BastaBugie n�586 del 21 novembre 2018

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1 IL PADRE NOSTRO NON PUO' CAMBIARLO NEMMENO IL PAPA
Semmai può essere ritoccata la traduzione, ma ci si chiede se questa modifica non faccia che aumentare il caos liturgico (intanto a Ferrara anziché andare a Messa, si può fare ''qualcosina'' anche senza il sacerdote)
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 ELOGIO DEL VINO, SEGNO DELL'IDENTITA' ITALIANA E CRISTIANA
Benedetto XVI: ''Il vino esprime la squisitezza della creazione, allieta il cuore ed è immagine del dono dell'amore nel quale possiamo fare qualche esperienza del sapore del divino''
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
3 BAMBINI PAKISTANI GIOCANO A IMPICCARE ASIA BIBI
Un inquietante video mostra che il problema non è solo la legge sulla blasfemia, ma soprattutto l'ideologia islamica che viene insegnata ai bambini fin da piccoli (VIDEO: bambini giocano a impiccare Asia Bibi)
Fonte: Tempi
4 SE DIO SI VEDESSE, NON SAREBBE DIO
Se si potesse entrare in un computer, non avrebbe senso dire: ''Guarda, nel computer non c'è nessun uomo e quindi il computer si è fatto da sé''
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Libertà e Persona
5 TRANSESSUALE ASSASSINO E STUDENTESSA CHE NON SI PIEGA ALLA DITTATURA GAY: INDOVINATE CHI TRATTANO MEGLIO?
La studentessa che si è rifiutata di votare contro il fatto che si nasce maschi o femmine è stata insultata e minacciata come fosse una criminale, mentre a un assassino e violentatore viene pagata l'operazione per cambiare sesso (costo per lo Stato: 20mila euro)
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 LA FESTA DI CRISTO RE RICORDA LA SUA REGALITA' SOCIALE (CONTRO LAICISMO E ATEISMO)
Papa Pio XI istituì la festa della regalità sociale di Cristo per rispondere al dilagante laicismo degli Stati occidentali, iniziato con il pensiero illuminista e messo in pratica con la Rivoluzione francese
Fonte: Radio Roma Libera
7 LA REGIONE TOSCANA OFFRE CONTRACCETTIVI GRATIS (A NOSTRE SPESE, OVVIAMENTE!)
Profilattici e pillole del giorno dopo gratis ai ragazzi tra i 14 ed i 24 anni... ma anche a donne che hanno partorito o abortito... e pure a chi è povero
Fonte: Corrispondenza Romana
8 SANTIAGO GAPP, IL SACERDOTE MARTIRE CHE AFFRONTO' HITLER
Diceva ''Dio è il tuo Dio, non Adolf Hitler'' e la Gestapo gli proibì di insegnare, ma lui continuò a testimoniare la fede cattolica, rifiutò di indossare il distintivo con la svastica e difese Pio XI dalle calunnie dei nazisti
Autore: Ermes Dovico - Fonte: Sito del Timone
9 OMELIA SOLENNITA' CRISTO RE - ANNO B (Gv 18,33-37)
Il mio regno non è di questo mondo (VIDEO: dialogo tra Pilato e sua moglie su come sentire la verità)
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - IL PADRE NOSTRO NON PUO' CAMBIARLO NEMMENO IL PAPA
Semmai può essere ritoccata la traduzione, ma ci si chiede se questa modifica non faccia che aumentare il caos liturgico (intanto a Ferrara anziché andare a Messa, si può fare ''qualcosina'' anche senza il sacerdote)
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 17-11-2018

Molti amici e conoscenti mi dicono che non reciteranno la nuova formula del Padre Nostro ma continueranno a dire le parole tradizionali: "non ci indurre in tentazione". I vescovi italiani hanno approvato la nuova versione durante la loro assemblea generale, ma è certo che dei fedeli - pochi o tanti che siano - non si atterranno alle nuove disposizioni. Perché? Per molti motivi: perché si stanno facendo troppi cambiamenti nella Chiesa che disorientano e in qualche caso angosciano, perché molti teologi e filologi dicono che il cambiamento non è giustificato ed anzi è controproducente, perché i vescovi in questo momento non brillano per autorevolezza e così via. Fatto sta che molti non si atterranno al nuovo Padre Nostro. A prescindere per il momento dal merito del contendere, ossia dalla correttezza teologica e filologica del cambiamento e dalla sua opportunità liturgica, mi pongo la domanda se i vescovi abbiano tenuto conto di un aspetto della questione, ossia che un'altra divisione tra i fedeli durante la liturgia domenicale si aggiungerà alle tante già presenti.

CAOS LITURGICO
Partecipare alla Santa Messa ormai vuol dire riscontrare i più svariati atteggiamenti liturgici dei presenti. Non mi riferisco agli abusi e agli eccessi, nonostante siano ormai molto frequenti. Mi riferisco alle messe celebrate, diciamo così, in modo accettabile. Anche in questi casi si nota la grandissima varietà di partecipazione.
Durante la consacrazione c'è chi rimane in piedi e chi si inginocchia. Tra coloro che si inginocchiano la maggior parte si rialza in piedi alle parole "Annunciamo la tua morte e la tua resurrezione..." e un'altra parte, più esigua ma non insignificante in alcune zone, rimane inginocchiata fino alla grande preghiera sacerdotale: "Per Cristo, con Cristo e in Cristo...". Nel caso nella chiesa non ci siano gli inginocchiatoi - situazione ormai molto frequente - c'è chi si inginocchia per terra in evidente contrasto visivo con chi è rimasto in piedi.
Al momento della preghiera "Signore non son degno..." alcuni si inginocchiano nuovamente mentre la maggioranza rimane in piedi. Nell'accedere alla comunione c'è chi prende l'Ostia consacrata in mano, chi la prende in bocca ma rimanendo in piedi e chi la prende in bocca ma inginocchiandosi, qualche donna la prende indossando il velo. La maggioranza dei fedeli prende la comunione da tutti coloro che la distribuiscono, compresi i ministri straordinari, ma alcuni pensano ancora che l'Ostia consacrata possa essere presa in mano e distribuita solo dal sacerdote (che ha mani consacrate) e quindi vanno a prenderla solo da lui. In qualche caso ho anche notato che qualche fedele si sposta di fila quando si accorge che a distribuire non è il sacerdote ma un laico o una laica.

FA' COME TI SENTI
Durante la recita del Padre Nostro molti hanno preso l'abitudine di aprire le braccia come fa il sacerdote sull'altare in atteggiamento orante, mentre molti altri non lo fanno. Ci sono dei canti liturgici che hanno delle parole talmente strampalate che qualcuno si rifiuta di cantarle, facendo selezione dei canti. Spesso alle preghiere dei fedeli si invita a pregare per cause molto improprie e qualcuno non si associa alla preghiera. D'altro canto è ormai diffusissima la scelta della chiesa ove trovare una celebrazione accettabile, sicché i fedeli si dividono sia nella stessa messa tra chi si comporta in un modo e in un altro, sia tra chiesa e chiesa.
A questa situazione di divisione o di differenziazione, in ogni caso di mancanza di unità nella liturgia, ora si aggiungeranno le due ultime novità: ci sarà chi non reciterà la nuova formula del Gloria e del Padre Nostro. Tra costoro ci sarò anch'io. Anche io continuerò a chiedere a Dio di non indurmi in tentazione. Però nessuno è soddisfatto di questa situazione.
La liturgia attorno al sacrificio dell'altare in qualche modo ci associa alla eterna liturgia di lode che le anime beate rivolgono a Dio insieme agli angeli, alla Vergine Maria e ai santi. Ora, non credo che la lode celeste a Dio non sia univoca e all'unisono perché in quella dimensione Dio è "tutto in tutti" e le anime beate lo vedono "così come Egli è". L'unità nel rito, assumere gli stessi atteggiamenti, pronunciare le stesse parole, rispettare gli stessi tempi compresi i silenzi, volgere lo sguardo verso gli stessi luoghi, essere orientati tutti verso lo stesso punto esprimono l'unità della Chiesa intera, pellegrinante e trionfante, a Dio che sull'altare rinnova la creazione.

