BastaBugie n�597 del 30 gennaio 2019

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1 PER I GIUDICI ASIA BIBI E' INNOCENTE... DOPO UN PROCESSO DI 10 ANNI
Però deve andarsene dal Pakistan perché gli islamici hanno giurato di ucciderla (VIDEO: Asia Bibi libera)
Autore: Anna Bono - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 PROPAGANDA LGBT A RETI UNIFICATE: LUXURIA SU RAI 3 E LESBICHE IN PRIMA SERATA SU CANALE 5
Deve essere chiaro che il problema della promozione dell'omosessualismo non è l'assenza di contraddittorio, perché l'errore non ha mai diritto di salire in cattedra
Autore: Lupo Glori - Fonte: Corrispondenza Romana
3 VOGLIO ESSERE ANCHE IO NEL MONASTERO WI-FI, MA COME SI FA?
Mi vergogno un po' a rispondere a questa domanda perché il ''monastero wi-fi'' altro non è che la Chiesa, la comunione di coloro che provano a vivere il Vangelo
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano
4 FILM SU MARIA STUARDA, LA REGINA DI SCOZIA DECAPITATA DA ELISABETTA PERCHE' CATTOLICA
L'abbiamo visto, ma non ci è piaciuto perché infarcito di femminismo, multiculturalismo e gender
Autore: Paolo Gulisano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 BRUCIATA UNA CHIESA... IN NOME DEI MIGRANTI
A Trento è stata lanciata una molotov contro il portone della chiesa di San Rocco perché il parroco aveva fatto un presepe che metteva in luce i disastri dell'aborto
Autore: Caterina Giojelli - Fonte: Tempi
6 TRUMP INTERVIENE ALLA MARCIA PER LA VITA: ''OGNI VITA HA UN SENSO E MERITA DI ESSERE PROTETTA''
Il presidente userà il veto sulle leggi contro i nascituri, bloccando così i democratici che cercano di sfruttare lo shutdown per far passare misure pro aborto (VIDEO: Trump e Mike Pence alla Marcia per la Vita)
Fonte: Sito del Timone
7 ANCHE I ''CATTOLICI'' COLLABORANO ALLA DAMNATIO MEMORIAE DI CRISTOFORO COLOMBO
In ossequio alla follia iconoclasta dei mozzatori di statue l'università ''cattolica'' dell'Indiana, dopo averli fatti fare, oscura gli affreschi della scoperta dell'America (VIDEO: Columbus day a New York)
Autore: Caterina Giojelli - Fonte: Tempi
8 I GRAVI RISCHI DELLA MORTE CEREBRALE: ''SUA MADRE E' MORTA... ANZI NO''
Una donna di 80 anni viene dichiarata cerebralmente morta e i familiari firmano per la donazione degli organi, ma il giorno dopo vengono a sapere che è ancora viva
Autore: Alfredo De Matteo - Fonte: Corrispondenza Romana
9 OMELIA IV DOMENICA T.ORD. - ANNO C (Lc 4,21-30)
Nessun profeta è bene accetto nella sua patria
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - PER I GIUDICI ASIA BIBI E' INNOCENTE... DOPO UN PROCESSO DI 10 ANNI
Però deve andarsene dal Pakistan perché gli islamici hanno giurato di ucciderla (VIDEO: Asia Bibi libera)
Autore: Anna Bono - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30-01-2019

I giudici della Corte Suprema, riuniti in udienza il 29 gennaio, hanno respinto l'istanza di revisione della sentenza che lo scorso ottobre ha assolto Asia Bibi dall'accusa di blasfemia. Finalmente Asia Bibi è libera di rivedere i suoi famigliari e, con loro, di cercare lontano dal Pakistan un posto sicuro in cui vivere. Da quando lo scorso ottobre è uscita dal carcere ha vissuto in un luogo segreto in attesa della nuova sentenza, protetta da agenti di polizia, per evitare che la "giustizia" degli integralisti la raggiungesse.
Il querelante, questa è la motivazione dei giudici della Corte suprema, non è riuscito a dimostrare l'esistenza di errori nel verdetto di assoluzione. Inoltre la sua richiesta di includere degli studiosi islamici e degli ulema nel collegio giudicante è stata ritenuta immotivata dal momento che non si è trattato di giudicare in materia di religione, ma di verificare se la sentenza di assoluzione non fosse appunto stata viziata da errori. "Il verdetto - ha spiegato Asif Saeed Kohsa, il capo della giustizia - è stato emesso sulla base delle testimonianze raccolte. Forse che l'islam dice che una persona deve essere punita anche se è innocente?".     
Ma la sentenza dei giudici, che ribadisce l'inconsistenza delle accuse che hanno portato nel 2009 all'arresto di Asia Bibi  e nel 2010 alla sua condanna a morte, non sarà accettata dagli integralisti senza reagire. Alla vigilia dell'udienza il Tehreek-e-Labaik ha ammonito i giudici a non emettere un verdetto in favore di un "blasfemo", ha dichiarato di non riconoscere autorità ai tre giudici incaricati di esaminare la richiesta di revisione e ha minacciato nuove proteste nel caso che Asia Bibi venga dichiarata legalmente non perseguibile.

UCCIDETELI TUTTI
Neanche adesso quindi Asia Bibi è al sicuro ed è per questo che deve poter lasciare il suo paese. Né lo sono i tre giudici che in pochi minuti hanno archiviato definitivamente il caso. Chi non punisce una intollerabile offesa al profeta Maometto morirà di morte dolorosa, dicevano i leader dei partiti islamisti responsabili delle violente manifestazioni che per tre giorni a novembre, dopo la pubblicazione della sentenza di assoluzione, hanno paralizzato le principali città del paese. Sono arrivati al punto di esortare i domestici e i cuochi dei giudici a ucciderli, e tutti in Pakistan sanno quanto simili minacce vadano prese sul serio. Nessuno può dirsi infatti al sicuro. Per aver difeso Asia Bibi e per aver criticato la legge sulla blasfemia, nel 2011, a distanza di pochi mesi uno dall'altro, sono stati assassinati Salman Taseer, governatore del Punjab, e Shahbaz Bhatti, ministro cristiano delle minoranze. Il governatore Taseer è stato ucciso da una delle sue guardie del corpo, Mumtaz Qadri, che gli integralisti venerano come un eroe. È stato condannato a morte per impiccagione. La sua esecuzione nel 2016 ha provocato manifestazioni di protesta furiose.
Fin dalle prime ore del 29 gennaio Islamabad era presidiata dal corpo dei Ranger e lo sarà anche nei prossimi giorni. La partecipazione alle proteste organizzate dai partiti integralisti lo scorso novembre dimostra quanta influenza l'Islam radicale abbia sulla popolazione. Quando la discussione sul destino di Asia Bibi è arrivata in parlamento, i rappresentanti del Tehreek-e-Labaik ha accusato il primo ministro Imran Khan, in carica dallo scorso agosto, di essere al servizio dell'Occidente e di Israele e ha annunciato nuove proteste. Il governo ha risposto ordinando l'arresto di migliaia di militanti del Tehreek-e-Labaik e degli altri partiti islamisti, inclusi i loro leader, ora in carcere in attesa di rispondere dell'accusa di tradimento e sedizione.

SCONTRO TRA GOVERNO E INTEGRALISTI
Poi, per dare un ulteriore forte segnale e un monito a tutta la popolazione, Imran Khan ha decretato che il 25 dicembre 2018 fosse un giorno di festa nazionale e le massime cariche politiche hanno pubblicamente rivolto calorosi auguri di un felice Natale ai cristiani. Il presidente della repubblica Arif Alvi lo ha fatto dicendosi lieto del gioioso evento e lodando il sincero impegno della comunità cristiana per lo sviluppo socioeconomico del paese. Rivolgendo i propri auguri alla comunità cristiana, il ministro dell'informazione Fawad Chaudhry ha ribadito che la protezione dei diritti delle minoranze è tra le priorità del partito di governo, il Tehreek-i-Insaf. Inoltre ha detto di apprezzare il ruolo che i membri della comunità cristiana hanno svolto finora in favore della solidarietà, dello sviluppo e della prosperità del Pakistan, nonché nell'ambito dei servizi sanitari e scolastici e in altri settori ancora. Il primo ministro del Punjab, Usman Buzdar, ha detto che la promozione di fratellanza, tolleranza, armonia e amore è l'essenza degli insegnamenti di Gesù. Anche il capo di stato maggiore dell'esercito, generale Qamar Javed Bajwa, ha augurato buon Natale ai cristiani e inoltre ha partecipato alle cerimonie natalizie nella Christ Church di Rawalpindi, presidiata da forze di polizia come tutte le chiese e i luoghi sacri delle principali città per consentire ai fedeli di celebrare il Natale in sicurezza. I cristiani da parte loro, sfidando la collera degli integralisti, non solo hanno raggiunto le chiese e celebrato il Natale, ma hanno decorato case e chiese con luci colorate. Edifici storici e luoghi pubblici sono stati anch'essi decorati con luci, stelle, campanelle, addobbi e alberi di Natale.
Lo scontro politico tra governo e integralisti continuerà. L'auspicio per Asia Bibi è che riesca ad andarsene, accolta come rifugiato insieme ai famigliari in un paese sicuro. I cristiani che restano continueranno a patire discriminazioni e abusi. Il 13 dicembre due fratelli cristiani, Qaisar e Amoon Ayub, sono stati giudicati colpevoli di blasfemia e condannati a morte. Per motivi di sicurezza il processo si è svolto nel carcere distrettuale di Jhelum, nel Punjab, in cui Qaisar e Amoon sono rinchiusi dal 2015. Il 15 gennaio un altro cristiano, Pervaiz Masih, è stato invece assolto dall'accusa di blasfemia dopo un processo durato tre anni. Però i giudici hanno concesso all'accusa di riaprire il caso in qualunque momento lo ritengano opportuno. Cosa del tutto rara nei casi di blasfemia, Pervaiz era stato liberato su cauzione 20 giorni dopo l'arresto, ma per tutto il tempo del processo lui e i suoi famigliari si sono dovuti nascondere per proteggersi. Questo non è bastato a salvare la vita delle loro figlia maggiore, una bimba di tre anni che gli accusatori di Pervaiz hanno ucciso annegandola in un pozzo, dichiarando di averlo fatto per punire il padre. La polizia ha torturato la moglie di Pervaiz, Zarina, durante gli interrogatori per accertare la colpevolezza del marito. Le sono state inflitte lesioni gravi, le sono state rotte delle ossa e in seguito a ciò non può stare in piedi e camminare.

Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 2 minuti) dal titolo "Asia Bibi è libera, la Corte suprema del Pakistan l'ha assolta. Minacce degli integralisti" si può vedere il servizio di TV2000 sulla liberazione di Asia Bibi.


https://www.youtube.com/watch?v=vtO9DUVbsCI

DOSSIER "CRISTIANI IN PAKISTAN"
Asia Bibi, Shahbaz Bhatti, ecc.

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30-01-2019

2 - PROPAGANDA LGBT A RETI UNIFICATE: LUXURIA SU RAI 3 E LESBICHE IN PRIMA SERATA SU CANALE 5
Deve essere chiaro che il problema della promozione dell'omosessualismo non è l'assenza di contraddittorio, perché l'errore non ha mai diritto di salire in cattedra
Autore: Lupo Glori - Fonte: Corrispondenza Romana, 23/01/2019

"Il transgenderismo spiegato ai bambini". Sarebbe potuto essere questo il sottotitolo della vergognosa puntata del programma Alla lavagna!, andata in onda in seconda serata su Rai 3 lo scorso 19 gennaio, che ha visto l'ospite di turno, Vladimiro Guadagno, in arte Luxuria, indottrinare la speciale classe, composta da 18 bambini tra i 9 e i 12 anni, sulla "normalità" transgender.
L'ex parlamentare di Rifondazione Comunista e attivista dei "diritti" LGBT+, secondo il copione del programma, è stato infatti interrogato dai piccoli alunni che lo hanno "imboccato" con una studiata sequenza di domande, evidentemente confezionate ad hoc dagli autori, volte a sensibilizzare la classe e il pubblico a casa, riguardo la propria "triste" storia di discriminazione e omofobia, con l'obiettivo di giungere alla scontata conclusione dell'assoluta ordinarietà di auto assegnarsi il sesso a piacimento in base a gusti e sentimenti personali, al di là del proprio progetto di natura.
Alla domanda di Federica la quale, andando dritta al punto, chiede a Luxuria come sia passato da uomo a donna, il militante omosessualista risponde candidamente così: «Sono nato maschietto ma sentivo dentro di me di essere una bambina. (...) Pensavo... questa bambina chiusa dentro di me è e come una principessa chiusa nel castello, la devo liberare». Quindi la prof. LGBT+ conclude lapidaria, esponendo il solito refrain, "born this way" (in realtà molto dibattuto all'interno della complessa e contraddittoria comunità LGBT+): «(...) allora ho capito, secondo me non si diventa così, si nasce così. Non c'è stato un momento della mia vita in cui ho voluto fare questa scelta. Perché non è una scelta».
Il messaggio rivolto ai bambini e ai telespettatori è chiarissimo: etero, gay, lesbica, bisessuale, queer, e via di questo passo, si nasce, non si diventa. Una prospettiva ideologica contorta, per la quale, un conto è il sesso biologico con il quale nasciamo, tutt'altro conto è il sesso psicologico e socio-culturale che ognuno di noi è libero di attribuirsi e modificare, anche più volte, nel corso della sua vita.

DISINFORMAZIONE ALLO STATO PURO
All'indomani della puntata, Guadagno ha espresso tutta la sua soddisfazione per essere riuscito ad ottenere un importante spazio su "mamma Rai" per diffondere la propria propaganda omosessualista e, soprattutto, per essersi potuto rivolgere ad una classe di bambini under 13 nei confronti dei quali ha avuto gioco facile ad instillare i germi dei propri dettami ideologici in fatto di sessualità: «Questo programma è stata una delle cose più belle che ho fatto nella mia vita. I bambini erano vigili, curiosi, attenti e pieni di domande. (...) se non si danno risposte ai bambini, loro ti guardano con diffidenza e cercano risposte altrove, magari sul web, dove possono trovare risposte non proprio raccomandabili».
Benissimo ha fatto Simone Pillon, nel suo ruolo di vice presidente Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, a chiedere l'intervento della vigilanza Rai per l'accaduto, dichiarando: «È inaccettabile dare lezioni di gender a una classe di bambini. Vladimir Luxuria vada a raccontare le 'favole dell'uccello' da qualche altra parte, sicuramente non a una scuola con ragazzini minorenni, davanti alle telecamere Rai. Si è trattato di una vergognosa forma di indottrinamento. Questo non può lasciarci indifferenti: presenteremo un'interrogazione in Commissione vigilanza Rai».
Al senatore della Lega, ha fatto eco l'alleato di governo, notoriamente gay-friendly, Vincenzo Spadafora, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle Pari Opportunità, che ha così replicato: «l'unica cosa che trovo a dir poco surreale è continuare ad avere atteggiamenti omofobi e culturalmente regrediti, che non tengono conto della realtà e del rispetto dei diritti di tutti. Penso che la Rai abbia fatto molto bene e che occasioni del genere vadano sostenute».
Poco importa, evidentemente, che la trasmissione abbia fatto disinformazione allo stato puro, nascondendo ai bambini le drammatiche reali conseguenze alle quali vanno incontro coloro che intraprendono il percorso di cambio di sesso.
Dando il via libera alla "lezione transgender" il nostro "servizio pubblico" non ha fatto, infatti, altro che piegarsi alla vulgata politicamente corretta, in fatto di sessualità, contribuendo ad alimentare il clima di omertà e tabù ideologico oggi vigente attorno al tema del "transgenderismo", recentemente denunciato attraverso una lettera aperta da più di cinquanta studiosi appartenenti a diverse università del Regno Unito, degli Stati Uniti, dell'Australia e altrove.

ANCHE IN PRIMA SERATA SU CANALE 5
Ma, purtroppo, fin qui esposto, non è tutto in fatto di propaganda LGBT+ a mezzo televisivo. Sempre il 19 gennaio, questa volta in prima serata su Canale 5, la seconda puntata di C'è Posta per te, ha infatti avuto come protagoniste Denise e Deborah, due ragazze lesbiche in procinto di sposarsi, una delle quali ha invitato i familiari, nella speranza che accettassero la loro unione omosessuale aprendo la busta.
Anche qui è andato in scena il solito struggente e patetico copione, questa volta condito in salsa LGBT, con Denise che si è rivolta in lacrime ai propri genitori dall'altra parte della busta, contrari alla sua unione lesbica, implorando: «Io lo so che non è facile accettare il fatto che sto sposando una donna, (...) tra poco ci sposiamo e io questo giorno lo voglio condividere con voi».
Ancora una volta, un vero e proprio spot a favore della "normalità" omosessuale, che ha visto l'amore lesbico entrare nelle case degli italiani dalla porta principale, attraverso il programma, ahinoi, nazional-popolare, condotto da Maria De Filippi che, secondo i dati diffusi dall'auditel il giorno successivo, ha ottenuto un boom di ascolti tenendo incollati al teleschermo una media di ben 5.173.000 spettatori, con uno share del 27,4%.
La propaganda gay a reti unificate andata in onda lo scorso 19 gennaio dimostra, una volta di più, il violento attacco mediatico-culturale al quale è sottoposta la nostra società e, in modo particolare, la nostra gioventù. L'obiettivo dell'attivismo LGBT+ è infatti quello di rieducare i giovanissimi all'odierno "gender diktat" della fluidità sessuale, sradicando da essi qualsiasi norma morale e idea di natura umana.
Vedendo Luxuria messa in cattedra, che insegna ai bambini innocenti la "bellezza" e la "normalità" di qualsivoglia devianza sessuale, viene alla mente il terribile carteggio massonico, reso pubblico da Papa Pio IX, riguardante una lettera inviata dal carbonaro Nubius al Fratello tripuntato Volpe nel lontano 3 aprile 1824, in cui si legge: «Il cattolicesimo, meno ancora della monarchia, non teme la punta di un pugnale ben affilato; ma queste due basi dell'ordine sociale possono cadere sotto il peso della corruzione. Non stanchiamoci dunque mai di corrompere. Tertulliano diceva con ragione che il sangue dei martiri è il seme dei cristiani. Ora, è deciso nei nostri consigli, che noi non vogliamo più cristiani; non facciamo dunque dei martiri, ma rendiamo popolare il vizio nelle moltitudini. Occorre che lo respirino con i cinque sensi, che lo bevano, che ne siano sature. Fate dei cuori viziosi e voi non avrete più cattolici [...]. Ma perché sia profonda, tenace e generale, la corruzione delle idee deve cominciare fin dalla fanciullezza, nell'educazione. Schiacciate il nemico, qualunque esso sia, dicevano le istruzioni, ma soprattutto, schiacciatelo quando è ancora nell'uovo. Alla gioventù infatti bisogna mirare: bisogna sedurre i giovani, attirarli, senza che se accorgano. Andate alla gioventù e, se è possibile, fin dall'infanzia».

Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio nell'articolo seguente dal titolo "Luxuria, l'errore non salga in cattedra. Ma quei genitori..." spiega che il problema non è l'assenza di contraddittorio, perché l'errore non ha mai diritto di salire in cattedra.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 23 gennaio 2019:
Alla Lavagna è un programma di Rai Tre in cui personaggi famosi salgono in cattedra davanti ad una classe composta di bambini tra i 9 e i 12 anni. Nelle precedenti puntate sono entrati in aula gente dello spettacolo, giornalisti ed anche politici come Matteo Salvini. Nella puntata del 19 gennaio il maestro che ha varcato la soglia della classe per rispondere alle domande dei bambini è stato Wladimiro Guadagno, alias Vladimir Luxuria.
La prima domanda verteva proprio sul significato di quel nome: Luxuria. L'ex parlamentare e autore di fiabe per bambini ha spiegato che Luxuria vuole dire «lussureggiante, una persona che ama la vita in tutti i sensi». Risposta pudica che ha voluto coprire il vero significato di quel nome, un nome che rimanda al vizio capitale della lussuria.
Poi un'altra domanda che va al cuore del motivo per cui la Rai ha invitato Luxuria in trasmissione: «Lei una volta era un bambino, oggi è una donna, perché?». Ecco la risposta: «Io quando sono nato ero un maschietto ma [...] io non mi sentivo maschietto, sentivo dentro di me di essere una bambina, mi piaceva giocare con le bambole, mi piaceva anche sentire i profumi femminili che usava mia mamma in bagno, e quindi tutte le volte che mi guardavo allo specchio io avevo un'immagine dentro di me che era diversa da quello che ero. Per un periodo ho cercato anche di cambiare pensando che ero sbagliata io, ma stavo diventando un bambino molto triste, un bambino molto malinconico. Quindi ad un certo punto ho fatto una scelta. Ho detto: questa bambina che stava dentro di me, per me era come una principessa chiusa nel castello, io la dovevo liberare. Ma non veniva nessun principe a liberare questa principessa, la dovevo liberare io, così un giorno ho deciso di confessarmi a tutti, a miei compagni di classe - qualcuna mi ha capita, qualcuno no - e sono diventata oggi quello che sono. [...] Penso di essere una persona libera. [...] Secondo me non si diventa, ma si nasce così. Non c'è stato un momento della mia vita in cui ho voluto fare questa scelta, perché non è una scelta, mi sono sentita sempre così». In breve: un'efficace spiegazione della (presunta) bontà del transessualismo.
A seguire altri interventi sull'adozione, che trova Luxuria favorevole, sul bullismo e sulla discriminazione in cui, con la rodata strategia pro-gender, si fa passare il transessualismo come se fosse l'appartenenza ad un'etnia, realtà di per sé naturale a differenza del "cambiamento" di sesso. Questa analogia transessualismo-etnia ha fatto sì che gli atteggiamenti critici verso il transessualismo, a volte oggettivamente lesivi della dignità della persona così come raccontato da Luxuria, vengano fatti passare nelle linde coscienze dei piccoli come spregevoli atti di razzismo. Ed infatti in chiusura della puntata una bambina di colore ha affermato: "la stessa cosa accade con le persone di colore: le insultano e delle volte pure le picchiano". Bambina perfettamente indottrinata al credo gender.
Il primo rilievo da fare in merito a quanto andato in onda su Rai Tre è il seguente: l'errore non deve salire in cattedra. Dunque sarebbe fuorviante affermare che il vero scandalo è dato dal fatto che, nel rispetto del pluralismo, non ci sia stato contraddittorio. Il pluralismo sano è quello che offre modalità differenti per vivere - in questo caso, insegnare - le medesime verità morali. Alcune dottrine non meritano di essere insegnate, nemmeno se ci fosse un pubblico dibattito. Rimanendo in tema di ingiuste discriminazioni, chissà il putiferio che avrebbe giustamente sollevato invitare in trasmissione un testa rasata favorevole al razzismo, anche nel caso in cui ci fosse stato contraddittorio.
Il secondo corno del problema di questa puntata - una puntata che in realtà ha ben più di due corna - sta nel fatto che i bambini ovviamente si sono bevuti tutto senza fiatare, perché non hanno filtri critici. Ed infatti il voto finale della classe alla lezione tenuta da Luxuria è stato positivo. Anzi, negli interventi prima dell'entrata in classe del/la maestro/a alcuni bambini hanno dato prova di essere già ampiamente condizionati dal politicamente corretto in merito alle tematiche gender: "Ognuno è libero di scegliere come diventare e cosa diventare" ha detto una bambina. L'indottrinamento dei piccoli è facile da ottenere: la narrativa adottata dal maestro per un giorno è quella soft, da amica del cuore, dai toni color confetto, condita da alcune opportune lacrime.
Non accettare le caramelle dagli sconosciuti è un consiglio sempre valido, ma in questo caso sono stati i genitori, entusiasti - a dire di Luxuria - della sua lezione, a consigliare di prenderle.

Fonte: Corrispondenza Romana, 23/01/2019

3 - VOGLIO ESSERE ANCHE IO NEL MONASTERO WI-FI, MA COME SI FA?
Mi vergogno un po' a rispondere a questa domanda perché il ''monastero wi-fi'' altro non è che la Chiesa, la comunione di coloro che provano a vivere il Vangelo
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano, 23 gennaio - 1° febbraio 2019

Voglio essere anche io nel monastero Wi-Fi, ma come si fa?
È la domanda più frequente che mi sono sentita rivolgere di recente, non solo sabato all'incontro a san Giovanni in Laterano, ma anche in tante altre occasioni, soprattutto quando sono andata in giro per l'Italia a parlare dei pilastri della vita spirituale, che provo ad accennare - per quel che ne ho capito io, finora: non è molto, ma è tutto quello che so - in Si salvi chi vuole.
E ogni volta mi vergogno un po' a rispondere a questa domanda - come si entra nel monastero Wi-Fi - perché nella sostanza altro non è che la Chiesa, la comunione dei santi, cioè di coloro che provano a prendere sul serio il proprio battesimo. Quindi ovviamente è una cosa che è già di tutti, e non ho inventato niente, ma solo un'espressione.
Anzi, adesso che ci penso, anche questo modo di dire - stiamo connesse - non ha manco il mio copyright: lo ha inventato una mia amica ingegnere, che mi prometteva preghiere ogni volta che partivo per un incontro in giro per l'Italia. "Stiamo commesse via cavo, anzi Wi-Fi" mi ha detto una volta. Piano piano ho adottato questa espressione con le amiche che ho incontrato viaggiando, alcune delle quali sono diventate amiche strettissime, anche se vivono a Piacenza, Brescia, Verona, in Toscana e in molte altre città (e ultimamente ho scoperto un modello top di gamma in Liguria, e pure in vari esemplari, come si sa): sono amiche con cui ci si apre il cuore, e quindi la distanza conta poco, così come anche la frequenza.

PRENDERE SUL SERIO LA VITA SPIRITUALE
Ma nello stesso tempo, c'è una realtà, che esiste davvero, ed è dappertutto, invisibile ma luminosa: sono le piccole comunità dei credenti che, nella generale indifferenza a Dio nella quale il mondo oggi vive immerso, hanno avuto una gran botta di fortuna (teologicamente sarebbe più corretto dire grazia, ma Pretty Woman userebbe un'espressione diversa), cioè hanno capito che Dio è Padre, che ti sostiene e non ti blocca, come crede il mondo, che ti vuole far vivere e non ti frega, che ti vuole far fiorire e non ti castra. Persone che, dal momento che hanno intuito questa verità, cercano di starle attaccati con le unghie e coi denti, e di trovare tempo e spazio per stare con Dio, come due fidanzati che, magari di nascosto dai genitori, magari rubando tempo ai compiti e agli amici, cascasse il mondo trovano sempre il modo di mettersi gli occhi negli occhi, almeno per qualche minuto, ogni giorno.
Non ci sono regole per appartenere al Monastero Wi-Fi, se non quella di prendere sul serio la vita spirituale, di dedicarsi con regolarità alla preghiera (come ha detto don Fabio: non ci sono regole, ma ritmi: se anche dici i vespri sul fuso di Kuala Lumpur, pazienza, intanto però li hai detti), di stare nei sacramenti (andare a messa, magari più spesso che solo la domenica, se si riesce; confessarsi regolarmente...), di obbedire alla vocazione di stato (la realtà è il nostro chiostro, come ha detto suor Fulvia), di leggere e studiare, usare la nostra intelligenza al massimo nella vita spirituale. Perché, non serve ricordarlo, la fede è sempre potenziata dall'intelligenza, che non la ostacola mai, contrariamente a quello che sostengono quelli che non hanno conosciuto l'amore di Dio (forse anche per colpa nostra?).

RISULTATI E FRUTTI
Padre Emidio nella sua catechesi distingueva risultati e frutti. Il risultato è stato convocare duemila persone: una cosa meravigliosa, non serve che ce lo stiamo a ripetere. Ma i frutti (che come spiegava Emidio sono qualcosa che resta , e che è riproducibile)? I frutti ci saranno se qualcuna delle duemila persone comincerà a fare sul serio con la vita spirituale.
Quindi a leggere sul serio la Parola di Dio, prendendo da lì i criteri per conoscere il suo volto, ricordando che la fede è qualcosa di preciso, molto preciso, come una password key sensitive, e non una lasagna, che se aggiungi o togli un po' di sugo sempre lasagna rimane (se sbagli anche di poco la password non apri il mistero di Dio).
A pregare, ricordando che la preghiera per eccellenza è il cuore del Padre Nostro, cioè dire "sia fatta la tua volontà".
A confessarsi, sapendo che senza la diagnosi che la confessione ti fa, il medico non può darti la cura della tua anima.
Ad andare a messa, il cuore della nostra vita, il momento in cui siamo contemporanei al mistero della morte e risurrezione di Cristo, e possiamo appartenergli così tanto che lui si lascia mangiare da noi.
A digiunare, perché senza il sì della nostra ascesi manca qualcosa al lavoro di scalpello che la grazia fa su di noi.
Tutto questo, sempre rimanendo attaccati alla Chiesa in piena obbedienza, perché la Chiesa è l'unica garanzia che abbiamo che ciò in cui crediamo è vero, e non è una nostra proiezione o fantasia. Perché la Chiesa è una madre generosa, ed è stata voluta da Cristo, ed è l'unica via che abbiamo per arrivare a lui.

DOPO L'INCONTRO A ROMA
Come continuerà questa strana avventura che doveva essere di venti amiche, ed è diventata di duemila (che poi adesso che ci penso è esattamente il centuplo)? Non lo sappiamo ancora, ci stiamo pensando. Certo troveremo il modo di aiutarci reciprocamente nella vita spirituale, perché abbiamo bisogno di appartenere a qualcosa insieme.
Intanto di stimoli per fare le cose ne abbiamo ricevuti tanti, sabato.
Ognuno di noi in cuor suo avrà preso un impegno, ed è ora di metterci al lavoro, seriamente, in attesa di rivederci.
Tre piccoli consigli.
Primo: partire da una piccola cosa a cui essere fedeli, e poi casomai aumentare. Che so, aggiungere una messa infrasettimanale, o un'ora della liturgia (vespri o lodi), un momento di adorazione... Ognuno sa a che punto sta nella propria vita spirituale, e dove può educarsi per crescere.
Secondo: cercare un confessore, se non una guida spirituale, che faccia da specchio, davanti al quale (o alla quale) andare a fare la brutta figura di dire "volevo trasformarmi in un monaco del Monte Athos, e invece oggi e ieri e l'altro ieri non ho detto manco un'Ave Maria".
Terzo: come ha detto suor Fulvia leggere, studiare, applicarci. [...]

