BastaBugie n�97 del 24 luglio 2009

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1 APPROVATA DAL PARLAMENTO ITALIANO LA MORATORIA SULL'ABORTO
Ma il diritto di non abortire oscura la questione centrale
Autore: Mario Palmaro - Fonte: Verità e Vita
2 L'ANTIPAPA MARTINI LUTERO

Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
3 AMNESTY INTERNATIONAL ATTACCA LA POLONIA PER I LIMITI ALL'ABORTO

Autore: Piero Tozzi - Fonte: Svipop
4 FRANCIA: UN SEMINARISTA SU 4 CELEBRERA' LA MESSA IN RITO ANTICO

Fonte: Corrispondenza Romana
5 SPAGNA
L'economia verde distrugge l'occupazione e non risolve nulla
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Svipop
6 CARITAS IN VERITATE
I cristianesimo e' il primo e fondamentale fattore di sviluppo
Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: Avvenire
7 SCHEMA DI PREGHIERA PER L'ANNO SACERDOTALE
Utile sussidio da scaricare gratuitamente
Fonte: Redazione di BastaBugie
8 RICCHEZZE VATICANE
Chi le ha prodotte? Chi le ha rubate?
Autore: Vittorio Messori - Fonte: Pensare la storia
9 LETTERE ALLA REDAZIONE: HO BISOGNO DI UN CONSIGLIO
Gesu' Cristo e' la Verita' che appaga totalmente la nostra razionalita'
Autore: Giano Colli - Fonte: BastaBugie

1 - APPROVATA DAL PARLAMENTO ITALIANO LA MORATORIA SULL'ABORTO
Ma il diritto di non abortire oscura la questione centrale
Autore: Mario Palmaro - Fonte: Verità e Vita, 17 luglio 2009

Il Parlamento italiano è diventato “antiabortista”? A leggere i giornali in questi giorni ci sarebbe quasi da crederlo: dopo il voto sulla Mozione Buttiglione, non pochi ambienti “pro life” cantano vittoria, parlano di “inversione di tendenza” e, soprattutto, di “scelta per la vita”. Ma quando si parla di “scelta” si è già traslocato armi e bagagli nel campo dell’abortismo. Che ritiene l’aborto una questione di scelta, una faccenda della donna (che non può essere obbligata a partorire), un diritto dell’adulto a disporre liberamente della vita dei non nati. Questo è il nocciolo duro dell’abortismo, e contro questo nocciolo duro un’autentica cultura per la vita deve battersi. Sempre.

Il voto del Parlamento italiano non scalfisce nemmeno con un graffio questo bunker di idee sbagliate intorno all’aborto. Anzi: implicitamente le accetta e le assume come piattaforma comune di dialogo e di confronto. E’ come se dicesse: premesso che l’aborto è un diritto della donna, vediamo di non farlo diventare un dovere per nessuno. Il Parlamento italiano ha votato a maggioranza una mozione che dice una cosa semplice: nessuno Stato, nessun governo, deve obbligare per decreto le donne ad abortire. Tutto qui. E’ ovviamente una decisione importante con riferimento a quei Paesi nei quali da tempo si attuano politiche antinataliste e antidemografiche, anche usando l’aborto come strumento per impedire alla popolazione di aumentare. In questo senso, il voto dell’altro giorno è un punto messo a segno contro la cultura della morte.

E’ altrettanto evidente che la mozione uscita vincente era “migliore” della proposta proveniente dal centro sinistra, che faceva leva come al solito sul mito della contraccezione (spesso abortiva) come panacea di tutti i mali del mondo.

Vogliamo dunque dire che il voto sulla Mozione Buttiglione è un fatto politico importante? E diciamolo pure. Ma non trasformiamo l’acqua gasata in champagne. C’è altrimenti il rischio di perdere la bussola, di smarrire il senso del proprio impegno civile, e di fare così il gioco di quella cultura di morte che si vuole sinceramente combattere.

Il senso di questo voto può trasformarsi addirittura in un colossale autogol, se l’orizzonte del dibattito e dei commenti conferma una inesorabile deriva che Verità e Vita ha segnalato da tempo, e che – purtroppo – si va aggravando di giorno in giorno: e cioè l’idea che il diritto di aborto sia indiscutibile, e che si possa soltanto garantire la “libertà della donna di non abortire”. Magari con adeguati aiuti economici.

La natura paradossale di questa posizione si comprende meglio se la si applica, poniamo, al tema dell’eutanasia: se il Parlamento italiano avesse votato una mozione “contro l’eutanasia obbligatoria, fermo restando il diritto del malato a ottenerla liberamente”, questa sarebbe giudicata una decisione “contro l’eutanasia e per la vita”? Se il Congresso degli Stati Uniti votasse una legge che impone l’uso della “dolce morte” in luogo della sedia elettrica per i colpevoli di efferati delitti, qui in Italia parleremmo di “superamento della pena capitale”?