Nota di BastaBugie: sulla modifica della traduzione da "non indurci in tentazione" a "non abbandonarci alla tentazione" Tv2000 ha chiesto al Presidente della Cei, il cardinale Bassetti, come spiegherebbe a un semplice fedele questa modifica. In questo video il cardinale ha risposto sinceramente che chi desidera continuare a recitare la traduzione finora usata può farlo e di certo non andrà all'inferno per questo. Addirittura racconta un aneddoto che fa capire che si può anche continuare a recitarla in latino senza problemi.


https://www.youtube.com/watch?v=JaiDEyWZskM

A "MESSA" SENZA IL PRETE
Luisella Scrosati nell'articolo seguente dal titolo "A messa senza il prete: Ferrara, provincia d'Amazzonia" racconta che la diocesi di Ferrara ha annunciato che, visto il numero decrescente dei sacerdoti, alla Messa domenicale si potranno sostituire altri tipi di celebrazioni. Così, al criterio, da sempre usato dalla Chiesa, dell'impossibilità di partecipare alla Messa, si sta sostituendo quello della comodità, comunicando ai fedeli che la celebrazione dell'Eucaristia è fondamentale, ma non tanto da richiedere un viaggio di una decina di minuti.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 18 novembre 2018:
«Da anni stiamo assistendo alla continua diminuzione di vocazioni e, conseguentemente, di presbiteri che possano presiedere l'Eucaristia. Si è cercato di fare fronte a questa oggettiva difficoltà cercando di rivedere il numero di Messe celebrate in ogni chiesa per assicurare a tutte le comunità almeno una Messa festiva. Vediamo che, purtroppo, questa strada non è più sufficiente. Siamo chiamati, quindi, ad operare nuove scelte che permettano ai fedeli di radunarsi alla domenica per lodare il Signore, ascoltare la sua Parola di salvezza e dare la possibilità di accostarsi alla Comunione». Visto l'approssimarsi del Sinodo sull'Amazzonia, pensavamo si trattasse di una presa di posizione del vescovo della diocesi brasiliana di Manaus. Poveracci: una media di più di 500 km quadrati e quasi diecimila battezzati per sacerdote. O magari della diocesi della Trasfigurazione a Novosibirsk, zona Siberia: oltre 52.000 km quadrati e 13.000 anime per sacerdote!
E invece no. Stiamo parlando dell' "esotica" diocesi di Ferrara e della decisione del suo Vescovo. Precisiamo subito che - pare - la decisione di mons. Perego sia stata presa in concerto con gli altri confratelli vescovi della Conferenza Episcopale dell'Emilia Romagna. Attenuante o aggravante? Decidete voi. Fatto sta che la lettera dello scorso 28 giugno, firmata dal direttore dell'Ufficio liturgico diocesano di Ferrara, nonché segretario personale del Vescovo, don Giacomo Granzotto, inviata ai sacerdoti della diocesi e accompagnata da due schemi celebrativi della Parola di Dio, lancia l'allarme di una inarrestabile moria di preti, che costringerebbe a strategie liturgiche alternative, celebrazioni previste dal can. 1248 § 2 e che, si precisa, «non intendono sostituire o intaccare la centralità dell'Eucaristia, il primo giorno in cui Cristo Signore è risorto».
Ma la realtà è davvero questa? Non basta non voler intaccare la centralità dell'Eucaristia a parole; bisogna anche capire se le scelte che si fanno traducono effettivamente questo principio. Torniamo in Siberia: se la celebrazione eucaristica a me più vicina fosse a 200 km di distanza, o magari il sacerdote fosse in grado di raggiungere un luogo più vicino una volta ogni morte di Papa, in effetti, procurare che ci siano celebrazioni della Parola in un raggio più abbordabile, è certamente comprensibile; ci troviamo di fronte ad una impossibilità pratica e non vi è rischio di comunicare ai fedeli uno svilimento del valore dell'Eucaristia. Se mi trovassi in Amazzonia e dovessi percorrere 40 km a piedi per raggiungere un centro Messa, è chiaro che risulterebbe opportuno prevedere altre celebrazioni non eucaristiche.
Ma a Ferrara? 169 parrocchie per 167 sacerdoti: dati suscettibili di correzione, ma praticamente una parrocchia a testa. Ipotizziamo una situazione catastrofica, e cioè che di questi 169 preti solo 100 godano di discreta salute e siano perciò in grado di celebrare la S. Messa. Visto che di domenica si può binare, e che il sabato sera c'è la Messa prefestiva, questi 100 sacerdoti potrebbero assicurare 300 SS. Messe per 169 parrocchie. Non male. Apriamo scenari apocalittici: supponiamo che l'unica Messa domenicale della diocesi sia celebrata a Ferrara città. Sapete quanto impiegherebbe in auto un residente a Goro, estremo est della diocesi per raggiungerla? Un'ora. E dall'"estremo" Nord, da Berra, per esempio? Quaranta minuti! Dunque, praticamente noi stiamo comunicando ai fedeli che la celebrazione dell'Eucaristia è fondamentale, essenziale, bla bla bla, al punto tale che... non vi deve dare l'incomodo di fare un viaggio di una decina di minuti. Sì, perché stante la situazione reale, se nella mia parrocchia non c'è la S. Messa, probabilmente, in circa 10 minuti riuscirò a raggiungere un posto dove la Messa viene celebrata. A Ferrara non c'è nemmeno l'alibi delle zone appenniniche...
L'articolo del Codice di diritto canonico, riportato nella lettera, spiega che «se per la mancanza del ministro sacro o per altra grave causa diventa IMPOSSIBILE la partecipazione alla celebrazione eucaristica, si raccomanda vivamente che i fedeli prendano parte alla liturgia della Parola, se ve n'è qualcuna nella chiesa parrocchiale o in un altro luogo sacro». Secondo voi, si può ritenere impossibile lo spostamento di qualche chilometro, posto che mediamente i trasporti non avvengono più a piedi o a dorso d'asino, per raggiungere una chiesa dove si celebra l'Eucaristia?
Nell'Esortazione apostolica postsinodale Sacramentum Caritatis, § 75, Benedetto XVI ricordava che «il Sinodo ha raccomandato innanzitutto ai fedeli di recarsi in una delle chiese della Diocesi in cui è garantita la presenza del sacerdote, anche quando ciò richiede un certo sacrificio. Là dove, invece, le grandi distanze rendono praticamente impossibile la partecipazione all'Eucaristia domenicale, è importante che le comunità cristiane si radunino ugualmente per lodare il Signore e fare memoria del Giorno a Lui dedicato». Il criterio è sempre quello dell'impossibilità reale, non del disagio o della scomodità. Nella lettera non si ricorda che la mancata partecipazione alla celebrazione dell'Eucaristia nelle domeniche e negli altri giorni di precetto, quando se ne ha la possibilità, è obbligatoria e che perciò, in questi casi, le celebrazioni della Parola di Dio non permettono di adempiere il precetto festivo.
È in effetti singolare che nella lettera si richiami la Presentazione del Direttorio Celebrazioni domenicali in assenza di presbitero, del 1988, secondo la quale occorre «assicurare, nel migliore dei modi e in ogni situazione, la celebrazione cristiana della domenica, senza dimenticare che la Messa rimane la celebrazione propria, pur riconoscendo la presenza di elementi importanti, anche quando la Messa non si può celebrare», ma non si riporti invece il n.18 dello stesso documento: «Quando in alcuni luoghi non è possibile celebrare la Messa di domenica, si consideri anzitutto se i fedeli non possano recarsi alla chiesa di un luogo più vicino per partecipare alla celebrazione del mistero eucaristico. La soluzione è da raccomandare anche ai nostri giorni, anzi, per quanto possibile, da conservarsi; ciò tuttavia richiede che i fedeli siano rettamente istruiti sul senso pieno dell'assemblea domenicale e si adeguino di buon animo alle nuove situazioni».
Istruiti i fedeli e magari istruiti anche i sacerdoti e i vescovi: è tutt'altro che raro vedere concelebrazioni eucaristiche domenicali, che manifestano meravigliosamente la comunione del presbiterio, eccetera, eccetera, salvo poi trovare parrocchie senza preti. O magari preti senza parrocchia, per il mancato adattamento al new style liturgico.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 17-11-2018

2 - ELOGIO DEL VINO, SEGNO DELL'IDENTITA' ITALIANA E CRISTIANA
Benedetto XVI: ''Il vino esprime la squisitezza della creazione, allieta il cuore ed è immagine del dono dell'amore nel quale possiamo fare qualche esperienza del sapore del divino''
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 12/11/2018

