BastaBugie n�595 del 16 gennaio 2019

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1 CHI E' CESARE BATTISTI E PERCHE' SCONTERA' FINALMENTE I SUOI CRIMINI IN PRIGIONE
Membro dei Proletari Armati per il Comunismo, tanti reati, quattro delitti, condanne definitive... eppure Battisti ha goduto di immunità e coperture per quarant'anni (ed è tuttora difeso da fior di intellettuali di sinistra)
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 SEI ORGOGLIOSO O UMILE?
L'uomo orgoglioso ha una opinione alta di se stesso, crede di essere il centro dell'universo, parla di se stesso, si vanta e si aspetta molto dagli altri, invece l'umile...
Fonte: Radio Roma Libera
3 LA SCIENZA NON PUO' NEGARE CHE LA TERRA SIA GIOVANE E LA CREAZIONE DELL'UNIVERSO SIA AVVENUTA DAVVERO IN SEI GIORNI
Pio XII ribadì che i primi 11 capitoli della Genesi sono storici in un senso vero (del resto fino al 1800 nessuno metteva in dubbio che la creazione fosse avvenuta in sei giorni e che la terra avesse solo qualche migliaio di anni)
Autore: Padre Angelo Bellon - Fonte: Amici Domenicani
4 LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI DA' RAGIONE ALLA GERMANIA CHE VIETA L'HOMESCHOOLING
Nella casa di una famiglia 33 poliziotti e 7 assistenti sociali fanno irruzione per impedire che i genitori educhino i loro figli e così lo Stato li possa indottrinare
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 L'AUTORITA' VIENE DA DIO, NON DAL SANGUE O DAL VOTO DEI CITTADINI
La discendenza (monarchia) oppure il voto (democrazia) indicano chi governa, ma non sono in grado di legittimarlo, ossia di stabilire se sia giusto che governi in quanto l'autorità (anche quella politica) viene solo da Dio
Autore: Stefano Fontana - Fonte: Il Timone
6 SAN GIOVANNI NEPOMUCENO, IL MARTIRE A CINQUE STELLE DEL SEGRETO DELLA CONFESSIONE
Il re Venceslao sospettando che sua moglie fosse infedele ordinò al santo di rivelargli ciò che gli diceva nella confessione, ma egli rifiutò e perciò il re lo fece gettare nel fiume Moldava dove morì annegato il 20 marzo 1383 (VIDEO: San Giovanni Nepomuceno)
Autore: Gianpiero Pettiti - Fonte: Santi e Beati
7 IL CANADA PUNTA A SOPPRIMERE I BAMBINI SENZA DIRLO AI GENITORI... IN NOME DELLA PRIVACY
L'eutanasia dei bambini sta scivolando nella prassi come un aborto tardivo, ma al pari dell'aborto è un omicidio
Autore: Caterina Giojelli - Fonte: Tempi
8 LE PREDICHE CORTE DI DON CAMILLO
Racconto tratto dal bel libro del direttore del Timone ''E continuavano a chiamarlo don Camillo''
Autore: Lorenzo Bertocchi - Fonte: Blog di Costanza Miriano
9 OMELIA II DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Gv 2,1-11)
Qualsiasi cosa vi dica, fatela
Fonte: Il Settimanale di Padre Pio

1 - CHI E' CESARE BATTISTI E PERCHE' SCONTERA' FINALMENTE I SUOI CRIMINI IN PRIGIONE
Membro dei Proletari Armati per il Comunismo, tanti reati, quattro delitti, condanne definitive... eppure Battisti ha goduto di immunità e coperture per quarant'anni (ed è tuttora difeso da fior di intellettuali di sinistra)
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15-01-2019

12 anni per possesso illegale di armi da fuoco e banda armata con aggravante di associazione sovversiva. Questa la sentenza del processo di primo grado. Dopo il quale, Cesare Battisti è evaso nel lontano 1981, per rifugiarsi prima in Francia, poi in Messico, poi ancora in Francia e infine in Brasile. Nel corso della sua lunghissima latitanza, nel 1985 è stato condannato per l'omicidio di quattro persone, due omicidi commessi personalmente altri due in concorso di colpa, sentenza confermata nel 1991 dalla Corte di Cassazione. Viene poi condannato all'ergastolo con sentenza della Corte d'assise d'appello di Milano nel 1988 (confermata dalla Cassazione nel 1993) per omicidio plurimo, oltre che per i reati di banda armata, rapina e detenzione di armi. Con una fedina penale così carica di reati, come si spiegano tante protezioni politiche e una vasta rete di solidarietà fra gli intellettuali?

I PROLETARI ARMATI PER IL COMUNISMO
La biografia dell'ex terrorista rosso, membro dei Proletari Armati per il Comunismo (Pac) alla fine degli anni '70, pare quella dei tanti jihadisti protagonisti di questa ultima stagione del terrorismo. Figlio di militanti comunisti, si iscrive presto alla Fgci (la gioventù comunista, dell'allora Pci) e poi la molla, si iscrive al liceo e poi lo molla, ha da subito un'adolescenza violenta, con due arresti per rapina. Arrestato di nuovo durante il servizio militare per aver picchiato un superiore, in carcere a Udine incontra l'ideologo del Pac, Arrigo Cavallina e si "radicalizza" come si direbbe oggi. Le sue precedenti rapine, l'aggressione ad un sottufficiale, l'adolescenza violenta, diventano per lui, a posteriori tappe di un percorso politico. Il comunismo trasforma così una rapina in un esproprio proletario, un'aggressione in un atto di resistenza. Tornato a casa, vede che il suo ambiente è stato devastato dalla diffusione dell'eroina (la droga dominante alla fine degli anni '70) e si convince che sia un complotto dello Stato per stroncare una gioventù rivoluzionaria. E quindi si trasferisce a Milano, dove si imbarca nell'impresa terrorista dei Pac. Per Cesare Battisti, che si proclama tuttora innocente e nega di aver partecipato ai delitti di cui è accusato, la sua è stata solo un'esperienza fugace e puramente politica, senza violenza. Dichiara di essere uscito dai Pac nel 1978, prima dei delitti per cui è condannato come colpevole. Tuttora dichiara di non aver mai sparato, se non per la caccia o per esercizio. Mentre i suoi ex compagni di lotta, poi pentiti, fra cui il testimone chiave Pietro Mutti, lo hanno visto sparare in due occasioni, votare per condannare a morte, far da palo a un delitto.

LA VERITÀ DEI PROCESSI A BATTISTI
La verità processuale è comunque l'unica fonte affidabile che abbiamo a disposizione, a meno di non voler credere solo all'accusato e ai suoi difensori, contro testimoni e magistrati di tre gradi di giudizio in ben sette processi. E secondo la verità processuale, Cesare Battisti, assieme a una complice, Enrica Migliorati (poi condannata a 22 anni di carcere), ha sparato all'agente Antonio Santoro, maresciallo del Corpo degli agenti di custodia. Il delitto avviene a Udine, il 6 giugno 1978, l'attentato viene rivendicato dai Pac. Il 16 febbraio 1979, un gruppo di fuoco spara sul gioielliere Pierluigi Torregiani, mentre, in compagnia dei figli adottivi, sta aprendo il suo negozio, a Milano. A ucciderlo è Giuseppe Memeo, protagonista della foto-simbolo degli anni di piombo (quella che lo vede incappucciato e inginocchiato mentre prende la mira con la sua pistola, in una "manifestazione" in via De Amicis, a Milano). Il figlio del gioielliere, Alberto, 15 anni, colpito per errore nello scontro a fuoco alla spina dorsale, resta invalido per tutta la vita. Cesare Battisti non c'è, ma i pentiti dei Pac lo individuano come uno degli uomini che hanno condannato a morte Torregiani, in una riunione organizzativa che ha preceduto l'azione terroristica. Battisti, in quel momento è in Veneto, a Santa Maria di Sala, a fare da palo a un altro gruppo di fuoco dei Pac, che uccide il macellaio Lino Sabbadin. Il 19 aprile successivo, invece, è Cesare Battisti stesso che apre il fuoco e uccide l'agente della Digos Andrea Campagna.