Anche il Magistero della Chiesa è, su questo punto, chiarissimo. E lo vogliamo ribadire, perché non vorremmo che qualcuno, fra qualche tempo, anche in casa cattolica, ci venisse a dire che “l’importante è che la donna possa scegliere se abortire in piena libertà e disponendo di adeguati aiuti economici.” Nella Evangelium Vitae Giovanni Paolo II denuncia i “potenti della terra” che impongono “con qualsiasi mezzo una massiccia pianificazione delle nascite” (EV, n. 16). Ma subito dopo, chiarisce che il male dell’aborto non sta tanto nell’essere imposto dalle autorità, quanto nel fatto che le democrazie liberali ne hanno fatto un diritto garantito dalle leggi (EV. n. 20, n. 68, 69, 70, 71, 72, 73), avviandosi così sulla strada di un totalitarismo di nuovo tipo. E sempre Giovanni Paolo II ribadisce che “la gravità morale dell'aborto procurato appare in tutta la sua verità se si riconosce che si tratta di un omicidio» (EV, n. 58).

Il livello di libertà di decisione della donna incide sulla sua responsabilità, ma non muta un delitto in diritto. Rivendicare il diritto all'aborto, all'infanticidio, all'eutanasia e riconoscerlo legalmente, equivale ad attribuire alla libertà umana un significato perverso e iniquo: quello di un potere assoluto sugli altri e contro gli altri. Ma questa è la morte della vera libertà” (EV 20)

Come hanno ricordato in un loro coraggioso comunicato gli amici di “Due minuti per la vita”, "la realtà dell'aborto non muta laddove sia la madre a sceglierlo liberamente e ne deriva che anche in questo caso dovrà essere condannato.  La moralità di un atto umano si valuta, infatti, in primo luogo con riferimento all'oggetto di tale atto e nel caso dell'aborto volontario non si può omettere di ricordare che esso consiste sempre nell'omicidio di una persona innocente ed indifesa, pratica disumana che mai dovrebbe essere lecita in un paese civile.  Questa la realtà da cui partire, questa la verità da riaffermare".

L’abortismo è capovolgimento della realtà: se si sposano le sue promesse, si cammina a testa in giù. C’è un fatto fisiologico: il concepimento di un nuovo essere umano, la gravidanza, e la nascita di un figlio. E c’è un atto – non un fatto fisiologico - che l’uomo può compiere: sopprimere quel figlio prima che nasca. Compito del diritto è difendere quell’indifeso, dicendo proprio che partorire è doveroso, in quanto l’alternativa (abortire) è un delitto contro la vita.

Fonte: Verità e Vita, 17 luglio 2009

2 - L'ANTIPAPA MARTINI LUTERO

Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 30 giugno 2009

Il cardinal Martini sbandierò al mondo intero che, una volta in pensione, si sarebbe “ritirato” a Gerusalemme. Tanti poterono dirsi ammirati per la profonda spiritualità del prelato, che si dava alla preghiera, al silenzio e alla meditazione.

In realtà lui non aveva detto questo: “Quando mi chiedono il perché io abbia scelto di vivere a Gerusalemme, rispondo che non lo so. È stato lo Spirito Santo”.

Evidentemente lo Spirito Santo – dopo avergli negato il papato a cui lo avevano candidato i grandi media e averlo condotto lontano da Roma - non si è più fatto vivo.

Così il prelato, per ingannare il tempo, si è sintonizzato con il sistema mediatico e da allora sforna un fiume di libri, interviste, conferenze, articoli su quotidiani. Ora ha deciso di tenere, ogni mese, addirittura un’intera pagina di corrispondenza con i lettori del Corriere della sera. Naturalmente dicendo che lo fa controvoglia e confessando “scetticismo”, “imbarazzo e smarrimento” (ma gliel’ha ordinato il medico?).

Smarriti comunque sono pure i cattolici che leggono i suoi scritti dove si ripete quanto sia oscura la fede e quanto sia incomprensibile Dio e quanto sia sensato non credere (infatti Eugenio Scalfari è entusiasta di Martini), e quanto siano ambigue e respingenti le presunte risposte che Dio dà nelle Sacre Scritture e quanto sia discutibile ciò che insegnano la Chiesa e il Papa (di cui il porporato fa il controcanto fin dai tempi di Giovanni Paolo II).

Nell’editoriale di prima pagina con cui presenta la sua lenzuolata (Corriere della sera 28/6), Martini attribuisce a sant’Agostino il parere “che nessuna persona può insegnare alcunché a un’altra”.

Cosa che, detta così, chiuderebbe il discorso per la Chiesa docente. Sennonché il vero pensiero di Agostino è opposto. Indicando “tanti sacerdoti santi ed illustri nell'esposizione delle divine Scritture, quali Ireneo, Cipriano, Reticio, Olimpio, Ilario, Ambrogio, Gregorio, Innocenzo, Giovanni, Basilio” i quali “hanno difeso contro gli eretici la verità cattolica”, Agostino dice che questi pastori “hanno conservato ciò che hanno trovato nella Chiesa; hanno insegnato ciò che hanno imparato, ed hanno trasmesso ai figli ciò che hanno appreso dai padri”. (Contra Iulianum, 2, X). Che ne pensa Martini? Sarà questo il compito dei pastori?

