terreni, capannoni industriali e simili. Allo stesso modo la quotazione in borsa di un titolo non esprime solo gli utili attesi, ma i mezzi propri, i suoi averi. Se è difficile ipotizzare un incremento medio del 60 % dei profitti aziendali nel prossimo futuro è evidente che il rimbalzo di borsa può aver senso solo se si pensa che aumenti il valore dei beni delle aziende per effetto dell’inflazione. In tal caso, se le ipotesi sono corrette e le quotazioni di borsa adeguate, l’inflazione attesa è piuttosto forte, ben superiore al 60 % perché si devono scontare le perdite di esercizio di questo e dei prossimi anni. Dal punto di vista più generale dell’economia, se ne deduce che agli effetti di una fase - quella attuale - di grande depressione si andrebbero perciò a cumulare quelli di un inflazione a due o tre, anche quattro cifre. Gli economisti la chiamano iperinflazione, uno dei fenomeni più socialmente distruttivi. Dagli archivi della storia rispuntano quindi gli spettri della Repubblica di Weimar, che in Germania spianò la strada ad Hitler; da quelli della cronaca si riaffacciano i disastri dello Zimbabwe. Non è, non vuole essere, gratuito catastrofismo, ma solo un modo leggere in maniera razionale un rimbalzo borsistico che difficilmente è spiegabile in termini di andamento degli utili netti aziendali.
Si può certo ipotizzare che gli attuali valori di borsa negli Usa sono soltanto troppo gonfiati rispetto al probabile livello degli utili e di conseguenza dedurne un prossimo nuovo forte crollo.
L’ABISSO DEL DEBITO PUBBLICO AMERICANO
Anche se AsiaNews non ha pretese di essere un bollettino di previsioni finanziarie, questa seconda ipotesi non appare però convincente, pur ammettendo come probabile un forte saliscendi di borsa. La ragione sta nel livello davvero abnorme dell’indebitamento del sistema americano, includendo in tale definizione sia il debito formalmente emesso che gli impegni debitori. Nel settembre 2008 ad AsiaNews dopo i salvataggi finanziari effettuati fino ad allora da Bernanke - includendo nell’indebitamento pubblico anche quello delle amministrazioni locali e l’esposizione debitoria di enti a capitale pubblico - avevamo calcolato “debito pubblico americano” pari a “59.300 miliardi di dollari, e cioè 200.060 dollari pro capite di debito pubblico, inclusi vecchi, malati e bambini: il 429,37 % del Pil”. Secondo altri economisti – John Williams – la cifra oggi è ben maggiore, circa 75:000 miliardi di dollari, ben oltre cinque volte il Pil americano.
Se consideriamo che il debito delle famiglie americane è uno dei più alti al mondo, circa il 99 % del Pil; che il debito delle aziende Usa è anch’esso il maggiore del mondo, più del 300 % del Pil; che oltre il 95 % del debito estero statunitense è detenuto da residenti esteri, di cui circa il 50 % è detenuto da Giappone e Cina, l’ipotesi che il Tesoro americano non possa far fronte ai propri impegni mediante le imposte e che debba perciò ricorrere ad emettere sempre più moneta non è fantascientifica, ma probabile. In tali condizioni ci sono tutte le premesse dell’iperinflazione. Un qualsiasi evento politico, anche minimo, basterebbe come innesco. È dunque difficile che ci si possa sottrarre a tale esito, e le conseguenze politiche saranno a dir poco epocali non solo negli Usa, ma anche in Europa, in Asia e nel resto del mondo.
LA “SALVEZZA” DI UN GOVERNO BANCARIO MONDIALE
Quella attuale non è perciò solo una crisi peggiore di quella del ’29 - ’33. L’iperinflazione, quando la si lasci scatenare, azzera il debito pubblico ed il risparmio privato, ma soprattutto sradica ogni precedente struttura istituzionale. Forse è questo il segreto scopo dei vari governatori della Federal Riserve - tra cui Bernanke - che nel corso degli ultimi 20 anni hanno posto le premesse dell’iperinflazione: da un mondo prima bipolare, all’epoca dell’Unione Sovietica, e poi unilaterale, il segreto proposito, il loro vero intento nel porre le premesse dell’iperinflazione, era far in modo che si imponesse la costituzione di una banca centrale mondiale e di conseguenza pervenire ad un governo mondiale. Con più di sei miliardi di abitanti nel mondo, l’instaurazione di un impero mondiale significa che potremo ben presto dire addio ad ogni residua parvenza di democrazia e libertà. Il sogno di Serse di ordine, tolleranza e concordia mondiale si potrebbe forse concretizzare ai nostri giorni, a meno di nuove, forse improbabili, Termopili.
Questa – è però improbabile – potrebbe forse essere una seconda lettura della decisione del Time di dedicare la copertina a Bernanke. In altri termini l’onore tributatogli è così palesemente paradossale da far ipotizzare che sia un modo per lanciare un avvertimento in un mondo caduto sotto il dominio della falsità.