LA SUA SCARCERAZIONE CHIESTA DA 1500 INTELLETTUALI NEL 2004
I dubbi sulla verità processuale sono sempre doverosi e i garantisti sono in prima linea nel difendere Battisti dal linciaggio. C'è sempre la possibilità, per quanto remota, che il colpevole sia in realtà un innocente. Tutto è possibile, questo è bene premetterlo, specie se l'accusa si fonda sulla testimonianza di pentiti, come nei processi di Mafia: persone che ottengono sconti di pena in cambio di collaborazione con la giustizia. Ma, detto questo, perché dovremmo credere solo a Battisti e non ai magistrati dei suoi sette processi? Al di là dei garantisti (pochi), a difendere la sua innocenza e a considerarlo un perseguitato politico c'è uno stuolo di firme dell'intellighenzia di sinistra. Nomi di persone che, in altri casi, sono stati molto attivi nel chiedere condanne di politici a loro invisi. Fra queste firme vi troviamo i sostenitori nel suo "esilio" francese Bernard Henri Levy, Tahar Ben Jalloun, Daniel Pennac, il premio Nobel colombiano Gabriel Garcia Marquez, mentre in Italia è sostenuto, fra gli altri, da Valerio Evangelisti, Vauro Senesi, Paolo Cento, Giovanni Russo Spena. Le 1500 firme, raccolte nel 2004 per chiedere la sua scarcerazione dopo l'arresto avvenuto in Francia, si possono leggere tutte qui. Per dovere di cronaca: c'era anche la firma dello scrittore Roberto Saviano, ma poi l'ha ritirata nel 2009. Le autorità francesi, che hanno protetto Battisti fino al 2004, non hanno mai concesso l'estradizione nel nome della "dottrina Mitterrand", cioè la protezione data, in via automatica, a tutti i fuggitivi degli anni di piombo. Una dottrina che si basava, unicamente, sul presupposto che in Italia la magistratura fosse inaffidabile. Saltata questa copertura, Battisti ha trovato un altro protettore importante: il presidente Lula, in Brasile. Il presidente brasiliano ha dovuto lottare non poco anche contro le sentenze della magistratura del suo stesso paese, che aveva arrestato Battisti nel 2007 e lo aveva ritenuto estradabile (sentenza del Supremo Tribunale Federale nel 2009). Solo dopo la vittoria elettorale del candidato di destra, Bolsonaro, la copertura politica di Battisti è saltata e appena un paio di mesi dopo è stato arrestato ed estradato in Italia.

LE SENTENZE DI MORTE DEI PROLETARI ARMATI PER IL COMUNISMO
Per comprendere realmente la natura di tante e tali protezioni politiche, occorre rileggere le sentenze di morte delle vittime dei Pac. Perché è in quelle sentenze che si trova di nuovo la causa di tutto, cioè il comunismo, l'ideologia marxista leninista. Se Battisti fosse stato un semplice rapinatore, se avesse ucciso poliziotti e gioiellieri per arricchirsi in modo illecito, sarebbe finito in qualche colonnina di cronaca nera e questi anni li avrebbe passati in galera. O da semplice latitante in fuga, ricercato dalla polizia e senza alcun politico, giornalista, scrittore o accademico schierato in sua difesa. Invece i Pac hanno ucciso Antonio Santoro perché era un "torturatore del proletariato". E chi lo aveva detto? La stampa politica dell'epoca, Lotta Continua prima di tutto. I Pac non hanno assassinato Pierluigi Torreggiani per rapinare il suo negozio, ma perché Pierluigi Torreggiani, filantropo e uomo molto noto e stimato nella Milano di allora, vincitore dell'Ambrogino d'Oro, si era difeso un mese prima da un tentativo di rapina. E allora la stampa politica dell'epoca, inclusa La Repubblica, lo aveva definito "giustiziere". E la cosa non dovrebbe stupirci per niente, basti vedere il tenore dei commenti quando qualcuno spara per difendere se stesso, la sua casa o il suo negozio dai rapinatori. Sabbadin non lo hanno ammazzato per rapinare la sua macelleria. I Pac lo volevano morto perché era un militante dell'Msi e perché, anche lui, aveva osato difendere il suo negozio sparando contro i rapinatori e uccidendone uno. Aveva osato opporsi ad un "esproprio proletario", ad una redistribuzione spontanea della proprietà. Quindi era anche lui un "nemico del popolo". Come lo era Andrea Campagna, agente della Digos che aveva osato arrestare i membri dei Pac nell'ambito dell'indagine sul delitto Torregiani. E la sua foto era stata pubblicata, in bella mostra, al fianco degli arrestati.
Ebbene sono questi i moventi dei delitti firmati dai Pac, per cui Cesare Battisti è stato condannato. L'ideologia comunista non è stata rinnegata, mai, da nessuno. Al massimo se ne contestano i metodi, non i fini. E chi ci ha creduto, raramente ammette che è un'ideologia intrinsecamente violenta, perché teorizza la lotta di classe (che è lotta armata: implica l'uccisione dei nemici di classe). Allora il comunismo era dominante nel mondo della cultura, anche se era escluso dal potere politico. La stampa, il mondo intellettuale di allora, ha giocato un ruolo fondamentale: i giornalisti additavano, i terroristi sparavano. Una dinamica drammaticamente comune a tanti altri omicidi del terrorismo degli anni '70, a partire da quello del commissario Luigi Calabresi. Ecco perché tanti intellettuali, anche quelli solitamente giustizialisti, oggi si riscoprono improvvisamente innocentisti e garantisti.

Nota di BastaBugie:
Andrea Zambrano nell'articolo seguente dal titolo "Terroristi coperti, ecco come la Francia viola le leggi" rivela che per la gran parte dei terroristi italiani condannati con sentenza passata in giudicato e scappati all'estero il motivo principale che impedisce che scontino il loro reato in Italia è principalmente politico. Il mandato di arresto europeo infatti è immediatamente eseguibile, ma sempre disatteso dai francesi. Una violazione palese che ora andrà affrontata a livello politico.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 15 gennaio 2019:
Non c'entra la cosiddetta Dottrina Mitterand per i "francesi" e neppure il fatto che in alcuni casi, come quello di Alvaro Lojacono la sua cittadinanza svizzera impedirebbe che sconti la pena in carcere. Per la gran parte dei terroristi italiani condannati con sentenza passata in giudicato e scappati all'estero il motivo principale che impedisce che scontino il loro reato in Italia è principalmente politico.
Da quando nel 2002 è stato siglato da tutti i paesi europei il mandato di arresto europeo non c'è dottrina che tenga. Potrebbero essere estradati immediatamente nel nostro Paese con una procedura molto più semplice rispetto alle pratiche di estradizione con i Paesi sudamericani.
In pratica, la Francia dal 2002 sta contravvenendo a degli obblighi sottoscritti in sede comunitaria ed è la cosa più grave dato che siamo di fronte a una palese violazione delle normative europee.
Riportare dunque a casa i terroristi italiani rifugiati in Francia non solo dovrebbe essere più semplice che con Battisti, ma doveva essere fatto senza troppi intoppi molto prima.
Nulla c'entra dunque la Dottrina Mitterand, cioè la disposizione firmata nel 1982 dall'allora presidente transalpino che dava protezione ai terroristi italiani in Francia perché non veniva riconosciuto l'istituto del pentitismo. E non c'entra per il semplice motivo che questa ormai non c'è più. Ed è dunque sbagliato addossare ad una legge che non è più in corso di validità una responsabilità che invece non ha. E non c'entra più neanche l'ostacolo formale che gran parte dei latitanti sono stati giudicati in contumacia - istituto che la Francia non riconosce - perché l'Italia ha di recente cambiato questa disciplina e potrebbe concordare un nuovo giudizio, se necessario, con lo Stato nel quale è latitante è fuggito, qualora venisse consegnato.
Eppure, la lista è lunga e il premier Matteo Salvini ieri, commentando il felice esito dell'estradizione di Cesare Battisti, ha così avuto buon gioco nel rivendicare il diritto di "andarci a prendere anche gli altri". Per la verità non si tratta neppure di andarli a prendere perché la gendarmerie francese dovrebbe - e non l'ha mai fatto - semplicemente dare corso ad un obbligo di legge che ha e che disattende.
In questo modo i tanti rifugiati sotto le protettive sponde della rive gauche possono sperare di continuare a farla franca, ma dato che ormai la volontà è solo politica, è a livello di politica che si deve sbloccare la situazione. Abbiamo notizia che al nostro ministero della Giustizia stanno riavviando pratiche di estradizione che in passato erano state promosse, ma poi erano state bloccate.
Giorgio Pietrostefani, fondatore di Lotta Continua e condannato per l'omicidio Calabresi è sulle rive della Senna impunito; e così anche Sergio Tornaghi, della colonna milanese della Br. Con loro anche Simonetta Giorgieri, leader delle Brigate rosse toscane condannata all'ergastolo per l'omicidio del maresciallo Francesco Di Cataldo che sulla Senna c'è dagli anni '80. Da prima, precisamente il 1979, sverna anche Narciso Manenti che con i Commandi di Guerriglia Proletaria uccise il carabiniere Giuseppe Gurrieri a Bergamo.
Dal 1982 i cugini danno ospitalità anche a Enrico Villimburgo, condannato all'ergastolo nel processo Moro e per gli omicidi Bachelet, Minervini e Galvaligi e la brigatista di primo livello Marina Petrella, coinvolta nel caso Moro e salvata nientemeno che dall'allora presidente Nicolas Sarkozy. Per tutti loro non si tratterebbe neppure, tecnicamente, di un'estradizione, ma di un adempimento di legge di fronte al quale la Francia non può derogare. E che invece disattende senza alcun motivo.
Non si tratta dunque di una valutazione che Parigi e dunque oggi Macron può fare a discrezione perché il sistema di collaborazione tra tribunali, intelligence e forze dell'ordine è così affinato che non ci possono essere scusanti, come ad esempio addurre il fatto che il reato per il quale sono ricercati non è contemplato nel paese di approdo. Siamo infatti di fronte a omicidi politici, sui quali non ci sono giustificazioni di sorta.
Anche per il caso di Alvaro Lojacono, brigatista della colonna romana che partecipò alla strage di via Fani, è vero che la sua condizione di cittadino svizzero lo mette al riparo da una estradizione, ma questo non significa che - proprio in virtù degli accordi con l'Italia - questi possa scontare il suo reato nel Paese che oggi lo ha adottato. Insomma, deve essere arrestato e detenuto in Svizzera.
E così anche il neofascista Vittorio Spadavecchia, riparato a Londra dal 1982. Diverso invece il caso di Alessio Casimirri e Manlio Grillo, il primo brigatista della strage di via Fani, il secondo ex militante di Potere Operaio: sono entrambi in Nicaragua e hanno cambiato vita. Protetti da una legislazione che rende praticamente impossibile la consegna all'Italia: in Nicaragua infatti la Costituzione impedisce in modo assoluto l'estradizione di un proprio cittadino, e Casimirri lo è avendo sposato una nicaraguegna.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15-01-2019