QUALCHE PICCOLO AGGIORNAMENTO
Stiamo lavorando per voi, per cercare di capire come proseguire in questa avventura di richiamarci l'un l'altro alla preghiera quotidiana, insomma nel monastero wi-fi. Siamo state, tre delle amiche variamente bionde, dall'Elemosiniere apostolico, Sua Eminenza il Cardinal Krajewski, gli abbiamo consegnato 3000 euro da parte di tutti voi, cioè metà dei soldi che erano rimasti nelle nostre casse.
Come abbiamo già raccontato, all'inizio l'unica cosa sicura era che non volevamo aprire un conto; era così sicuro che infatti poi ci siamo rassegnate a farlo, ci siamo rese conto che era necessario per motivi di praticità (soprattutto per far sì che alcuni pagassero i viaggi ad altri), ma ci siamo dette che lo avremmo chiuso appena possibile, perché le nostre casse devono essere vuote (diamo al Signore un motivo per essere generoso!). Ci ha molto consolate sentire da monsignor Krajewski che quello che ci siamo dette in questi mesi - "quando ci sono i soldi arriva Satana" - è esattamente quello che a lui dice sempre il Papa!
Il Cardinale ci ha invitate a scegliere un sacerdote che possa confermarci in questa iniziativa tutta laica, e profumata di Spirito Santo, per essere sicure di rimanere nell'obbedienza alla Chiesa. Nell'obbedienza si firma un contratto in bianco con Gesù: non gli si chiede di fare la nostra volontà, ma gli si dice "okay, la faccio", prima ancora di sapere quale sia. Che è la preghiera, come ci ha ricordato lui, di don Dolindo Ruotolo (chi non conosce il suo atto di abbandono lo legga, è una meraviglia!).
Noi temiamo (per lui, che è già abbastanza oberato) che questo ruolo di conferma e guida tocchi a don Pierangelo Pedretti, che ci ha aiutate dall'inizio!
Poi, armate di vasetti di pesto e polpettoni di fagiolini e dolci di riso e di mele, ci siamo dirette alla volta del Vicariato, per saldare con i restanti 3000 euro il debito di riconoscenza che avevamo con il cardinal De Donatis, il temerario che ci ha prestato per un giorno la chiesa più importante del mondo, decidendo di fidarsi di noi. Adesso il conto è vuoto, stiamo ultimando gli ultimi controlli e poi rendiconteremo le spese.
Il Cardinale ci ha dato preziosi consigli per andare avanti, per cercare nutrimento spirituale da condividere via Wi-Fi, per poi incontrarci di nuovo, probabilmente verso ottobre, probabilmente di nuovo a San Giovanni in Laterano: il capitolo dovrebbe avere una cadenza annuale, ma magari in un mese meno freddo rispetto a gennaio, per consentirci di stare un po' più insieme, anche all'aperto.
Ci stanno chiedendo di fare incontri in più parti d'Italia, ma ci sembra difficile organizzare a distanza; questo non esclude che si possa, forse si debba trovare un modo per far incontrare i confratelli, ovunque si trovino, senza bisogno di fare ogni volta un capitolo generale (Monica mi ci rimane secca). E' importante però respirare più spesso possibile quell'aria di paradiso che ci è stata regalata il 19 gennaio.
Cercheremo anche di scrivere una sorta di Regola (prometto, non parlerà di leopardato), e di scambiarci tutto l'aiuto possibile per andare avanti nella ricerca del Volto che tutti vogliamo vedere nelle nostre giornate.
Il segno che questa roba, a cui non sappiamo ancora dare un nome, non io almeno, sta funzionando, cioè sta portando frutti (che sono diversi dai risultati, ricordate la catechesi?) saranno i gesti concreti di carità che riusciremo a fare, fra di noi (per esempio, sarebbe prezioso andare a portare una solidarietà concreta ai confratelli in carcere, nell'ala van Thuan del nostro monastero!) e con gli altri. Una carità intelligente, organizzata, costante.
Infine, poiché in tanti me lo stanno chiedendo, ricordo qui gli appuntamenti di febbraio, occasioni in cui parleremo di vita spirituale e famiglia e altro, ma soprattutto occasioni di abbracciarci in carne ed ossa:
oggi, venerdì 1 febbraio sarò all'Auditorium di Jerago (Varese), in via Colombo 2, alle 21;
venerdì 8 febbraio alle 20.30 sarò all'Istituto Cattolico "V. Chizzolini", Zanano di Sarezzo (Brescia);
il 22 febbraio sarò a Perugia, alla Chiesa di San Barnaba;
il 23 ad Arezzo (seguono dettagli).

Fonte: Blog di Costanza Miriano, 23 gennaio - 1° febbraio 2019

4 - FILM SU MARIA STUARDA, LA REGINA DI SCOZIA DECAPITATA DA ELISABETTA PERCHE' CATTOLICA
L'abbiamo visto, ma non ci è piaciuto perché infarcito di femminismo, multiculturalismo e gender
Autore: Paolo Gulisano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 18-01-2019

Ieri è arrivato nei cinema italiani Maria regina di Scozia, un film diretto da Josie Rourke, con protagoniste Saoirse Ronan e Margot Robbie. La pellicola biografica è l'adattamento cinematografico della biografia My Heart Is My Own: The Life of Mary Queen of Scots scritta da John Guy. Il film narra le vicende di Maria Stuarda (8 dicembre 1542 - 8 febbraio 1587), regina di Scozia a sei giorni dalla nascita, regina di Francia per matrimonio a soli 16 anni e vedova a 18. Tornata nella nativa Scozia, nel frattempo divenuta un paese protestante, si scontra con i suoi lord ribelli guidati dal fanatico calvinista John Knox e infine deve scontrarsi con la cugina Elisabetta I d'Inghilterra, che nel frattempo aveva usurpato il trono inglese.
Prima del cinema, l'arte si è già occupata della figura tragica della regina scozzese. Basti pensare al celebre dramma di Schiller. La pellicola della regista cattolica inglese Josie Rourke ha il merito di mostrare quella che non fu semplicemente una sfida tra due donne dalle straordinarie qualità come Maria ed Elisabetta, ma un vero scontro epocale tra due Paesi da sempre nemici, ma soprattutto uno scontro di religione. Una vera e propria guerra contro il Cattolicesimo. Si tratta di una storia non solo dimenticata, ma decisamente rimossa.

LA FEROCIA DI ELISABETTA
Elisabetta, salita al trono d'Inghilterra, era decisa a togliere di mezzo quella rivale di fede cattolica che poteva vantare più diritti di lei a regnare su tutta l'isola britannica. Elisabetta tuttavia voleva non solo fagocitare la Scozia, da secoli sogno proibito dei Reali inglesi, ma principalmente sradicare il Cattolicesimo da quella nazione, così come dall'Inghilterra stessa e dall'Irlanda. Già suo padre,  Enrico VIII,  aveva favorito lo sviluppo tra gli scozzesi di una fazione filo-protestante e filo-inglese, che iniziò a ordire complotti contro il re e contro la Chiesa, in particolare contro uomini come il cardinale David Beaton, grande ecclesiastico e patriota. Come aveva notato Chesterton, il clero cattolico di Scozia aveva a cuore, oltre che il lavoro per la messe di Dio, anche il bene della nazione. L'Inghilterra finanziò bande di criminali, ubriachi, balordi, studenti falliti come lo stesso John Knox, per seminare disordini e paure nel Paese.
Il giovane re di Scozia Giacomo V Stuart si rifiutò di seguire gli inviti di Enrico a lasciare la Chiesa e a seguire la sua riforma rivoluzionaria. Anzi, unendosi in matrimonio a Maria di Guisa rafforzò i legami con la Francia. Visto quindi il fallimento di ogni tentativo di condizionamento del sovrano scozzese, e temendo una ventilata crociata contro di lui da parte dei regni cattolici, guidata dallo stesso Giacomo, Enrico VIII ricorse alla forza. Nell'agosto del 1542 le sue truppe invasero la Scozia senza neppure la dichiarazione di guerra.  Gli scozzesi subirono una pesante sconfitta, ma mentre il re giaceva agonizzante, fu raggiunto dalla notizia che nel palazzo di Linlithgow sua moglie aveva dato alla luce l'unico suo erede al trono, una bambina cui venne dato il nome di Mary.
La principessa rappresentava le ultime speranze della Scozia, e fu affidata alle cure e alla protezione del cardinale Beaton, arcivescovo di Saint Andrews e primate di Scozia. Tuttavia la Chiesa e la nazione erano ormai alla mercé degli inglesi, che fecero in modo di inviare oro a profusione a tutti coloro che collaborassero alla diffusione della Riforma e delle nuove idee politiche. La Scozia, nonostante la sua lontananza geografica dal centro della cristianità, era stata per secoli una delle figlie predilette di Roma, tanto da meritarsi il titolo di Specialis Filia Romanae Ecclesiae, "figlia particolare della Chiesa Romana". Un titolo del quale i fedeli scozzesi erano sempre andati fieri. Il sedicesimo secolo trovò tuttavia il clero e i laici sorpresi e impreparati agli sconvolgimenti di quei tempi: la Chiesa, che conservava ancora felicemente le sue caratteristiche medioevali, fu letteralmente spazzata via, sradicata dal Paese senza quasi lasciare traccia: le gerarchie scomparvero, i fedeli rimasti furono dispersi, la Scozia rimase isolata rispetto alla vita cattolica del continente.