Fonte: AsiaNews, 29/12/2009

9 - OMELIA PER LA SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELL'EPIFANIA DEL SIGNORE

Autore: Benedetto XVI - Fonte: Vatican.va, 6 gennaio 2009

Cari fratelli e sorelle!
L’Epifania, la "manifestazione" del nostro Signore Gesù Cristo, è un mistero multiforme. La tradizione latina lo identifica con la visita dei Magi al Bambino Gesù a Betlemme, e dunque lo interpreta soprattutto come rivelazione del Messia d’Israele ai popoli pagani. La tradizione orientale, invece, privilegia il momento del battesimo di Gesù nel fiume Giordano, quando egli si manifestò quale Figlio Unigenito del Padre celeste, consacrato dallo Spirito Santo. Ma il Vangelo di Giovanni invita a considerare "epifania" anche le nozze di Cana, dove Gesù, mutando l’acqua in vino, "manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui" (Gv 2,11). E che dovremmo dire noi, cari fratelli, specialmente noi sacerdoti della nuova Alleanza, che ogni giorno siamo testimoni e ministri dell’"epifania" di Gesù Cristo nella santa Eucaristia? Tutti i misteri del Signore la Chiesa li celebra in questo santissimo e umilissimo Sacramento, nel quale egli al tempo stesso rivela e nasconde la sua gloria. "Adoro te devote, latens Deitas" – adorando, preghiamo così con san Tommaso d’Aquino.
In questo anno 2009, che, nel 4° centenario delle prime osservazioni di Galileo Galilei al telescopio, è stato dedicato in modo speciale all’astronomia, non possiamo non prestare particolare attenzione al simbolo della stella, tanto importante nel racconto evangelico dei Magi (cfr Mt 2,1-12). Essi erano con tutta probabilità degli astronomi. Dal loro punto di osservazione, posto ad oriente rispetto alla Palestina, forse in Mesopotamia, avevano notato l’apparire di un nuovo astro, ed avevano interpretato questo fenomeno celeste come annuncio della nascita di un re, precisamente, secondo le Sacre Scritture, del re dei Giudei (cfr Nm 24,17). I Padri della Chiesa hanno visto in questo singolare episodio narrato da san Matteo anche una sorta di "rivoluzione" cosmologica, causata dall’ingresso nel mondo del Figlio di Dio. Ad esempio, san Giovanni Crisostomo scrive: "Quando la stella giunse sopra il bambino, si fermò, e ciò poteva farlo soltanto una potenza che gli astri non hanno: prima, cioè, nascondersi, poi apparire di nuovo, e infine arrestarsi" (Omelie sul Vangelo di Matteo, 7, 3). San Gregorio di Nazianzo afferma che la nascita di Cristo impresse nuove orbite agli astri (cfr Poemi dogmatici, V, 53-64: PG 37, 428-429). Il che è chiaramente da intendersi in senso simbolico e teologico. In effetti, mentre la teologia pagana divinizzava gli elementi e le forze del cosmo, la fede cristiana, portando a compimento la rivelazione biblica, contempla un unico Dio, Creatore e Signore dell’intero universo.
E’ l’amore divino, incarnato in Cristo, la legge fondamentale e universale del creato. Ciò va inteso invece in senso non poetico, ma reale. Così lo intendeva del resto lo stesso Dante, quando, nel verso sublime che conclude il Paradiso e l’intera Divina Commedia, definisce Dio "l’amor che move il sole e l’altre stelle" (Paradiso, XXXIII, 145). Questo significa che le stelle, i pianeti, l’universo intero non sono governati da una forza cieca, non obbediscono alle dinamiche della sola materia. Non sono, dunque, gli elementi cosmici che vanno divinizzati, bensì, al contrario, in tutto e al di sopra di tutto vi è una volontà personale, lo Spirito di Dio, che in Cristo si è rivelato come Amore (cfr Enc. Spe salvi, 5). Se è così, allora gli uomini – come scrive san Paolo ai Colossesi – non sono schiavi degli "elementi del cosmo" (cfr Col 2,8), ma sono liberi, capaci cioè di relazionarsi alla libertà creatrice di Dio. Egli è all’origine di tutto e tutto governa non alla maniera di un freddo ed anonimo motore, ma quale Padre, Sposo, Amico, Fratello, quale Logos, "Parola-Ragione" che si è unita alla nostra carne mortale una volta per sempre ed ha condiviso pienamente la nostra condizione, manifestando la sovrabbondante potenza della sua grazia. C’è dunque nel cristianesimo una peculiare concezione cosmologica, che ha trovato nella filosofia e nella teologia medievali delle altissime espressioni. Essa, anche nella nostra epoca, dà segni interessanti di una nuova fioritura, grazie alla passione e alla fede di non pochi scienziati, i quali – sulle orme di Galileo – non rinunciano né alla ragione né alla fede, anzi, le valorizzano entrambe fino in fondo, nella loro reciproca fecondità.