2 - SEI ORGOGLIOSO O UMILE?
L'uomo orgoglioso ha una opinione alta di se stesso, crede di essere il centro dell'universo, parla di se stesso, si vanta e si aspetta molto dagli altri, invece l'umile...
Fonte Radio Roma Libera, 8 Gennaio 2019

Nostro Signore ci parla dell'umiltà e dell'orgoglio, due dei grandi temi che troviamo nei Vangeli, nella Sacra Scrittura e nella nostra vita spirituale in tutte le sue tappe.
L'umiltà si può definire così: l'agire nella consapevolezza che si è niente, e Dio è tutto. Santa Teresa d'Avila scrive che l'umiltà è la verità. La ragione deve essere che l'umiltà si basi su questa verità, che io sono niente e Dio è tutto. Sant'Agostino scrive che l'umiltà è il fondamento dell'edificio spirituale perché, come si può presumere, se si agisce secondo questa verità e consapevolezza, si agirà sempre santamente e bene. Dunque, se l'umiltà procede dalla certezza che io sono niente, l'orgoglio procede, ovviamente, dall'idea che io sia tutto; che io sia, in una parola, Dio stesso.
La scelta tra l'orgoglio e l'umiltà sarebbe dunque la scelta tra l'atteggiamento che io sia dio e l'atteggiamento che io sia niente, che io sia il centro dell'universo, o Dio sia il centro; la scelta e non tanto teorica, quanto pratica, anche se sappiamo che Dio è tutto, è il centro dell'universo, spesse volte non agiamo così.

DUNQUE COME POSSIAMO RAGGIUNGERE L'UMILTÀ?
Abbiamo detto che l'umiltà si basa sulla verità che io sono niente e Dio è tutto. Quindi per raggiungere l'umiltà bisogna prima conoscere, ed accettare questa verità: io sono niente, non esisto in me stesso, ma solo in Dio; non sono buono in me stesso ma solo in Dio, mentre tutta la mia cattiveria e malizia proviene unicamente da me. Dio invece è tutto. È la pienezza della realtà e la somma di tutte le perfezioni.
Se sono tentato all'orgoglio e alla superbia e guardo alla mia miseria e ai miei tantissimi peccati, di cosa posso essere orgoglioso? Può essere orgogliosa la polvere? La Sacra Scrittura, ci chiede in alternativa di guardare la Maestà, la bontà, e l'amore infinito di Dio e apprendere come umiliarmi solo davanti a Colui che davvero è grande; Oppure guardare l'umiltà di Dio che si è spogliato della Sua gloria divina per divenire uomo e servo, e per essere Crocifisso per amore di me.
Un altro metodo per acquistare l'umiltà è quello di praticare l'ubbidienza o ai genitori, o ai superiori. Se non ho dei superiori posso seguire i consigli degli altri piuttosto che le mie idee; così mi sottometto agli altri e imparo a prendere il secondo posto.

L'UOMO ORGOGLIOSO E L'UMILE
Descriviamo allora, brevemente, l'uomo orgoglioso e l'umile.
L'uomo orgoglioso ha una opinione alta di se stesso, parla di se stesso, si vanta e si aspetta molto dagli altri nei suoi confronti. Se viene deluso nelle sue aspettative si offende, si arrabbia, si rattrista, si lamenta. Quanto agli altri, non chiede mai dei consigli perché crede di sapere tutto lui, e non si cura di nessuno perché si cura solamente di se stesso. Se un'altra persona ha un successo qualsiasi, ne è geloso perché vuole avere ogni successo per lui.
Mentre l'uomo umile ha una opinione bassa di se stesso; sa che è niente, non parla dunque mai di se stesso, non si vanta, non si aspetta niente dagli altri perciò non si offende, non si arrabbia, non si rattrista e non si lamenta. Chiede consigli perché sa di essere limitato. Si cura degli altri, si rallegra dei loro successi e della loro felicità.
Con un riguardo a Dio, l'orgoglioso non pensa mai a Lui perché ha fatto di se stesso un dio. Mentre l'umile pensa sempre a Dio, riferisce tutti i suoi pensieri e tutte le sue azioni a Lui, perché sa che Lui è tutto. Sa anche che si vive in Dio e che solamente in Dio si può essere felici in questa e nella prossima vita. Riconosce che tutta la bontà che si può possedere viene da Dio, mentre tutto il male viene da se stesso. Non osa neppure alzare lo sguardo in alto, ma si percuote il petto dicendo: "o Dio, sii clemente con me peccatore".

Fonte: Radio Roma Libera, 8 Gennaio 2019

3 - LA SCIENZA NON PUO' NEGARE CHE LA TERRA SIA GIOVANE E LA CREAZIONE DELL'UNIVERSO SIA AVVENUTA DAVVERO IN SEI GIORNI
Pio XII ribadì che i primi 11 capitoli della Genesi sono storici in un senso vero (del resto fino al 1800 nessuno metteva in dubbio che la creazione fosse avvenuta in sei giorni e che la terra avesse solo qualche migliaio di anni)
Autore: Padre Angelo Bellon - Fonte: Amici Domenicani, 12 ottobre 2018

Caro Padre Angelo,
Sono Emanuele ho 18 anni e le scrivo perché dopo un periodo lontano dalla fede, sto provando a riavvicinarmi a questa, e per farlo, sto cercando di dare risposte a molte domande che ho a riguardo!
Una tra queste è a proposito della creazione... La scienza ha prove che i primi esseri che si svilupparono sulla terra erano dinosauri, e che successivamente nacquero gli ominidi dai quali discendiamo...
Come può questo coincidere con quanto scritto nella Bibbia ovvero sulla creazione di Adamo ed Eva dai quali discenderemmo?
Io spero vivamente lei possa darmi le risposte che cerco!
Un abbraccio,
Emanuele