Nei giorni scorsi - con il Paese colpito da alluvioni, frane e inondazioni - qualche arguto buontempone ha esposto in un'osteria un cartello con questa vecchia battuta: "i danni che ha fatto l'acqua, il vino non li ha mai fatti".
Non sarà vera (lo ammetto subito, per i puritani), ma è ben trovata. E' una comprensibile difesa di un tesoro - scusate il gioco di parole - di vino.
Del resto quello che i salutisti e i moralisti non vogliono capire (anche quando scrivono le leggi) è che il vino non è un "superalcolico", non è un vizio da esorcizzare, limitare o magari proibire, non è un equivalente popolare della droga.
Il vino è civiltà. E imparare a degustarlo per capirne le delizie (anziché a tracannarlo per stordirsi) fa parte della sua raffinata cultura.
Se lo comprendessimo sarebbe facile riconoscere - ad esempio - che la "notizia" culturale del momento in Italia è il vino novello della recente vendemmia. Come la prima della Scala, ma molto più importante. Solo a una mentalità urbanocentrica - com'è quella dei media - sfugge un simile evento popolare dell'Italia profonda.
Ci sono altre verità da portare alla luce, in una eventuale difesa apologetica del vino. Per esempio questa: il vino non è una bevanda. La Coca Cola è una bevanda, il vino no.
Il vino - dicevo - è civiltà, come il diritto romano, come la nostra letteratura e la nostra musica. Come la poesia stilnovista, come Caravaggio e come Vivaldi.
E' civiltà anche il maiale, certo, infatti - e non a caso - è stato accostato alla musica di Verdi nella celebre - e sagacissima - battuta parmigiana secondo cui "il Rigoletto è c'me 'l gozen (come il maiale): non si butta via niente".

MA IL VINO È MOLTO DI PIÙ
Il vino che era di casa nella Roma, oggi fatta di ruderi, che visitiamo ai Fori imperiali o al Palatino e al Colosseo ed è di casa nella nostre cattedrali, come nelle feste paesane dei bellissimi borghi italiani.
Ieri - in rete - dappertutto si citava la poesia "San Martino" del Carducci: "Ma per le vie del borgo/ Dal ribollir dei tini/ Va l'aspro odor dei vini/ L'anime a rallegrar".
Dunque è da secoli che il vino è un grande evento culturale del popolo. Ma non solo perché è celebrato in tante sagre italiane di questi giorni, perché è cantato nelle poesie che da bambini ci hanno fatto affacciare alla letteratura o in quelle - penso a Baudelaire - che, da grandicelli, ci hanno sedotto.
Per non dire della cultura latina che è intrisa tutta di vino, da Ovidio a Lucrezio, da Catullo e Orazio a Plinio e Petronio (memorabili le parole di Orazio: "Nessuna poesia scritta da bevitori d'acqua può piacere o vivere a lungo").
Il vino è ancora oggi un grande evento culturale non solo perché è una delle "eccellenze" del Made in Italy o perché - ad esempio in Toscana - le cantine sono diventate capolavori di architettura che, insieme alla degustazione, ospitano eventi artistici.
Ma anzitutto perché il vino è veramente uno dei più bei connotati della nostra identità. Lo aveva capito con straordinaria preveggenza Gilbert K. Chesterton che in un suo romanzo distopico del 1914, "L'osteria volante", immaginava una futura Inghilterra in cui un'alleanza tra Islam e grossi poteri economici avrebbe messo fuorilegge gli alcolici (una metafora per dire la liquidazione della civiltà giudaico-cristiana).
Vista la recente massiccia emigrazione islamica nel Regno Unito potrebbe perfino verificarsi.

IL GUSTO E IL PIACERE
Memorabile questa battuta di Chesterton: "E Noè diceva spesso a sua moglie, quando si sedeva a pranzo: 'Poco m'importa dove vada l'acqua, purché non vada nel vino!' ".
Il vino è il gusto e il piacere, è la fatica del lavoro dei campi che dà forma alle nostre campagne, è la festa e l'ebbrezza, infine è il centro del sacro perché, nel cristianesimo, Dio stesso lo ha scelto - insieme al pane - per restare misteriosamente presente fra gli uomini, con il suo stesso sangue e il suo corpo.
Oltre alla meraviglia del gusto e del profumo, affascina il colore del vino perché evoca l'essenza della vita: rosso rubino come il sangue, che sembra sgorgare dalle viscere della terra, oppure dorato come la luce del sole che lo fa maturare e - appunto - come l'oro. In effetti è concepito nel felice matrimonio fra la fertile terra e la luce calda del sole, unione celebrata dal lavoro umano.
Il vino è, per i suoi significati simbolici, qualcosa di unico. Non c'è nulla che gli sia paragonabile dal punto di vista culturale.
C'è una teologia del vino (ebraica e cristiana), una letteratura del vino, una storia del vino (e come vedremo ha Roma al centro) e una geografia del vino che ancora una volta rimanda all'Italia.
La cultura del vino unisce la storia ebraica, quella greca e quella romana: Gerusalemme, Atene e Roma. Unisce la Bibbia ebraica, Omero (o Esiodo), il Vangelo e la cultura latina.
Si può immaginare qualcosa di più identitario? Non a caso proprio il vino si trova al centro della liturgia cattolica e la Chiesa cattolica, apostolica romana è il punto di confluenza di queste tre grandi tradizioni: l'Antica Alleanza biblica, il pensiero greco e il mondo (giuridico, storico e politico) di Roma.

LA CIVILTÀ DEL VINO
Per tutte queste ragioni Roma e l'Italia sono diventate di fatto il centro da cui si è irradiata la civiltà del vino. E' appena uscito un libro di Romano Benini, "Lo stile italiano" (Donzelli), che ha il limite di riproporre di continuo (anche a sproposito) la retorica ideologica del multiculturalismo, ma che ha pure moltissimi pregi.
Per esempio spiega la centralità di Roma nel diffondere la "civiltà del vino" dovunque. La Roma antica esportava vino fino all'altro capo del mondo e per secoli l'Italia ha avuto l'esclusiva nell'Impero di questa preziosa produzione.
Poi, nel 291 d.C., l'imperatore Probo fece selezionare un vitigno perché i soldati romani lo impiantassero in tutta Europa "ed è oggi" scrive Benini "l'antenato di quasi tutti i vitigni usati in Europa".
I Galli, amanti del vino, si gettarono subito nella produzione e, grazie ai vitigni portati dai legionari, impiantarono "nella Garonna, nella zona di Bordeaux, il vitigno Biturica, antenato del Cabernet Bordeaux, e nella zona di Lione il vitigno Allobrogica, antenato del Pinot Nero di Borgogna".
Anzi, "i Galli, per esprimere la propria riconoscenza (verso Probo), regalarono all'imperatore una vigna nella zona denominata Côte-d'Or, che ancora oggi produce un vino straordinario, chiamato Romanée, in omaggio all'imperatore".
Anche così Roma ha "fatto" l'Europa. Non solo edificando città (come Parigi, Londra, Francoforte o Toledo), non solo costruendo migliaia di chilometri di strade, acquedotti, fognature, terme, bagni pubblici, teatri, non solo portando cultura, giochi, moneta e commercio, non solo insegnando il diritto e costruendo l'organizzazione civile e militare. Ma anche con la civiltà del vino.
Per questo il vino oggi è molto di più del "Made in Italy", molto di più dell'elenco delle "eccellenze", come si usa dire. È - ripeto - civiltà e identità. Identità nazionale, storica e anche religiosa. Ha a che fare con il sacro.
Come ha scritto il grande Benedetto XVI: "Il vino esprime la squisitezza della creazione, ci dona la festa nella quale oltrepassiamo i limiti del quotidiano: il vino 'allieta il cuore'. Così il vino e con esso la vite sono diventate immagini anche del dono dell'amore, nel quale possiamo fare qualche esperienza del sapore del divino".

Nota di BastaBugie: per approfondimenti sull'importanza del vino, sia dal punto di vista storico che quello religioso, clicca sul link del seguente articolo.