Una cosa giusta però nell’articolo di presentazione del prelato c’è: “inizio la mia collaborazione con la persuasione che essa deluderà molti”.

In effetti la noia nebbiosa e inconcludente delle risposte (di solito “non risposte”) alle lettere, fa rimpiangere la posta di Donna Letizia.

Più interessante invece è chiedersi come e perché un quotidiano solitamente disinteressato ai temi religiosi, come il Corriere, abbia pensato di riservare ogni mese un’intera pagina (con editoriale in prima) a un prelato.

Cosa bizzarra soprattutto considerando le ripetute dichiarazioni di laicità del giornale. Non solo. Dopo questa lenzuolata domenicale, il giorno successivo, lunedì 29 giugno, il Corriere ha addirittura fatto un’altra mezza pagina di discussione sulle cose scritte da Martini il giorno prima.

A margine, in un trafiletto piccolo della pagina, hanno invece riportato l’importantissimo discorso del papa fatto a chiusura dell’anno paolino. Dove fra l’altro Benedetto XVI demolisce la tronfia presunzione dei cosiddetti “cattolici adulti”, formula coniata da Romano Prodi per dire che se ne infischiava di quanto dicevano i vescovi.

Ma curiosamente il Corriere non ha riportato quella frase del Papa sulla “fede adulta”. Di certo una svista. Del resto non credo che alla proprietà bancaria del Corriere (proprietà “cattolico adulta”) quelle parole del Papa piacciano, come pure il resto del suo magistero. Chissà che l’ “operazione Martini” non sia proprio un tentativo di continuare a farne il contraltare del papa. Un tempo si diceva l’antipapa. Un triste antipapa bazolian-prodiano.

Fonte: Libero, 30 giugno 2009

3 - AMNESTY INTERNATIONAL ATTACCA LA POLONIA PER I LIMITI ALL'ABORTO

Autore: Piero Tozzi - Fonte: Svipop, 27-6-2009

Il rapporto 2009 di Amnesty International sullo stato dei diritti umani dimostra come l’organizzazione umanitaria sia sempre più impegnata nel promuovere globalmente un “diritto” all’aborto.
Nel capitolo dedicato alla Polonia, Amnesty accusa il paese di “negare l’accesso all’aborto per le donne che ne hanno titolo”, citando anche la critica che la Polonia ha ricevuto dal Consiglio per i Diritti Umani (HRC) dell’ONU nel maggio 2008. Inoltre il governo polacco viene criticato per non aver attuato una sentenza del 2007 della Corte Europea dei Diritti Umani, Tysiqc contro Polonia, riguardante un preteso “dovere di stabilire meccanismi efficaci per assicurare che le donne abbiano accesso all’aborto dove è legale”.
Alcuni analisti rilevano tuttavia che sia la critica dell’HRC sia la sentenza della Corte Europea citate da Amnesty mettono in evidenza una crescente tendenza tra le istituzioni per  i “diritti umani” a cercare di imporre obblighi a determinati paesi basati sulle proprie scelte politiche piuttosto che su chiari princìpi giurisprudenziali.
La sentenza Tysiqc, finita con una sanzione di 25mila euro a carico del governo polacco, riguardava una donna affetta da grave miopia che sosteneva di rischiare la cecità se non le fosse stato praticato l’aborto. Esperti sostengono che le affermazioni della donna non erano in realtà sostenute da evidenze ma la Corte ha ignorato le opinioni di otto esperti, tra cui ginecologi e oftalmologi, secondo cui non c’era alcuna connessione tra la gravidanza e la sua situazione.
Il giudice spagnolo della Corte, Javier Borrego Borrego, in coraggioso dissenso, ha detto che la maggioranza ha deciso sulla base dell’opinione “isolata e confusa” di un medico generico in modo da poter raggiungere la sentenza desiderata. Tale giudizio è stato ripreso da Jacob Cornides che, sull’International Journal of Human Rights, ha scritto che la Corte “ha semplicemente mancato di stabilire qualsiasi legame tra i fatti e il diritto”.
Dando ampio risalto a decisioni come la sentenza Tysiqc e a documenti emanati dalle agenzie delle Nazioni Unite per promuovere un’agenda di aborto globale, Amnesty International ha semplicemente adottato una strategia originalmente condotta dall’associazione di avvocati pro-aborto Center for Reproductive Rights (CRR).
Secondo Susan Yoshihara del Catholic Family and Human Rights Institute (C-Fam), alla Conferenza “Women deliver” tenuta a Londra nel 2007, il coordinatore di Amnesty per i “diritti riproduttivi”, Stephanie Schlitt, ha impegnato la sua associazione a collaborare con il CRR per poter far riconoscere il diritto all’aborto attraverso cause legali, in parte sostenendo che tale diritto può essere ricavato da trattati sui diritti umani già esistenti.
Fino al 2006 Amnesty si era mantenuta neutrale sulla questione aborto e la sua posizione ufficiale era che non esisteva “un diritto all’aborto generalmente accettato in nessuna legge internazionale sui diritti umani”. Da quando ha abbandonato la neutralità, Amnesty è intervenuta ripetutamente in dibattiti nazionali in paesi come il Messico e la Repubblica Dominicana sostenendo – erroneamente – che il diritto internazionale obbliga i paesi a permettere l’aborto.