RISPOSTA DEL SACERDOTE

Caro Emanuele, [...]
il 30 giugno 1909 la Commissione Biblica emanò un decreto sul carattere storico dei primi tre capitoli della Genesi.
Tenendo conto che quanto ti presento è stato scritto più di un secolo fa ti puoi accorgere come già a quei tempi la Chiesa fosse molto saggia nella lettura dei testi sacri, evitando fondamentalismi ben vivi in alcuni protestanti, soprattutto evangelici.
In questo decreto si respingono alcune interpretazioni che vorrebbero ridurre i primi racconti della Genesi:
1) a miti orientali semplicemente purgati dal politeismo e adattati alla religione ebraica;
2) ad allegorie o simboli di verità religiose e filosofiche, cui non corrisponderebbe un fondamento oggettivo nella realtà (cioè i fatti);
3) a leggende parzialmente inventate a scopo didattico e formativo.
In particolare il decreto presenta un elenco di fatti sui quali non è possibile avere dubbi.
Eccoli:
1) la creazione di tutte le cose, fatta da Dio all'inizio del tempo;
2) la creazione speciale dell'uomo;
3) la formazione della prima donna dal primo uomo;
4) l'unità del genere umano;
5) la felicità originale dei progenitori, in uno stato di giustizia, integrità e immortalità;
6) il comando dato da Dio all'uomo per provarne l'obbedienza;
7) la trasgressione del comando divino, per istigazione del diavolo sotto apparenza di serpente;
8) la caduta dei progenitori dallo stato primitivo di innocenza;
9) la promessa del futuro riparatore.
Sulle modalità in cui questi fatti si siano avverati il medesimo decreto scrive:
QUESTIONE VII: Nello scrivere il primo capo della Genesi non fu intenzione del Sacro Autore di insegnare alla maniera scientifica l'intima costituzione delle cose visibili e l'ordine completo della creazione, ma piuttosto di dare al suo popolo una nozione popolare, come comportava il comune parlare di quei tempi, adattata ai sensi e alla portata di quegli uomini.
Perciò nella sua interpretazione non si deve cercare con precisione e sempre la proprietà del linguaggio scientifico.
QUESTIONE V: Non si devono prendere sempre e necessariamente in senso proprio tutte le singole parole o frasi che occorrono nei suddetti capitoli; sarà quindi lecito staccarsi da tal senso quando le stesse locuzioni usate appaiono chiaramente improprie o metaforiche, oppure antropomorfiche, e quando una ragione proibisca di tenere il senso proprio o una necessità costringa ad abbandonarlo.
QUESTIONE IV: Nell'interpretare quei passi che i Padri e i Dottori intesero in modo diverso, senza dare alcunché di certo e definito, è lecito seguire e difendere la sentenza che a ciascuno sembra prudentemente dimostrabile, salvo il giudizio della Chiesa e conservando l'analogia della fede.
QUESTIONE VIII: Nella denominazione e distinzione dei sei giorni, di cui si parla nel primo capo della Genesi, si può prendere la parola yôm (giorno) sia in senso proprio, come giorno naturale, sia in senso improprio per un certo spazio di tempo, ed è lecito disputare liberamente su tale questione.
La Pontificia Commissione Biblica in una lettera approvata dal Papa il 16.01.1948 al Card. Suhard, Arcivescovo di Parigi, scrive: "Assai oscura e complessa è la questione delle forme letterarie dei primi undici capitoli della Genesi. Tali forme letterarie non corrispondono a nessuna delle nostre categorie classiche e non possono essere giudicate alla luce dei generi letterari greco-latini o moderni. Non si può dunque negarne o affermarne la storicità in blocco, senza applicare loro indebitamente le norme di un genere letterario sotto il quale non possono essere classificate... Dichiarando a priori che i loro racconti non contengono della storia nel senso moderno della parola, si lascerebbe facilmente intendere che non ne contengono in nessun senso, mentre invece essi riferiscono in un linguaggio semplice e figurato, adattato alle intelligenze di una umanità meno progredita, le verità fondamentali presupposte all'economia della salvezza, e in pari tempo la descrizione popolare delle origini del genere umano e del popolo eletto".
L'Enciclica Humani generis di Pio XII (12 agosto 1950) ribadisce che "gli undici primi capitoli della Genesi, benché propriamente parlando non concordino con il metodo storico usato dai migliori autori greci e latini o dai competenti del nostro tempo, tuttavia appartengono al genere storico in un senso vero, che però deve essere maggiormente studiato e determinato dagli esegeti; i medesimi capitoli con parlare semplice e metaforico, adatto alla mentalità di un popolo poco civile, riferiscono sia le principali verità che sono fondamentali per la nostra salvezza, sia anche una narrazione popolare dell'origine del genere umano e del popolo eletto.
Se qualche cosa gli antichi agiografi hanno preso da narrazioni popolari (ciò che può essere concesso), non bisogna mai dimenticare che essi hanno fatto questo con l'aiuto della ispirazione divina, che nella scelta e nella valutazione di quei documenti li ha premuniti da ogni errore.
Quindi le narrazioni popolari inserite nelle S. Scritture non possono affatto essere poste sullo stesso piano delle mitologie o simili, le quali sono frutto più di una accesa fantasia che di quell'amore alla verità e alla semplicità che risalta talmente nei Libri Sacri anche dell'Antico Testamento, da dover affermare che i nostri agiografi sono palesemente superiori agli antichi scrittori profani".
Pertanto, salve alcune verità fondamentali descritte sopra, puoi accogliere sulla genesi del mondo tutto quello che di ragionevole dice la scienza.
Tra fede e scienza - se bene intese - non vi è alcuna contraddizione perché il testo sacro non ha intendimenti prettamente scientifici ma salvifici.
In altre parole la sacra Scrittura vuole ricordare il progetto di Dio sulla creazione dell'uomo, la realtà del peccato e la promessa del Redentore.
Ti auguro di progredire nella tua ricerca di Dio e nell'approfondimento della fede. Per questo ti assicuro oltre al ricordo nella Messa che tra breve celebrerò anche la mia preghiera. Ti benedico e ti auguro ogni bene.

Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata 1 ora) dal titolo "Evoluzione: scienza o credenza?" si dimostra che la vera scienza non crede né all'evoluzionismo, né ai milioni di anni necessari all'evoluzionismo per poter sviluppare l'uomo a partire da alcune molecole.


https://www.youtube.com/watch?v=ZSzkdK5bcOk

IL MITO DEI MILIARDI DI ANNI
Se il Big Bang fosse vero da dove proviene la materia? Il mito dei miliardi di anni dell'Universo è una delle credenze più dilaganti nel mondo moderno ed in cui, incredibilmente, molta gente crede non sapendo che queste lunghissime ere sono solo asserite, immaginate, elaborate al solo al fine di poter sostenere gli ipotetici vari processi evolutivi... Ci sono, invece, sempre più prove scientifiche che evidenziano un Universo giovane, una Terra giovane, in sintonia con quanto narrato nella creazione Biblica...
Nel seguente video (durata 25 minuti) si dimostra che la vera scienza non dimostra i milioni di anni necessari all'evoluzionismo per essere possibile.


https://www.youtube.com/watch?v=L9RMpXto6W0

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Fonte: Amici Domenicani, 12 ottobre 2018

4 - LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI DA' RAGIONE ALLA GERMANIA CHE VIETA L'HOMESCHOOLING
Nella casa di una famiglia 33 poliziotti e 7 assistenti sociali fanno irruzione per impedire che i genitori educhino i loro figli e così lo Stato li possa indottrinare
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13-01-2019

Germania, la mattina del 29 agosto 2013, una squadra di 33 poliziotti e 7 assistenti sociali fece irruzione nella casa della famiglia Wunderlich, presso Darmstadt, non lontano da Francoforte. Gli agenti minacciarono di sfondare la porta. Poi ammanettarono a una sedia il padre di famiglia, Dirk, mentre gli portavano via i suoi quattro figli, tutti minorenni, fra i 7 e i 14 anni di età. La colpa dei Wunderlich era quella di voler educare i figli in casa. Per la legge tedesca, invece, dovevano mandarli a scuola. Per la famiglia Wunderlich, è tuttora "il giorno più brutto della nostra vita". Ora forse se ne è aggiunto un altro. Venerdì, infatti, la Corte Europea dei Diritti Umani (Cedu) ha spiccato la sua sentenza favorevole all'azione del governo tedesco. Prendere in custodia i figli dei Wunderlich, per l'alta corte internazionale era "giustificato" e non rappresenta una violazione dei diritti umani. Perché? Perché i Wunderlich chiedevano di educare i loro figli a casa, da cristiani osservanti, e secondo la Cedu, questa scelta "mette a rischio i figli, non mandandoli a scuola". "Basandosi sulle informazioni disponibili a quel tempo, le autorità tedesche hanno ragionevolmente assunto che i bambini fossero isolati, non avessero contatti con alcuno al di fuori della famiglia, e che esistesse un rischio per la loro integrità fisica".

IN GERMANIA LA LIBERTÀ DI EDUCAZIONE DEI GENITORI È VIETATA PER LEGGE
Lo homeschooling è vietato dalla legge tedesca da un secolo. Ci sono rare eccezioni in cui può essere esercitato in via straordinaria, come nel caso di malattia grave del minore, oppure se questi è figlio di diplomatici. La famiglia Wunderlich non aveva figli malati e non era costituita da diplomatici. E' una famiglia cristiana protestante, secondo quanto dichiarano il padre, la madre e chi ha testimoniato in loro difesa, non ha mai isolato i figli, che venivano educati in casa, in base a un programma cristiano, ma partecipavano alla vita associativa in club e organizzazioni giovanili. Dirk e Petra Wunderlich, per non aver iscritto i figli a una scuola, sono stati più volte denunciati dalle autorità e multati nel 2006, ma hanno preferito pagare le multe e proseguire con lo homeschooling. Nel 2009 la famiglia si era trasferita in Francia, dove lo homeschooling è legale. Ma i servizi sociali tedeschi hanno allertato la controparte francese e la famiglia tedesca è stata oggetto di indagini anche nel paese di adozione. I servizi sociali francesi, comunque, non hanno trovato nulla da eccepire sull'educazione dei figli di questa famiglia tedesca. I Wunderlich hanno dovuto far ritorno in patria nel 2012, perché Dirk non ha trovato un lavoro stabile, col quale poter chiedere la residenza. I due coniugi tedeschi hanno continuato a educare i figli in casa, finché la polizia non ha fatto irruzione, portando via i figli, iscrivendoli a una scuola per l'anno scolastico appena iniziato. Dopo l'anno 2013-2014, comunque, i Wunderlich si sono ripresi i figli a casa e hanno denunciato l'azione di polizia come violazione dell'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, cioè il diritto al rispetto della vita privata e familiare. La magistratura tedesca ha però dato ragione alle autorità, che hanno applicato la legge nazionale. Allora il caso è stato portato al cospetto della Cedu, che l'ha accolto nell'agosto del 2016. Dopo più di due anni è arrivata la sentenza di venerdì.