ESALTAZIONE DEL VINO E DI CHI LO SA APPREZZARE
Cristo ha prima cambiato l'acqua in vino (alle nozze di Cana) e poi ha trasformato il vino in sangue (nell'ultima cena) e così ha esaltato per sempre la bevanda frutto della vite e del lavoro dell'uomo
di Mario lannaccone
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6111

Fonte: Libero, 12/11/2018

3 - BAMBINI PAKISTANI GIOCANO A IMPICCARE ASIA BIBI
Un inquietante video mostra che il problema non è solo la legge sulla blasfemia, ma soprattutto l'ideologia islamica che viene insegnata ai bambini fin da piccoli (VIDEO: bambini giocano a impiccare Asia Bibi)
Fonte Tempi, 05/11/2018

È inquietante il video pubblicato su internet da Wilson Chowdry, a capo dell'associazione dei cristiani perseguitati in Pakistan, British Pakistani Christians, per mostrare a che punto è arrivato l'estremismo islamico nel paese. Il filmato mostra dei bambini che giocano a impiccare Asia Bibi per blasfemia.
Tre giovanissimi musulmani prendono una bambola gridando: «La punizione per il blasfemo è solo una: la sua testa deve essere separata dal corpo». Intorno al collo della bambola viene stretto un cappio, legato a un bastone. «Sbrigati, impicca qui Asia», dice uno dei tre riferendosi alla donna cattolica appena assolta dopo oltre nove anni di carcere, ma ancora impossibilitata a lasciare il paese a causa delle proteste degli estremisti islamici.
«Stringi, stringi», continua il gioco. «Ecco è impiccata», si conclude il video mentre i bambini ridono e inneggiano al partito estremista Tlb, che ha ottenuto dal governo di chiedere alla Corte suprema la revisione del processo di Asia Bibi e il divieto per la donna di abbandonare il Pakistan. Come si può intuire dal video, il problema della Repubblica islamica, come dichiarato a tempi.it da Paul Bhatti, non è tanto la legge sulla blasfemia ma l'ideologia estremista islamica che viene insegnata ai bambini fin da piccoli.

Nota di BastaBugie: ecco l'inquietante video dei bambini che giocano a impiccare Asia Bibi per blasfemia.


https://www.youtube.com/watch?v=4UgrF7__KJE

Fonte: Tempi, 05/11/2018

4 - SE DIO SI VEDESSE, NON SAREBBE DIO
Se si potesse entrare in un computer, non avrebbe senso dire: ''Guarda, nel computer non c'è nessun uomo e quindi il computer si è fatto da sé''
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Libertà e Persona, 14/11/2018

Quando si parla di filosofia, e soprattutto di storia della filosofia, accade talvolta che qualche alunno, dopo che il divino è comparso sotto varie forme (l'archè di qualche filosofo presocratico, i numeri divini di Pitagora, il Motore Immobile di Aristotele, il "daimon" di Socrate, il Dio-Verità e Amore di Agostino, il Sommo Musico di Keplero...) chieda candidamente: "In filosofia si parla tanto di Dio, di anima, di spirito... ma sono tutte realtà che non vediamo... Cosa serve tutto ciò?". E magari aggiunge: "Io non credo in Dio, né nell'anima, perché non li ho mai visti. La filosofia non mi interessa, perché si occupa di cose astratte".
È un concetto che si sente dire spesso. Eppure, nella sua apparente logicità, è, in verità, infondato. Non è solo una questione dei "filosofi", che debbono pur salvare il loro "mestiere". E' una questione di profondità. Quante sono le cose che facciamo molta fatica a vedere, eppure esistono? La storia della scienza è piena di ripensamenti, dovuti alla impossibilità di poter prendere per certo ciò che si vede a prima vista. Non è stato forse assai difficile per millenni "vedere" che la Terra ruota su se stessa e gira intorno al Sole? O che l'Universo, lungi dall'essere immobile ed eterno, nasce e cresce? Che le galassie si allontanano? Che la materia è in verità convertibile in energia e l'energia in materia? Che il cosiddetto "vuoto" pullula di entità particellari (quanti) in movimento? Non è stato forse difficile vedere per secoli un intero mondo fisico che sfugge allo sguardo umano: il mondo delle onde, dell'energia, dei campi e delle particelle? E il campo geomagnetico che flette l'ago di una bussola? Non è forse vero che si vedono gli effetti, ma la sorgente, la causa di questo campo è per noi invisibile?

SE DIO SI VEDESSE, NON SAREBBE DIO
Ma torniamo a Dio. Anzitutto, se Dio si vedesse, non sarebbe Dio: anzitutto perché sarebbe qualcosa che è parte del mondo materiale, e che, come tale, non potrebbe essere Creatore del mondo materiale stesso; in secondo luogo perché sarebbe qualcosa che diviene, deperisce, occupa un tempo ed uno spazio, sottomesso alle leggi della fisica e della chimica. Ma se Dio esiste, ed è veramente Dio, cioè l'Onnipotente, Egli è il Creatore e il Signore della materia e delle leggi della fisica e della chimica: è dunque altro da esse, così come l'uomo è altro dai manufatti che costruisce, e di cui è, analogamente, "creatore" e signore.
Se si potesse entrare in un computer, non avrebbe senso dire: «Guarda, nel computer non vi è nessun uomo, significa che si è fatto da sé", perché è evidente che il computer è stato assemblato e reso funzionante da qualcuno di esterno ad esso: analogamente è bizzarro ritenere di poter trovare, dentro l'universo creato da Dio, non le sue tracce, ma Dio stesso, contenuto, racchiuso-rinchiuso nella sua creazione!
L'essenziale è invisibile agli occhi. Proprio sulla base di questi e di altri analoghi ragionamenti un gigante della scienza come Isaac Newton (1642-1727) riteneva che l'universo fosse retto e governato da Dio, «ente eterno, infinito, assolutamente perfetto», «onnipotente e onnisciente», che «dura dall'eternità in eterno e dall'infinito è presente nell'infinito; regge ogni cosa e conosce ogni cosa che è e che può essere. Non è l'eternità o l'infinità, ma è eterno e infinito; non è la durata e lo spazio, ma dura ed è presente. Dura sempre ed è presente ovunque..., è completamente privo di ogni corpo e di ogni figura corporea, e perciò non può essere visto, né essere udito, né essere toccato...».

L'ESSENZIALE È INVISIBILE AGLI OCCHI
Un evidente motivo per il quale la frase "Non credo in Dio, nell'anima... perché non li ho mai visti" non si sostiene è dunque perché "non vedo" significa molto poco. Infatti, come insegnava Antoine de Saint-Exupéry (1900-1944), "l'essenziale è invisibile agli occhi". Del resto gli occhi fisici non sono unicamente lo strumento di una capacità di vedere molto più profonda, non tangibile e non misurabile, quella dell'intelligenza e del cuore? Se apriamo un corpo, non troviamo la vita; se osservo un cadavere, vedo che è ben diverso da un uomo vivo, però non vedo nulla che sia venuto a mancare, benché sia evidente che qualcosa non c'è più.
Se il chirurgo apre un cervello, non trova dei pensieri: eppure il nostro pensiero lo sperimentiamo ogni istante. Basta chiudere gli occhi, per sentirlo "lavorare"; basta aprirli, per vedere che il nostro corpo obbedisce ai nostri pensieri, alla nostra, invisibile, volontà. Se l'anatomista disseziona un cuore, non trova emozioni e sentimenti, ma solo un muscolo. Eppure i sentimenti agitano tutto il mio corpo, fanno arrossire la mia faccia, generano sorrisi o lacrime.
Se guardo un' azione di un'altra persona, vedo dei fatti, ma non scorgo il movente di quell' azione: ma senza quel movente, non ci sarebbe neppure quell' azione... Dunque ciò che non si vede è ancora una volta la causa di ciò che si vede. Così se osservo un bel quadro, vedo pigmenti, tracce materiale di colore, ma quel quadro non è solo quel colore, quei pigmenti, è soprattutto la fantasia, la creatività, la bravura intangibile, eppure efficace, del pittore.