COME SPIEGARSI QUESTA CATASTROFE RAPIDA E PRESSOCHÉ COMPLETA?
In pochi anni la Riforma era penetrata in Scozia e aveva assunto il volto violento, iconoclasta e sterminatore del calvinismo di Knox. Il governo inglese aveva ospitato e in seguito sovvenzionato quest'uomo animato da un utopismo rancoroso, il quale aspirava a realizzare una comunità di perfetti, che detestava ferocemente ogni manifestazione dell'Incarnazione di Dio, a cominciare dall'Eucaristia, che incitava instancabilmente a profanare. Odiava la Messa, che riteneva "un rito superstizioso e blasfemo"; odiava ogni visibile realizzazione della carità. I suoi seguaci in pochi anni rasero al suolo tutti i monasteri e le più insigni chiese e cattedrali. Quella bellezza di armonie e di forme che aveva ingentilito il severo panorama nordico della Scozia fu ridotta in rovine.
L'ultimo baluardo contro l'avanzare del regime del terrore era dunque la giovane principessa Mary, colei che nella forma italianizzata passò alla storia come Maria Stuarda. Gli uomini rimasti fedeli alla Casa degli Stuart la inviarono in Francia, mentre il governo veniva affidato a una reggenza. Maria visse una serena fanciullezza in Francia, sposò ancora giovane il Delfino, ossia l'erede al trono francese, e altrettanto giovane rimase vedova, quando un disgraziato incidente la privò del giovanissimo sposo, il sedicenne Francesco II. A questo punto, a 23 anni, Maria fece ritorno nella sua terra, a rivendicare il suo giusto diritto. La sua vicenda da questo punto si svolge in uno scenario di passione e tragedia:  Maria era sbarcata a Edimburgo cosciente del ruolo a cui era chiamata, per il quale era nata ed era stata allevata. I suoi princìpi, conformi al sistema di valori in cui erano stati concepiti, basati sulla lealtà e la fedeltà, si scontrarono con la società nuova che si andava formando, selvaggia e crudele come non lo era mai stata in passato.
La giovane regina attirò l'odio del vecchio Knox, che vide in lei la meretrice di Babilonia, al pari della Chiesa di Roma, da immolare perché potesse finalmente imporsi il nuovo ordine. Maria dovette affrontare un evento penosissimo quanto solo una guerra civile può esserlo: buona parte del Paese, della nobiltà e del popolo, vinse la paura e combatté al suo fianco. Accanto ai riformatori c'erano invece i nuovi "alleati" inglesi, certi che il prevalere del protestantesimo avrebbe finito per agevolare la progressiva anglicizzazione della Scozia e il suo spostamento nella sfera di influenza politica di Londra. Considerando il crollo del Cattolicesimo in Scozia, è certamente interessante notare quello che lo storico cattolico scozzese Compton MacKenzie ebbe a scrivere, individuando come il maggior peccato del clero cattolico del XVI secolo fosse stato la perdita di considerazione del sacramento della Messa. «La giustizia di Dio alla fine li privò di quello che non avevano sufficientemente stimato».

NON DIMENTICATEVI DELLA SPOSA AFFLITTA
Il Protestantesimo si diffuse grazie a una ondata emotiva, quella energia che nella Chiesa si era andata attenuando. Alla fine, dopo anni di lotte interne e contro le aggressioni inglesi, questa donna fiera e allo stesso tempo fragile, che aveva avuto un matrimonio infelice e aveva visto poi il suo sposo assassinato da una congiura, venne sconfitta in battaglia e portata prigioniera in Inghilterra. «Non dimenticatevi della sposa afflitta», era una scritta che era campeggiata sui suoi stendardi di guerra. Dopo la sconfitta molti fallirono e caddero nell'apostasia, ma altrettanti conservarono la memoria della Chiesa di Cristo afflitta, della terra sofferente, della libertà minacciata, e di una giovane umanissima regina.
Gli inglesi decapitarono la regina di Scozia, dopo averla tenuta prigioniera per anni, l'8 febbraio 1587. Si trattò di un gesto crudele, indebitamente estraneo al diritto internazionale. La vita di Maria era stata intensa e in gran parte infelice. Le era toccato in sorte il fallimento politico e l'infelicità affettiva, provocata da un matrimonio sbagliato e da un amore difficile con un suo fedelissimo vassallo, il conte di Bothwell. Forse Maria non era stata quella che canonicamente si definisce una santa, tuttavia aveva sacrificato la propria vita per il bene del suo popolo e della Chiesa, affrontando tradimenti, intrighi di corte, minacce, guerre.
Prima di salire al patibolo, lasciò questa preghiera, testimonianza di una fede intensa e appassionata: O Domine Deus, speravi in Te, O care mi Jesu, nunc libera me. In dura catena, in misera poena, desidero Te! Languendo, dolendo, et genuflectendo, adoro, imploro, ut liberes me. Durante l'orazione funebre per la regina uccisa, l'arcivescovo di Bourges disse che la sola colpa di Maria, per la quale era stata condannata, era stata di essere cattolica. Con Maria sconfitta e assassinata, si aprì per la Scozia l'ora più oscura della sua storia.

Nota di BastaBugie: siamo andati a vedere il film, ma non ci è piaciuto perché infarcito di femminismo, multiculturalismo e gender. Peccato perché la storia è stata comunque rispettata abbastanza, addirittura Maria Stuarda appare come la buona (quale era, ma quando si parla dei cattolici, in genere, il cinema ne fa a pezzi la figura). In tanti dettagli si vede l'accurata ricostruzione storica, giusto per fare un esempio nella scena finale quando Maria viene decapitata e si presenta vestita di rosso a simboleggiare quello che stava subendo come un martirio (cosa del resto vera visto che era uccisa per la sua fede cattolica). Ma purtroppo i difetti del film, cancellano anche stavolta la possibilità di avere un bel film storico veritiero.
Quasi ovvio, visti i tempi, il femminismo che sottolinea il fatto che a contendersi il potere furono due donne, incarnazione perfetta della parità uomo donna oggi tanto strombazzata come diritto umano (anche se, onestamente, il film fa vedere che entrambe vengono logorate dal loro ruolo, ma ovviamente viene data la colpa al mondo maschilista che sarebbe geloso della loro "invadenza").
Disgustosa poi, anche l'omosessualità diffusa in tutto il film. Gay il fratello di Maria, gay il marito di Maria, ideologia gender nella rivale di Maria, la regina Elisabetta che confida al suo principale consigliere di sentirsi un uomo e per questo chiede che sia lui ad essere "la sua donna" con una clamorosa inversione di ruoli. Il fratello di Maria, gay e sempre pronto a travestirsi da donna, porta a letto il marito di sua sorella, con conseguente suo assassinio da parte dei cortigiani per una pretesa moralistica attribuita al buio medioevo. Insomma gli Stuart erano o pervertiti o moralisti ad eccezione della sola Maria, che però faceva buon viso a cattivo gioco. Una caricatura inaccettabile.
Infine il multiculturalismo, ormai onnipresente nella produzione hollywoodiana, con personaggi neri tra i lord inglesi e damigelle di corte orientaleggianti. Certamente i neri erano presenti in Inghilterra a quel tempo, ma erano principalmente schiavi, non certo appartenenti alla nobiltà. Insomma un falso storico per adattarsi alle quote nere e gialle (una specie di quote rosa razziali) che però finiscono per discriminare la realtà.

DOSSIER "LA MONARCHIA INGLESE"
Da Enrico VIII ad Elisabetta II

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 18-01-2019

5 - BRUCIATA UNA CHIESA... IN NOME DEI MIGRANTI
A Trento è stata lanciata una molotov contro il portone della chiesa di San Rocco perché il parroco aveva fatto un presepe che metteva in luce i disastri dell'aborto
Autore: Caterina Giojelli - Fonte: Tempi, 12 gennaio 2019

Ma che c'azzecca bruciare il portone di una chiesa con i migranti? Succede a Rovereto (Trento) quando la mattina del 10 gennaio, intorno all'alba, qualcuno avvisa le autorità: sta andando a fuoco il portone della chiesetta di San Rocco, in corso Bettini. Domato l'incendio, la scena che si propone a don Matteo Graziola, incaricato dell'adorazione eucaristica perpetua a cui è dedicata la chiesa, è desolante: il cuore del portale in legno è sventrato, sul grande bassorilievo in cotto che rappresenta l'incontro tra san Francesco e san Rocco sopra l'entrata si allungano le scie nere delle fiammate. Il fumo ha danneggiato gli intonaci, c'è fuliggine ovunque. Sul muro della facciata troneggia una scritta: "I veri martiri sono in mare".

IL PRESEPE ANTIABORTISTA
«Sono due giorni che puliamo, grazie a Dio il fuoco non ha raggiunto i banchi. Sono arrivato poco prima delle sette e ancora non si vedeva niente, fumo ovunque», spiega a tempi.it don Matteo. La procura ha aperto una indagine, la scena suggerisce c'entrino il lancio di una molotov e la pista anarchica, i giornali invece suggeriscono il movente: l'allestimento del presepe antiabortista intitolato "La strage di Erode" (con la statuina di Erode accanto alla Natività e quella di minuscoli feti abortiti disseminati sul cammino dei Re Magi) posto sulla scalinata di San Rocco. Non è la prima volta che un'iniziativa prolife scatena rappresaglie a Rovereto, ma il battagliero don Matteo ha sempre tirato dritto per la sua strada, dividendosi tra l'insegnamento di religione al Liceo Rosmini, i gruppi di preghiera antiabortisti, e la partecipazione ai gesti delle Sentinelle in piedi.
Una volta, nel 2014, è pure finito al pronto soccorso  con un ematoma e un amico col setto nasale fratturato da una squadraccia di figuri poco inclini al confronto e molto agli insulti, pugni, calci, spintoni e lancio di uova che avevano aggredito le Sentinelle. Questa estate invece il pronto soccorso l'ha probabilmente evitato grazie l'intervento della polizia, ma gli anarchici che fuori dall'ospedale avevano circondato il suo gruppo del Rosario per la vita, dopo la giornata di volantinaggio per la città con le vele di Provita e Movimento per la Vita, non promettevano nulla di buono.
Insomma, è la vecchia storia dell'Italia che sente di vivere in un regime di aborto libero e insindacabile, il resto, con buona pace della libertà di espressione, è medievalismo bigotto e retrogrado e come tale va zittito. A colpi di bombette incendiarie.

RISCHIAMO L'ESTINZIONE DELLE COSCIENZE
Hanno scritto i giornali che il presepe in seguito alle polemiche era stato spostato dalla scalinata all'interno della chiesa. «Veramente è sempre stato fuori, lo abbiamo ritirato un giorno perché ci avevano rubato il muschio. Il tempo di procurarcene del nuovo ed era di nuovo sulla scalinata». Ma la notte del rogo non c'era, di notte viene sempre riposto nella chiesetta francescana insieme al pannello che lo accompagna con la cronistoria delle leggi abortiste, da quelle hitleriane alla Cina di Mao fino alle moderne norme occidentali, «lo sa quanti aborti legali vengono registrati ogni giorno in Europa? 5.600, è la cultura dello scarto, piaccia o meno i numeri sono questi, che lascia dietro di sé una scia di bambini abortiti ma punta all'estinzione delle coscienze». Piaccia o meno, don Matteo ha fatto il suo mestiere, boicottare l'addormentamento della comunità sull'aborto, «Giovanni Paolo II ci esortava all'evangelizzazione, alla battaglia culturale, legale, alla caritativa».
Certo, la sua natività ha impressionato negativamente anche molti cattolici e chi abortista non lo è affatto, ma in un momento in cui esistono preti che invitano a non fare il presepe in segno di protesta contro il decreto sicurezza o che fanno nascere il bambinello di Betlemme su un barcone alla deriva, la reazione a una minuscola rappresentazione come quella di San Rocco può diventare il pretesto per appiccare il fuoco?