LA GRAVITÀ DELLA SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI
L'associazione Alliance Defending Freedom (Adf) International, che ha seguito il caso della famiglia Wunderlich, sottolinea la gravità della sentenza Cedu. "Ignora il fatto che la politica della Germania sullo homeschooling viola il diritto dei genitori di educare i loro figli. È allarmante che questo diritto non venga riconosciuto dal più influente tribunale dei diritti umani in Europa. Questa sentenza è un passo nella direzione sbagliata e dovrebbe preoccupare chiunque abbia a cuore la libertà", ha dichiarato venerdì Paul Coleman, direttore esecutivo di Adf International. Nel sito dell'associazione si legge che "Il divieto per lo homeschooling tedesco risale al 1918. Ma da allora, il Paese ha firmato una serie di accordi internazionali sui diritti umani che proteggono esplicitamente il diritto dei genitori di scegliere il modo di educare i loro figli. La Germania non sta rispettando questi accordi".
Il caso Wunderlich non è isolato. Un precedente importante è quello della famiglia Romeike, del Baden Wuerttemberg: nel 2008 ha lasciato la Germania per timore che la polizia e i servizi sociali prendessero in custodia i sette figli e si è trasferita nel Tennessee, Usa, dove lo homeschooling è libero. Il padre di famiglia, Uwe, aveva chiesto l'asilo politico, asserendo che in patria avrebbe potuto subire conseguenze penali. In primo grado, un giudice del Tennessee aveva accolto la richiesta di asilo, ma la Corte d'appello aveva ribaltato la sentenza. La Germania è infatti riconosciuta come un paese libero e democratico, il divieto di educare in casa i propri figli non è inteso come una violazione dei diritti umani. Temendo di essere estradati, i Romeike avevano fatto appello anche alla Corte Suprema, che tuttavia non ha accolto la richiesta. Ma la famiglia ha potuto comunque rimanere negli Stati Uniti, perché l'espulsione è rimasta "sospesa a tempo indefinito", più per motivi burocratici che legali.
Va detto che, pur con tutti i limiti di libertà di scelta nel sistema educativo italiano, nel nostro Paese, contrariamente alla Germania, il diritto allo homeschooling è garantito dall'articolo 118 della Costituzione, in cui si sancisce il principio della "sussidiarietà orizzontale". Il decreto legislativo n. 76, approvato il 15 aprile 2005 dal secondo Governo Berlusconi (ministro dell'Istruzione era Letizia Moratti), ha sancito definitivamente l'ingresso dell'homeschooling nel sistema scolastico italiano, a condizione che: "I genitori, o chi ne fa le veci, che intendano provvedere privatamente o direttamente all'istruzione dei propri figli, ai fini dell'esercizio del diritto-dovere, devono dimostrare di averne la capacità tecnica o economica e darne comunicazione anno per anno alla competente autorità, che provvede agli opportuni controlli".

Nota di BastaBugie:
ecco quattro articoli da noi rilanciati negli anni 2011, 2014, 2018 e 2019 sul tema dell'homeschooling e le prevaricazioni dello Stato.

UNA MAMMA DICE NO ALL'EDUCAZIONE SESSUALE PER I FIGLI E PER QUESTO VIENE MESSA IN PRIGIONE
Accade in Germania a chi rifiuta di sottoporre i figli alla materia che dal 1992 è divenuta insegnamento obbligatorio perfino nelle scuole private
di Marco Respinti
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=1626

LO SCANDALO DEI GENITORI INCARCERATI PERCHE' I FIGLI NON PARTECIPANO A SCUOLA AI CORSI OMOSESSUALISTI
In Germania uno stupratore viene rilasciato se non era pregiudicato, mentre si rinchiudono in prigione i genitori onesti che non vogliono cedere all'ideologia gay imposta dalla scuola
di Leone Grotti
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3511

CI VOGLIONO PIU' ASILI NIDO: TUTTI I PARTITI ITALIANI SI ADEGUANO AL DOGMA DEI REGIMI COMUNISTI
Furono i regimi comunisti (ad es. la DDR, la Germania dell'est) a sottrarre l'educazione dei bambini ai genitori per affidarla a strutture pubbliche (80% agli asili nido, 95% alla materna); oggi in Italia ci hanno convinti che è per il ''bene del bambino''
di Samuele Cecotti
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5194

LA CEDU CONDANNA CHI CRITICA MAOMETTO E ASSOLVE CHI INSULTA IL CRISTIANESIMO
La Corte europea dei diritti umani condanna un professore per aver criticato Maometto, mentre assolve i pubblicitari che hanno insultato il cristianesimo
di Leone Grotti
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5474

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13-01-2019

5 - L'AUTORITA' VIENE DA DIO, NON DAL SANGUE O DAL VOTO DEI CITTADINI
La discendenza (monarchia) oppure il voto (democrazia) indicano chi governa, ma non sono in grado di legittimarlo, ossia di stabilire se sia giusto che governi in quanto l'autorità (anche quella politica) viene solo da Dio
Autore: Stefano Fontana - Fonte: Il Timone, Dicembre 2018 (n. 179)

La relazione tra potere politico e potere spirituale deriva strettamente dall'origine dell'autorità politica stessa. La Chiesa ha sempre insegnato che l'autorità (politica) viene da Dio. Lo afferma San Paolo: "Non vi è potestà se non da Dio" (Rom. 13, 1-4). Lo ha proclamato Gesù Cristo stesso che ha detto a Pilato: "Non avresti nessun potere su di me se non ti fosse dato dall'alto" (Gv, 19-11). Leone XIII insegnava lo stesso principio: "Dio è la fonte dell'umana potestà" (Diuturnum illud, 1881).
Questo principio non significa che Dio designi le persone che devono governare. L'indicazione di "chi" deve governare avviene in molti modi, oggi anche per via democratica. Né Renzi né Conte sono stati indicati da Dio a guidare il governo. Però una cosa è indicare "chi" deve governare e altra cosa è legittimarlo moralmente, ossia fondare "perché" sia giusto che governi. La discendenza in linea diretta oppure il voto democratico indicano chi governa, ma non sono in grado di legittimarlo, ossia di stabilire se sia giusto che governi, se sia bene che governi. Ora, l'unico motivo per cui un uomo possa comandare su un altro uomo è che lo faccia per il suo bene. Unico motivo legittimante il potere è quindi il bene comune che esso deve servire. Ma il bene comune rimane infondato senza il Sommo Bene. Dio è il Garante del Bene e, quindi, di ogni potere dell'uomo sull'uomo che voglia essere moralmente legittimo, ossia che non sia solo potere ma sia autorità.
Si potrebbe anche ragionare al contrario. Se non su Dio, su cosa altro si potrebbe fondare il potere dell'uomo sull'uomo? Sul voto della maggioranza no perché si tratterebbe di una pura forza numerica; sulla decisione di qualche assemblea o parlamento no perché si tratterebbe di una posizione di parte; sui doveri e diritti dell'uomo nemmeno perché senza Dio essi non avrebbero il fondamento ultimo a assoluto e sarebbero manipolabili. Senza Dio non c'è ordine, né bene e male, né giustizia e il potere politico sarebbe abbandonato alla pura forza. Si tratterebbe solo di una questione di muscoli.

IL DOVERE DELLA POLITICA VERSO LA RELIGIONE
Se l'autorità politica fa il bene è legittimata, se non lo fa è solo designata ma non legittimata. La politica allora ha un dovere verso il bene. Il bene, però, non sta in piedi da solo perché la morale richiede una assolutezza che non sa darsi da sola. Il bene morale ha bisogno del fondamento religioso in Dio. Ecco perché la politica ha dei doveri diretti verso la morale (è chiamata a fare il bene) ma ha anche dei doveri indiretti verso la religione (è chiamata a dare pubblico culto a Dio): altrimenti anche i suoi doveri verso il bene pian piano verrebbero meno. Quando la politica rifiuta di avere dei doveri verso la religione e verso Dio, allora capita che essa dimentichi di avere dei doveri anche verso il bene morale semplicemente inteso. Quando la politica perde di vista i suoi doveri verso la Sacra Famiglia finisce per dimenticare anche quelli per la famiglia. Quando perde di vista la vita eterna, finisce per dimenticare anche di difendere la vita.
Se la politica bastasse a se stessa e fosse capace di fondarsi da sola, non avrebbe necessità di una relazione con la religione. Al massimo avrebbe delle relazioni contingenti, accidentali, dovute ai singoli periodi storici o a delle necessità estrinseche. Per esempio in momenti di crisi e difficoltà, oppure perché la religione faccia da collante civile tra i cittadini (la religione civile) oppure rimargini le ferite sociali o le più acute forme di disagio (la religione come ambulanza). Ma non si tratterebbe di una relazione essenziale, ossia tale che senza di essa la politica non potrebbe essere vera politica.
La Chiesa insegna, invece, che la politica ha bisogno della religione, oltre che della morale, per poter essere vera politica. Senza la religione, infatti, essa perde la legittimazione ultima, si indebolisce e viene asservita agli interessi di parte, dimentica pian piano anche la morale, perde infine di slancio e si riduce ad essere amministrazione (interessata) di cose anziché guida di uomini verso il bene.