LE INVISIBILI LEGGI DELLA FISICA
Ora il mio sguardo si allarga, e osservo i cieli e i pianeti: ma il loro movimento, il loro ordine, è dato dalle invisibili leggi fisiche. Come ci insegnano i matematici, da Pitagora in poi, tutta la natura visibile è regolata dai numeri, invisibili, incorporei, astratti, cioè colti con gli "occhi" della mente, fuori del tempo e dello spazio. I numeri e le leggi (invisibili, universali, permanenti, sempre identiche a se stesse), regolano realtà fisiche visibili, specifiche, transeunti, e le determinano, così che la materia non fa altro che obbedire. Ciò significa che mentre vediamo materia specifica (questo o quell'oggetto, questa o quella galassia, questo o quel fiore), che cresce, invecchia e si dissolve, non vediamo ciò che fa sì che tutto questo accada!
Per questo motivo i grandi matematici sono sempre stati dei metafisici: Cogito ergo sum ("penso dunque sono"), diceva Cartesio (1596-1650); i numeri e le leggi dei pianeti sono "pensieri di Dio", suggeriva Keplero (1571-1630); "Non c'è nessun dubbio che gli spiriti costituiscano la parte più importante del mondo e che i corpi esistano solo per stare al loro servizio", scriveva Leonardo Eulero (1707-1783); "L'affermazione che il nostro ego consiste di molecole di proteine mi sembra una delle più ridicole mai sentite...", affermava Kurt Gödel (1906-1978), mentre la scoperta della matematica fu per Albert Einstein (1879-1955) una vera rivelazione: "Mi parve una rivelazione del Sommo Artefice; non me lo dimenticherò mai".
[Estratto dal libro: Dieci brevi lezioni di filosofia, Francesco Agnoli, ed. Gondolin]

Fonte: Libertà e Persona, 14/11/2018

5 - TRANSESSUALE ASSASSINO E STUDENTESSA CHE NON SI PIEGA ALLA DITTATURA GAY: INDOVINATE CHI TRATTANO MEGLIO?
La studentessa che si è rifiutata di votare contro il fatto che si nasce maschi o femmine è stata insultata e minacciata come fosse una criminale, mentre a un assassino e violentatore viene pagata l'operazione per cambiare sesso (costo per lo Stato: 20mila euro)
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20-11-2018

Quello che sta passando Isabella Chow, studentessa della University of California di Berkeley, è sconcertante, sebbene lo sia ancora di più la forza e l'amore con cui sta reagendo ai suoi aggressori.
Isabella, di origine malesiana-cambogiana, iscritta contemporaneamente al terzo anno di Business Economics e a quello di Musica, senatrice del consiglio accademico per il partito Student Action, due settimane fa si è rifiutata di votare una risoluzione, presentata dall'associazione Lgbt Queer Resource Center (Quarc), che condannava l'amministrazione Trump per aver proposto la ridefinizione del sesso come un dato biologico presente fin dalla nascita. La ragazza si era rifiutata di votare a favore del provvedimento, comunque passato con il voto di 18 studenti contro 2 (uno era assente). Ma agli studenti di Berkeley non è bastato ottenere ciò che volevano quasi all'unanimità, solo il fatto che qualcuno non fosse d'accordo con loro, li ha irritati a tal punto da innescare una reazione violentissima contro la ragazza, che aveva persino spiegato le sue ragioni con chiarezza: «Non posso votare questo provvedimento senza scendere a patti con i miei valori e con la responsabilità che ho nei confronti della comunità che mi ha eletto come rappresentante. Come cristiana, credo personalmente che certi atti e condotte di vita confliggano con ciò che è giusto e vero. Credo che Dio abbia creato l'uomo e la donna all'inizio dei tempi e che abbia pensato al sesso all'interno del matrimonio fra uomo e donna. Per me, amare un'altra persona non significa acconsentire silenziosamente quando nel profondo del mio cuore non credo che le sue scelte siano giuste o le migliori per lei». Infine ha ribadito che ogni persona merita rispetto, protezione e amore, anche i cristiani.

L'INTOLLERANZA DEI SEDICENTI "TOLLERANTI"
Ma nemmeno l'espressione "amo te, ma non per forza ciò che fai" è stata sufficiente, perché l'ideologia Lgbt, dimostrando il suo carattere totalitario, pretende una completa adesione ai suoi assunti. L'alternativa è il linciaggio pubblico. Non a caso Chow, oltre ad essere stata scaricata dal partito, è stata insultata in un articolo del Daily Californian, che prima ha rifiutato la richiesta della giovane di poter spiegare la sua posizione sul giornale e poi l'ha accusata di fomentare odio e di creare «un ambiente tossico per la comunità Lgbt». Nel frattempo, l'Associated Students of the University of California (ASUC) si riuniva chiedendo le dimissioni della senatrice con tanto di cartelli "Senator Chow resign now" e di grida irose come se si trattasse di una criminale lasciata a piede libero. L'autore della risoluzione, Teddy Lake, le ha invece dato della bigotta, i cui commenti sono «inquietanti e inconciliabili», colmi di «pregiudizi pieni d'odio», mentre centinaia di studenti hanno votato una petizione accusando la senatrice di aver violato la costituzione dell'ASUC, definendo le sue parole come «violente, ipocrite e bigotte».
Fa sorridere che mentre si dà della retrograda ad una giovane e la si accusa di aver anche solo espresso le sue convinzioni, lei debba attraversare i corridoi dell'università mentre viene insultata con parolacce piene di furia, oltre a dover essere accompagnata dagli amici per non rischiare di essere fisicamente aggredita. Ma per i "politicamente corretti" e i "tolleranti" questo trattamento sarebbe il minimo meritato: l'ex candidato presidente dell'Asuc, Gia Cordova, ha commentato che prima di giusificarsi Chow deve chiedere scusa.
Ma come la ragazza riesca a continuare a frequentare i corsi in questo clima, oltre ad una forza che non pare del tutto umana, lo ha spiegato sempre lei a FoxNews: «Per quanto dura possa essere, se non rappresento almeno io la prospettiva cristiana - la prospettiva della minoranza - non ci sarà nessuno a farlo. Lo faccio per la comunità cristiana. So che sono stata chiamata in tempi come questi, la ritirata non è quindi un'opzione, specialmente quando ritirarsi significa cedere alle pressioni politiche e al politicamente corretto». Insomma, non è solo per non tradire se stessa che Chow agisce, ma con un senso di responsabilità come membro di un corpo, la Chiesa, che oggi è raro trovare persino nei credenti adulti.
Oltretutto, a dare speranza, è una determinazione piena di compassione: nonostante tutto il campus la guardi come una nazista, lei spiega che «è difficilissimo sentirsi dire "fott..i Isabella" o "ci vediamo all'inferno" e altre parole tremende che non voglio ripetere, ma so che sotto tutta quella rabbia e male…ci sono cuori feriti, che noi come chiesa dobbiamo affrontare con il massimo dell'amore e il massimo della verità insieme».

DUE PESI E DUE MISURE
Ovviamente però il giornale universitario Berkeley Political Review ha annunciato che Chow verrà rimossa dalla sua carica di manager Business e marketing, dato che le sue parole «violano direttamente e minacciano il nostro dovere di garantire che i nostri membri si sentano sicuri…che i loro contributi siano convalidati e protetti all'interno del nostro spazio», assecondando quella cultura assurda delle "zone di sicurezza" ideate nelle università americane per proteggere gli studenti, come fossero bambini, da qualsiasi opinione discordante con la propria. Non facendo altro che renderli sempre più incapaci di affrontare la realtà, tanto che ogni volta che essa è discordante dalle loro aspettative il timore diviene tale da generare reazioni tanto aggressive.
Così la giovane viene linciata per un suo commento nel silenzio istituzionale dell'università che per prima ingaggio la battaglia per la libertà di espressione. Mentre al di là dell'oceano, in Gran Bretagna, un uomo travestito da donna, Peter Laing, condannato nel 2013 per violenza sessuale tortura e omicidio di un uomo e spostato dalla prigione femminile in cui si trovava per aver violentato delle carcerate, viene assecondato con tolleranza e addirittura finanziato dallo Stato. Di fronte alla sua richiesta si essere sottoposto ad un'operazione chirurgica che gli rimuova i genitali maschili per farlo sentire femmina, il servizio sanitario nazionale ha acconsentito sborsando 20 mila sterline per l'operazione.
Insomma, nelle democrazie occidentali basta essere in linea con il pensiero unico e totalitario per essere ben accolti, non importa se si tratti di un assassino violentatore. Al contrario, chi dissente, pur avendo una condotta di vita impeccabile, diventa automaticamente un delinquente da punire sulla pubblica piazza.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20-11-2018

6 - LA FESTA DI CRISTO RE RICORDA LA SUA REGALITA' SOCIALE (CONTRO LAICISMO E ATEISMO)
Papa Pio XI istituì la festa della regalità sociale di Cristo per rispondere al dilagante laicismo degli Stati occidentali, iniziato con il pensiero illuminista e messo in pratica con la Rivoluzione francese
Fonte Radio Roma Libera, 28/10/2018

Allora Pilato Gli disse: "Dunque, Tu sei Re?". Rispose Gesù: "Tu lo dici: Io sono Re" - Cristo è Re come Dio e come uomo. È Re come Dio in quanto possiede insieme al Padre e allo Spirito Santo il potere più alto e più perfetto su tutto l'universo; è Re come uomo in due modi: prima in virtù dell'intima unione tra la sua Divinità ed Umanità (l'Unione Hypostatica) e secondo, in virtù della redenzione che meritò per Lui il potere assoluto su tutti gli uomini.
Questa regalità di Cristo su tutti gli uomini è soprattutto spirituale, ma anche sociale. Ed era per celebrare e per promuovere questa sua regalità sociale che Papa Pio XI scrisse la sua enciclica Quas primas e stabilì la festa di Cristo Re per la Chiesa universale.