Fonte: Svipop, 27-6-2009

4 - FRANCIA: UN SEMINARISTA SU 4 CELEBRERA' LA MESSA IN RITO ANTICO

Fonte Corrispondenza Romana, 1 Luglio 2009

Nel 1967, alla fine del Concilio Vaticano II, erano 4.536 i seminaristi in Francia; oggi se ne contano circa 740 per l’anno accademico 2008-2009 e si registra quindi un calo di più dell’80%. Dai 900 seminaristi del 1966 si è passati ai 200 negli anni del dopo Concilio e della riforma liturgica e, dopo una lieve ripresa negli anni ’80, vi è stata un’ulteriore ricaduta (133 nel 2007). Il numero dei seminaristi di Parigi, salito a 100 negli anni ’80, supera appena i 50 oggi. Nello stesso tempo si formava una categoria di seminaristi destinati a diventare sacerdoti che celebravano la messa tradizionale, specie all’inizio, per la Fraternità San Pio X.
Dal 1988 i ritorni registrati nei seminari della Fraternità San Pio X sono rimasti stabili (mentre peggioravano altrove), poi hanno cominciato ad aumentare dal 2007 per arrivare ai 160 nel 2007-2008 nei seminari di rito tridentino e a circa la stessa cifra nel 2008-2009. Tutti gli istituti Ecclesia Dei (riconosciuti da Roma), ma anche la Fraternità San Pio X, prevedono un ritorno estremamente importante per l’anno prossimo. Quest’anno, circa 740 seminaristi diocesani in Francia chiedono la forma ordinaria e 160 la forma straordinaria (tra cui circa 40 per la Fraternità San Pio X). Molti seminaristi diocesani, inoltre, non nascondono la loro preferenza per la forma straordinaria del rito romano e dicono di voler applicare il Motu Proprio di Benedetto XVI nelle loro future parrocchie.
L’emergenza di questo nuovo clero, privo dei pregiudizi dei suoi predecessori, amplifica considerevolmente la tendenza al rito straordinario. In altre parole, circa un seminarista francese su quattro oggi è destinato alla celebrazione secondo la forma straordinaria mentre sono meno dell’1% le parrocchie favorevoli. La flessibilità introdotta dal Motu Proprio, tuttavia, dovrebbe consentire di risolvere questo problema facilmente. Per la celebrazione del rito straordinario si prospetta un bel futuro.

Fonte: Corrispondenza Romana, 1 Luglio 2009

5 - SPAGNA
L'economia verde distrugge l'occupazione e non risolve nulla
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Svipop, 24-6-2009

Per ogni “posto di lavoro verde” creato in Spagna negli ultimi 8 anni grazie al finanziamento pubblico, sono stati distrutti  2,2 posti di lavoro in altri settori. E soltanto 1 su 10 dei nuovi posti di lavoro creati è diventato un lavoro permanente. E’ quanto rivela un recente studio diretto dal professor Gabriel Calzada Alvarez, della Universidad Rey Juan Carlos di Madrid, titolato “Studio degli effetti sull’occupazione degli aiuti pubblici alle fonti energetiche rinnovabili”.
La Spagna è stata più volte citata dal presidente americano Obama come un modello di riferimento per il suo progetto di “economia verde”, e in effetti è il Paese europeo che negli ultimi dieci anni ha maggiormente investito in energia rinnovabile seguendo la strada scelta dall’Unione Europea già nel 1997.
Lo studio dimostra però che l’economia verde non solo non aiuta a uscire dalla recessione, ma ne è un fattore di aggravamento. E la tanto sbandierata creazione di nuovi posti di lavoro è un miraggio.  Tra il 2000 e il 2008 i lavori creati non sono arrivati a 50mila, molto meno di quanto atteso. I due terzi di questi lavori si sono creati nel settore della costruzione, fabbricazione e installazione degli impianti; un quarto per la progettazione e per il marketing; e soltanto uno su 10 si è trasformato in un lavoro permanente per la gestione e la manutenzione delle fonti energetiche rinnovabili.
Inoltre ognuno di questi posti di lavoro “verde” è costato qualcosa come 571.138 euro, cifra che sale addirittura a oltre un milione di euro nell’industria eolica. In totale, in otto anni le fonti rinnovabili hanno ottenuto sussidi che sfiorano i 30 miliardi di euro.
Calcolando sia i mancati investimenti in altri settori dovuti al dirottamento dei fondi statali sulle fonti rinnovabili sia la produttività di questi altri settori per unità investita, lo studio calcola in 113mila i posti di lavoro distrutti dalla scelta del governo spagnolo: in pratica tra il 2000 e il 2008 la Spagna ha distrutto 2,2 posti di lavoro per ogni posto creato nell’industria “verde”.
Una ulteriore conseguenza è stato il drammatico aumento del costo dell’energia, che si ripercuote negativamente anche sull’efficienza delle infrastrutture elettriche convenzionali. Ma lo studio dimostra che per poter sanare il debito pubblico causato dagli investimenti nell’energia rinnovabile, la bolletta dovrebbe essere aumentata del 31%. I cittadini spagnoli perciò devono aspettarsi o l’aumento della bolletta o l’aumento delle tasse o una combinazione delle due.
In ogni caso l’aumento dei costi energetici e il peggioramento dei servizi stanno già producendo la fuga di grosse industrie, i maggiori consumatori di energia. Lo studio presenta il caso di Acerinox, un gigante dell’industria siderurgica che nel 2004 ha bloccato il programma di espansione in Spagna proprio a causa della politica energetica del paese iberico, così che gli impianti previsti sono stati invece costruiti negli Stati Uniti e in Sudafrica.
Ultimo dato da mettere in rilievo è la “bolla” speculativa che tale investimento ha generato. I massicci sussidi statali hanno reso infatti convenienti gli investimenti dei privati nelle energie rinnovabili, tanto che molte compagnie si sono buttate in questo settore. Ma in un periodo di crisi dove è difficile per lo Stato mantenere un tale livello di costi, le compagnie create per lucrare nel settore delle rinnovabili sono destinate al collasso. Con conseguenze facilmente immaginabili.