LA RELIGIONE DELL'ANTIRELIGIONE
Cosa succede se il potere politico rifiuta i suoi doveri verso la religione e verso Dio? Il dato più interessante - oltre le cose appena dette - è che il potere diventa esso stesso Dio. Quando il potere politico lotta contro l'Assoluto, fa di se stesso un assoluto. Quando la politica getta Dio fuori della pubblica piazza - o nella forma violenza di tipo giacobino o nella forma liberale e tollerante della democrazia relativista - adopera una forza a valenza religiosa, ha la pretesa di una nuova religione. Il laicismo contemporaneo è dogmatico, violento, discriminatorio, inquisitorio come se avesse una forza religiosa. Non si tratta, evidentemente, di una religione vera e propria, ma ha una forza religiosa anche se di tipo antireligioso.
Si comprende così un fatto di notevole importanza. Il potere politico non riesce a collocarsi in una posizione di neutralità verso il potere spirituale e verso Dio. Se non è con Dio è contro Dio. Un mondo senza Dio non è un mondo neutro, è senza Dio, ossia, infine, contro Dio. La laicità politica, intesa come il rifiuto della religione e di Dio nell'ambito pubblico, è quindi impossibile. Una volta tolto Dio, il potere politico riempirà quello spazio pubblico di altri dei, a cominciare dalla divinizzazione di se stesso. Sorprendente agli occhi dei nostri contemporanei anche la conseguenza parallela: una vera laicità della politica la si può avere solo se la politica accetta non solo la sua dipendenza (diretta) dalla morale ma anche quella (indiretta) dalla religione.

QUALE RELIGIONE E QUALE DIO?
Compito primario dell'autorità politica, oltre alla consapevolezza dei suoi doveri verso la religione, è di non mettere le religioni tutte sullo stesso piano, ma di valutarle alla luce della stessa ragione politica. Non è sufficiente aprire la politica all'ambito del religioso in genere, dato che ci sono religioni che contrastano con le esigenze della ragione politica da cui l'autorità politica dovrebbe farsi guidare. L'autorità politica dovrebbe quindi porsi il problema della religione vera. A questo proposito la religione cattolica ha una sua pretesa. Nel famoso discorso al Parlamento Federale di Berlino, nel 2011, Benedetto XVI aveva detto che la religione cattolica non ha mai preteso di trasformare il Vangelo in legge civile, né ha voluto mai dare alla rivelazione un contenuto direttamente politico o giuridico. Essa piuttosto si è sempre rifatta al diritto naturale, chiedendo agli Stati il rispetto della legge di natura, quella che risulta anche alla ragione. Benedetto XVI ha voluto dire che la politica non dovrebbe rapportarsi ad una religione integralista, che fa della rivelazione una legge civile, perché sarebbe la morte della politica trasformata in religione. Non dovrebbe nemmeno affidarsi ad una religione irrazionale, che non stabilisce nessun legame tra sé e la ragione politica. Dovrebbe affidarsi - per mortivi di ragione politica e non di fede - ad una religione che garantisse l'autonomia della politica fondata sul diritto naturale e, quindi, il legame (diretto) con la morale e quello (indiretto) con la religione vera. E, in effetti, se guardiamo alla storia, la Chiesa ha sempre tenuto distinti tra loro il potere temprale e il potere spirituale, pur nelle svariate forme che questa distinzione ha assunto nelle diverse epoche. Ma non ha mai cessato anche di insegnare - e nemmeno oggi lo fa - che il potere politico finisce per impazzisce se non tiene saldi i rapporti con il potere religioso, quindi con la religione cattolica e la Chiesa, alle quali ricorrere nei momenti di smarrimento per recuperare il senso di sé, ossia la propria legittimazione.

Nota di BastaBugie
: ecco il link all'articolo, anche questo di Stefano Fontana, che approfondisce il tema del rapporto tra il potere politico e il potere spirituale secondo i principi della Dottrina Sociale della Chiesa.

LIBERTA' DI RELIGIONE E DOVERI POLITICI VERSO LA VERA RELIGIONE
Le religioni possono godere di un vero rispetto solo dentro una civiltà in cui politica e fede cattolica tornino a saldarsi
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4153

Fonte: Il Timone, Dicembre 2018 (n. 179)

6 - SAN GIOVANNI NEPOMUCENO, IL MARTIRE A CINQUE STELLE DEL SEGRETO DELLA CONFESSIONE
Il re Venceslao sospettando che sua moglie fosse infedele ordinò al santo di rivelargli ciò che gli diceva nella confessione, ma egli rifiutò e perciò il re lo fece gettare nel fiume Moldava dove morì annegato il 20 marzo 1383 (VIDEO: San Giovanni Nepomuceno)
Autore: Gianpiero Pettiti - Fonte: Santi e Beati, 20 marzo

Il suo culto dovrebbe tornare in auge, visti i sempre maggiori rischi di alluvioni ed esondazioni che minacciano il nostro territorio. Ma  lui, Giovanni di Nepomuk, che di ponti acque ed alluvioni varie da sempre è il protettore, emerge dalle nebbie della storia in contorni un po' sfocati al punto che nei primi decenni del secolo scorso ne fu messa in dubbio addirittura l'esistenza e pertanto numerose sue statue sono state abbattute o rimosse.
Cominciamo subito dalla tradizione più antica, messa in dubbio specialmente in ambito protestante, in cui  si parla dell'eroismo di  un certo "Magister Jan", originario di Nepomuk in Boemia, che pur di non tradire il segreto della confessione viene gettato vivo nella Moldava, morendovi per affogamento. Protagonisti di questo macabro fatto di cronaca nera che si tinge di martirio, oltre al già citato prete Giovanni, c'è naturalmente un re corrotto e vizioso, non a caso ribattezzato il "re fannullone", quasi a confermare che l'ozio è davvero il padre dei vizi. E poiché, sempre per rimanere nell'ambito della sapienza popolare, "chi ha il difetto ha il sospetto", ritiene che viziosi al pari di lui debbano essere tutti, a cominciare dalla regina sua moglie, da lui quotidianamente tradita con le cortigiane di turno e dalla quale ovviamente pretende una fedeltà adamantina. E tale è davvero questa povera regina, che nella fede ha cercato conforto alla sua disastrata situazione coniugale, trascorrendo ore intere in preghiera e accostandosi spesso alla confessione dal prete Giovanni, ottimo predicatore e famoso direttore di coscienze.
Nella mente malata di re Venceslao si è introdotto intanto anche il tarlo della gelosia, che prima gli fa immaginare una tresca della moglie con il confessore e poi l'esistenza di un amante di cui il prete non può non essere a conoscenza. Crede di averne conferma il giorno in cui questi lo svergogna nel bel mezzo di un pranzo luculliano, davanti ad illustri ospiti, perché lo ha sentito ordinare, forse per scherzo, certamente con dubbio gusto, di far arrostire il cuoco che non ha fatto cuocere bene l'arrosto. Il prete Giovanni, che sa fin troppo bene di cosa sia capace la testa matta del re, gli urla in faccia i suoi doveri di sovrano e di cristiano. Re Venceslao se la lega al dito e giura a se stesso di fargliela pagare; così un giorno, prima con le buone, poi con le minacce, gli ordina di raccontare per filo e per segno cosa la regina gli ha detto in confessione, nella speranza di sapere così finalmente qualcosa sulle di lei presunte vicende amorose.
Non ha però fatto i conti con la ferma volontà e l'eroismo del prete Giovanni, che fermamente convinto dell'inviolabilità della confessione gli oppone un netto rifiuto. Il re si vendica così di questo e dell'altro "sgarbo" facendolo gettare di notte nel fiume, il 20 marzo 1393; oggi ancora si indica il posto esatto del ponte da dove sarebbe stato gettato e la gente qui passando si toglie il cappello, perché quel prete è stato subito venerato come martire e, per via della morte che ha fatto, lo invocano contro tutti i danni e i pericoli che possono venire dall'acqua.
All'epoca della Controriforma, poi, i Gesuiti ne propagandano il culto in polemica con la teologia protestante che rifiuta il carattere sacramentale della confessione, e così Giovanni da Nepomuk (o Nepomuceno) diventa il "martire del confessionale". Sarà per questo motivo, o forse piuttosto perché le cronache si sono intrecciate e confuse, che compare un altro (o sempre il medesimo?) prete Giovanni, sempre di Nepomuk, intelligente, culturalmente ben equipaggiato, benvoluto dall'arcivescovo di Praga che lo vuole suo vicario. Sullo sfondo sempre il medesimo re Venceslao, che secondo questa tradizione, oltre che vizioso e corrotto, si dimostra anche usurpatore dei diritti della Chiesa. Per i suoi intrighi politici vorrebbe trasformare un'abbazia in sede vescovile da assegnare a persona di suo gradimento, ma anche in questo caso si scontra con l'intransigente volontà di Giovanni, che non gli cede neanche sotto le torture e che per questo viene gettato nel fiume il 16 maggio 1383.
Certamente meno suggestiva della prima, anche questa tradizione conferma in ogni caso la resistenza del prete Giovanni allo strapotere del re e nulla, almeno in teoria, vieterebbe che, di entrambe potrebbe essere stato protagonista l'unico eroico prete. Perché  da un prete che, per non tradire la confessione, si lascia anche ammazzare ci si può aspettare di tutto.