LA REGALITÀ SOCIALE DI CRISTO
Ora, la regalità sociale di Cristo è il potere del Signore di intervenire negli affari degli uomini tramite l'intermediario della Santa Chiesa Cattolica. Lo scopo di questo intervento è che non solo i privati, ma anche i magistrati ed i governanti venerino Cristo pubblicamente e Gli prestino obbedienza; che non solo individui ma anche le società (nonché tutto il genere umano) si sottomettano all'impero ed alla potestà sovrana di Gesù Cristo.
Ebbene, a questo grave obbligo dell'uomo ad assumere il giogo di Cristo nell'ambito sociale si oppone la tesi nefasta e perniciosa del 'secolarismo'. Questa tesi, sviluppatasi a partire dal '900, è, nelle parole di San Pio X (Vehementer nos, del 1906) "la negazione chiarissima dell'ordine sovrannaturale. Essa rivoluziona ugualmente l'ordine molto saggio stabilito da Dio nel mondo; ordine che esige un'armoniosa concordia tra la Società Civile e la Società Religiosa. Queste due società hanno in effetti gli stessi soggetti, visto che ognuna di esse esercita nel proprio campo la sua autorità su di essi. La laicità dello Stato infligge gravissimi danni alla Società Civile stessa, perché non può né prosperare né durare a lungo, quando non si crei un posto alla Religione".

CHIESA E STATO
Purtroppo questa opposizione alla regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo è entrata fino a un certo qual grado anche nella mente di certi uomini di Chiesa, cioè nella loro prontezza di separare la Chiesa dallo Stato; nell'ecumenismo di cui Pio XI scrive: "La Religione Cristiana fu eguagliata ad altre religioni false ed indecorosamente abbassata al livello di queste"; e finalmente nella promozione di prosperità, progresso e pace sociale senza riferimento a Colui che è (nelle parole dello stesso Papa) "l'unico autore della prosperità e della vera felicità sia per i singoli cittadini, sia per gli Stati".
L'opposizione al Regno di Cristo è stata espressa e preannunciata già nella parabola della gente, che disse "non vogliamo che lui regni su di noi", e sarà vendicata nel Giudizio Universale, quando nelle parole della stessa enciclica: "Cristo, scacciato dalla società o anche solo ignorato e disprezzato, vendicherà acerbamente le tante ingiurie ricevute, richiedendo la Sua regale dignità, affinché la società intera si uniformi ai Divini Comandamenti e ai princìpi cristiani, sia nella legislazione e nell'amministrazione della giustizia, sia nel provvedere per la gioventù una sana educazione morale".
Esempi di questi crimini degli Stati contemporanei abbiamo visto nelle iniziative del tutto vergognose di proporre come matrimonio alleanze abominevoli ed intrinsecamente pervertite e di proporre con un sottile e menzognero velo di decenza sotto il nome di "corsi sul corpo e affettività" dei programmi per offuscare le menti dei nostri figli, distruggere le loro anime e massacrare i non-nati, che si potrebbero concepire in seguito alla licenza morale a loro avocata.

DOVE SONO I CRISTEROS OGGI?
Chi possiede oggi il coraggio tra i nostri governanti o i nostri Prelati di ergersi contro questi oltraggi alla legge naturale, alla legge divina, alla ragione stessa, ma soprattutto al nostro Divino Re? Dov'è lo spirito che abbiamo visto cento anni fa in Messico, lo spirito dei Cristeros che si sono opposti al regime anti-cattolico del loro Stato, che prestarono giuramento di fedeltà a Cristo Re e alla Santissima Vergine di Guadalupe, ricevettero il Crocefisso al collo per mano del sacerdote e salutarono i loro compagni col saluto "arrivederci in Paradiso", come preludio al loro probabile martirio?
Dove lo spirito del loro capo, l'avvocato Josè Anacleto Gonzalez Flores, che morì torturato pregando per il suo carnefice, lo spirito espresso nel suo testamento nelle parole seguenti: "Gesù misericordioso! I miei peccati sono più numerosi delle gocce di sangue che versaste per me. Non merito di appartenere all'esercito che difende i diritti della Vostra Chiesa e che lotta per Voi. Vorrei non aver mai peccato in modo tale che la mia vita fosse un'offerta gradevole ai Vostri occhi. Lavatemi dalle mie iniquità e purificatemi dei miei peccati. Per la Vostra Santa Croce, per la mia Santissima Madre di Guadalupe, perdonatemi! Non ho saputo fare penitenza dei miei peccati, per questo motivo voglio ricevere la morte come una punizione meritata per essi. Non voglio combattere, né vivere, né morire, se non per Voi e per la Vostra Chiesa. Madre Santa di Guadalupe accompagnate nella sua agonia questo povero peccatore. Concedetemi che il mio ultimo grido sulla terra ed il mio cantico nel Cielo sia, Viva Cristo Re!".

Nota di BastaBugie: Cristina Siccardi nell'articolo seguente dal titolo "Il rimedio al laicismo" spiega perché Pio XI istituì la festa di Cristo Re nel 1925.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Radici Cristiane:
Per rispondere al dilagante laicismo degli Stati occidentali, iniziato con il pensiero illuminista e messo in pratica con la Rivoluzione francese, Pio XI istituì la festa di Cristo Re con l'enciclica Quas Primas dell'11 dicembre 1925. Tale scelta si poneva come perno dottrinale fra la beatificazione dei «Martiri di settembre» (17 ottobre 1926) e la formale condanna dell'Action française, con l'allocuzione concistoriale del 20 dicembre 1926, dove il Pontefice (ponendosi in linea con il Ralliement di Leone XIII) non cedeva alle pressioni del pensiero controrivoluzionario, ma a quelle di chi pensava che era bene tenere buoni rapporti con la Repubblica francese, Repubblica che continuò, nonostante la mano tesa dalla Santa Sede, a perseguitare clero, episcopati e Chiesa intera.
Ma chi erano i «Martiri di settembre»? Dal 2 al 5 settembre 1792 vennero massacrati oltre mille detenuti delle carceri parigine. In un tribunale allestito all'interno del convento dei Carmelitani scalzi furono giudicati e condannati molti consacrati a Cristo che si erano rifiutati di prestare giuramento alla Costituzione civile del clero. Perirono in odium fidei o furono ostaggi politici, giustiziati come traditori della nazione? Una lunga e difficile indagine venne svolta dalla Congregazione dei Riti e il 17 ottobre 1926, riconosciuto il martirio, Pio XI beatificò 191 persone, per lo più religiosi e sacerdoti, compresi tre vescovi, che diedero la vita per la loro pubblica appartenenza a Cristo.
La Quas Primas proclama la festa della «realtà sociale permanente e universale di Gesù Cristo» contro lo Stato ateo e secolarizzato, «peste del nostro tempo». La preoccupazione del Papa era quella di chiarire che i mali del mondo venivano dall'aver allontanato sempre più Cristo «e la sua santa legge» dalla pratica della loro vita, dalla famiglia e dalla società, «ma altresì che mai poteva esservi speranza di pace duratura fra i popoli, finché gli individui e le nazioni avessero negato e da loro rigettato l'impero di Cristo Salvatore». Necessaria ed indispensabile per il magistero della Chiesa era pertanto la Restaurazione del Regno di Nostro Signore e la proclamazione di Cristo quale Re dell'Universo. Di grande attualità risulta l'analisi di Papa Ratti di un mondo moderno che decise e decide volontariamente di fare a meno di Dio:
«Ora, se comandiamo che Cristo Re venga venerato da tutti i cattolici del mondo, con ciò Noi provvederemo alle necessità dei tempi presenti, apportando un rimedio efficacissimo a quella peste che pervade l'umana società. La peste della età nostra è il così detto laicismo coi suoi errori e i suoi empi incentivi; [...] tale empietà non maturò in un solo giorno ma da gran tempo covava nelle viscere della società. Infatti si cominciò a negare l'impero di Cristo su tutte le genti; si negò alla Chiesa il diritto - che scaturisce dal diritto di Gesù Cristo - di ammaestrare, cioè, le genti, di far leggi, di governare i popoli per condurli alla eterna felicità. E a poco a poco la religione cristiana fu uguagliata con altre religioni false e indecorosamente abbassata al livello di queste; quindi la si sottomise al potere civile e fu lasciata quasi all'arbitrio dei principi e dei magistrati. Si andò più innanzi ancora: vi furono di quelli che pensarono di sostituire alla religione di Cristo un certo sentimento religioso naturale. Né mancarono Stati i quali opinarono di poter fare a meno di Dio, riposero la loro religione nell'irreligione e nel disprezzo di Dio stesso».
Il Sommo Pontefice, già nell'enclicla Ubi arcano Dei lamentava che i semi della discordia accendevano «odii e quelle rivalità tra i popoli, che tanto indugio ancora frappongono al ristabilimento della pace; l'intemperanza delle passioni che così spesso si nascondono sotto le apparenze del pubblico bene e dell'amor patrio; le discordie civili che ne derivarono, insieme a quel cieco e smoderato egoismo sì largamente diffuso, il quale, tendendo solo al bene privato ed al proprio comodo, tutto misura alla stregua di questo; la pace domestica profondamente turbata dalla dimenticanza e dalla trascuratezza dei doveri familiari; l'unione e la stabilità delle famiglie infrante, infine la stessa società scossa e spinta verso la rovina».
Togliere al Figlio di Dio (Creatore di «tutte le cose visibili ed invisibili», come recita il Credo) il potere sulle cose temporali è tragico per tutti gli uomini. «Non toglie il trono terreno Colui che dona il regno eterno dei cieli», sta scritto nel Breviario Romano («Inno del Mattutino dell'Epifania») e Pio XI, nella Quas Primas, afferma che non c'è differenza fra gli individui e «il consorzio domestico e civile» e soltanto Cristo è «la fonte della salute privata e pubblica: è lui solo l'autore della prosperità e della vera felicità sia per i singoli sia per gli Stati». Tutto ciò corrispondeva al voto espresso nell'assemblea dei Cardinali e degli Arcivescovi francesi del 10 marzo 1925 in una riunione sul tema Sur les lois dites de laicité et sur les misure à prendre pour les combattre (Sulle leggi dette di laicità e sulle misure da prendersi per combatterle).
Nel giorno della beatificazione dei «Martiri di settembre», alla Semaine religieuse di Lille, venne auspicato che si realizzasse la profezia del visconte Louis-Gabriel-Ambroise de Bonald (1754-1840): la «rivoluzione ha avuto inizio con la Dichiarazione dei diritti dell'uomo, [...] essa non finirà che con la dichiarazione dei diritti di Dio».