Fonte: Svipop, 24-6-2009

6 - CARITAS IN VERITATE
I cristianesimo e' il primo e fondamentale fattore di sviluppo
Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: Avvenire, 15/07/09

Una delle tante affermazioni importanti della Caritas in veritate di Benedetto XVI si trova enunciata al punto n. 8: «L’annuncio di Cristo è il primo e fondamentale fattore di sviluppo». In più luoghi, l’enciclica mostra come alcune idee del cristianesimo siano tutt’altro che d’ostacolo alla possibilità di un vero umanesimo ( si pensi a Feuerbach, Nietzsche ed ai loro epigoni): esse sono invece decisive già per il miglioramento delle condizioni materiali di vita (che poi i cristiani le mettano sempre in pratica è un altro discorso). Vediamo di seguito alcuni (pochi) esempi. Intanto, il cristianesimo proclama instancabilmente l’incommesurabile dignità di ogni uomo (n. 9 e 18) e con ciò incentiva una prassi di sollecitudine e di solidarietà verso ciascun essere umano, promuove un vero umanesimo e una società dove ognuno possa vivere, anche materialmente, in condizioni adeguate a tale valore ontologico.
  Esso inoltre bandisce inequivocabilmente ogni forma di violenza (29), che frena lo sviluppo. E se la ragione può da sola cogliere l’uguaglianza di tutti gli uomini, tuttavia (n. 19) non può davvero riuscire a motivare la fraternità universale – e quindi una prassi corrispondente – perché quest’ultima è fondata dal pensarsi figli dello stesso Padre.
  Ancora, in passato «Grandi nazioni hanno potuto uscire dalla miseria anche grazie al numero e alla capacità dei loro abitanti»; ma oggi vediamo che «Nazioni un tempo floride conoscono […] una fase di incertezze e in qualche caso di declino proprio a causa della denatalità», dato che (per fare solo qualche esempio) essa mette in crisi i sistemi di assistenza sociale, riduce la disponibilità di lavoratori qualificati e di intelligenze a cui attingere, ecc. (44). Ora, il cristianesimo insiste molto sulla grandezza del matrimonio, invitando i coniugi ad accogliersi reciprocamente nella distinzione e nella complementarietà, e ad essere aperti alla vita.
  Ma l’accoglienza alla vita è fondamentale anche per un altro motivo (n. 28): coltivando l’apertura alla vita i popoli ricchi possono meglio promuovere una politica internazionale di aiuto agli altri Paesi, perché tale apertura li aiuta a comprendere meglio le necessità di quelli poveri, ad «evitare di impiegare ingenti risorse economiche e intellettuali per soddisfare desideri egoistici tra i propri cittadini». D’altra parte, il cristianesimo ha il suo centro ed il suo ideale nell’amore (illuminato dalla verità) e quest’ultimo rende particolarmente ingegnosi e motivati a trovare soluzioni al disagio, al degrado ed alla povertà. Dunque, l’amore «non è un’aggiunta posteriore, quasi un’appendice a lavoro ormai concluso delle varie discipline, bensì dialoga con esse sin dall’inizio» ( n. 30).
  Del resto (e il Papa lo ha sottolineato in altre occasioni), il cristianesimo ha diffuso tra le masse (la filosofia greca lo ha fatto solo tra pochi) l’idea della grandezza della ragione umana, immagine di quella divina, da impiegare in tutti gli ambiti nel modo migliore possibile. Ancora: la virtù cristiana soprannaturale della speranza (tema della precedente enciclica), incoraggia la ragione a non demordere di fronte ai problemi, a non scoraggiarsi (n. 34). Infine, il cristianesimo insiste molto anche sulle virtù umane (n. 71): di nuovo la sollecitudine, ma altresì la laboriosità, l’onestà, e così via. Anche questo aspetto del messaggio cristiano è decisivo per lo sviluppo, già a livello materiale, perché molte crisi finanziarie scaturiscono (anche) da un deficit etico.