Nota di BastaBugie: video (durata: 2 minuti) San Giovanni Nepomuceno


https://www.youtube.com/watch?v=Qi_0jxXtA50

Fonte: Santi e Beati, 20 marzo

7 - IL CANADA PUNTA A SOPPRIMERE I BAMBINI SENZA DIRLO AI GENITORI... IN NOME DELLA PRIVACY
L'eutanasia dei bambini sta scivolando nella prassi come un aborto tardivo, ma al pari dell'aborto è un omicidio
Autore: Caterina Giojelli - Fonte: Tempi, 18 ottobre 2018

L'ospedale pediatrico di Toronto getta le basi per la "buona morte" infantile. E norma la possibilità di somministrarla ai minori senza il consenso dei familiari, nel nome del diritto alla privacy
«I desideri dei pazienti devono essere rispettati», affermano i medici del Toronto's Hospital for Sick Children per giustificare la possibilità di somministrare l'eutanasia ai bambini senza informare i loro genitori.
Nell'articolo Medical Assistance in Dying at a paediatric hospital, pubblicato il 21 settembre sul J Med Ethics del British Medical Journal, un team composto da personale, amministratori ed esperti di etica di Sick Kids, con il supporto del Joint Center for Bioethics dell'università di Toronto, ha infatti definito politiche e procedure per praticare l'eutanasia infantile ai loro pazienti qualora la legge lo consentisse.
Oggi infatti l'eutanasia è legale in Canada solo sopra i 18 anni, entro dicembre, tuttavia, il Canadian Council of Academies riferirà al Parlamento sulla possibilità di estenderla in circostanze attualmente vietate dalla legge.
Nello specifico, si tratta di garantire il diritto alla morte assistita anche a pazienti di età inferiore ai 18 anni, pazienti psichiatrici e pazienti che hanno espresso il desiderio di ricevere l'eutanasia prima di venire interdetti da malattie come il morbo di Alzheimer.
In altre parole, dopo avere approvato la "legge peggiore del mondo", gli ospedali pediatrici si preparano a far fronte alle richieste di eutanasia disciplinando ogni scenario, compresa la possibilità per i piccoli di imporre ai medici di non informare né coinvolgere i propri genitori e familiari nelle loro decisioni fino a morte avvenuta.

IL TOTEM DEL DIRITTO ALLA PRIVACY CHE ESCLUDE I GENITORI
L'idea è semplice: secondo il Sick Kids non esiste una distinzione etica tra un paziente che sceglie di rifiutare un trattamento gravoso davanti a una morte inevitabile o un paziente che sceglie di morire prima che la malattia faccia il suo corso.
Siccome in Ontario un minore non ha bisogno del consenso dei genitori per rifiutare ulteriori trattamenti, non c'è alcuna ragione legale per cui i genitori debbano essere informati nel caso in cui scegliesse di morire: considerata praticamente ed eticamente equivalente ad altre decisioni mediche sul fine vita, il diritto alla privacy riguardo all'eutanasia, dicono, dovrebbe essere garantito allo stesso modo.
Seguendo la stessa logica dovremmo anche chiederci se i medici saranno solerti nel suggerire l'eutanasia ai bambini in base all'obbligo di informare i pazienti delle loro opzioni sanitarie.
E che dire della reale comprensione dell'opzione di un giovane? «Di solito, la famiglia è intimamente coinvolta in questo processo decisionale (al termine della vita)», scrivono i medici.
«Tuttavia, se un paziente in grado di intendere e di volere indica esplicitamente che non vuole coinvolgere i familiari, anche se i medici possono incoraggiarlo a riconsiderare la propria posizione», in ultima analisi «i desideri dei pazienti, nel rispetto della loro privacy, devono essere rispettati».
Descrivendo come si sarebbe verificata una morte indotta dal medico al Sick Kids, gli autori non menzionano alcuna conversazione con familiari o genitori su come il bambino sarebbe morto fino a dopo l'avvenuto decesso, durante quello che nel documento chiamano "periodo di riflessione".
Non c'è da stupirsi, ha commentato la bioeticista Bridget Campion, «ora che l'eutanasia è legale va da sé che ogni ospedale si chieda "e ora come si fa?"».

LA FORZA DI GRAVITA' DEGLI ABISSI
Nel 2017, a un anno dalla legalizzazione di suicidio assistito e dell'eutanasia volontaria in Canada, la Canadian Paediatric Society ha pubblicato uno studio condotto su 1.050 medici: oltre il 10 per cento di loro afferma di avere avuto colloqui con genitori e ragazzi sul suicidio assistito o l'eutanasia per malati terminali sotto i 18 anni.
Sessanta bambini hanno esplicitamente richiesto se fosse possibile ottenerli e i genitori di oltre 400 bambini hanno toccato l'argomento con i pediatri dei loro figli.
Solo il 33 per cento dei medici intervistati è convinto che il suicidio assistito debba rimanere off limits per tutti i minori, indipendentemente dalle circostanze, la metà ritiene invece che «i tempi sono ormai maturi» per dare a tutti questa possibilità.
Oggi l'obiezione di coscienza in Canada è appesa a un filo: in una società che considera l'uccisione una risposta alla sofferenza umana e la soppressione di un paziente un atto compassionevole e misericordioso, chiunque si rifiuti di farlo è diventato il nuovo peccatore.
Accettato l'omicidio del malato terminale, il passo verso quello del matto, del disabile e perfino del bambino è brevissimo, arginare ai morenti la lista di attesa è praticamente impossibile.
È un film già visto in Belgio, dove un bambino di 11 anni con la fibrosi cistica ha appena ricevuto l'eutanasia, e in Olanda, dove «i medici hanno eliminato i malati che lo chiedevano, i disabili che lo chiedevano e, da ultimi, i nuovi nati che non lo hanno mai chiesto», raccontava a Tempi Wesley Smith, intellettuale libertario americano, autore di decine di saggi sulla "morte pacifica" e fra i testimoni in Florida del diritto alla vita di Terri Schiavo.
«Se si apre a questa cultura non c'è più modo di fermarsi. Quando iniziarono a uccidere i pazienti depressi ma non fisicamente malati dissero che solo i coscienti con un desiderio "razionale" di morire ne avrebbero "beneficiato". Poi, quando iniziarono a uccidere i disabili, come i malati di Alzheimer, cantarono sommessamente: solo i pazienti che lo avrebbero chiesto. Poi sono passati ai bambini. Anche senza il consenso dei genitori. È l'implacabile forza di gravità degli abissi».

DOSSIER "IL CANADA DI TRUDEAU"
Dittatura sanitaria, gender, eutanasia, ecc.

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Fonte: Tempi, 18 ottobre 2018

8 - LE PREDICHE CORTE DI DON CAMILLO
Racconto tratto dal bel libro del direttore del Timone ''E continuavano a chiamarlo don Camillo''
Autore: Lorenzo Bertocchi - Fonte: Blog di Costanza Miriano, 12 gennaio 2019