LE CONDANNE DI CHIESA E PROVINCIA
«Bruciare una porta, che sia di una struttura di accoglienza, come accaduto in passato, o di una chiesa, luogo di culto aperto e libero, è uno sfregio per tutta la comunità», ha tuonato l'arcivescovo di Trento, Lauro Tisi. «Ogni parola di condanna rischia però di essere scontata se non ne deriva l'impegno affinché il dissenso e la diversità di opinione, legittimi anche all'interno della comunità ecclesiale, non travalichino mai il rispetto delle persone e degli ambienti ad esse destinati. Chi ha appiccato quel fuoco potrà alimentare paura e divisione, ma non riuscirà mai a mandare al rogo la forza del dialogo e del confronto, conquista di civiltà di cui tutti dobbiamo essere custodi e garanti».
Di "opinione" ha anche parlato il presidente della Provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti: «Esprimere il proprio pensiero con il danneggiamento dei simboli e delle proprietà altrui, quindi con la violenza e la prepotenza, è sempre sbagliato. In una democrazia ci sono altri modi per esprimere le proprie idee. Chi ha incendiato l'ingresso della chiesa di San Rocco, a Rovereto, è nemico del dialogo e del confronto pacifico», promettendo che qualora i responsabili «fossero garantiti alla giustizia, dovranno essere pesantemente condannati».
Ma di quali pensieri si parla? Davvero sono i "martiri del mare" il primo dei pensieri di chi dà fuoco a una chiesa? «Guardi, la diocesi di Trento è in prima linea nell'accoglienza dei migranti e degli emarginati, attorno alla nostra chiesa fanno riferimento profughi pachistani, bulgari, africani, c'è una famiglia musulmana che viene qui ogni mese con i bambini. La scritta sulla facciata è fumo negli occhi come quello che ha invaso San Rocco e ha avvolto il nostro presepe: se le nostre statuine rappresentano davvero un grumo di cellule senz'anima né valore perché prendersi il disturbo di incenerirci il portone?».

Fonte: Tempi, 12 gennaio 2019

6 - TRUMP INTERVIENE ALLA MARCIA PER LA VITA: ''OGNI VITA HA UN SENSO E MERITA DI ESSERE PROTETTA''
Il presidente userà il veto sulle leggi contro i nascituri, bloccando così i democratici che cercano di sfruttare lo shutdown per far passare misure pro aborto (VIDEO: Trump e Mike Pence alla Marcia per la Vita)
Fonte Sito del Timone, 20/01/2019

«Quando guardiamo negli occhi di un bambino appena nato vediamo la bellezza dell'anima umana e la maestà della creazione di Dio, sappiamo che ogni vita ha un senso e ogni vita merita di essere protetta». Con queste parole il presidente Donald Trump si è rivolto ai partecipanti della March for life a Washington, mediante un messaggio video che ha preceduto la partenza della marcia venerdì scorso.
«Proteggerò sempre il primo diritto nella Dichiarazione di Indipendenza», ha affermato Trump, «il diritto alla vita». E ancora: «Ogni persona è unica sin dal primo giorno. Questa è una frase molto importante. Unico dal primo giorno. E così vero... Insieme lavoreremo per salvare le vite dei bambini non ancora nati».
Il video messaggio di Trump è stato presentato sul palco dal vice Mike Pence accompagnato dalla moglie Karen. «Ci riuniamo qui», ha detto Pence, «perché rappresentiamo la vita. Ci riuniamo qui perché rappresentiamo la compassione. Ci riuniamo qui perché crediamo, come hanno fatto i nostri fondatori, che tutti noi, nati e non nati, siamo dotati dal nostro creatore di certi diritti inalienabili e il primo tra questi diritti è il diritto alla vita».
Ricordando la storica sentenza della Corte suprema del 1973, la cosiddetta Roe v. Wade, che ha spianato la strada dell'aborto negli Stati Uniti, il vicepresidente Pence ha detto che quella decisione «ha voltato le spalle a tale diritto» alla vita.
Nel suo intervento il presidente Trump ha ricordato le azioni che la sua amministrazione ha messo in campo in contrasto all'aborto: ha promosso una politica che limita i fondi per le organizzazioni internazionali che promuovono o eseguono gli aborti; ha promosso le azioni della sua amministrazione per proteggere la libertà religiosa per i professionisti medici e le organizzazioni di beneficenza religiose, così come il sostegno per l'adozione e l'affidamento. Tra le nuove proposte vi sono poi i limiti che escludono i fondi del Titolo X per le cliniche che praticano l'aborto.
A causa di voi che siete qui, ha detto il vicepresidente Pence, «sappiamo nei nostri cuori che la vita sta vincendo ancora una volta»

Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 9 minuti) gli interventi del vicepresidente Pence e del presidente Trump alla Marcia per la vita. Il video è in lingua originale. Per i sottotitoli in italiano cliccare sulla prima icona "sottotitoli" in basso a destra e poi selezionare la lingua italiana nella "traduzione automatica" cliccando sulla icona "impostazioni" a forma di rotellina


https://www.youtube.com/watch?v=gYzqvIwKop8

TRUMP: PORRÒ IL VETO A OGNI LEGGE ABORTISTA
Ermes Dovico nell'articolo seguente dal titolo "La Marcia per la Vita e la promessa di Trump: Porrò il veto a ogni legge abortista" racconta delle decine di migliaia di persone che si sono ritrovate venerdì a Washington per l'annuale Marcia per la Vita, cui ha preso parte anche il vicepresidente Mike Pence, mentre il numero uno della Casa Bianca ha fatto sentire il suo sostegno con un videomessaggio definendo ogni bambino «un dono sacro di Dio». In una lettera alla speaker della Camera, Nancy Pelosi, Trump ha spiegato che userà il suo potere di veto nei confronti di ogni disegno di legge che tenti di indebolire la protezione per i nascituri, rispondendo così ai tentativi dei democratici che stanno cercando di sfruttare lo stallo sullo shutdown per far passare misure pro aborto.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 20 gennaio 2019:
Anche quest'anno decine di migliaia di persone, provenienti da ogni parte degli Stati Uniti, si sono ritrovate a Washington per partecipare all'annuale Marcia per la Vita, giunta alla sua 46° edizione e conseguente alla sciagurata sentenza del 22 gennaio 1973, nota come Roe contro Wade, con cui la Corte suprema bypassò le leggi americane e liberalizzò l'aborto (fino allora vietato nella gran parte dei 50 Stati federati) in tutta la nazione.
Venerdì la capitale degli Usa ha visto marciare, nonostante il freddo, persone appartenenti a ogni classe sociale e di tutte le età, uomini, donne, bambini, disabili, studenti e lavoratori, adolescenti e genitori, tutti uniti da una certezza ben espressa nel tema della marcia di quest'anno: Unique from day one, unici fin dal primo giorno. Tema che continuava con la scritta Pro-life is pro-science, visto che è proprio la scienza a dirci che il «grumo di cellule» disprezzato dagli abortisti è in realtà - quella che ha riguardato e riguarda ognuno di noi - un essere umano unico e irripetibile fin dall'istante del concepimento.
Anche quest'anno, di fronte a quello che viene considerato il più grande appuntamento pro life del mondo, diversi media rappresentativi della cultura dominante hanno ignorato la manifestazione o ne hanno dato una raffigurazione deformata, arrivando (è il caso del Washington Post) a ospitare interventi in cui si chiama l'aborto «cura della salute». Pazienza se non si è mai vista una «cura» che uccide puntualmente almeno una persona e lascia conseguenze psicofisiche su chi - in veste di genitore, medico, ostetrica, ecc. - partecipa all'atto. Nonostante la potenza di fuoco (propagandistico) su cui possono contare le élite economiche e culturali, un sondaggio commissionato dai Cavalieri di Colombo mostra che il 75% del campione intervistato chiede sostanziali restrizioni alle attuali leggi abortiste e il 62% si dice contrario ad abortire bambini con sindrome di Down, prime vittime dell'eugenetica moderna.
Alla marcia ha preso parte a sorpresa, nel senso che la sua visita non era in programma, il vicepresidente Mike Pence, accompagnato dalla moglie Karen. Pence ha ringraziato i volontari impegnati nei centri per la gravidanza che aiutano mamme e bambini, ha detto che il movimento pro life è «definito dalla compassione e dall'amore» e, ricordando la Roe contro Wade, ha espresso questo auspicio: «Rimetteremo la santità della vita al centro della legge americana e credo che nel nostro arco di vita aboliremo l'aborto».
E Donald Trump? Il presidente alla marcia non c'era ma ha sollevato gli animi dei pro life indirizzando una lettera - che porta la data del 18 gennaio, il giorno stesso dell'evento di Washington - alla speaker della Camera, l'abortista Nancy Pelosi, in cui definisce «allarmante» il fatto che i democratici, freschi di riconquista della maggioranza nel primo ramo del Congresso, abbiano approvato il 3 gennaio un disegno di legge (H.R. 21) che se passasse anche al Senato abolirebbe la Protecting life in global health assistance (PLGHA, un'estensione della Mexico City Policy), cioè la misura che vieta di finanziare i gruppi che praticano o promuovono l'aborto all'estero come metodo di pianificazione familiare. «Porrò il veto su ogni legislazione che indebolisca le attuali politiche e leggi federali pro life, o che incoraggi la distruzione della vita umana innocente a qualsiasi stadio», ha scritto Trump alla fine della sua lettera alla Pelosi.
La promessa del presidente fa seguito alle due lettere (riportate dal Friday Fax) sottoscritte da un gran numero di parlamentari repubblicani, la prima da 49 senatori e la seconda da 169 deputati, che chiedono al capo della Casa Bianca di non barattare l'eliminazione delle misure pro vita con la fine del parziale shutdown (cioè il blocco delle attività amministrative conseguente alla mancata approvazione della legge di bilancio). Il disegno di legge approvato dai democratici il 3 gennaio è infatti uno di quelli che dovrebbero essere intesi a risolvere lo shutdown ma allo stesso tempo prevede di eliminare la PLGHA (la già citata misura volta a limitare il finanziamento dell'aborto all'estero) e rifinanziare l'Unfpa, il fondo Onu per la popolazione che ha supportato la politica del figlio unico in Cina (con sterilizzazioni e aborti forzati) e a cui Trump ha tagliato giustamente i finanziamenti nel 2017.
I democratici stanno cercando di sfruttare lo stallo sul fronte bilancio anche per eliminare l'emendamento Hyde (già di per sé un compromesso), una misura introdotta per la prima volta nel 1976 che impedisce di usare fondi federali per finanziare direttamente l'aborto, eccetto che nei casi di pericolo di vita per la madre, stupro e incesto. Alla luce dei tentativi di indebolire ulteriormente le protezioni per i nascituri, Trump, che già prima della lettera alla Pelosi aveva minacciato il veto, ha appunto ribadito che si opporrà. Di questa opposizione alla cultura della morte ha dato conto nel videomessaggio diretto ai partecipanti della marcia di Washington, in cui Trump, che pure avrà mille difetti ma rappresenta un argine alla deriva nichilista, non ha mancato di esprimere con parole davvero significative la straordinarietà della vita umana e di richiamarsi ancora una volta a Dio, così ignorato dal suo predecessore e bandiera del progressismo, Barack Obama. «Questo è un movimento fondato sull'amore e radicato nella nobiltà e nella dignità di ogni vita umana», ha detto il presidente. «Quando guardiamo negli occhi di un bambino appena nato vediamo la bellezza nell'anima umana e la Maestà della creazione di Dio. Sappiamo che ogni vita ha un significato e che ogni vita merita di essere protetta. Come presidente, difenderò sempre il primo diritto della nostra Dichiarazione d'Indipendenza, il diritto alla vita».
Trump ha quindi ricordato la reintroduzione della Mexico City Policy e gli sforzi fatti nella difesa dell'obiezione di coscienza (messa sotto attacco dall'amministrazione Obama) «per proteggere le libertà religiose di medici, infermieri ed enti benefici, come le Piccole Sorelle dei Poveri», le suore costrette a una lunghissima battaglia giudiziaria per sottrarsi al cosiddetto «mandato contraccettivo» dell'Obamacare. «Sosteniamo l'amorevole scelta dell'adozione e dell'affido, anche attraverso il supporto dei servizi di adozione basati sulla fede».
Dopo aver detto che «ogni bambino è un dono sacro di Dio», Trump ha voluto «ringraziare gli americani che hanno viaggiato attraverso tutto il Paese per marciare per la vita. E, in particolare, voglio ringraziare i tanti giovani che ci danno speranza per il futuro. Insieme lavoreremo per salvare vite di bambini non nati in modo che abbiano la possibilità di vivere e amare, prosperare e sognare, di benedire la nostra nazione e raggiungere il loro pieno e splendido potenziale». E infine: «Grazie, e Dio benedica voi e la vostra famiglia. E Dio benedica l'America».