Fonte: Avvenire, 15/07/09

7 - SCHEMA DI PREGHIERA PER L'ANNO SACERDOTALE
Utile sussidio da scaricare gratuitamente
Fonte Redazione di BastaBugie, 20 luglio 2009

Il decreto della Penitenzieria Apostolica del 25 aprile 2009 ha concesso numerose occasioni per lucrare le sacre indulgenze per l'anno sacerdotale voluto da Papa Benedetto XVI.
In particolare è concessa l'indulgenza plenaria ai fedeli che "offriranno, per i sacerdoti della Chiesa, preghiere a Gesù Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote" il primo giovedì del mese. La stessa cosa vale il 4 agosto 2009 o il 19 giugno 2010 in occasione, rispettivamente, del 150° anniversario del pio transito di San Giovanni Maria Vianney e della chiusura dell'anno sacerdotale.
La Penitenzieria ha ricordato che sarebbe "molto opportuno che, nelle chiese cattedrali e parrocchiali, siano gli stessi sacerdoti preposti alla cura pastorale a dirigere pubblicamente questi esercizi di pietà".
La redazione di BASTABUGIE ha pubblicato uno schema di preghiera da utilizzare per un incontro di preghiera di circa quarantacinque minuti, ma adattabile alle proprie esigenze.
Si può scaricare il modulo andando al sito di BASTABUGIE oppure cliccando sul seguente link:
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=567
RIASSUNTO DELLE INDULGENZE PER L'ANNO SACERDOTALE:
È concessa l’INDULGENZA PLENARIA, in favore dei vivi e dei defunti, a quei fedeli che il primo giovedì del mese durante l'Anno Sacerdotale: dal 19 giugno 2009 al 19 giugno 2010 oppure il 4 agosto 2009 o il 19 giugno 2010: offriranno, per i sacerdoti della Chiesa, preghiere a Gesù Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote, e qualsiasi opera buona compiuta in quel giorno, affinché li santifichi e li plasmi secondo il suo cuore.
Per ottenere l’indulgenza plenaria, cioè la remissione totale delle pene temporali, è necessario rinunciare al peccato anche veniale e inoltre, le solite condizioni: partecipare alla S. Messa; confessarsi (nell’arco della settimana); pregare secondo le intenzioni del Sommo Pontefice (ad es. un Padre nostro e un’Ave Maria).
Verrà ugualmente elargita l’Indulgenza plenaria AGLI ANZIANI, AI MALATI, e a tutti quelli che per legittimi motivi non possano uscire di casa (con l’animo distaccato da qualsiasi peccato e con l’intenzione di adempiere, non appena possibile, le tre solite condizioni) se, nei giorni sopra determinati, reciteranno preghiere per la santificazione dei sacerdoti, e offriranno con fiducia a Dio per mezzo di Maria, Regina degli Apostoli, le malattie e i disagi della loro vita.
È concessa infine l’INDULGENZA PARZIALE, a tutti i fedeli ogni qual volta reciteranno devotamente cinque Padre Nostro, Ave Maria e Gloria, in onore del Sacratissimo Cuore di Gesù, per ottenere che i sacerdoti si conservino in purezza e santità di vita.

Fonte: Redazione di BastaBugie, 20 luglio 2009

8 - RICCHEZZE VATICANE
Chi le ha prodotte? Chi le ha rubate?
Autore: Vittorio Messori - Fonte: Pensare la storia, Edizioni Sugarco