Il contado di crinale era fatto di gente che amava il dono della sintesi. A messa la caratteristica si manifestava con l'insofferenza alle prediche superiori a minuti 5, trascorsi i quali c'era chi sbuffava, chi dormiva e chi usciva a fumare una sigaretta sul sagrato. Era gente così, di poche parole.
Con l'avvio dei lavori per il restauro del quadro di San Giuseppe, la curia aveva mandato sul crinale un reverendo monsignore addetto alle belle arti. Don Camillo gli cedette l'onore di celebrare la messa domenicale.
«Se continua così la prossima settimana non verrà nessuno!», sentenziò la Desolina che aveva il polso della situazione. «Guardi che dopo 20 minuti di predica a qualcuno si brucia la pietanza nel forno. Gli uomini hanno tutte le faccende da sistemare e i giovani… lasciamo perdere». Don Camillo cercò di aggiustare le cose, ma in cuor suo sapeva che la perpetua aveva delle ragioni.
Al momento del desinare, don Camillo si rivolse a don Gianfranco per cercare una via di soluzione. «Caro monsignore, sa com'è, la gente quassù è alla buona, forse nelle prediche dovrebbe andare più sul facile. Magari con qualche concetto chiaro ed elementare». Il monsignore acculturato guardò don Camillo come un vecchio arnese impolverato: «Vede caro confratello, la situazione socio-politica richiede un'assunzione di responsabilità da parte nostra. Non possiamo più permetterci di raccontare le solite cose, oggi bisogna rieducare il popolo al vivere civile, all'inclusione e al sentimento europeo».
Il parroco di crinale era rimasto fermo alla salvezza delle anime e al catechismo, per cui la cosa suonava un po' sinistra, ma, disse rivolto al Signore: «c'è sempre da imparare». Tuttavia, dopo i colpi dell'«ermeneutica del territorio nell'orizzonte inclusivo» lanciati dal pulpito, don Camillo temeva che le sue pecorelle non trovassero più la strada per l'ovile.
Si addormentò dopo il pranzo e si risvegliò con la faccia di Peppone a un metro dal naso. «E lei cosa ci fa qui?», disse stropicciandosi gli occhi.
«Sono qui per portare una richiesta ufficiale. Siccome domenica prossima Gisto e la Cesira festeggiano le nozze d'oro, ecco, sarebbe gradito che la predica la facesse lei e non il monsignore foresto. Per evitare disguidi temporali». «Ah, capisco. Non si preoccupi farò il possibile, comunque per quanto riguarda il meteo hanno messo sereno e nessun temporale», rispose don Camillo. La Provvidenza fece il resto perché il don Gianfranco ricevette una telefonata dalla curia e con molto dispiacere dovette lasciare il crinale il lunedì.
Alle nozze d'oro della domenica dopo don Camillo riprese il suo posto dietro l'ambone. «Il tempo passa», attaccò davanti a Gisto e alla Cesira, «e sono già 50 anni che insieme affrontate un giorno dopo l'altro e questo è bello. Nel frattempo accadono sempre le cose importanti: il sole che sorge, le stelle che brillano, spuntano nuovi germogli e al momento giusto cadono le foglie. Insomma, Dio fa il suo dovere. Per quanto riguarda noi, sappiamo che tutti siamo destinati a morire quando arriva il proprio turno, a presentarci così davanti al tribunale divino per avere il premio o la punizione. Sia lodato Gesù Cristo».
Due minuti di predica, perché don Camillo conosceva le sue pecorelle. Quella sera dopo il vespro passò davanti al bar e abbassò il finestrino del suo Ape car. «Allora», disse guardando gli arzilli del Tresette, Peppone compreso, «l'ho fatta breve?».
«Abbastanza», disse Peppone rispondendo per il gruppo. «Ma si può fare anche più corta».
«La ringrazio, lei però cominci a pensare che nell'al di là, se le va bene, ci dovrà passare l'eternità con il Signore»

Nota di BastaBugie: nel seguente video una breve presentazione del bel libro di Lorenzo Bertocchi da cui è tratto l'articolo precedente.
Il libro "E continuavano a chiamarlo don Camillo" si può ordinare direttamente dall'editore Cantagalli cliccando qui https://www.edizionicantagalli.com/shop/e-continuavano-a-chiamarlo-don-camillo/
https://www.youtube.com/watch?v=GMkjRi2IRVo

Fonte: Blog di Costanza Miriano, 12 gennaio 2019

9 - OMELIA II DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Gv 2,1-11)
Qualsiasi cosa vi dica, fatela
Fonte Il Settimanale di Padre Pio

Il profeta Isaia, nella prima lettura, ci parla dell'amore di Dio per il suo popolo e paragona quest'amore a quello di uno sposo per la sua sposa: «Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo Creatore; come si rallegra lo sposo per la sua sposa, così il tuo Dio si rallegrerà in te» (Is 62,5). L'amore di Dio per noi sue creature è davvero infinito, va al di là di qualsiasi immaginazione. La beata Giuliana di Norvich una volta fu presa dal desiderio vivissimo di conoscere quanto Gesù avesse amato gli uomini. Tanto insistette nella supplica, che Gesù volle esaudirla. La Beata dovette interrompere subito quella contemplazione perché vide che stava letteralmente per impazzire alla vista dell'amore di Gesù; e per tutta la vita ella accusò se stessa di aver commesso una vera pazzia a chiedere di conoscere l'immensità dell'amore di Gesù. Dio ha tanto amato le sue creature da farsi Lui stesso uomo e morire in Croce per loro. Gesù stesso disse una volta a santa Margherita Maria Alacoque che non riusciva più a contenere le fiamme della sua ardente carità. Il Vangelo ci presenta l'episodio delle Nozze di Cana. Gesù e Maria sono invitati anche loro, probabilmente gli sposi erano loro parenti. E qui Gesù compie il suo primo miracolo, per intercessione della Madre sua. Il miracolo potrebbe sembrare come qualcosa di materiale: erano rimasti senza vino e Gesù viene incontro al loro imbarazzo. Ma c'è ben di più in questo miracolo. Con il cambiamento dell'acqua in vino Gesù ha voluto simboleggiare il passaggio dall'Antica alla Nuova Alleanza. La salvezza promessa nell'Antico Testamento ora si realizza con Gesù. Non era ancora giunta la sua ora, l'ora della Croce, della Redenzione, ma Egli vuole dare ugualmente un segno di questa salvezza ormai imminente. La risposta di Gesù alla Madonna potrebbe sembrare quasi di disprezzo. In realtà era solo una prova. Ella era certa della Bontà e Misericordia del suo Figlio e disse ai servi: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). Come Lei, anche noi tante volte siamo provati nella fede e non vediamo il frutto sperato delle nostre preghiere, e tutto ci sembra inutile. Non scoraggiamoci, continuiamo a pregare. La preghiera non è mai inutile e solo in Paradiso scopriremo quante grazie abbiamo ottenuto senza che noi ce ne rendessimo conto.
La Madonna ha interceduto per ottenere il primo miracolo ed è sempre Lei, con la sua intercessione, ad ottenere ogni grazia da Gesù. Per cui Dante Alighieri diceva: chi vuol grazia e a Maria non ricorre e come chi vuol volar senz'ali. Ed è soprattutto con il Rosario che si ottengono una moltitudine di grazie.
Nella vita di san Giovanni Maria Vianney si racconta un episodio molto bello sulla potenza del Rosario. Una volta il Santo fu inviato a predicare in un paese. Per prima cosa egli chiese al parroco se tra i fedeli ci fosse qualcuno disposto a pregare intensamente. Il parroco gli indicò una povera mendicante, buona solo a dire Rosari. Il Santo avvicinò subito la poveretta e la pregò di voler recitare continuamente Rosari per tutto il tempo delle prediche. La mendicante ubbidì e le predicazioni andarono benissimo. Le conversioni si moltiplicavano e il Santo attestava con gran giubilo: «Non è opera mia, ma della Madonna invocata dalla mendicante con i Rosari».
L'episodio delle Nozze di Cana deve farci riflettere su un'altra cosa: ogni matrimonio deve essere benedetto dalla presenza di Gesù e di Maria. Il Signore benedice le famiglie dove si prega, dove si compiono bene i propri doveri civili e religiosi, dove si è fedeli agli impegni presi nel giorno del matrimonio, impegni che riguardano la fedeltà, l'indissolubilità e l'apertura al dono della vita. Purtroppo questi valori spesso vengono dimenticati e la famiglia, che giustamente è stata definita la cellula della società, è in crisi. Di conseguenza anche la società ne risente negativamente oggi più che mai. Si pone allora il dovere di pregare per le famiglie affinché ritrovino, nella fedeltà al Signore, la loro salvezza e felicità.
Termino questa omelia con la straordinaria testimonianza di una giovane mamma, di nome Maria Cristina, la quale nel 1995 preferì morire piuttosto che sopprimere la vita del bimbo che portava in grembo. A 18 anni venne operata di tumore e il male, purtroppo riapparve durante la sua ultima gravidanza. Aspettava il terzo figlio. Il dottore le consigliò di abortire, ma lei si oppose e preferì portare a termine la gravidanza. Diede alla luce un bel bambino che chiamò Riccardo. Lei intanto stava sempre peggio e si avvicinava alla morte. Prima di morire scrisse una lettera per il piccolo Riccardo, così che una volta cresciuto la potesse leggere. Tra le altre cose c'erano queste bellissime parole: «Riccardo, sei un dono per noi. Quando ti muovesti per la prima volta sembrava che tu mi dicessi: grazie, mamma, che mi vuoi bene! E come non potremmo non volertene? Tu sei prezioso e quando ti guardo e ti vedo così bello... penso che non c'è sofferenza al mondo che non valga la pena per un figlio. Il Signore ha voluto ricolmarci di gioia: abbiamo tre bambini stupendi. Non posso che ringraziare Dio perché ha voluto farci questo dono grande. Solo Lui sa come ne vorremmo altri...».

Nota di BastaBugie: brevi spunti per l'omelia delle Messe feriali si possono leggere ogni giorno nella rubrica "Schegge di Vangelo" pubblicata sul sito de La Bussola Quotidiana.
Ecco il link:
http://lanuovabq.it/it/schegge-di-vangelo

Fonte: Il Settimanale di Padre Pio

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