Fonte: Radio Roma Libera, 28/10/2018

7 - LA REGIONE TOSCANA OFFRE CONTRACCETTIVI GRATIS (A NOSTRE SPESE, OVVIAMENTE!)
Profilattici e pillole del giorno dopo gratis ai ragazzi tra i 14 ed i 24 anni... ma anche a donne che hanno partorito o abortito... e pure a chi è povero
Fonte Corrispondenza Romana, 14/11/2018

Un tempo questa notizia avrebbe suscitato scandalo. Avrebbe fatto discutere, posto problemi per lo meno di ordine morale ed educativo, messo a confronto autorità sanitarie e famiglie. Oggi, invece, no. Viene pubblicata senza particolare enfasi, non crea dibattito, passa quasi inosservata. Ed è quest'indifferenza generale, oltre ai contenuti in oggetto, ciò che fa più male a proposito della delibera approvata dalla giunta toscana, con cui si stabilisce di distribuire nei consultori contraccettivi gratis ai ragazzi tra i 14 ed i 24 anni. Dove per "contraccettivi" s'intende tutto, dai profilattici alla pillola del giorno dopo, dagli spermicidi alla spirale, dalla pillola estroprogestinica al cerotto transdermico, dall'anello contraccettivo alla contraccezione sotto cute. Con una leggerezza sconcertante... Persino di un vaccino antinfluenzale si tengono in maggior conto le controindicazioni.

NUMERI DA USARE A PIACIMENTO
Ma, per giustificare la scelta politica - in Toscana a governare sono le Sinistre - si fan ballare i numeri. E ci si affida a statistiche e percentuali, come ad esempio allo studio Edit dell'Ars-Agenzia Regionale di Sanità, in cui si dice certi che gli adolescenti tra i 14 ed i 19 anni abbiano rapporti sessuali sempre più frequenti e con "protezioni" progressivamente minori. In particolare, il 41,6% di loro avrebbe già avuto un rapporto completo, ma, di questi, solo il 56,3% avrebbe fatto ricorso al profilattico.
Da qui si evince subito come l'asticella della questione sia stata spostata e scorrettamente posizionata: a scatenare l'allarme, infatti, non sembrano essere le scelte intime di questi ragazzini, bensì il fatto che usino o meno il preservativo.

ADOLESCENTI... MA NON SOLO
Allo stesso modo la risposta non è data da programmi di educazione alla morale, di cui nessuno parla, bensì da programmi di educazione alla salute attraverso campagne nelle scuole, dove ad esser problematizzato non è l'atto in sé (con tutte le implicanze affettive, psicologiche ed etiche del caso), bensì l'utilizzo o meno dello strumento. Al punto da giungere all'erogazione gratuita (il che significa, in realtà, con fondi pubblici, quindi soldi nostri) di condom fino ai 24 anni presso consultori ed ambulatori ostetrico-ginecologici delle strutture sanitarie pubbliche oppure, dietro prescrizione medica, anche nelle farmacie. Assieme a materiale informativo e dépliant. Cosa poi ne facciano questi giovani, affar loro, secondo la maggioranza al governo di Palazzo Strozzi, sede della Regione Toscana.
Ma gratis i preservativi saranno anche per soggetti appartenenti a fasce di reddito particolari, nonché per quelle donne tra i 26 ed i 45 anni, che abbiano scelto la contraccezione entro 12 mesi dal parto o entro 24 mesi da un aborto.
Possibile che nessuna voce si levi di fronte ad una simile distribuzione generalizzata di condom a spese del contribuente? [...]

Fonte: Corrispondenza Romana, 14/11/2018

8 - SANTIAGO GAPP, IL SACERDOTE MARTIRE CHE AFFRONTO' HITLER
Diceva ''Dio è il tuo Dio, non Adolf Hitler'' e la Gestapo gli proibì di insegnare, ma lui continuò a testimoniare la fede cattolica, rifiutò di indossare il distintivo con la svastica e difese Pio XI dalle calunnie dei nazisti
Autore: Ermes Dovico - Fonte: Sito del Timone, 16/11/2018

Ieri era in programma a Valencia l'anteprima di un documentario di 30 minuti, dal titolo Santiago Gapp, el sacerdote que se enfrentó a Hitler (Giacomo Gapp, il sacerdote che affrontò Hitler), che racconta la vita del marianista austriaco Giacomo Gapp (1897-1943), catturato con l'inganno dalla Gestapo e ghigliottinato per la sua ferma opposizione al nazismo. Il documentario, coprodotto dalla Società di Maria e da MC Audiovisuales, è stato registrato in Austria, Francia, Germania e Spagna, cioè nei luoghi maggiormente legati alle vicende di questo martire del XX secolo, beatificato da Giovanni Paolo II il 24 novembre 1996 con il riconoscimento del martirio in odium fidei. I produttori del cortometraggio, riferisce Aci Prensa, si sono basati sui documenti originali, compresi alcuni inediti, come la condanna a morte da parte del tribunale nazista e il telegramma inviato dal direttore della prigione dove il prete venne decapitato.