Due soli dati - piccoli, ma significativi e inoppugnabili - a proposito del gran parlare delle solite "ricchezze della Chiesa". Il bilancio della Santa Sede - cioè di uno Stato sovrano con, tra l’altro, una rete di oltre 100 ambasciate, le "nunziature", e con tutti quei "ministeri" che sono le Congregazioni più i Segretariati e gli infiniti altri uffici - quel bilancio, dunque, per il 1989 era pari a meno della metà del bilancio del Parlamento italiano. Insomma, i soli deputati e senatori che siedono nei due edifici romani (già pontifici) di Montecitorio e di palazzo Madama, costano al contribuente italiano più del doppio di quanto non costi il Vaticano agli 800 milioni di cattolici nel mondo. I quali cattolici, poi, sono così generosi? Non sembra, visto che quegli 800 milioni di battezzati danno ogni anno alla loro Chiesa offerte minori di quanto non ne diano i 2 milioni di americani membri della Chiesa Avventista del Settimo Giorno. Per non parlare dei Testimoni di Geova o di tutte le altre sètte - la Chiesa dell’Unificazione di Sun Moon, ad esempio - le quali dispongono di capitali che muovono e investono in tutto il mondo e che ridicolizzano le "ricchezze" del Vaticano. Le uniche, però, queste ultime, delle quali si parli indignati.
A quella indignazione sfugge tra l’altro che simili ricchezze (a differenza di quanto avviene per le nuove sètte, chiese e chiesuole che non lasciano nulla per altri) sono state nei secoli messe a frutto con un "investimento" che ha dato, dà e darà sempre più dividendi straordinari. È quell"’investimento" sull’arte del quale prosperano innumerevoli città d’Europa e, soprattutto, d’Italia. Che sarebbe Roma stessa se non disponesse che delle scarse rovine imperiali, se una serie ininterrotta di papi non vi avesse gettato le famose, esecrate "ricchezze" per crearvi quello che è forse il maggior complesso artistico del mondo, sparso su tutti i quartieri? Qualcuno dovrebbe pur ricordare a politici, giornalisti, demagoghi vari i quali, a Roma, moraleggiano sui "soldi del Vaticano" che in quella stessa città quasi metà della gente vive dei proventi di un turismo causato proprio da uno spendere soldi "cattolici" secolo dopo secolo, a favore dell’arte. Se - qui come ovunque altrove - è dai frutti che si riconosce l’albero, va pur detto che i tanti secoli di amministrazione pontificia di Roma, pur con le loro ombre (ma non più gravi della media del tempo), hanno avuto come frutto il dotare la città di un capitale in grado di produrre ininterrotta ricchezza.
A proposito di soldi, la campagna scandalistica contro quell’otto per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche che i contribuenti possono liberamente mettere a disposizione della Chiesa italiana ignora (o vuole ignorare) quale sia il retroscena storico. Nel 1860 i Piemontesi, per raggiungere (e bloccare) Garibaldi al Sud, invasero - approfittandone per annetterle con la forza al nuovo Regno - le regioni pontificie della Romagna, delle Marche e dell’Umbria. Dei suoi possedimenti, alla Chiesa non restò che il Lazio, anch’esso poi invaso e incamerato dai Savoia nel 1870. Tutto ciò fu considerato come una vera e propria rapina da parte degli studiosi dì diritto internazionale, e di certo non solo cattolici: si scandalizzarono per il sopruso persino i grandi giuristi della luterana Germania di Bismarck. A questo si aggiunse quell’altro clamoroso sopruso del sequestro e dell’incameramento di tutti i beni ecclesiastici italiani: dai monasteri, alle istituzioni benefiche, ai campi, sino alle chiese stesse. Confisca, si badi, senza alcun indennizzo. Per tentare di salvare la faccia di fronte alla comunità internazionale - e per dare una qualche rassicurazione alle masse cattoliche che rappresentavano l’enorme maggioranza, ma senza voce perché escluse dal voto, dei sudditi del nuovo Regno d’Italia - subito dopo la breccia di Porta Pia il governo dei liberali approvava la cosiddetta "Legge delle Guarentigie". Una legge che, riconoscendo implicitamente che la conquista, senza neppure dichiarazione di guerra, di tutti i territori di uno Stato violava il diritto delle genti, attribuiva un "rimborso" al papa, come sovrano derubato. La somma fu stabilita in una rendita di quasi tre milioni e mezzo di lire-oro: un’enormità, per uno Stato come quello italiano, il cui bilancio era di poche centinaia di milioni di lire. Un’enormità che confermava però quale fosse l’entità della "rapina" perpetrata. Quello delle Guarentigie non era però un trattato accettato dalle due parti, era una legge unilaterale del governo sabaudo: i Papi mai la riconobbero né vollero accettare un centesimo di quella somma vistosa. Per le necessità economiche della Santa Sede preferirono affidarsi alla carità dei fedeli, istituendo l’Obolo di San Pietro.
Solo quasi sei decenni dopo, nel 1929, si giunse ai Patti Lateranensi, che comprendevano un Concordato e un Trattato che regolava anche i rapporti finanziari. Il Trattato ristabiliva il principio di quel "rimborso" per la confisca dello Stato Pontificio e dei beni ecclesiastici che lo stesso governo italiano del 1870 aveva giudicato necessario. Si stabilì così che l’Italia avrebbe versato 750 milioni in contanti e che si sarebbe accollata alcuni oneri come quello di uno stipendio ai sacerdoti "in cura d’anime". Quello stipendio, in parte era fondato sui crediti che la Chiesa vantava verso lo Stato italiano, in parte derivava dalle nuove funzioni pubbliche - come la celebrazione e la registrazione dei matrimoni con rito religioso, aventi però anche validità civile che i Patti attribuivano alla Chiesa. Dunque, le concessioni economiche del 1929, motivo di tanto scandalo per la polemica anticlericale, non erano un "regalo", il frutto di qualche favore "costantiniano", ma la copertura (seppure, solo parziale) di un debito determinato dalle spoliazioni del XIX secolo. È in questa prospettiva storica che andrebbe giudicata la recente revisione dei Patti Lateranensi ad opera del governo non di un democristiano ma di un socialista come Bettino Craxi. In quella revisione, tra l’altro, si supera il concetto, pur del tutto legittimo alla luce del diritto internazionale, di "rimborso" e si instaura quello della contribuzione volontaria della quale lo Stato si limita a fare da esattore. Il famoso "otto per mille", dunque, va inquadrato in una più che secolare vicenda della storia italiana. Ma, questa, chi la conosce più?
Ma sì: proviamo a venderli - a beneficio, che so?, dei poveri negretti - i tesori del Vaticano. Cominciamo, per esempio, dalla Pietà di Michelangelo che è in San Pietro. Lì prezzo d’asta, stando a chi ha provato ad azzardare una valutazione, non potrebbe essere inferiore al miliardo di dollari. Solo un consorzio di banche o di multinazionali americane o giapponesi potrebbe permettersi un simile acquisto. Come primo risultato, quel capolavoro eccelso lascerebbe di certo l’Italia. E poi, quell’opera che è ora esposta, gratis, all’emozione di tutti, cadrebbe sotto l’arbitrio di un padrone privato - società o collezionista straricco - che potrebbe anche decidere di tenere per sé, vietandola alla vista di altri, tanta bellezza. Bellezza, poi, che - cessando di dar gloria a Dio in San Pietro - darebbe gloria, in qualche bunker blindato, al potere della finanza, cioè a ciò che la Scrittura chiama "Mammona". Il mondo avrebbe, forse, un ospedale in più nel Terzo Mondo: ma sarebbe davvero più ricco e più umano?