Il pensiero cristiano paragona il cosmo ad un "libro" – così diceva anche lo stesso Galileo –, considerandolo come l’opera di un Autore che si esprime mediante la "sinfonia" del creato. All’interno di questa sinfonia si trova, a un certo punto, quello che si direbbe in linguaggio musicale un "assolo", un tema affidato ad un singolo strumento o ad una voce; ed è così importante che da esso dipende il significato dell’intera opera. Questo "assolo" è Gesù, a cui corrisponde, appunto, un segno regale: l’apparire di una nuova stella nel firmamento. Gesù è paragonato dagli antichi scrittori cristiani ad un nuovo sole. Secondo le attuali conoscenze astrofisiche, noi lo dovremmo paragonare ad una stella ancora più centrale, non solo per il sistema solare, ma per l’intero universo conosciuto. In questo misterioso disegno, al tempo stesso fisico e metafisico, che ha portato alla comparsa dell’essere umano quale coronamento degli elementi del creato, è venuto al mondo Gesù: "nato da donna" (Gal 4,4), come scrive san Paolo. Il Figlio dell’uomo riassume in sé la terra e il cielo, il creato e il Creatore, la carne e lo Spirito. E’ il centro del cosmo e della storia, perché in Lui si uniscono senza confondersi l’Autore e la sua opera.
Nel Gesù terreno si trova il culmine della creazione e della storia, ma nel Cristo risorto si va oltre: il passaggio, attraverso la morte, alla vita eterna anticipa il punto della "ricapitolazione" di tutto in Cristo (cfr Ef 1,10). Tutte le cose, infatti – scrive l’Apostolo –, "sono state create per mezzo di lui e in vista di lui" (Col 1,16). E proprio con la risurrezione dai morti Egli ha ottenuto "il primato su tutte le cose" (Col 1,18). Lo afferma Gesù stesso apparendo ai discepoli dopo la risurrezione: "A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra" (Mt 28,18). Questa consapevolezza sostiene il cammino della Chiesa, Corpo di Cristo, lungo i sentieri della storia. Non c’è ombra, per quanto tenebrosa, che possa oscurare la luce di Cristo. Per questo nei credenti in Cristo non viene mai meno la speranza, anche oggi, dinanzi alla grande crisi sociale ed economica che travaglia l’umanità, davanti all’odio e alla violenza distruttrice che non cessano di insanguinare molte regioni della terra, dinanzi all’egoismo e alla pretesa dell’uomo di ergersi come dio di se stesso, che conduce talora a pericolosi stravolgimenti del disegno divino circa la vita e la dignità dell’essere umano, circa la famiglia e l’armonia del creato. Il nostro sforzo di liberare la vita umana e il mondo dagli avvelenamenti e dagli inquinamenti che potrebbero distruggere il presente e il futuro, conserva il suo valore e il suo senso – ho annotato nella già citata Enciclica Spe salvi – anche se apparentemente non abbiamo successo o sembriamo impotenti di fronte al sopravvento di forze ostili, perchè "è la grande speranza poggiante sulle promesse di Dio che, nei momenti buoni come in quelli cattivi, ci dà coraggio e orienta il nostro agire" (n. 35).
La signoria universale di Cristo si esercita in modo speciale sulla Chiesa. "Tutto infatti – si legge nella Lettera agli Efesini – [Dio] ha messo sotto i suoi piedi / e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: essa è il corpo di lui, / la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose" (Ef 1,22-23). L’Epifania è la manifestazione del Signore, e di riflesso è la manifestazione della Chiesa, perché il Corpo non è separabile dal Capo. La prima lettura odierna, tratta dal cosiddetto Terzo Isaia, ci offre la prospettiva precisa per comprendere la realtà della Chiesa, quale mistero di luce riflessa: "Alzati, rivestiti di luce – dice il profeta rivolgendosi a Gerusalemme – perché viene la tua luce, / la gloria del Signore brilla sopra di te" (Is 60,1). La Chiesa è umanità illuminata, "battezzata" nella gloria di Dio, cioè nel suo amore, nella sua bellezza, nella sua signoria. La Chiesa sa che la propria umanità, con i suoi limiti e le sue miserie, pone in maggiore risalto l’opera dello Spirito Santo. Essa non può vantarsi di nulla se non nel suo Signore: non da lei proviene la luce, non è sua la gloria. Ma proprio questa è la sua gioia, che nessuno potrà toglierle: essere "segno e strumento" di Colui che è "lumen gentium", luce dei popoli (...).

DOSSIER "BENEDETTO XVI"
Discorsi e omelie del Papa teologo

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Fonte: Vatican.va, 6 gennaio 2009

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