CHI ERA PADRE GAPP?
Giacomo (Jakob) Gapp era nato il 26 luglio 1897 in una famiglia numerosa di Wattens (era il settimo figlio), un piccolo comune del Tirolo. Nella prima guerra mondiale militò nell'esercito austriaco, combattendo sul fronte italiano e meritando una medaglia d'argento per il coraggio mostrato sul campo di battaglia, dove aveva subito una grave ferita. Alla fine del conflitto venne fatto prigioniero di guerra, passando oltre nove mesi in internamento. Il 13 agosto 1920, esattamente 23 anni prima della sua nascita al cielo, fece il suo ingresso tra i marianisti, dopo aver sentito parlare di loro da un parente.
Con l'ascesa al potere di Hitler, iniziò a predicare contro i mali del nazismo. «Dio è il tuo Dio, non Adolf Hitler», andava dicendo. In seguito all'invasione dell'Austria, nel marzo 1938, da parte delle truppe tedesche, i suoi superiori gli fecero lasciare Graz temendo per la sua vita. La Gestapo gli ordinò poi di non insegnare religione, ma il sacerdote continuò comunque a testimoniare con fortezza la fede cattolica, esortando ad amare tutti, senza distinzioni razziali. Rifiutò di indossare un distintivo con la svastica, affrontò in pubblico un insegnante che diceva di «odiare i Cechi e gli Ebrei» e l'11 dicembre 1938 tenne un sermone per difendere Pio XI dalle calunnie dei nazisti.
L'anno precedente, nel marzo 1937, papa Ratti aveva pubblicato la Mit brennender Sorge (Con bruciante preoccupazione), l'unica enciclica della storia edita direttamente in tedesco (per facilitarne la diffusione nelle chiese della Germania) e contenente una durissima condanna del nazismo. Essa avvertiva che chi eleva la razza, il popolo o lo Stato «a suprema norma di tutto, anche dei valori religiosi e, divinizzandoli con culto idolatrico, perverte e falsifica l'ordine, da Dio creato e imposto, è lontano dalla vera fede in Dio e da una concezione della vita ad essa conforme»; e si riferiva a Hitler come all'«inimicus homo della Sacra Scrittura» che sparge «la zizzania della sfiducia, della discordia, dell'odio, della diffamazione, di un'avversione profonda, occulta e palese, contro Cristo e la sua Chiesa».

UNA TRAPPOLA MORTALE
Padre Gapp incoraggiò i fedeli a leggere e diffondere l'enciclica di Pio XI. Con l'appesantimento del regime nazista in Austria, gli fu consigliato di espatriare poiché era ormai un bersaglio. Visse per alcuni mesi in Francia e nel maggio 1939 raggiunse la Spagna, servendo nelle comunità marianiste di Valencia, Cadice e San Sebastián. Ma la Gestapo lo riteneva un pericolo pubblico e continuava a seguire i suoi movimenti. Durante il soggiorno a Valencia, due agenti segreti nazisti riuscirono a conquistare la sua fiducia. Alla fine venne convinto a recarsi al confine con la Francia per aiutare degli ebrei in fuga e amministrare loro il Battesimo: ma era solo una trappola. Il 9 novembre 1942 padre Gapp entrò nel comune pirenaico di Hendaye (già suolo francese), sotto il controllo nazista, e fu arrestato e condotto a Berlino. La sopportazione delle torture e la saldezza in Cristo mostrata durante gli interrogatori spinsero Heinrich Himmler a leggere tutte le trascrizioni dei verbali del sacerdote. Il gerarca nazista, impressionato, arrivò a commentare: «Con un milione di Giacomo Gapp, ma della nostra ideologia, domineremmo il mondo».
All'ora di pranzo del 13 agosto 1943, padre Gapp seppe che la sua decapitazione sarebbe avvenuta la sera stessa. Scrisse allora due lettere, una delle quali - indirizzata ai familiari - recitava così: «Mi hanno condannato a morte il 2 luglio, festa del Sacro Cuore. La sentenza verrà eseguita oggi. Alle 7 del pomeriggio andrò nella casa del mio amato Salvatore, che ho sempre amato con fervore. Non piangete per me! Sono totalmente felice. Naturalmente ho dovuto passare molte ore dolorose, ma ho potuto prepararmi molto bene alla morte. Abbiate coraggio e sopportate ogni cosa per amore di Dio, affinché possiamo incontrarci di nuovo in Cielo».

Fonte: Sito del Timone, 16/11/2018

9 - OMELIA SOLENNITA' CRISTO RE - ANNO B (Gv 18,33-37)
Il mio regno non è di questo mondo (VIDEO: dialogo tra Pilato e sua moglie su come sentire la verità)
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Oggi, ultima domenica del Tempo ordinario, è la solennità di Cristo Re. Il Vangelo ci propone la scena dell'incontro di Cristo con Pilato. Il Re dell'universo sta davanti al rappresentante di una potenza terrena destinata a cadere. Egli, l'uomo che proclama la libertà dei figli di Dio, è prigioniero: Egli, la Santità stessa, è punito come un malfattore. È proprio in questo violento contrasto che appare in tutta la sua grandezza la Missione reale di Cristo Salvatore.
Gesù, interrogato da Pilato, afferma chiaramente di non aspirare ad un potere politico: «Il mio regno non è di questo mondo» (Gv 18,36), ma non nega di avere un regno di natura ben diversa. Gesù non rifiuta il titolo di re, ma ne precisa il significato profondo. Mentre il Signore si era sempre sottratto alle folle che nei momenti di entusiasmo volevano proclamarlo re, ora che sta per essere condannato a morte e si sta avviando alla Croce, confessa chiaramente la sua regalità. E, alla domanda di Pilato: «Dunque tu sei re?» (Gv 18,37), risponde: «Tu lo dici: io sono re» (ivi).
Gesù è il Re dell'universo perché è il Figlio di Dio, perché, insieme al Padre e allo Spirito Santo è il Creatore di ogni essere visibile e invisibile. Inoltre, è il Re dell'universo perché, con la sua Incarnazione, Morte e Risurrezione, Egli è il Redentore, ovvero Colui che salva il mondo intero dal naufragio del peccato. Noi tutti siamo di Gesù, apparteniamo a Lui, per creazione e per redenzione: Egli è il nostro Re.
Su questa terra, tutte le potenze umane sono destinate a cadere. La storia insegna che ad un impero ne succede un altro e che tutto ciò che è umano poggia su delle fondamenta vacillanti. Solo il Regno di Gesù Cristo durerà per sempre e la prima lettura di oggi dice chiaramente: «Il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai» (Dn 7,14). Lungo i secoli in molti hanno cercato di cancellare il Cristianesimo dalla faccia della terra, ma nessuno di essi vi è riuscito. Uno dei più fieri persecutori della Chiesa fu Napoleone, il quale finì la sua vita relegato all'isola di Sant'Elena chiedendo perdono a Dio dei suoi peccati e confessandosi con vero pentimento da un sacerdote mandato appositamente dal Papa.
La regalità di Cristo consiste nell'annunciare la Verità, nel condurre gli uomini alla Verità suprema, liberandoli da ogni tenebra di errore e di peccato: «Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità» (Gv 18,37). Se pertanto vogliamo che Gesù regni su di noi, in nessun modo devono regnare in noi il peccato e la menzogna. Dobbiamo dunque professare la retta Fede, la Fede trasmessa dagli Apostoli che si custodisce nella Chiesa, e vivere in conformità al Vangelo, secondo la morale insegnata infallibilmente dal Magistero. Non accettare la Fede e la morale della Chiesa significa rifiutare la Verità e allontanarci da Cristo Re.
Per questa Fede, molti cristiani hanno affrontato la morte, preferendo la regalità di Cristo piuttosto che la schiavitù del peccato. Uno di questi martiri è stato il beato Michele Pro che rese la suprema testimonianza di fedeltà a Cristo e alla Chiesa durante la violenta persecuzione che scoppiò nel Messico nella prima metà del secolo ventesimo. Egli era un sacerdote gesuita e, durante la persecuzione fino al giorno della sua cattura, esercitò di nascosto il suo ministero sacerdotale in mezzo a pericoli di ogni genere. Venne purtroppo il giorno della sua cattura e, infine, fu condannato alla fucilazione. Morì gridando: «Viva Cristo Re!», entrando così nel Regno eterno preparato per tutti coloro che servono fedelmente su questa terra Gesù, il Re eterno.

Nota di BastaBugie: dopo aver chiesto a Gesù che cos'è la verità, nel film la Passione di Mel Gibson, Pilato si confronta sull'argomento con la moglie Claudia. Lei sostiene di sentire la verità e allora il marito le chiede come si faccia a sentirla. Claudia gli risponde: "Se non vuoi ascoltare la verità, nessuno te la può dire". Infatti, come dice Gesù a Pilato, nel Vangelo di questa domenica, chi vuole sentire la verità ascolta la Sua voce. Ne deriva che chi non vuole ascoltare la verità, non ascolta Gesù... ma solo se stesso e le proprie voglie.


https://www.youtube.com/watch?v=NxOVRASPbKs

PER INTEGRARE L'OMELIA

Per integrare l'omelia della solennità di Cristo Re va approfondito il tema della Regalità sociale di Cristo, principio cardine della Dottrina Sociale della Chiesa.
Molto utile al riguardo il seguente articolo da noi pubblicato in passato:

IL SACRO CUORE DI GESÙ
Il Suo significato è la regalità sociale di Cristo
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=676

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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