Fonte: Sito del Timone, 20/01/2019

7 - ANCHE I ''CATTOLICI'' COLLABORANO ALLA DAMNATIO MEMORIAE DI CRISTOFORO COLOMBO
In ossequio alla follia iconoclasta dei mozzatori di statue l'università ''cattolica'' dell'Indiana, dopo averli fatti fare, oscura gli affreschi della scoperta dell'America (VIDEO: Columbus day a New York)
Autore: Caterina Giojelli - Fonte: Tempi, 23/01/2019

«Cari membri della comunità di Notre Dame»: inizia così la lettera che il reverendo John I. Jenkins, presidente della blasonata università cattolica dell'Indiana, ha indirizzato lo scorso 20 gennaio al campus. Oggetto: "Gli affreschi di Colombo". «Ho deciso che saranno preservati ma non saranno più esposti al pubblico regolarmente e nella loro posizione attuale».
Non c'è pace per la vittima più illustre dell'isteria politicamente corretta americana: abolito il Columbus Day dai consigli americani di Los Angeles, Seattle, Minneapolis, Albuquerque, Phoenix e Denver (per celebrare al suo posto commemorazioni come l'Indigenous and Native People Day), decapitate, imbrattate o fatte a pezzi le sue statue a Baltimora, Houston, New York, Yonkers, entrata nel mirino dei nemici dei «simboli d'odio» la sua effigie a Central Park, per cui è invocato lo stesso destino delle "statue confederate" e dei busti dei generali dell'esercito sudista rimossi dalla Hall of Fame dell'Università di New York perché «New York è contro il razzismo» (copyright il governatore Andrew Cuomo), a farsi paladina della damnatio memoriae di Cristoforo Colombo è oggi la stessa università che nel 1880 commissionò al pittore vaticano Luigi Gregori il ciclo di affreschi raffiguranti la vita e i viaggi dell'esploratore.

IERI MECENATI, OGGI ICONOCLASTI
Realizzati tra il 1882 e il 1884, fonte di ispirazione di una serie di francobolli commemorativi della storia degli States emessi nel 1893, i murales di Gregori «riflettono la mentalità dell'epoca», servivano ad incoraggiare la comunità scolastica, composta in larga parte da immigrati e cattolici, a «sentirsi pienamente e orgogliosamente americana» e si concentravano «sull'immagine popolare di Colombo, un eroe americano, che era anche un immigrato e un devoto cattolico». A incaricare Gregori fu proprio padre Edward Sorin, fondatore di Notre Dame, che dopo averlo conosciuto durante una sua visita alla corte papale nel 1874 lo volle nella sua sede americana per 17 anni.
Tuttavia ora l'odierno successore di Sorin, padre Jenkins, dice di sentire questi dipinti incompatibili con la missione cattolica di Notre Dame: «Per i popoli nativi di questa "nuova" terra la venuta di Colombo fu a dir poco catastrofica. A prescindere da qualunque altra cosa abbia portato il suo arrivo, per questi popoli ha portato allo sfruttamento, all'esproprio della terra, alla repressione di vivaci culture, alla schiavitù e a nuove malattie che hanno causato epidemie che hanno ucciso milioni di persone». È il trito e ritrito discorso del nuovo mondo col pallino delle scuse retroattive, la sindrome dell'"essere figli del tempo", da cui l'apostolato contemporaneo ci vorrebbe tutti immuni e vaccinati (ricordate le rocambolesche scuse del National Geographic? «Per anni ci siamo comportati in maniera razzista nel nostro giornale. Non abbiamo fatto abbastanza per portare i nostri lettori oltre gli stereotipi della cultura bianca americana»).
E non è la prima volta che gli affreschi di Gregori rischiano la censura: già nel 1995 un gruppo di studenti nativi ne aveva chiesto la "rimozione" portando l'università a produrre un opuscolo che cercasse di contestualizzarli. E nel 2017, più di 300 persone tra studenti e dipendenti di Notre Dame firmarono una lettera pubblicata dal giornale del campus per ribadire la necessità della censura.

WOJTYLA TAGLIUZZATO
Ma questa volta ad avallare le ragioni degli iconoclasti abbiamo un testimonial d'eccezione: san Giovanni Paolo II. Padre Jenkins estrapola infatti una frase da un suo discorso agli amerindi del 1987: «Tale incontro [tra le vostre culture tradizionali e lo stile di vita europeo] fu un'aspra e dolorosa realtà per le vostre popolazioni. È doveroso riconoscere l'oppressione culturale, le ingiustizie, la distruzione della vostra vita e delle vostre società tradizionali». Non cita, Jenkins, la parte immediatamente successiva, «nello stesso tempo, per essere obiettivi, la storia deve registrare gli aspetti profondamente positivi dell'incontro tra le vostre popolazioni e la cultura proveniente dall'Europa», elogiativa dei tanti missionari che «lavorarono per migliorare le condizioni di vita e per creare sistemi di istruzione e per far questo impararono la vostra lingua. Soprattutto essi proclamarono la buona novella della salvezza in nostro Signore Gesù Cristo, di cui parte essenziale è l'affermazione che tutti gli uomini e le donne sono ugualmente figli di Dio e come tali devono essere rispettati e amati. Questo Vangelo di Gesù Cristo rappresenta oggi e rimarrà per sempre il maggiore vanto e patrimonio del vostro popolo».
Non la cita perché l'obiettivo dell'università cattolica oggi è sì «preservare le opere artistiche originariamente intese a celebrare i cattolici immigrati che all'epoca erano emarginati nella società», ma farlo senza cercare involontariamente «di emarginare gli altri». Pertanto gli affreschi verranno coperti, e verrà stabilito un comitato per decidere dove e come esporne le immagini ad alta qualità altrove contestualizzandole con un'opera di comunicazione consapevole e rispettosa della «eredità dei popoli nativi, che hanno conosciuto grandi avversità dall'arrivo degli europei».
Sono passati oltre cinquecentoventisei anni dallo sbarco di Colombo, il grande «non santo, ma defensor fidei», come scrisse Paolo Emilio Taviani, oggi accusato di «tutto ciò che è andato storto nel Nuovo Mondo», dal colonialismo alla schiavitù alla segregazione razziale, sebbene in realtà si tratti di «conseguenze che egli non voleva, non si attendeva e non avallava», come ha ben spiegato l'antropologa Carol Delaney in una intervista alla Catholic News Agency del 2014. Non ci meraviglia che Colombo sia odiato da un mondo per il quale la fede è mistificazione, superstizione, fastidio. Ma che una università cattolica si appelli al discorso democratico della discriminazione per mettersi al seguito dei mozzatori di teste di statue, sloggiare il suo patrimonio e proclamare i suoi "mea culpa" usando san Giovanni Paolo II dovrebbe dire, alle nostre teste, ancora qualcosa.