Fonte: Pensare la storia, Edizioni Sugarco

9 - LETTERE ALLA REDAZIONE: HO BISOGNO DI UN CONSIGLIO
Gesu' Cristo e' la Verita' che appaga totalmente la nostra razionalita'
Autore: Giano Colli - Fonte: BastaBugie, 16 luglio 2009

Buongiorno,
avrei bisogno di un consiglio.
Da poco tempo mi sono avvicinata alla fede, che per motivi di educazione, di ambiente, e per colpa soprattutto mia non ha mai fatto veramente parte della mia vita.
La mia razionalità, però, mi riempie sempre di dubbi.
Cerco di esprimerne uno, e vorrei un suo consiglio per scacciarlo.
Io sono certa dell'esistenza di Dio, mi guardo attorno, provo emozioni, vedo la bellezza di ciò che mi circonda, anche in situazioni difficili.. E non posso avere dubbi.
Sono nata in Italia, dunque è ovvio che l'amore verso Dio mi porti verso la religione cristiana.. Se fossi nata altrove, però, probabilmente ne professerei un'altra. E' davvero soltanto la nascita che determina la nostra religione? Io, per esempio, sono certa che Gesù sia esistito.. Ma come credere con sicurezza che sia il figlio di Dio.. Come dare più credito al cristianesimo che alle altre religioni?
Sono così confusa..
Francesca

Cara Francesca,
ho alcune buone notizie da darti.
Innanzitutto che esserti avvicinata (da poco tempo, come dici tu) alla fede non vuol dire allontanarsi dalla ragione. Fede e ragione vanno a braccetto. Giovanni Paolo II diceva "sono le due ali con cui il nostro spirito si eleva verso la verità".
Poi vorrei confermarti come vere le cose che dici:
"Io sono certa dell'esistenza di Dio, mi guardo attorno, provo emozioni, vedo la bellezza... E non posso avere dubbi"
Infatti non ci sono dubbi dell'esistenza di Dio. Lo dice la semplice ragione. Non occorre la fede per dire che Dio esiste...
"per esempio, sono certa che Gesù sia esistito"
Anche per questo non serve la fede. Che Gesù sia esistito e abbia davvero fatto le cose che ha fatto è documentato storicamente. Non ci sono dubbi. Nemmeno per i non credenti. E' più certo che sia esistito Gesù che Napoleone o Giulio Cesare.
Ma veniamo alla domanda centrale della tua mail: "Ma come credere con sicurezza che sia il figlio di Dio.. Come dare più credito al cristianesimo che alle altre religioni?"
Che poi genera subito dopo un'altra domanda:
"E' davvero soltanto la nascita che determina la nostra religione?"
In sostanza ti chiedi a cosa avresti creduto se fossi nata in un paese non cattolico.
A tal proposito credo sia illuminante l'esperienza di un mio amico. Nato in Italia e vissuto in una famiglia cattolica, ma non praticante. Di buoni principi, ma credente all'acqua di rose.
Durante le superiori, questo ragazzo inizia una ricerca che lo porterà ad approfondire tutte le altre religioni con particolare predilezione per le religioni orientali.
Lui non era un ragazzo superficiale, infatti si mette con impegno a studiare tutti i dettagli delle varie religioni. Arriva perfino a studiare il cinese per poter leggere in lingua originale i testi di Confucio...
Insomma dopo un po' di tempo passato a cercare la verità (con impegno sincero e serio) nelle varie religioni, arriva ad una scoperta straordinaria e imprevista: la sua sete di verità è solo minimamente appagata dalle gocce che trova nelle altre religioni. Arriva infine a scoprire, con sua sorpresa, che la verità tutta intera si trova nella Chiesa Cattolica. Quella Chiesa Cattolica che molti scartano a priori a causa di vari preconcetti (molti dei quali imparati a scuola e in tv).
Ti ho raccontato brevemente la storia di questo mio amico perché penso che dimostri chiaramente che se inizialmente il luogo di nascita ci condiziona, è pur vero che la ricerca della verità ci porta a cercare senza posa un appagamento che solo Gesù Cristo può darci.
Ovviamente questa è solo un inizio di risposta. Se vuoi, puoi scrivere ancora.

DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE"
Le risposte del direttore ai lettori

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Fonte: BastaBugie, 16 luglio 2009

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