DOSSIER "LA SCOPERTA DELL'AMERICA"
Frutto della fede cattolica di Colombo

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COLUMBUS DAY A NEW YORK


https://www.youtube.com/watch?v=SnjoG5je8ww

Fonte: Tempi, 23/01/2019

8 - I GRAVI RISCHI DELLA MORTE CEREBRALE: ''SUA MADRE E' MORTA... ANZI NO''
Una donna di 80 anni viene dichiarata cerebralmente morta e i familiari firmano per la donazione degli organi, ma il giorno dopo vengono a sapere che è ancora viva
Autore: Alfredo De Matteo - Fonte: Corrispondenza Romana, 29/11/2018

Una donna di 80 anni viene dichiarata morta cerebralmente dai medici dell'ospedale dov'era stata ricoverata in seguito ad un ictus e i familiari firmano il consenso per la donazione degli organi, ma il giorno dopo vengono a sapere che la loro congiunta è ancora viva, anche se è ricoverata in rianimazione e le sue condizioni sono gravi. Succede a Uri, un paesino dell'hinterland sardo, dove le campane della chiesa avevano già suonato a morte e tutto era pronto per il funerale, con bara e loculo già acquistati. Secondo i responsabili del Santissima Annunziata, il nosocomio dov'è ancora ricoverata l'anziana signora, si è trattato di un terribile equivoco dal momento che la diagnosi di morte cerebrale riferita dal medico era solo una possibile evoluzione della condizione clinica della paziente, non un dato di fatto già acquisito.
La procedura per la richiesta di disponibilità alla donazione, spiega l'Azienda Ospedaliera Universitaria, può essere fatta solo in presenza di diagnosi di morte cerebrale e tale diagnosi deriva da un percorso di accertamento che vede impegnata una apposita commissione composta da tre medici che eseguono un esame clinico e strumentale. Secondo quanto dichiarato da un responsabile dell'ospedale, «c'è una tutela anche del malato e la tutela viene dal fatto che l'osservazione di morte cerebrale che viene fatta in una rianimazione deve portare non solo la certezza della morte cerebrale ma anche la sicurezza dei parenti che danno la disponibilità alla donazione d'organo che questo paziente effettivamente è morto» (unionesarda.it, 14 novembre 2018).
Ora, al di là della consueta mancanza di informazioni precise e tra di esse concordanti su casi inquietanti come quello accaduto ad Uri, indice di un sistema di informazione veicolato dai mass media per nulla chiaro e trasparente, quel che ci preme sottolineare è la sostanziale inaffidabilità scientifica del criterio della morte cerebrale.
Esiste realmente quella tutela del malato tanto sbandierata dai fautori dei trapianti? Sembra proprio di no. Primo, perché tale tutela non si fonda sui riscontri oggettivi che derivano dall'osservazione dei segni della morte bensì su parametri clinici aleatori e non completamente condivisi da tutta la comunità scientifica (l'esame EEG è fondamentale per l'accertamento della morte cerebrale negli ospedali italiani ma non in altri paesi europei come ad esempio l'Inghilterra); secondo, perché anche qualora vi fosse un unanime consenso circa i criteri atti a determinare la morte cerebrale essa non è comunque garanzia dell'avvenuta morte del paziente. Il punto fondamentale infatti non è la rigorosità del processo che porta alla diagnosi di morte cerebrale bensì arrivare a stabilire con assoluta certezza scientifica che la (presunta) cessazione delle sole funzioni cerebrali sia di per sé un dato sufficiente a dichiarare morta una persona, dunque sottoponibile ad intervento di espianto degli organi e/o lasciata priva dei sostegni vitali necessari alla sua sopravvivenza.
Resta il fatto che il criterio della cosiddetta morte cerebrale ha sottratto l'evento della morte stessa dal campo dell'osservazione oggettiva dei segni inequivocabili che da essa conseguono, per trasferirla in quello soggettivo dell'osservazione di parametri clinici stabiliti a priori a tavolino e con l'ausilio di complessi macchinari. Ma quel che più lascia perplessi è la riduzione dell'essere umano ad un valore (indicato nel suo tracciato cerebrale) al di sotto del quale egli non sarebbe più. È forse anche per tale motivo che in un certo numero di casi che emergono dalle cronache le stesse diagnosi di morte cerebrale finiscono per essere fatte con superficialità e frettolosamente comunicate ai parenti del paziente...

Nota di BastaBugie: per approfondire l'argomento del concetto di morte cerebrale e come è nato ecco tre articoli pubblicati da BastaBugie (clicca su quello che interessa):

1) L'INQUIETANTE STORIA DEL CONCETTO DI ''MORTE CEREBRALE''
L'encefalogramma piatto non dimostra la morte di un uomo (VIDEO: I segni della vita)
di Roberto De Mattei
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=872

2) L'OSSERVATORE ROMANO ROMPE IL TABÙ SULLA MORTE CEREBRALE
I segni della morte. A quarant'anni dal rapporto di Harvard
di Lucetta Scaraffia
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=871

3) GLI INTERESSI CHE SONO DIETRO LA DEFINIZIONE DI MORTE CEREBRALE
Intervista al professor Paul Byrne: morte cerebrale... o eutanasia?
di Veronica Rasponi
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=1473

Fonte: Corrispondenza Romana, 29/11/2018

9 - OMELIA IV DOMENICA T.ORD. - ANNO C (Lc 4,21-30)
Nessun profeta è bene accetto nella sua patria
Fonte Il settimanale di Padre Pio

La predicazione del Vangelo ha sempre trovato ostacoli. I missionari, sull'esempio di Gesù, sono sempre stati più o meno perseguitati dai nemici della Fede. Vediamo già nella prima lettura che il profeta Geremia si spaventa di fronte al mandato di Dio che lo stabilisce profeta delle Nazioni. Egli sa benissimo che ciò comporta sofferenze e incomprensioni, ma Dio lo rassicura dicendo di non temere: «Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti» (Ger 1,19). Nel Vangelo abbiamo letto come Gesù stesso ha trovato l'opposizione dei suoi compaesani. Il testo del Vangelo dice che «all'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù» (Lc 4,28-29).
Così è per tutti quelli che diffondono il Vangelo di Gesù Cristo, l'unica Verità che rischiara le tenebre di questo mondo. Che cosa spinge tanti missionari ad affrontare tanti pericoli, ad esporsi a mille persecuzioni, a rischiare la loro stessa vita e spesso a perderla nei più crudeli martìri? La carità, unicamente la carità, che, come scrive san Paolo nella seconda lettura, «tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1Cor 13,7).
Il pensiero che ci sono tanti fratelli da salvare, che ancora non conoscono Gesù, ha spinto numerose schiere di missionari a versare il loro sangue in sublime testimonianza di amore. Gesù è morto in Croce anche per quei fratelli lontani e così pure noi dobbiamo dare la vita per la loro salvezza.
San Francesco d'Assisi ebbe sempre una grande ansia missionaria. Egli stesso voleva recarsi tra i saraceni per annunziare il Vangelo; ma, non potendovi andare, nel 1219 egli inviò sei frati, i santi Berardo e compagni, missionari in Spagna e in Marocco. Arrivati a Siviglia i frati iniziarono a predicare Cristo ai saraceni, ma come risposta ebbero battiture e incarcerazione. I soldati di Cristo non si scoraggiarono, continuarono per la loro missione e raggiunsero il Marocco, sempre animati da questo grande amore per la salvezza delle anime. E qui trovarono la palma del martirio. Il sultano li rinchiuse in prigione e con torture e lusinghe cercò di far loro rinnegare Gesù Cristo. Ma essi non facevano che testimoniare con sempre maggior coraggio la verità del Vangelo, cosicché il sultano, preso da furore, spaccò loro di propria mano la testa a colpi di sciabola. San Francesco quando seppe dell'accaduto esclamò: «Ora io so di avere cinque veri frati!». Il sacrificio di questi martiri entusiasmò per l'Ordine Francescano un giovane portoghese, che più tardi divenne celebre in tutto il mondo: sant'Antonio di Padova.
Anche se non avremo la grazia di affrontare il martirio, tante volte troveremo molte difficoltà a compiere il bene. Non scoraggiamoci per questi ostacoli. Dio vede ogni nostro sacrificio, nulla è inutile ai suoi occhi. Anche le nostre sconfitte si cambieranno nelle più esaltanti vittorie, se opereremo sempre per amore di Dio e dei fratelli.
La seconda lettura ci parla della carità, la regina delle virtù. Il cristiano si dovrebbe riconoscere per tale proprio dalla carità. Ma si sa quanto sia facile parlarne e, invece, quanto sia difficile metterla in pratica. Bisogna essere caritatevoli nel pensare sempre bene di tutti, nel cogliere il lato positivo che vi è in tutti, nel giudicare bene. Si racconta come un giorno a san Francesco di Assisi portarono un sacerdote, che, al dire della gente, dava scandalo con la sua vita dissoluta. La gente sperava che san Francesco lo riprendesse aspramente. Al contrario, il Santo non diede retta alle chiacchiere, si mise in ginocchio davanti al sacerdote e disse: «Non so se quello che dicono sia vero, una cosa sola so: dalle mani del sacerdote io ricevo il perdono di Dio».
Se non siamo sicuri di una cosa non dobbiamo assolutamente dare dei giudizi avventati. Se invece abbiamo la certezza che qualcuno si sia comportato male pensiamo che certamente noi avremmo fatto molto peggio. Facciamo dunque come san Filippo Neri, il quale, quando si accorgeva che un fratello sbagliava in qualche cosa, si umiliava profondamente e diceva: «Se Dio non mi tenesse le mani in testa, io farei molto peggio». Dobbiamo evitare assolutamente le chiacchiere, che tanto offendono la carità fraterna. Si racconta che un giorno san Filippo Neri, a una donna che si era confessata di aver sparlato del prossimo, diede come penitenza di spennare una gallina, di gettare le piume al vento e poi di raccoglierle. La donna rispose che era impossibile raccogliere poi quelle piume disperse dal vento e il Santo soggiunse: «E così è impossibile rimediare a tutto il male che fai con le tue chiacchiere».
Dobbiamo essere caritatevoli nelle opere: fare il bene a tutti e farlo bene. Non sono tanto le parole a convertire i peccatori, ma è la carità ad attirare i cuori a Dio.
C'era una donna anziana molto malata e purtroppo senza fede, che continuava a lamentarsi e a bestemmiare. Tutti quelli che cercavano di curarla non ricevevano che insulti e parolacce e dopo poco tempo ci rinunciavano e la lasciavano sola. Alla fine solo una suora trovò il coraggio e la forza di assisterla ogni giorno e di non dare retta ai mille insulti con i quali era ripagata. Passavano le settimane e la malata iniziava a cambiare, a diventare più paziente, più buona, finché un giorno disse: «Ora so che Dio esiste, altrimenti chi ti ricompenserebbe per tutto il bene che mi stai facendo?». Ella giunse alla fede per la carità che vide nella suora.
Più saremo buoni e tanto più saremo un riflesso di Dio e così tanti nostri fratelli crederanno in Lui.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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